Il pianeta Terra

La Terra a causa delle analogie rilevate nella costituzione interna. La distanza media della Terra dal Sole (v. parallasse) è impiegata, con il nome di Unità astronomica (UA), quale unità di misura delle distanze nel sistema solare, così come la massa, le dimensioni ecc. della Terra sono assunte come unità di misura negli studi cosmogonici e planetari. Dal punto di vista astronomico, la Terra è soprattutto la principale base d'osservazione anche se interessanti scoperte e confronti di tipo cosmologico sono stati resi possibili negli ultimi anni dalle esplorazioni spaziali. La Terra è, in prima approssimazione, una sfera rocciosa, coperta parzialmente da uno strato d'acqua (mare) avente uno spessore medio pari a ca. 1/2000 del raggio della Terra; la Terra è circondata da una tenue atmosfera, la cui densità diminuisce gradualmente allontanandosi dal suolo, così che ne risulta impossibile un'esatta delimitazione: per questi motivi, a un osservatore esterno essa appare di colore azzurro. Il suo raggio polare misura 6356,912 km; quello equatoriale misura 6378,388 km. Ciò dà al pianeta una forma leggermente schiacciata; il suo appiattimento risulta essere maggiore al polo nord che a quello sud; per il calcolo delle sue dimensioni si usa il raggio medio di 6371,229 km, per cui la superficie totale della Terra è di 510.100.933,5 km² e il suo volume di 1.083.319.780.000 km3. L'accelerazione di gravità (g) è di 978,049 cm/s² all'equatore, di 983,221 cm/s² al polo e di 980,629 cm/s² alla latitudine di 45º: da queste si ricava il valore medio di g, usato quale unità di misura per le equivalenti grandezze astronomiche. La presenza di un nucleo metallico interno e la rotazione della Terra su se stessa danno origine a un campo magnetico di debole intensità, ma tuttavia sufficiente per essere rilevato con un ago magnetico e per dare origine, nell'alta atmosfera, a una concentrazione di particelle elettricamente cariche dette fasce di Van Allen. Il campo magnetico terrestre, originariamente molto debole, è rafforzato da un meccanismo detto “della dinamo ad autoeccitazione”, cioè dalla reciproca induzione di campo magnetico e campo elettrico. Grazie al magnetismo terrestre, è possibile misurare l'intensità del campo elettrico a esso associato e ricavare così informazioni sulla conduttività elettrica della Terra. Mediante il metodo magnetotellurico è possibile ricostruire una elettrostratigrafia di dettaglio dei primi chilometri della crosta continentale, fornendo ulteriori informazioni per la ricerca petrolifera e di fluidi caldi (v. anche magnetismo terrestre). La presenza, accanto alla Terra, di un satellite (Luna) è causa di deformazioni, o maree, sia dello strato d'acqua che circonda la Terra, sia della sua massa rocciosa (maree terrestri). La caratteristica peculiare della Terra è tuttavia la presenza di forme di vita, che non sono state finora rilevate sugli altri pianeti del sistema solare: le esplorazioni dirette in corso, anche se dovessero documentare forme di vita assai elementari, confermano la non esistenza di forme, sia pur semplici, analoghe a quelle esistenti sulla Terra .

