Descrizione generale

sf. [sec. XIV; dal greco astronomía]. Scienza che studia la materia e l'energia contenute nell'Universo, considerandone la distribuzione, il movimento, la costituzione e composizione, l'evoluzione. Più in generale, si può affermare che l'astronomia studia tutto l'Universo inteso come il continuo spazio-temporale permeato di materia e dell'energia radiante in cui quella si trova immersa. L'astronomia si occupa in modo particolare del Sistema Solare e dei suoi componenti (Sole, pianeti, pianetini, comete, meteore ecc.). In scala maggiore, l'astronomia studia le stelle fisse, gli ammassi stellari, la materia interstellare in tutto l'Universo e le galassie. Secondo l'argomento di studio e secondo i metodi di ricerca e gli strumenti impiegati, l'astronomia si divide in varie branche. La prima grande divisione si ha fra astronomia classica e astrofisica. L'astronomia classica deve questa definizione al fatto che fino alla metà del sec. XIX riuniva in sé tutte le metodologie d'indagine e le teorizzazioni effettuate in campo astronomico; oggi per astronomia classica si intende l'insieme di astrometria e meccanica celeste. L'astrometria o astronomia di posizione ha lo scopo di determinare le posizioni dei corpi celesti sulla sfera del cielo, di fissare sulla sfera stessa dei sistemi di riferimento (sistemi di coordinate celesti), di stabilire dei metodi per determinare lo scorrere del tempo e le coordinate geografiche. Inoltre, l'astronomia di posizione si interessa al moto degli astri rispetto alla sfera celeste prendendone, però, in esame il solo carattere cinematico. Il carattere dinamico di questo moto costituisce il campo d'indagine della meccanica celeste. Lo strumento matematico e geometrico che sta alla base dell'astrometria e della meccanica celeste è l'astronomia sferica, insieme di nozioni, risalenti anche molto addietro nei secoli, di carattere appunto matematico e geometrico, che rendono possibile l'interpretazione dei fenomeni osservati. A partire dalla seconda metà del sec. XIX, il progresso delle conoscenze di fisica, di chimica e della stessa astronomia classica favorì lo sviluppo di un altro importante settore dell'astronomia, l'astrofisica, settore che, valendosi di tecniche specializzate, studia la natura degli oggetti celesti e tenta di stabilire un parallelo con fenomeni verificati in laboratorio. L'unione fra astronomia classica e astrofisica è realizzata, in un senso ristretto, da una branca particolare, la statistica stellare, che, per studiare la disposizione e i movimenti delle stelle della Galassia, utilizza metodi e strumentazioni propri di entrambe le scienze; i risultati della statistica stellare sono stati peraltro superati con l'avvento dei più potenti mezzi della radioastronomia. Altre importanti branche sono la cosmogonia e la cosmologia che si occupano di problemi formalmente simili, ma su scala considerevolmente diversa (1013 volte): la cosmogonia si interessa, a livello del sistema solare, della formazione e dell'evoluzione di concentrazioni di materia, mentre la cosmologia considera tutto l'Universo. L'astronomia non è una scienza isolata: sia per l'aspetto pratico (esecuzione di osservazioni, perfezionamento e costruzione di strumenti idonei), sia per quello teorico (deduzioni di leggi e derivazioni di risultati dalle osservazioni; calcoli; previsione di fenomeni astronomici) viene richiesto spesso un bagaglio di nozioni che si rifà alle basi della fisica, della fisica nucleare, della matematica, della chimica; d'altra parte, l'astronomia ha spesso permesso, anzi prodotto, progressi considerevoli nelle scienze e nelle tecniche a essa affini. Il progresso tecnologico degli strumenti di osservazione l'impiego sistematico di satelliti artificiali e di sonde spaziali hanno permesso la raccolta di un'enorme quantità di informazioni: sono stati scoperti nuovi oggetti, messe in luce proprietà insospettate di oggetti già noti e sono nate nuove branche della scienza, come per esempio quella della geologia lunare e in senso più lato della planetologia che fa seguito alla diretta conoscenza di pianeti, satelliti, comete e asteroidi, conseguita anche con lo studio in loco di questi corpi effettuato con sonde di vario tipo.

