Descrizione generale

sf. [sec. XIX; astro-+fisica]. Settore dell'astronomia che studia la natura e la struttura fisica degli oggetti celesti. Le uniche informazioni disponibili su questi ci giungono tramite la radiazione, ondulatoria o corpuscolare, da essi emessa, che viene parzialmente intercettata dall'atmosfera terrestre. Dal punto di vista degli oggetti studiati, si può distinguere l'astrofisica in planetaria, solare, stellare, galattica o anche astrofisica dell'intero Universo. Quest'ultima, per esempio, trae ricca linfa dalla ricerca sulla radiazione cosmica di fondo, sulla materia oscura e sulla energia oscura (vedi Universo). Dal punto di vista tecnologico e strumentale si può fare distinzione tra lo studio delle radiazioni visibili, o di lunghezza d'onda prossima a quella visibile, e lo studio delle lunghezze d'onda da centimetriche a decametriche. Lo studio di queste ultime è l'oggetto di un importante settore dell'astrofisica che è la radioastronomia. Con lo sviluppo dell'astronautica e con l'utilizzo di satelliti e sonde per studi astronomici, hanno acquistato fondamentale importanza anche le ricerche nel campo delle radiazioni a breve lunghezza d'onda (raggi X, raggi γ) o corpuscolari (raggi cosmici). I numerosi osservatori astronomici orbitanti di grandi dimensioni e complessità hanno aperto le ricerche dell'astrofisica allo studio dell'Universo oltre che nelle bande dei raggi X e gamma, anche in quelle nell'infrarosso lontano e dell'ultravioletto estremo. La nascita dell'astrofisica del neutrino e delle onde gravitazionali, con l'utilizzo di grandi osservatori sulla superficie della Terra e nelle sue profondità, oltre che nello spazio, ha aperto nuovi amplissimi orizzonti allo studio di fenomeni fisici che avvengono solo su scala astronomica, come è per esempio il caso di tutti quegli oggetti ed eventi che emettono neutrini e/o onde gravitazionali. Dal punto di vista metodologico si può invece distinguere tra astrofisica generale e astrofisica teorica. Infatti, indipendentemente dalle tecnologie strumentali, si possono svolgere ricerche astrofisiche, anche di carattere teorico, effettuando simulazioni con supercomputer su modelli semplificati dei fenomeni allo studio, assegnando valori appropriati a opportuni parametri e modificando i modelli fino a ottenere risultati comparabili con quelli osservati. Tali ricerche hanno tratto vantaggio oltre che dai continui progressi nel campo dei computer, anche dall'evoluzione delle tecniche di risoluzione numerica di modelli matematici.

Lo studio della luce

Lo studio della luce proveniente dagli oggetti celesti, che è stato a lungo, e per certi aspetti è ancora, gran parte del campo di interesse dell'astrofisica, può essere effettuato con due metodi distinti. Questi, prima dell'avvento della radioastronomia e degli osservatori astronomici orbitanti, costituivano i due settori fondamentali in cui l'astrofisica poteva essere suddivisa: il metodo cosiddetto fotometrico e il metodo spettroscopico. Il primo richiede la registrazione dell'intensità globale (o su intervalli di lunghezze d'onda relativamente ampi) della luce ricevuta dall'oggetto celeste in esame; questo metodo è impiegato per determinare le variazioni nel tempo della magnitudine (o luminosità) di alcune stelle variabili, ovvero per determinarne l'indice di colore (come nel caso degli ammassi, per i quali si può successivamente risalire alla distanza, nonché alla storia evolutiva); il metodo fotometrico, pur essendo validissimo, ha fornito minor quantità di dati sulla costituzione delle stelle, della Galassia e dell'Universo rispetto al secondo metodo. Nel metodo spettroscopico (introdotto da G.R. Kirchhoff) la luce dell'oggetto celeste viene analizzata con uno spettroscopio o con uno spettrografo, nel caso in cui si voglia conservare una registrazione dell'osservazione spettroscopica. Si ottengono così informazioni circa la presenza di determinati elementi atomici o molecolari, le abbondanze e lo stato degli stessi elementi, lo stato di moto (in senso radiale rispetto alla Terra) dell'oggetto celeste, il suo stato fisico, nonché, con semplice derivazione, la massa, la luminosità e le dimensioni. Da uno studio comparato di più oggetti (stelle in particolare) si può dedurre infine una legge evolutiva. Pur restando questi i metodi pratici di indagine in astrofisica, tale scienza può essere suddivisa in sezioni, attenendosi più alla natura del problema da studiare che al metodo di ricerca.