Movimenti della Terra

La Terra ruota attorno al Sole con un movimento, detto di rivoluzione, descrivendo un'orbita ellittica avente eccentricità 0,01672; contemporaneamente a questo, la Terra è soggetta a un moto di rotazione su se stessa, attorno a un asse inclinato sul piano dell'orbita, chiamato eclittica, di 23º 26´ 32‟,19: quest'angolo è chiamato obliquità dell'eclittica; il moto di rivoluzione avviene con periodicità di un anno siderale, se si fa riferimento alle stelle fisse, di un anno tropico, se si fa riferimento al primo punto d'Ariete (che si sposta di 50‟, 26 all'anno in senso contrario al moto della Terra), o di un anno anomalistico, se si fa riferimento alla linea degli apsidi (che si sposta nello stesso senso della Terra di 61‟,89 all'anno). Il moto di rotazione avviene con periodicità di un giorno (v. tempo) solare o siderale, secondo che si assuma come riferimento il Sole o le stelle fisse. Entrambi i due movimenti avvengono in senso antiorario, se osservati dall'emisfero contenente il polo terrestre nord. La Terra si sposta infine, assieme a tutto il sistema solare, verso un punto della sfera celeste, posto fra le costellazioni della Vergine e del Centauro, chiamato apice, di cui sono state definite le coordinate in α=14h17min e δ=-22º,5; la velocità di spostamento del sistema solare nello spazio è di 303 km∤s-1. La direzione dell'asse istantaneo di rotazione non è fissa nello spazio, ma descrive attorno all'asse dell'eclittica un cono avente inclinazione pari all'obliquità dell'eclittica, con periodo di 25.800 anni. Questo movimento prende il nome di precessione. Il periodo di precessione è legato alla differenza del momento di inerzia della Terra rispetto al suo asse (C) e rispetto a un asse passante per l'equatore (A). La differenza proporzionale tra questi due parametri fornisce la costante di precessione H secondo la formula H=(C-A)/C=0,00327293± ±0,00000075. Attorno alla direzione media, l'asse di rotazione terrestre compie delle piccole oscillazioni, di ampiezza massima di 9‟,22, con periodo di 10,61 anni (nutazione); per effetto dell'attrazione combinata da parte del Sole, della Luna e dei pianeti, però, l'asse di rotazione può spostarsi rispetto all'asse dell'eclittica anche di un angolo compreso fra 21º55´ e 24º18´, con periodo di ca. 40.000 anni. Al movimento medio ora descritto si sovrappongono piccole oscillazioni dell'asse istantaneo di rotazione, dovute al fatto che l'asse stesso non coincide con l'asse di simmetria della Terra: la traiettoria del moto del polo, cioè dell'intersezione fra l'asse istantaneo di rotazione e la superficie terrestre, è chiamata polodia; un'oscillazione di pari ampiezza (ca. 0‟,3) compie anche l'equatore, che è il piano di riferimento dei sistemi di coordinate astronomiche. La dinamica delle trasformazioni che hanno interessato il pianeta Terra, ancora in gran parte sconosciute almeno per quel lungo periodo di tempo precedente il Paleozoico, e i movimenti cui sottostà hanno alterato sia l'inclinazione dell'asse terrestre (v. polo) sia la velocità di rotazione del pianeta. Sembra ormai certo, in base a ricerche paleontologiche, che la durata del giorno fosse minore in passato; nel periodo cambriano, ca. 500 milioni di anni fa, il giorno doveva avere la durata di ca. 21 ore, mentre l'anno, di durata assoluta uguale all'attuale, comprendeva 415 giorni e il mese sinodico era composto da 31,5 giorni. La causa principale del rallentamento è l'attrito mareale esercitato dalla Luna: la quantità di moto persa dalla Terra è stata ed è tuttora trasferita all'orbita della Luna, che viene così ad allontanarsi progressivamente dalla Terra: il processo terminerà quando il giorno avrà durata uguale al mese (ca. 60 giorni) e la Luna si troverà a una distanza pari a 1,6 volte l'attuale (fra parecchie migliaia di milioni di anni) .