Storia: le origini e le teorie del moto planetario

Si può considerare l'astronomia come la scienza più antica. Uno dei primi problemi astronomici che l'uomo si pose fu quello della misura del tempo; la lunazione costituì il primo metodo per classificare i giorni e i primi calendari che si adottarono furono lunari. In seguito le società agricole ebbero la necessità di un calendario che stabilisse i periodi della semina e del raccolto: si scoprì così il parallelismo tra il corso annuale del Sole e il ciclo delle stagioni terrestri e si crearono i calendari solari che posteriormente si tentò di adattare a quelli lunari. Il problema di determinare il periodo favorevole per la semina condusse a concepire l'influenza del cielo e degli astri sulla crescita delle piante, la riproduzione degli animali e la stessa vita umana. Fra le civiltà mediterranee, i Babilonesi diedero il primo assetto scientifico all'astronomia, coordinando e sviluppando le prime registrazioni di osservazioni astronomiche effettuate dai Sumeri e risalenti a ca. 20 secoli a.C.; tuttavia i primi dati sicuri (relativi a un'eclisse di Sole) risalgono al 721 a.C. (secondo alcune fonti, al 763 a.C.). Gli astronomi babilonesi studiarono il moto dei pianeti, seppero predire le eclissi del Sole e della Luna, raggrupparono le stelle in costellazioni e introdussero i dodici segni dello Zodiaco. È da sottolineare comunque che l'astronomia babilonese si mantenne sempre strettamente legata al culto religioso. In Egitto le osservazioni astronomiche furono oggetto di scarso interesse; al contrario si diede molta importanza al problema di stabilire un calendario sufficientemente esatto per predire le piene del Nilo. Gli Egizi adottarono come punto di partenza dell'anno il fenomeno del levare eliaco di Sirio e fissarono la durata dell'anno in 365 giorni (anno vago). Anche nell'Estremo Oriente l'astronomia ha origini antichissime; le prime osservazioni cinesi di comete ed eclissi risalgono al 2300 a.C.; i Cinesi eseguirono infatti accuratissime osservazioni di fenomeni celesti insoliti, tuttora di grande interesse scientifico (comete, eclissi, novae e supernovae; di queste ultime, i Cinesi furono gli unici a effettuare registrazioni). Fra i popoli dell'America Centrale, i Maya sembra possedessero conoscenze astronomiche superiori a quelle di tutti gli altri popoli dell'antichità: si hanno registrazioni di un'eclisse totale di Luna del 3379 a.C. e, dalle iscrizioni su pietra, risulta inoltre che i Maya possedevano un calendario sufficientemente esatto riferito alle fasi del pianeta Venere e un calendario solare che in precisione eguaglia quello moderno. Di maggior importanza sono gli studi di astronomia dei Greci, le cui conoscenze astronomiche derivavano dalle osservazioni babilonesi e, in parte, da quelle egizie; i Greci però, a differenza dei loro predecessori, prestarono maggior attenzione alle cause dei fenomeni celesti. Risalgono a essi le due teorie del moto planetario, quella eliocentrica, concepita da Filolao di Crotone (sec. V-IV a.C.) e ripresa da Aristarco di Samo (sec. III a.C.), e quella geocentrica, proposta da Ipparco (sec. II a.C.) e più tardi ripresa da Tolomeo (sec. II d.C.), che rimase poi in vigore fino al tempo di Copernico. Entrambe le teorie sostenevano il moto perfetto circolare dei pianeti. Oltre che all'elaborazione di teorie planetarie, gli astronomi greci si dedicarono anche ad altri problemi: così Aristarco concepì un metodo per determinare le distanze relative del Sole e della Luna; Eratostene (sec. III-II a.C.) per primo riuscì a determinare la lunghezza della circonferenza terrestre; Ipparco, infine, compilò il primo vero catalogo stellare e, dal confronto delle posizioni delle stelle da lui ricavate con quelle precedentemente determinate, scoprì il fenomeno della precessione degli equinozi "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 2 pp 312-313; vol. 5 pp 246-251" "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 2 pp 312-313; vol. 5 pp 246-251" .

Storia: Tolomeo

Tolomeo raccolse l'insieme delle conoscenze astronomiche del suo tempo arricchite dalla propria esperienza, in un unico testo, l'Almagesto. L'opera contiene, oltre ai principi di trigonometria piana e sferica, l'esposizione della teoria del moto epicicloidale dei pianeti che, nella sua apparente perfezione, fu alla base di tutti gli studi astronomici fino a Copernico. Gli scienziati arabi, che furono gli unici a dedicarsi all'astronomia nei secoli successivi a Tolomeo, non mutarono il quadro della teoria geocentrica del moto dei pianeti, ma si limitarono a perfezionarne i dati relativi, con osservazioni più esatte. In Europa l'astronomia tornò a fiorire nel sec. XIII a partire dalla Spagna, che maggiormente risentiva dell'influenza araba. La maggior opera astronomica apparsa in quel periodo è costituita dalle Tavole alfonsine, preparate per ordine del re Alfonso X di Castiglia; in quest'opera, nel tentativo di spiegare la complessità del moto dei pianeti, furono introdotti decine e decine di epicicli, rendendo farraginosa e poco logica la teoria geocentrica. Dopo oltre un millennio, la teoria tolemaica cominciava così a mostrare le sue lacune.