Lo studio del Sole e delle stelle

Nella prima metà del sec. XX, l'astrofisica cominciò ad acquistare particolare importanza oltre che per il suo contributo alla conoscenza dell'Universo, e quindi alla cosmologia, anche per l'ausilio dato alla soluzione di problemi di carattere generale, quali lo studio della materia in condizioni estreme, e cioè a pressioni e densità altissime oppure bassissime. L'astrofisica contribuì quindi in modo determinante allo studio di situazioni non riproducibili in laboratorio, come quelle presenti in nebulose, atmosfere stellari, nuclei stellari, comete. In particolare, cominciò ad affrontare i problemi della materia degenere nelle nane bianche e dei plasmi tra le stelle. Poté anche studiare l'origine dell'energia emanata dalle stelle e dal Sole, specializzandosi così in astrofisica solare e stellare. Lo studio dell'atmosfera solare è stato uno dei primi oggetti di interesse della spettroscopia astronomica e da esso sono conseguite le nostre conoscenze sulla struttura interna del Sole, sulle reazioni nucleari che vi avvengono, sulla radiazione emessa e sulle sue interazioni con la Terra, sul magnetismo e sull'attività solare. Il riconoscimento che reazioni di fusione nucleare potessero rifornire d'energia le stelle avvenne nel 1939 da parte di H. Bethe. Il ciclo di reazioni nucleari proposto da Bethe era il cosiddetto ciclo CNO (dagli elementi carbonio, azoto, ossigeno), in cui un nucleo di carbonio agisce da catalizzatore per produrre un nucleo d'elio partendo da nuclei d'idrogeno. Questo ciclo, in realtà, ha luogo nelle stelle più luminose; in stelle del tipo del nostro Sole o più piccole il ciclo di fusione nucleare alla base della produzione di energia è quello p-p (protone-protone). Lo studio del Sole si collega, così, anche alla fisica delle stelle, comprendente la costituzione delle atmosfere e dei nuclei stellari, l'origine e l'evoluzione delle stelle, le abbondanze degli elementi, tutti problemi il cui studio ha come confronto quello del Sole. Argomenti connessi, che formano sezioni particolari d'interesse, sono quelli riferentisi alla materia interstellare, agli ammassi e alle nebulose galattiche. Di grande importanza per la comprensione dell'evoluzione stellare è stato il lavoro di classificazione della popolazione stellare eseguito da Hertzprung (1911) e Russel (1914) (vedi stella). Si deve a Chandrasekhar (1957) la scoperta che le stelle classificate come nane bianche con massa superiore a circa 1,5 masse solari possono evolvere in uno stato estremamente denso e di dimensioni virtualmente nulle, in seguito chiamato buco nero. Stelle di massa superiore alle otto masse solari riescono invece ad innescare la fusione di nuclei di carbonio, producendo di seguito elementi sempre più pesanti: arrivate ad avere nuclei di ferro (la cui fusione sottrae energia invece che fornirne), la stella collassa su se stessa per contrazione gravitazionale, innescando la cosiddetta esplosione di supernova. Il nucleo stellare residuo, infine, si può trasformare in una stella di neutroni, che, rotando velocemente emette impulsi radio estremamente regolari e si presenta come una pulsar, tipico oggetto di studio della radioastronomia.

Studio delle galassie e dei fenomeni violenti dell’Universo

Un'altra sezione dell'astrofisica si occupa delle galassie, la nostra compresa, della loro struttura, dimensioni, evoluzione, distanza, delle velocità di allontanamento delle galassie tra loro e della conseguente espansione dell'Universo (vedi cosmologia, vedi Universo). In una tipica ricerca di astrofisica, nel 1929 E. Hubble scoprì, osservando lo spostamento Doppler delle righe d'emissione (red shift), che le galassie si allontanano tutte da noi e tra loro, con una velocità che aumenta con la distanza: è questa la legge di Hubble (v=Hr, dove H è la costante di Hubble, v la velocità di recessione e r la distanza della galassia osservata da noi). Questa scoperta, che implicava che l'Universo fosse in espansione a partire da un punto e da un istante iniziale, fu la base per il modello cosmologico del big-bang. Le osservazioni consentite dall'uso dei satelliti artificiali trasportanti una molteplicità di strumenti fisici, con la nascita di nuove branche dell'astronomia connesse alle radiazioni osservabili al di fuori dell'atmosfera (astronomia dei raggi X, dei raggi gamma, dell'infrarosso e dell'ultravioletto), aprirono l'astrofisica allo studio di innumerevoli nuovi oggetti e fenomeni. I campi di applicazione di queste branche dell'astrofisica sono i più disparati e comprendono la ricerca e l'esame di resti di supernova, spesso sorgenti di impulsi regolari di onde radio per la presenza di stelle di neutroni, ma anche di radiazioni di alta energia quali raggi X e gamma. L'astrofisica si dedicò così anche allo studio delle quasar, delle radiogalassie, dei nuclei galattici attivi, delle galassie di Seyfert e delle galassie Markarian, come pure degli impulsi gamma (gamma burst) e dei fenomeni a essi connessi. In queste ricerche sono numerosi i satelliti e gli osservatori astronomici orbitanti per i raggi ultravioletti, i raggi X e i raggi gamma utilizzati in passato, attualmente operativi e in programma per il futuro.

G. Cecchini, Il Cielo, Torino, 1970; P. Moore, Atlante dell'Universo, Milano, 1970; M. Dobrowolny, G. Moreno, La fisica spaziale, Firenze, 1980; S. A. Kaplan, Fisica delle stelle, Milano, 1982; V. L. Ginzburg, Questioni di fisica e astrofisica, Roma, 1983; A. Masani, Astrofisica, Roma, 1984; H. Fritzsch, Galassie e particelle, Torino, 1985.

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