Origine e formazione della Terra

Le teorie sull'origine della Terra sono collegate con il più generale problema dell'origine del sistema solare (v. cosmogonia): è certo, comunque, che occorse un tempo assai lungo prima che la massa di materia gassosa si contraesse dando origine a un corpo ben definito (protopianeta) o a un sistema a due corpi (Terra-Luna) come ritenuto da vari studiosi. Ciò rende difficile determinare con esattezza l'età della Terra: con una certa sicurezza, mediante lo studio del decadimento radioattivo del potassio-argo, rubidio-stronzio e uranio-piombo (vedi datazione), è possibile stabilire un'età minima che è di circa 3 miliardi di anni; nell'ambito degli scudi precambriani sono presenti, infatti, notevoli concentrazioni di rocce la cui età, determinata coi metodi radioattivi, è compresa tra 2,5 e 3,7 miliardi di anni. Per l'età massima, varie considerazioni cosmogoniche, confermate dal metodo di datazione dei minerali di piombo esteso alle meteoriti, permettono di fissare a ca. 4,6 miliardi l'inizio della sua solidificazione: a tanto tempo fa risalgono infatti la fase di aggregazione dei composti complessi e l'inizio dei processi di differenziazione chimica che hanno portato all'attuale struttura interna. Altrettanto lunga fu la fase iniziale di formazione della crosta e della prima struttura interna del pianeta: attualmente si è propensi a ritenere che durante il primo periodo della sua esistenza, da 4 a 4,6 miliardi di anni fa, la Terra abbia raggiunto elevate temperature in conseguenza dell'effetto combinato della contrazione gravitazionale della sua massa, dell'impatto di meteoriti e del calore liberato dai radionuclidi. L'elevata temperatura produsse, nel volgere del tempo, la fusione dei suoi componenti e di conseguenza la riorganizzazione della sua struttura interna in base alla densità dei componenti, quelli più pesanti al centro e i più leggeri in superficie. Ciò ha portato alla differenziazione del materiale terrestre in un nucleo, un mantello e una crosta. I primi lembi di crosta devono essersi formati quando la temperatura in superficie scese verso gli 800 ºC: di questa primordiale crosta non rimangono tracce per la sua estrema instabilità. Si ipotizza che allora fossero attive numerose e piccole celle di convezione le cui correnti dovevano sconvolgere l'esile crosta con un intenso vulcanismo di tipo basico, nelle zone di risalita, e di tipo intermedio e acido in quelle di risucchio. Man mano che porzioni di crosta sprofondavano nel mantello, nelle aree di subduzione si verificavano processi di fusione differenziata che portavano alla produzione di magmi acidi, i quali, emigrando verso l'alto, formavano una crosta di tipo continentale. L'intenso irraggiamento nello spazio di energia termica durante la prima fase di evoluzione della crosta terrestre fece progressivamente scendere la temperatura in superficie intorno a valori inferiori a quello di ebollizione dell'acqua: ciò consentì la condensazione del vapor d'acqua presente nella primitiva atmosfera e, di conseguenza, la sua deposizione sotto forma di acqua “marina” nelle