Storia: da Copernico a Newton

A Copernico (1473-1543) spetta il merito di aver impresso una svolta decisiva allo sviluppo dell'astronomia: egli, infatti, esaminò per primo, con spirito critico e con obiettività scientifica, la linea di pensiero a lui contemporanea. La teoria tolemaica, che aveva già dato adito ad alcune critiche soprattutto durante il controllo del calendario effettuato per poter stabilire in anticipo la data delle feste religiose mobili, come la Pasqua, si basava essenzialmente sulla codificazione delle orbite planetarie: con il perfezionarsi dei mezzi d'osservazione, la discrepanza tra le posizioni dei pianeti predette e quelle osservate appariva sempre più evidente. Copernico, nella sua opera De revolutionibus orbium coelestium, espose la teoria eliocentrica che, togliendo la Terra dalla sua posizione privilegiata di centro dell'Universo, fu in grado di spiegare con maggior semplicità i risultati delle osservazioni; tuttavia il sistema copernicano conservava la teoria degli epicicli per spiegare il moto dei pianeti e della Luna. Oltre che per motivi religiosi o superstiziosi, la teoria copernicana, che costituiva un'alternativa alla teoria tolemaica, incontrò forti opposizioni anche per non essere in grado di spiegare la mancata osservazione di un moto parallattico delle stelle fisse. Tycho Brahe (1546-1601), il maggior oppositore, fra gli astronomi, della teoria copernicana, fu proprio colui che fornì gli elementi osservativi atti a confermarla. Convinto che solo osservazioni di grande precisione avrebbero potuto confermare o invalidare un sistema planetario da lui stesso proposto (e nel quale il Sole ruotava attorno alla Terra e i pianeti attorno al Sole), Tycho Brahe riuscì a compiere le più precise e accurate osservazioni mai eseguite prima dell'introduzione del cannocchiale. Egli, negli ultimi anni della sua vita, ebbe a Praga, come assistente, G. Keplero (1571-1630), il quale, sulla base delle osservazioni compiute dal maestro, giunse a formulare le tre leggi fondamentali che governano il moto dei pianeti attorno al Sole, ponendo così termine a una disputa durata per secoli. Il sistema copernicano, modificato con l'abolizione degli epicicli ma che ancora ammetteva la sfera delle stelle fisse, fu definitivamente adottato dopo gli studi di G. Galilei (1564-1642). Questi, impiegando un cannocchiale da lui stesso costruito, scoprì i quattro maggiori satelliti di Giove, le fasi di Venere, le montagne della Luna, le macchie solari, la struttura stellare della Via Lattea e divulgò le sue scoperte con l'opera Sidereus nuncius, pubblicata nel 1610. Tutte le sue osservazioni, oltre a confermare la teoria copernicana, demolirono il principio aristotelico secondo cui lo stato di quiete era da considerarsi naturale e quello di moto innaturale, dimostrando al contrario che lo stato di moto inerziale è quello naturale, mentre una variazione nel moto stesso richiede l'intervento di una forza esterna, la cui natura deve essere desunta dall'esistenza di un'accelerazione. È questa la base della cosiddetta relatività galileiana, a sua volta base della più ampia e famosa relatività einsteiniana, ed è anche il punto dal quale partì I. Newton (1642-1727) per formulare le leggi sulla gravitazione universale. Già Keplero aveva intuito, nel ricavare le sue tre famose leggi, che nel Sole doveva aver origine la forza che costringe i pianeti a muoversi su orbite ellittiche. Newton dimostrò che l'ipotesi dell'esistenza di una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza può spiegare correttamente il movimento del pianeta lungo la sua orbita; inoltre affermò che questa forza è della stessa natura di quella che agisce su una pietra che cade liberamente verso la superficie della Terra. L'enunciazione della legge di gravitazione universale, che è alla base della meccanica celeste, permise il calcolo delle orbite con la massima precisione, consentendo di prevedere le posizioni dei pianeti attorno al Sole e rispetto alla Terra. Uno dei primi problemi teorici affrontati dalla meccanica celeste fu lo studio degli effetti perturbativi sul moto dei pianeti dovuti alla reciproca forza di attrazione che si esercita tra i pianeti presi in esame. Il problema delle perturbazioni, o dei più corpi, affrontato a fondo nei sec. XVIII e XIX, fu risolto praticamente nelle opere di J.L. Lagrange (1736-1813), K.F. Gauss (1777-1855) e altri ancora.

Storia: dagli osservatori astronomici moderni alla scoperta delle galassie

I successi del calcolo astronomico – basti pensare alla scoperta di Nettuno effettuata solo sulla base delle perturbazioni da questi provocate su un pianeta più interno (Urano) – furono dovuti anche al perfezionamento del telescopio e delle tecniche di osservazione, avvenuto soprattutto nei sec. XVII e XVIII. In questo periodo, infatti, O. Römer (1644-1710) costruì il primo cerchio meridiano, strumento indispensabile per determinare con esattezza le coordinate celesti; C. Huygens (1629-1695) costruì il primo pendolo astronomico; Newton, J. Gregory e N. Cassegrain realizzarono vari tipi di telescopio privi di aberrazione cromatica (riflettori). Nel 1670 fu fondato il primo grande osservatorio, quello di Parigi, seguito un anno dopo da quello di Greenwich, e nel 1700 da quello di Berlino. In Italia il primo osservatorio fu fondato a Bologna nel 1712. I progressi compiuti nella tecnica e nell'organizzazione nonché nell'analisi delle osservazioni diedero ben presto i loro frutti. G.D. Cassini (1625-1712) primo direttore dell'Osservatorio di Parigi, scoprì l'esistenza di un anello separato attorno a Saturno e determinò la distanza di Marte dalla Terra; E. Halley (1656-1742) calcolò per primo l'orbita di una cometa e scoprì la periodicità della cometa che porta il suo nome. Nella stessa epoca si compirono numerosi tentativi per determinare l'esistenza di uno spostamento parallattico delle stelle che, quantunque senza successo, costituirono la base per altri notevoli risultati. Nel 1717, Halley scoprì il moto proprio delle stelle; nel 1726 J. Bradley (1693-1762) rilevò il fenomeno dell'aberrazione; J. Flamsteed, Halley e Bradley, che furono i primi tre direttori dell'Osservatorio di Greenwich, pubblicarono precisi cataloghi stellari; nel 1781 W. Herschel (1738-1822) scoprì Urano, e poco dopo, nel 1801, G. Piazzi (1746-1826) con il telescopio dell'Osservatorio di Palermo individuò il primo pianetino, Cerere: nel corso della ricerca di questo astro, andato perso dopo le prime osservazioni, furono scoperti altri pianetini, Pallas e Vesta osservati da W. Olbers (1758-1840) e Giunone da K. Harding (1765-1834). Gauss stesso contribuì a queste ricerche, sviluppando un metodo rapido per il calcolo degli elementi orbitali di un pianeta, basato sull'osservazione di tre sole posizioni del pianeta stesso. La scoperta di Urano rese famoso Herschel che dedicò il resto della sua vita agli studi di statistica stellare. Già allora erano state pubblicate opere che vagamente contraddicevano l'ipotesi, formulata da Keplero, di una distribuzione uniforme delle stelle sopra una sfera fissa e introducevano l'idea di una distribuzione spaziale più o meno omogenea. Attraverso le sue osservazioni, Herschel si convinse che le stelle erano disposte a formare un sistema lenticolare appiattito, che oggi conosciamo come Galassia, al quale attribuì dimensioni inferiori al vero; l'esistenza di altre formazioni nebulari lo convinse del fatto che anche queste dovessero possedere la stessa struttura della Galassia e le chiamò “universi isole”. Herschel, tuttavia, ripudiò le sue idee, che oggi invece si riconoscono corrette.

