alessandrinismo

Indice

Lessico

sm. [sec. XIX; da alessandrino (di Alessandria d'Egitto)].

1) L'insieme dei caratteri propri del periodo e della civiltà alessandrini.

2) Per estensione, preziosismo raffinato nell'arte e nella letteratura; esasperato esercizio formale e stilistico.

Letteratura

Stile elaborato e prezioso, caratteristico della cultura greca nel periodo che va dalla formazione delle monarchie in cui si smembrò l'impero di Alessandro Magno alla loro caduta sotto il dominio romano, cioè dal 300 ca. al 30 a. C. Il termine è dovuto alla parte che in questa cultura ha avuto la città di Alessandria d'Egitto sotto i Tolomei; oggi però si preferisce il termine più ampio di ellenismo, in quanto non si può separare la cultura di Alessandria da quella delle altre capitali ellenistiche (Pergamo, Antiochia, Rodi). Fiorita all'ombra del mecenatismo e tenuta lontana dalla vita politica, la letteratura alessandrina si fa individualistica ed esprime un mondo interiore e l'osservazione minuta della realtà quotidiana; nel contempo, si fa cosmopolita e parla a un mondo più vasto di quello cittadino. Il mito, privato del suo afflato eroico, si umanizza; la poesia d'amore, spoglia di autobiografismo, diviene studio psicologico, cui s'intrecciano leggende preziosamente erudite a sfondo sentimentale, narrate con spirito critico e sorridente scetticismo; la ragione prevale sulla fantasia e sull'impeto lirico. L'erudizione diviene fine a se stessa ed è colorita di parole rare, di immagini nuove, di giochi verbali, con un'arte sottile che raggiunge la sua tipica espressione nell'epillio e soprattutto nell'epigramma. In una celebre polemica col suo scolaro Apollonio Rodio, il maggiore poeta alessandrino, Callimaco, afferma, contro il poema epico ormai superato, l'ideale del carme breve, di tono discorsivo nella forma limata e cesellata. Il gusto della ricerca erudita diventa pertanto materia di finzione poetica e trasferisce nel dominio della poesia l'attività filologica. In grammatica, gli alessandrini sono analogisti, cioè puristi e conservatori; in antitesi con la scuola di Pergamo, essi disciplinano la lingua mediante leggi e norme ricavate dalla tradizione di scrittori assunti a modello di classicismo; in retorica, il loro ideale è la semplicità degli antichi oratori attici. A Roma l'imitazione della poesia alessandrina incomincia con i neoteroi (sec. I a. C.), dei quali il più grande è Catullo. Alessandrina è l'ispirazione virgiliana nelle Bucoliche, ma incidenze alessandrine s'incontrano anche nelle Georgiche e nell'. Properzio nelle Elegie romane si definisce “Callimaco romano”; Ovidio giovane è prettamente alessandrino; lo stesso Orazio è più debitore agli alessandrini che ad Alceo o Saffo. Nelle letterature moderne si può in certo senso parlare di alessandrinismo per ogni manifestazione che intenda il culto della forma come espressione di raffinata sensualità: dal manierismo del Seicento al decadentismo dannunziano, dalla lirica di Ronsard a quella idillicamente squisita di A. Chénier, dal neoclassicismo foscoliano o pascoliano alle accentuazioni espressive dei parnassiani e in genere a ogni forma di poesia che in età sature di cultura celi un'arte studiata sotto la maschera di una primitiva ingenuità.

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