depressioni crostali, acqua di composizione ben diversa da quella attuale. In proposito va precisato che mentre le vicende dei bacini oceanici (un tempo considerati come elementi strutturali permanenti della crosta terrestre) risultano, alla luce delle recenti scoperte oceanografiche e delle vedute della teoria della tettonica a zolle, assai movimentate ed evolventisi in tempi geologicamente assai modesti (così da dover considerare i bacini oceanici come strutture labili e mutevoli), le loro acque sono molto più antiche. In base a considerazioni sulla composizione e distribuzione nel tempo dei depositi salini e calcarei, quelli cioè più adatti per fornire indicazioni sulla composizione dell'acqua marina poiché la loro formazione è strettamente legata alle condizioni chimico-fisiche nelle quali è avvenuta la deposizione, si può affermare che la composizione chimica media delle acque oceaniche sia rimasta costante e all'incirca identica a quella attuale solo a iniziare da circa un miliardo di anni fa. Le prime acque, invece, a causa dell'alta percentuale di CO₂ libera nell'atmosfera di allora, dovevano avere carattere notevolmente acido e aggressivo e quindi essere in grado di attaccare e degradare la crosta, favorendo così l'accumulo di una grande quantità di sali in soluzione nei primi bacini oceanici. A causa dell'alta pressione parziale del CO₂, il carbonato di calcio poteva allora precipitare solo in presenza di concentrazioni elevate dello ione Ca2+, e quindi gli anioni più abbondanti dovevano essere CO₃2- e HCO₃- e non Cl-. Viceversa la pressione parziale dell'ossigeno doveva essere assai bassa: col passar del tempo questa è lentamente andata aumentando per fotolisi dell'acqua fino a raggiungere livelli tali da consentire la diffusione su larga scala della vita. Ciò ha comportato, grazie alla fotosintesi, un incremento notevole della produzione di ossigeno e di conseguenza la pressione parziale del CO₂ è diminuita rapidamente, portando il valore del pH dell'acqua marina verso i valori attuali e abbassando la concentrazione di ioni calcio occorrenti per la precipitazione del carbonato. Si ritiene che il livello di ossigeno debba avere raggiunto un valore pari al 10% di quello attuale ca. un miliardo di anni fa: da allora, appunto, una notevole porzione di rocce sedimentarie risulta costituita da calcari. La presenza dell'acqua sulla primitiva crosta terrestre causò non solo reazioni chimiche con i gas e i materiali crostali, ma anche processi fisici di erosione, trasporto e sedimentazione. Le rocce più antiche note hanno un'età di ca. 3,7 miliardi di anni, ma alcune di loro sono di tipo sedimentario, il che implica la preesistenza di altre rocce, la cui erosione ha fornito i materiali per la loro formazione. Arenarie, argilliti e conglomerati precambriani presentano caratteristiche identiche a quelle di analoghe rocce più recenti: i processi di erosione e di sedimentazione dovevano essere identici agli attuali; si può quindi ammettere che il principio dell'attualismo possa essere validamente applicabile almeno agli ultimi 3,8 miliardi di anni .