Storia: dall'astrometria alla radioastronomia

Fin dall'inizio del sec. XIX, l'astronomia incominciò a suddividersi in numerosi rami specializzati. Molti astronomi si dedicarono all'astrometria; fra questi il più illustre è senza dubbio F.W. Bessel (1784-1846) che pose nuove basi per l'astronomia di posizione, determinando nuovamente le costanti di aberrazione, di precessione e di nutazione, studiando il fenomeno della rifrazione e gli errori strumentali connessi con l'uso di un telescopio. La precisione raggiunta gli permise di calcolare per primo, nel 1838, la parallasse di una stella (61 Cygni). Dopo Bessel, l'astronomia di posizione ha compiuto scarsi progressi dal punto di vista teorico, pur avendo progredito al massimo dal punto di vista tecnico e strumentale. Nella seconda metà del sec. XIX nacque un nuovo ramo dell'astronomia, l'astrofisica, cioè lo studio della natura fisica dei corpi celesti. L'introduzione della tecnica fotografica influì considerevolmente sullo sviluppo di questa nuova scienza rendendo possibile, oltre alla registrazione, lo studio spettroscopico dei fenomeni celesti . In realtà, già nel 1814, J. von Fraunhofer (1787-1826) aveva osservato e catalogato 500 righe oscure nello spettro solare, ma solo nel 1859 G.R. Kirchhoff (1824-1887) riuscì a dimostrare che le righe di Fraunhofer erano righe di assorbimento assegnabili a elementi chimici conosciuti e localizzati nell'atmosfera solare. Nacque in questo modo un'importante branca dell'astronomia e più precisamente dell'astrofisica, quella della fisica solare: data la sua vicinanza a noi, il Sole è infatti un oggetto celeste facile da studiare, anche con strumenti relativamente poco sensibili. Solo verso la fine del sec. XIX, tuttavia, il Sole fu studiato a fondo, principalmente per opera di H. Rowland (1848-1901), che identificò ca. 20.000 righe nello spettro solare, mediante il confronto con quelle ottenute in laboratorio da elementi chimici noti. Il maggiore fisico solare fu però G.E. Hale (1868-1938), il quale, per mezzo dello spettroeliografo da lui stesso ideato, scoprì l'esistenza del campo magnetico solare e analizzò la struttura delle macchie solari, già peraltro studiate morfologicamente in precedenza da molti altri astronomi, da H. Schwabe (1789-1875), che per primo, nel 1843, ne tenne una registrazione accurata, fino a R. Wolf (1816-1893) che ne determinò la periodicità; in questi stessi anni fu scoperta la relazione fra attività solare e magnetismo terrestre. Il primo tentativo di collegare le caratteristiche fisiche di una stella al suo aspetto fu compiuto nel 1868 da A. Secchi (1818-1878), che in quell'anno pubblicò a Roma la prima classificazione spettrale delle stelle. Il suo lavoro fu approfondito pochi anni dopo da H.K. Vogel (1841-1907), al quale va il merito di aver costruito spettrografi più perfezionati, nonché di essere stato il primo ad avere misurato la velocità radiale di una stella. L'uso di spettrografi più precisi ad alta dispersione permise la compilazione, a cura dell'Osservatorio di Harvard, di un catalogo stellare, l'Henry Draper Catalogue, apparso tra il 1918 e il 1924, nel quale venivano descritte le caratteristiche di ca. 225.000 stelle: il loro spettro era indicato mediante classi spettrali, simili a quelle già adottate da Secchi; la classificazione del catalogo era però più precisa e minuziosa. Nei primi anni del sec. XX., E. Hertzsprung (1873-1967) e, indipendentemente, H. N. Russell (1877-1957) pensarono di mettere in relazione il tipo o classe spettrale delle stelle facenti parte di un certo gruppo con la loro magnitudine. Il diagramma cui pervennero, che dal nome degli ideatori si chiama Hertzsprung-Russell (spesso abbreviato in H-R), si rivelò e si rivela tuttora utile per la risoluzione del problema della distanza degli ammassi e delle stelle singole ed è stato anche determinante per lo studio dell'evoluzione stellare. Direttamente collegato all'evoluzione stellare è il problema della struttura interna delle stelle. Anche in questo caso il Sole fece da pietra di paragone e il problema fondamentale da risolvere consisteva nello stabilire la fonte della grande quantità di energia irradiata dal Sole e quindi, per analogia, anche dalle altre stelle; scartata l'ipotesi di un Sole totalmente composto da carbonio e dimostrata insostenibile l'idea di H. Helmholtz della generazione di energia per contrazione, il problema rimase insoluto fintanto che lo sviluppo delle ricerche nel campo della fisica nucleare non chiarì l'esistenza di un ciclo di reazioni nucleari (il ciclo idrogeno-elio) esotermiche, che si inquadravano perfettamente con i dati a disposizione. Già prima, però, lavori teorici di R. Emden, di K. Schwartzschild, di A.S. Eddington e di altri ancora avevano esaminato le modalità del trasporto di radiazione e la struttura interna delle stelle, intesa come un insieme di stati fisici differenti per temperatura, pressione ecc. Nel campo delle ricerche galattiche, alle prime geniali osservazioni di Herschel fecero seguito, ca. un secolo più tardi, quelle di H. von Seeliger e di J. Kapteyn, che tentarono di esprimere con funzioni matematiche la distribuzione delle stelle all'interno della Galassia; nacque così la statistica stellare, che però si dimostrò inadeguata a descrivere la struttura galattica globale. Solo dopo le ricerche di H. Shapley, nel 1918, fu possibile determinare le dimensioni della Galassia, misurando nel suo interno le distanze degli ammassi globulari, mentre nel 1927 J.H. Oort e B. Lindblad dimostrarono l'esistenza di un moto di rotazione galattica. Nel 1933 l'ingegnere statunitense K. Jansky rilevò casualmente delle onde radio parassite che ritenne provenienti dalla Via Lattea. Da questa scoperta nacque la radioastronomia che, avvalendosi della tecnica del radar, si sviluppò rapidamente e rese possibile studiare particolareggiatamente la struttura della Via Lattea, osservando in particolare la riga di 21 cm dell'idrogeno neutro, prevista teoricamente nel 1945 da H.C. van de Hulst. L'esistenza di altre galassie, identificabili con le nebulose a spirale del catalogo di C. Messier, fu confermata nel 1929 da E. Hubble, al quale va anche il merito storico di aver fornito – tramite la scoperta del red-shift di allontanamento delle galassie – la prova indiscutibile dello stato di espansione in atto dell'Universo.