Caratteristiche della Terra

Presso le antiche civiltà, la Terra era considerata di forma piatta, a disco, e supportante al bordo il cielo e le stelle fisse: ma già dalla seconda metà del I millennio a. C. l'osservazione dell'ombra proiettata dalla Terra sulla Luna durante le eclissi indusse gli studiosi a ritenere sferica la forma del pianeta. L'acquisizione di tale concetto fra la gente avvenne però lentamente e solo con le grandi scoperte astronomiche rinascimentali fu possibile documentare in modo rigoroso che la Terra aveva la medesima forma di tutti gli altri corpi celesti. La più semplice configurazione attribuibile alla Terra (non considerando le irregolarità di superficie), intesa come corpo planetario in origine fluido, è in prima approssimazione quella sferica. Tale forma è astratta e non ha alcuna realtà fisica. Una forma meno astratta, ma pur sempre teorica, è quella sferoidica (v. sferoide) che, benché teorica, è legata a elementi che hanno una loro realtà fisica: direzione, verso e intensità della gravità. La superficie sferoidica deriva da una particolare superficie di livello del campo teorico della gravità terrestre nell'ipotesi che la Terra sia un corpo omogeneo, con densità uniforme e dotato di moto di rotazione intorno al proprio asse avente velocità angolare costante. La forma più approssimata della realtà fisica della Terra è quella geoidica (v. geoide), perché tiene conto della non uniforme distribuzione delle masse nel corpo terrestre e della loro diversa densità. Tale superficie considera il campo della gravità effettiva. Il geoide è quindi la forma più approssimata della Terra e si assume come superficie di riferimento negli studi geodetici e gravimetrici. L'ellissoide biassico di rotazione interviene invece come forma geometrica di riferimento per la determinazione planimetrica di punti della superficie terrestre, mentre il geoide è quella di riferimento per la determinazione altimetrica di punti. In funzione del campo di gravità, la forma della Terra si esprime con la relazione g=g0[1+a sin+b sin²2φ+ +c cos²(λ+λ´)] dove g0=978,0516, a=5,291∤10-3, b=5,9∤10-6, c=10,6∤10-6, λ´=6º sono costanti, e λ e φ rispettivamente la longitudine e la latitudine. L'annullarsi del termine c approssima il geoide a uno sferoide di rotazione; è da notare, tuttavia, che, da calcoli basati sulle irregolarità delle orbite dei satelliti artificiali, l'equazione precedente necessita in realtà di termini aggiuntivi per descrivere con più esattezza la forma della Terra. L'enorme massa della Terra determina una pressione, nel suo interno, assai elevata, inoltre la pressione aumenta con la profondità: a 800 km ca. ha un valore di 300.000 atm, alla base del mantello, cioè a 2900 km di profondità, tocca il valore di 1.400.000 atm e raggiunge il massimo, ca. 4.000.000 di atm, al centro della Terra. L'andamento della temperatura può essere calcolato nei primi chilometri di profondità mediante il gradiente geotermico, che indica un incremento di 3 ºC per ogni 100 m di profondità. Ammettendo lo stesso gradiente per l'interno terrestre si raggiungono per il mantello e il nucleo valori elevatissimi non compatibili con le caratteristiche che deve avere il materiale in cui si propagano le onde sismiche. Si ammette pertanto per il mantello un gradiente termico di 0,2-0,5 ºC per km che porterebbe la temperatura di questo strato a ca. 1500-2000 ºC; per il nucleo si ipotizzano temperature comprese tra 2000 e 4000 ºC (v. calore). Dei ca. 510,1 milioni di km² corrispondenti all'area della superficie terrestre, 360,7 milioni sono occupati da distese acquee, mentre i rimanenti 149,4 milioni corrispondono a terre emerse. La distribuzione delle masse acquee (convenzionalmente raggruppate negli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano e nei mari da essi dipendenti) e delle terre emerse (del pari convenzionalmente ripartite in continenti, i cui maggiori blocchi sono l'Eurasia, l'Africa, l'America e l'Australia) è assai irregolare: le prime prevalgono nell'emisfero australe, rivestito di acque per ca. l'85%; le seconde predominano nell'emisfero boreale, di cui formano ca. il 40% della complessiva superficie. Tuttavia al polo nord si trova un tipico mare mediterraneo, cioè circondato da terre, il Mar Glaciale artico, mentre attorno al polo sud, verso il quale le masse continentali tendono ad assottigliarsi (si pensi alla tipica conformazione triangolare dell'Africa e dell'America Meridionale) si stende il vasto blocco continentale dell'Antartide. Le terre emerse occupano non solo una superficie, ma anche un volume assai inferiore a quello delle masse acquee: infatti l'altitudine media delle varie parti del mondo è di appena 840 m (con un massimo di 2600 m per l'Antartide), mentre per il prevalere delle depressioni marine, dove si hanno anche numerose fosse abissali che si sprofondano a -10.000 m e oltre, la profondità media degli oceani è di ca. 3500 m, con un valore massimo di oltre 4000 m per l'oceano Pacifico. La crosta terrestre ha una morfologia estremamente irregolare; i fondali oceanici, se da un lato si inabissano nelle citate fosse, dall'altro s'innalzano in catene montuose anche assai imponenti; sulle terre emerse, oltre ad aree depressionarie (-395 m il Mar Morto), si hanno montagne anche di notevole elevazione (8872 m il monte Everest). Interessante infine la presenza sia di masse glaciali, pari a ca. il 10% delle terre emerse, sia di vasti sistemi di acque scorrenti (fiumi) e di ampie distese occupate da acque dolci o salate (laghi).