Storia: la radiazione fossile a microonde

Con la scoperta dell'espansione dell'Universo, la validità della relatività generale, formulata da A. Einstein fin dal 1916, trovò un'autorevole conferma e le ipotesi su un'origine caratterizzata da alti valori della densità e della temperatura (teoria dell'atomo primordiale di G. Lemaître, 1927; teoria del big-bang caldo di G. Gamow, 1946) divennero più attendibili, fino alla prova conclusiva dell'esistenza del fondo di radiazione fossile a microonde, accertata nel 1964 dai due radioastronomi A. Penzias e R. Wilson. Questa radiazione caratteristica che pervade tutto lo spazio in modo uniforme, è tipica per un radiatore ideale (vedi corpo nero) posto alla temperatura di 2,7 K. Essa – in conformità alle previsioni dei cosmologi – non è che l'apparenza odierna (estremamente diluita e spostata di frequenza a causa dell'espansione del cronotopo) della radiazione che, ad altissima concentrazione e temperatura, permeò l'Universo nel corso dei primi 300 mila anni dopo il big-bang iniziale. Ricerche accurate sulla distribuzione spaziale del fondo di radiazione sono state condotte a partire dagli anni Ottanta del sec. XX allo scopo di stabilirne il grado di omogeneità e di isotropia al fine di rinvenire in esso i segni di quelle discontinuità fisiche che furono verosimilmente presenti nell'Universo iniziale. Risultati significativi sono stati forniti dal satellite COBE, entrato in funzione nel 1989, il quale ha registrato fluttuazioni termiche nella radiazione cosmologica dell'ordine di 3·10–5 °C, aventi dimensioni spaziali compatibili con le strutture galattiche primordiali. Nel 2002, il satellite W-MAP ha poi misurato molto più in dettaglio le caratteristiche della radiazione di fondo, trovando le disomogeneità previste là dove la materia si è poi addensata a formare le galassie. Le sue misurazioni hanno fornito l'età dell'Universo, datando il big-bang a circa 13,7 miliardi di anni fa. Inoltre i dati indicano che gli atomi hanno iniziato a formarsi 380.000 anni dopo il big-bang, mentre le prime stelle si sono accese 200 milioni di anni più tardi. La ricerca delle protogalassie e dell'assetto spaziale tenuto dagli ammassi e dai superammassi di galassie fa parte dei compiti osservativi della moderna astronomia cosmologica (per la quale si possono citare le scuole del de Vaucouleurs, dei Burbidge, di Sandage, di Ryle); compiti nei quali sono stati determinanti grandi progetti realizzati sullo scorcio del Novecento e all'inizio del sec. XXI, a cominciare dal HST (telescopio spaziale Hubble), dai satelliti per raggi X e gamma quali ROSAT, Chandra, XMM-Newton, INTEGRAL, GRO "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 5 pp 114-117" "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 5 pp 114-117" , oltre che da COBE e da W-MAP.

Astronomia dell’invisibile

L'astronomia ha ampliato a dismisura i suoi orizzonti man mano che nuove bande di radiazione e nuovi tipi di particelle emesse dai corpi celesti diventavano disponibili all'osservazione dalla Terra e dallo spazio. A fianco dell'astronomia del visibile (o astronomia ottica), l'unica possibile sino all'avvento dell'astrofisica e dei suoi strumenti, si sono sviluppate nuove grandi branche di astronomia dell'invisibile, prima dalla Terra, con lo studio di ristrette bande dell'ultravioletto e dell'infrarosso e di ampie bande di radioonde e poi dallo spazio. Con l'avvento dell'astronautica, a ogni banda di lunghezze d'onda preclusa all'osservazione da Terra perché assorbita dall'atmosfera sono venuti a corrispondere particolari campi dell'astrofisica, e quindi dell'astronomia, denominati astronomia dell'ultravioletto, astronomia dell'infrarosso, astronomia dei raggi X, astronomia dei raggi gamma. I processi in atto negli oggetti celesti si possono però studiare anche in base all'emissione di neutrini o di onde gravitazionali, cosicché si può parlare di una del neutrino e di una delle onde gravitazionali. A terra, oltre all'astronomia del visibile che, con i grandi osservatori e telescopi della fine del sec. XX e dell'inizio del sec. XXI, ha spinto il suo sguardo sino ai confini ultimi dello spazio e del tempo, si è sviluppata particolarmente l'astrofisica del neutrino, grazie soprattutto alla nascita di imponenti osservatori situati nelle viscere della Terra (per esempio all'interno del Gran Sasso, in Italia, o nella miniera di Kamiokande, in Giappone) dotati di schiere di appositi rivelatori, veri e propri telescopi per il neutrino. Sulla superficie della Terra, invece, sono stati attrezzati grandi laboratori dotati di imponenti strumenti per la rivelazione di onde gravitazionali. L'astronomia delle onde gravitazionali, sta però per spostarsi anche nello spazio con smisurati sistemi di satelliti attrezzati per l'osservazione di onde gravitazionali su basi molto più lunghe che sulla Terra. Così agli interferometri per onde gravitazionali terrestri, quali VIRGO (progetto franco-italiano, in funzione a Pisa, Italia), LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory, negli Stati Uniti) e GEO (progetto tedesco-scozzese), sono in fase di realizzazione anche telescopi interferometrici spaziali per onde gravitazionali quali quello della collaborazione europea e statunitense LISA (Laser Interferometer Space Antenna), previsto in orbita intorno alla Terra nel 2012, con bracci di interferometro lunghi 5 milioni di chilometri. Prima di andare nello spazio, i telescopi per onde gravitazionali si sono però spostati anch'essi sotto terra in appositi laboratori. Come l'astronomia del neutrino, anche l'astronomia delle onde gravitazionali è infatti diventata oggetto della cosiddetta astronomia sotterranea: il laboratorio della miniera di Kamiokande, dopo un incidente che ne ha distrutto i rivelatori di neutrini, è stata infatti riconvertita a laboratorio per l'osservazione di onde gravitazionali. I laboratori sotterranei come quello del Gran Sasso vengono però utilizzati anche per scoprire particelle non ancora scoperte e in moto nello spazio, probabilmente componenti della cosiddetta materia oscura dell'Universo. Nel 2008, con l'entrata in funzione dell’acceleratore LHC del CERN è stata possibile la scoperta del bosone di Higgs, particella elementare fondamentale nel Modello Standard, di cui fino a quel momento era stata solo teorizzata l’esistenza. Nel 2016 è stata annunciata la scoperta delle onde gravitazionali teorizzate da Albert Einstein grazie alla rilevazione congiunta degli strumenti LIGO e VIRGO.

Astronomia al suolo

I grandi progressi dell'astronomia, osservativa e teorica, tra la fine del sec. XX e l'inizio del sec. XXI, oltre che all'utilizzo di computer di grande potenza in simulazioni di processi altrimenti non osservabili, sono legati allo sviluppo di nuovi straordinari strumenti con base sia a terra sia nello spazio. A terra, in osservatori costruiti in poche località del pianeta particolarmente adatte, sulla vetta di isole vulcaniche e di monti in mezzo ai deserti o comunque lontanissimi dalle luci delle città, sono stati costruiti e progettati diversi potentissimi telescopi per il visibile e per le bande dell'ultravioletto e dell'infrarosso confinanti con lo spettro visibile. Sempre sulla Terra, aperti alle radiazioni ondulatorie e corpuscolari che riescono superare l'atmosfera terrestre, sono stati realizzati anche grandi sistemi di radiotelescopi e speciali osservatori per raggi gamma, per neutrini e per onde gravitazionali. L'astronomia ottica ha acquisito, in particolare, telescopi di nuovissima concezione, che si avvalgono di materiali tecnologicamente avanzati, che permettono la realizzazione di strumenti di dimensioni notevolmente superiori a quelli delle generazioni precedenti, e, inoltre, dei più avanzati tipi di ricettori elettronici d'immagine allo stato solido (camere CCD con amplissimo campo utile), mediante i quali – e con l'ausilio di calcolatori elettronici veloci – vengono, fra l'altro, effettuate elaborazioni complesse sul genere dell'interferometria a macchie (speckle interferometry) e di quelle richieste dall'ottica adattiva. Le ottiche primarie e secondarie dei telescopi più evoluti vengono infatti costruite con qualità adattive, ossia, capaci di modificare la propria configurazione mediante asservimento automatico a un sistema di controllo via laser che analizza la qualità delle immagini soggette alla turbolenza atmosferica. I primi grandi telescopi di nuova tecnologia realizzati ed attivati sono stati il New Technology Telescope (NTT) dell'ESO, i due Keck (dotati entrambi di specchio composito di 10 m di diametro) installati sul Mauna Kea e collegati interferometricamente. Nello stesso sito sono stati costruiti altri telescopi della classe degli 8 m: il giapponese Subaru (specchio monolitico di 8,2 m) e Gemini Nord, il primo dei due telescopi gemelli di 8,1 m ciascuno del progetto Gemini(il secondo, Gemini Sud, è stato successivamente edificato nell'emisfero sud a Cerro Pachon, in Cile). La realizzazione di gran lunga più importante è però il complesso del VLT (Very Large Telescope), quattro telescopi di 8,2 m dell'ESO (European Southern Observatory), che possono lavorare singolarmente o congiuntamente, utilizzando tecniche interferometriche. A questi vanno aggiunti il LBT (Large Binocular Telescope), un telescopio binoculare costituito da due specchi identici di 8,4 m, in gran parte italiano, costruito sul Monte Graham (Arizona). Il principale telescopio completamente italiano è poi il TNG (Telescopio Nazionale Galileo), dotato di specchio da 3,5 m (con ottiche attive ed adattive); il TNG è situato a La Palma, Canarie, a 2400 m s.m. Grazie a questa poderosa mobilitazione di risorse finanziarie e tecnologiche, la comunità astronomica internazionale si ripromette di intensificare nel corso della prima metà del sec. XXI, indagini più esaustive sugli oggetti che rivestono il maggior interesse scientifico. Indagini che – per la loro varia natura fisica – necessitano, in genere, di strumentazioni potenti, appositamente progettate e dedicate, tali da esorbitare dalle possibilità offerte da parte delle sonde e dei satelliti spaziali. D'altronde, il crescente inquinamento luminoso e gassoso dell'atmosfera terrestre – associato al progressivo raffinamento delle sensibilità strumentali – sta costringendo le istituzioni a una drastica revisione circa l'economicità degli impianti a Terra. Ne è quindi conseguito lo smantellamento (o la riutilizzazione) di numerose sedi storiche (monte Palomar, monte Wilson, Greenwich, Castel Gandolfo ecc.) e l'addensamento di osservatori altamente specializzati in un numero limitato di località (Cerro Paranal, Cerro Tololo, Cerro Pachon, La Silla, Mauna Kea, monte Graham, monte Hopkins, La Palma), ormai universalmente prescelte per le loro doti di trasparenza e di tranquillità aerea. Senza contare che le elevate altitudini di codesti siti consentono quelle indagini nell'infrarosso ottico che sono ormai indispensabili per l'identificazione di molte strutture intime dei bulbi galattici, dei centri di formazione stellare, per l'individuazione dei sistemi planetari extrasolari (almeno nell'ambito di 300-700 anni luce), per lo studio delle superfici di pianeti e di satelliti del nostro sistema.