Struttura e composizione della Terra

Considerazioni astronomiche e geofisiche hanno dimostrato che la Terra si comporta nel suo complesso come un corpo solido elastico di rigidità paragonabile a quella dell'acciaio. Testimonianze dirette sulla costituzione della Terra si hanno solo per i primi 12 km, limite massimo raggiunto dalle perforazioni di pozzi; oltre tale profondità bisogna ricorrere principalmente ai dati della sismologia e a ipotesi di ordine chimico-fisico sulla probabile composizione del materiale terrestre, avendo come punto di riferimento la composizione chimica delle rocce, delle lave e delle meteoriti e come grave limitazione l'impossibilità di conoscere il comportamento della materia alle elevatissime pressioni esistenti nell'interno della Terra. Una delle prime ipotesi sulla struttura della Terra, formulata per spiegare la differenza tra densità media terrestre e densità di superficie, risale a Wiechert (1897) e considera la Terra divisa in tre zone concentriche; il guscio esterno o litosfera, ricco di allumina e di alcali, la zona intermedia o magnosfera, più densa e costituita da materiale olivinico, e la zona più interna o barisfera, in cui la densità raggiunge i valori massimi. Precedentemente (1885), Suess, considerando la costituzione delle meteoriti, aveva proposto di suddividere la Terra in tre zone così caratterizzate: la superiore o Sial, estesa fino a 1500 km di profondità, di densità 2,7 e costituita in prevalenza da silicati alluminiferi; l'intermedia o Sima, fino a 3900 km, di densità 3,4, costituita da silicati ferro-magnesiaci; la zona interna o Nife, da 3900 fino al centro della Terra di densità 8, composta da ferro e nichel. Le successive ipotesi, pur variando in molti particolari, seguono gli schemi proposti da Wiechert e da Suess. Nel 1922, il geochimico Goldschmidt propose un modello basato sull'idea della differenziazione gravitativa secondo cui nella massa terrestre si devono distinguere tre involucri: la litosfera, formata da un sottile strato (120 km) di Sial seguito da uno più spesso di Sima per complessivi 1200 km; la barisfera, composta di ossidi e solfuri metallici e perciò talvolta denominata Osol, di densità 5-6, estesa da 1200 a 2900 km di profondità; il nucleo o Nife di densità 8, composto da ferro e nichel. Negli anni seguenti, Washington (1925), Beherend e Berg (1927) proposero altre due ipotesi sostanzialmente analoghe a quella di Goldschmidt. Più vicino alle vedute moderne è lo schema proposto da R. A. Daly nel 1933. Secondo questo geofisico la parte superficiale o crosta terrestre ha uno spessore di soli 60 km e comprende un involucro di Sial, che costituisce le masse continentali, e un sottostante involucro di Sima allo stato cristallino che raggiunge la superficie in corrispondenza dei fondali oceanici; al di sotto, fino a una profondità di 1200 km, segue un involucro di Sima allo stato vetroso che costituisce la sede dei principali fenomeni magmatici; da 1200 a 2900 km si succedono degli involucri vetrosi ultrafemici che racchiudono il nucleo, probabilmente allo stato fluido. Decisamente originale rispetto alle precedenti è invece la teoria di W. Kuhn e A. Rittman (1941) basata essenzialmente su considerazioni di ordine fisico-chimico. La massa terrestre, secondo i due autori, non avrebbe avuto il tempo necessario per una completa differenziazione e sarebbe formata da una sottile crosta cristallina spessa 50-70 km, seguita da una potente zona magmatica, di composizione simile a quella delle lave basaltiche e più ricca verso il basso di olivina e di ferro; verso i 2900 km di profondità cesserebbe ogni azione di differenziazione e la massa centrale sarebbe quindi composta da “materia solare indifferenziata”, con ca. il 30% d'idrogeno a elevata densità, d=10, per l'enorme pressione delle masse sovrastanti. Accolta in un primo tempo con favore, questa teoria è attualmente respinta dalla maggior parte dei geofisici moderni, soprattutto sulla base dei dati forniti dalla sismologia. Le onde sismiche prodotte dai grandi terremoti e dalle esplosioni nucleari penetrano infatti nel sottosuolo e si propagano con varie modalità in rapporto alle caratteristiche del mezzo: possono variare la loro velocità, essere deviate o bloccate, fornendo così informazioni molto indicative e attendibili sulla struttura interna della Terra. In particolare, si ritiene che le superfici di discontinuità sismica debbano essere considerate come veri e propri limiti tra strati di diversa composizione chimica e non soltanto come cambiamenti di stato della materia. In base ai dati sismici, lo schema comunemente accettato suddivide la Terra in tre zone o gusci concentrici: la crosta, il mantello e il nucleo.

Bibliografia

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