 

Astronomia dallo spazio: visibile, X e gamma

La possibilità di evitare completamente i disturbi che comporta l'atmosfera rende di straordinaria importanza l'astronomia spaziale, che difatti ha avuto un fortissimo incremento. In particolare, nel campo dell'astronomia spaziale nel visibile, nel marzo del 2002, l'Hubble Space Telescope (telescopio spaziale Hubble, HST) è stato completamente rinnovato; tuttavia, a causa della sospensione dei voli di manutenzione della navetta spaziale statunitense, sarà dismesso prima del suo termine naturale. Intanto, nel 2004, ha raggiunto la completa maturità il progetto del nuovo osservatorio orbitante NGST (Next Generation Space Telescope), che prenderà il nome di James Webb Space Telescope (JWST) e sostituirà HST. All'osservatorio spaziale per i raggi gamma della NASA, CGRO (Compton Gamma-Ray Observatory), che ha concluso la sua missione il 4 giugno 2000, sono seguiti il satellite osservatorio per l'astronomia X Chandra (messo in orbita dalla NASA nel 1999) e il satellite per l'infrarosso della NASA SIRTF (Satellite InfraRed Telescope Facility), ribattezzato Spitzer Space Telescope (2003). Da parte europea, nel campo dei raggi X, l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha messo in orbita un osservatorio astronomico per i raggi X altrettanto potente, ma complementare di Chandra, cioè XMM-Newton (X-ray Multi-Mirror observatory, osservatorio multispecchio per i raggi X, lanciato nel 1999). Sempre da parte europea, nel campo dell'astronomia spaziale nell'infrarosso, l'ESA ha definito i progetti per l'analogo dello Spitzer Space Telescope, cioè per FIRST (ribattezzato Herschel), che opererà nell'infrarosso lontano e sarà messo in orbita nel 2007. Nel campo dei progetti di grande respiro, da una parte si continuano a elaborare i dati del satellite italiano Beppo-SAX, disattivato nel 2002, dall'altro proseguono i preparativi per la messa in orbita dei due grandi osservatori spaziali per raggi X di nuova generazione XEUS, dell'ESA, e CONSTELLATION X, della NASA. Nel campo dell'astronomia nei raggi gamma, una pietra miliare di questa branca dell'astronomia è stata posta il 17 ottobre 2002 con la messa in orbita del grande osservatorio europeo per raggi gamma INTEGRAL (INTErnational Gamma Ray Astrophysics Laboratory), uno strumento osservativo in realtà indirizzato a coprire l'intervallo a cavallo tra astronomia X e astronomia gamma. Grandi progressi, sempre nel campo dell'astronomia gamma, si attendono da altri grandi osservatori orbitanti per astronomia gamma, quali l'italiano AGILE (2006), l'internazionale GLAST (2006), con partecipazione italiana, e l'internazionale Swift (2004), con rilevante partecipazione italiana. Per le ricerche cosmologiche, l'ESA ha definito anche il progetto Planck, per lo studio della radiazione cosmica di fondo, che sarà lanciato nel 2007 insieme a Herschel. Dopo la scoperta nel 1992 dei primi due pianeti extrasolari, nel corso del XXI secolo l’interesse si è concentrato sulla ricerca di pianeti simili alla Terra posti nella zona abitabile rispetto alla propria stella. La sonda WMAP ha misurato con precisione la radiazione cosmica di fondo, stimando l'età dell'Universo in 13,7 miliardi di anni e confermando che l'Universo è composto solo per il 4% da materia barionica. Attivo dal 2014, nel 2019 il progetto Event Horizon Telescope ha annunciato la prima immagine di un buco nero che mostra l’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio posto al centro della galassia Messier 87, una galassia ellittica osservabile nella costellazione della Vergine. Il sostituto del telescopio spaziale Hubble, il telescopio Webb (JWST) dal 2018 ha iniziato a concentrare l’osservazione dello spazio profondo, cercando di determinare le condizioni iniziali di formazione dell'universo.

Astronomia dallo spazio: il Sistema Solare

Nel campo dello studio del Sistema Solare, innumerevoli satelliti e sonde hanno fornito dati e informazioni astronomici preziosi. Allo studio del Sole, sono state particolarmente dedicate le missioni SOHO, Cluster e Ulysses, che hanno continuato a operare di conserva per tutto il primo lustro del sec. XXI. Lo studio della Luna, dopo le grandi esplorazioni legate alle missioni Apollo, che hanno riportato sulla Terra grandi quantità di campioni del suolo lunare, hanno ripreso nel 1994 con la sonda Clementine della NASA, erede di Ranger, Surveyor e Lunar Orbiterche, dal 1965 al 1967 aprirono la strada all'esplorazione umana del nostro satellite. Un passo importante verso il futuro ritorno alla Luna, in vista dell'esplorazione umana di Marte, è stato fatto in campo europeo, all'inizio del sec. XXI, con la sonda supertecnologica SMART-1 dell'ESA, entrata in orbita lunare nel 2004. L'esplorazione dei pianeti esterni, effettuata dapprima con le epiche sonde Pioneer10 e 11 e Voyager1 e 2, è continuata con le sonde Galileo (esplorazione di Giove e dei suoi satelliti, in particolare di Europa e di Io) e Cassini-Huygens (Saturno e i suoi satelliti, in particolare Titano). Dopo alterni successi (Viking 1 e 2 e Soujourner) e insuccessi, nel primo lustro del sec. XXI è ripresa con vigore con una flotta di orbiter (Mars Global Surveyor, Mars Odyssey 2001, Mars Express) e di lander (Spirit, Opportunity) l'esplorazione di Marte. Per ciò che riguarda i pianeti interni, nel 2004, dopo la lontanissima e unica visita del Mariner 10(1974), anche verso Mercurio è partita una nuova missione di esplorazione, la statunitense MESSENGER. A Mercurio guarda, però, anche l'Europa, che ha in programma per il 2010 l'importante missione Bepi-Colombo. Venere, è stato il primo pianeta oggetto di numerose visite di sonde interplanetarie. Storiche ed epiche furono le osservazioni delle sonde Venera e Vega, della dissolta Unione Sovietica, relativamente più recenti quelle statunitensi delle Pioneer-Venus (1978) e della Magellan (o Venus Radar Mapper, 1989), che ha realizzato la mappatura radar dell'intera superficie del pianeta. A Venere è peraltro dedicata la missione europea Venus Express (2005). L'osservazione astronomica con sonde interplanetarie ha anche affrontato lo studio di comete e di asteroidi, estremamente importanti per verificare le teorie sull'origine del Sistema Solare. Alcune comete, quali la cometa di Halley, la Giacobini-Zinner, la Borrelly, sono state visitate da sonde ed esaminate da vicino. Ultima della serie, la cometa Wild 2, della quale nel 2004 la sonda statunitense Stardust ha raccolto parte della materia di cui è fatta per portarla sulla Terra. Nel 2004 è partita anche l'evoluta sonda cometaria europea Rosetta, destinata a far atterrare, nel 2014, un modulo di esplorazione sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Un anno dopo Rosetta è partita la sonda statunitense Deep Impact (2005), che bombarderà la cometa Tempel 1 per studiarne in profondità la materia di cui è fatta. Nell'ambito dello studio degli asteroidi, alcuni dei quali sono stati fotografati da vicino anche dalla sonda Galileo in viaggio verso Giove, un'impresa memorabile è stata compiuta dalla sonda statunitense NEAR (Near Earth Asteroid Rendez-vous ), poi ribattezzata NEAR-Shoemaker: Nel 1999 è entrata in orbita attorno al pianetino Eros e vi è restata per un anno per poi posarsi dolcemente sulla sua superficie. Allo studio degli asteroidi è destinata la sonda giapponese Hayabusa, lanciata nel 2003 verso il pianetino Itokawa, del quale raccoglierà campioni per riportarli sulla Terra. Nel 2005 un gruppo di astronomi guidato da Michael E. Brown ha scoperto Eris un pianeta nano oltre Plutone. Nel 2015, per la prima volta, due sonde spaziali hanno inviato immagini di Cerere e Plutone.

Bibliografia

Per la storia dell'astronomia

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Per l'astronomia sferica

A. Danjon, Astronomie Générale, Parigi, 1954; W. M. Smart, Textbook on Spherical Astronomy, Cambridge, 1962; K. A. Kulikov, Fondamental Constants of Astronomy, Londra, 1964; E. M. Woolard, G. M. Clemence, Spherical Astronomy, New York, 1966; P. Bakulin, E. Kononovic, V. Moroz, Astronomia generale, Roma, 1984; J. Gàbas, La fascia degli asteroidi, Milano, 2018; R. Rodríguez Gasén, Gli ammassi di galassie, Milano, 2019; F. Taddia, M. Hack, Perché le stelle non ci cadono in testa? E tante altre domande sull’astronomia, Firenze-Trieste, 2019; R. Rodríguez Gasén, Le stelle giganti, Milano, 2020.

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