Descrizione generale

agg. [dal greco χεíρ, mano]. Oggetto, figura geometrica o insieme di punti, che hanno la proprietà di essere non sovrapponibili alla propria immagine speculare. Sono chirali, per esempio, le mani: la mano destra e quella sinistra sono immagini speculari l'una dell'altra, ma non possono essere in alcun modo sovrapposte. Il termine è molto usato in chimica, con riferimento alle molecole. In molti composti chimici infatti gli atomi sono disposti in modo tale da originare due forme (o configurazioni) diverse della molecola che formano, tali che l'una è immagine speculare non sovrapponibile dell'altra. Tale fenomeno, anche indicato con il termine enantiomeria o con quello meno moderno isomeria ottica (le due forme del composto sono dette enantiomeri o isomeri ottici o antipodi ottici) ha spesso importanti conseguenze sulle proprietà biologiche e farmacologiche dei composti.

Chimica

La presenza di chiralità in una molecola è correlata all'assenza di determinati elementi di simmetria nella sua struttura. Così, se la struttura di una molecola possiede un piano di simmetria, la molecola sicuramente non è chirale. Il caso più semplice e più comune di chiralità è quello di composti organici nei quali uno o più atomi di carbonio sono legati a quattro atomi o gruppi di atomi diversi tra loro. La presenza di atomi di carbonio di questo tipo, detti asimmetrici (più modernamente denominati centri chirali o centri di chiralità), fu individuata già nel 1874 da J. Van't Hoff come causa dell'attività ottica dei composti. Un esempio è offerto dall'alcol denominato 2-butanolo, che ha formula CH₃CH(OH)CH₂CH₃, nel quale il secondo atomo di carbonio è asimmetrico perché è legato a quattro gruppi diversi. (CH₃, H, OH e CH₂CH₃). La conseguenza di ciò è che le molecole di 2-butanolo possono esistere in due forme diverse, nelle quali ovviamente la composizione chimica è la stessa, la combinazione dei legami e la sequenza degli atomi (detta costituzione) è la stessa, ma la disposizione spaziale (o configurazione) è differente, sicché le due forme (enantiomeri o antipodi ottici) sono immagini speculari l'una dell'altra, non sovrapponibili. Considerazioni analoghe valgono nel caso di atomi diversi dal carbonio. Per esempio, sono chirali molti composti organici contenenti atomi di fosforo legati a tre sostituenti diversi (fosfine organiche). Una caratteristica importante dei composti chirali è la cosiddetta attività ottica, cioè la proprietà posseduta da ciascuno dei due enantiomeri di ruotare il piano di polarizzazione di un fascio di luce polarizzata di uno stesso angolo, ma in direzioni opposte. L'enantiomero che ruota il piano di polarizzazione in senso orario (per un osservatore frontalmente al raggio incidente) viene detto destrogiro e al suo nome viene anteposto il segno +; l'altro enantiomero è detto levogiro e contrassegnato con il segno –. Storicamente, è stata questa proprietà dei composti chirali a permetterne l'identificazione e lo studio. L'attività ottica dei due opposti enantiomeri si compensa, in modo tale che se si fa incidere un fascio di luce polarizzata su un campione di sostanza costituito da una eguale quantità dei due enantiomeri (miscela racemica), non si osserva alcuna rotazione del piano di polarizzazione. Si osserverà invece tale effetto, in misura maggiore o minore, in campioni costituiti esclusivamente da un solo enantiomero (detti enantiopuri o otticamente puri) o in cui uno dei due enantiomeri è presente in maggiore quantità (campione enantiomericamente arricchito o con eccesso enantiomerico). Campioni di sostanza enantiopuri o enantiomericamente arricchiti sono spesso rinvenuti in natura (per le sostanze naturali), oppure possono essere ottenuti da una miscela racemica mediante opportuni metodi, oppure ancora possono essere ottenuti direttamente per sintesi del composto a partire da sostanze più semplici, seguendo particolari procedure (sintesi asimmetriche). Tra i metodi di separazione di miscele racemiche si hanno metodi di tipo chimico, che consistono nella trasformazione degli enanatiomeri in diastereoisomeri (dotati di proprietà molto diverse tra loro e quindi facilmente separabili) o nella realizzazione di reazioni catalitiche stereoselettive (per esempio enzimatiche) nelle quali solo uno dei due enantiomeri si trasforma, e metodi di tipo strumentale (gascromatografia, cromatografia liquida HPLC, elettroforesi capillare). Per un dato enantiomero, l'entità e anche il segno della rotazione del piano di polarizzazione dipendono dalla lunghezza d'onda della radiazione incidente. Misurando l'angolo di rotazione in funzione della lunghezza d'onda è possibile ottenere importanti informazioni sulla struttura della molecola (tecnica della dispersione ottica rotatoria). La presenza in una molecola di un atomo asimmetrico non è una condizione sufficiente per la comparsa dell'attività ottica. Così, molte ammine in cui l'atomo centrale di azoto è legato a tre gruppi diversi non mostrano attività ottica, pur essendo strutturalmente chirali (l'atomo di azoto è asimmetrico). Questo fenomeno è dovuto alla presenza della cosiddetta inversione piramidale (in questi composti i legami sono disposti in modo tale da conferire alla molecola una struttura di tipo piramidale), un moto degli atomi che compongono la molecola, tale da provocarne la continua inversione di configurazione: nel misurare l'attività ottica di tali sostanze, si osserva l'effetto mediato (nullo) delle due configurazioni. Più precisamente, in casi come questi è di fatto impossibile parlare di enantiomeri come entità separabili, data la loro rapida e continua interconversione. La determinazione sperimentale della esatta configurazione spaziale di un enantiomero (configurazione assoluta) è divenuta oramai un'operazione agevole grazie ai moderni metodi di indagine della strutturistica chimica. La prima determinazione di questo tipo fu eseguita nel 1951 su un sale dell'acido tartarico. Per denominare in maniera distinta le due configurazioni di un composto contenente un centro di chiralità si è imposta la nomenclatura detta convenzione di Cahn-Ingold-Prelog. In questa procedura, ai gruppi legati all'atomo di carbonio asimmetrico viene assegnata, usando delle regole codificate, una sequenza di priorità. Assegnate le priorità, si immagina di porre il sostituente a più bassa priorità dietro al centro chirale. Se gli altri tre sostituenti (che in questo modo risultano proiettati verso l'osservatore) hanno priorità che decrescono in senso orario, la configurazione è detta R, nel caso contrario è detta S. Questi simboli vengono poi anteposti alla denominazione del composto chimico in questione, quando si voglia indicare non già la miscela racemica ma un particolare enantiomero. Una procedura simile è usata per atomi asimmetrici trivalenti anziché tetravalenti. Una nomenclatura diversa è la convenzione di Fischer. Questa convenzione fa uso dei simboli D e L per i centri chirali, attribuiti per confronto con una molecola di riferimento che, per ragioni storiche, è la gliceraldeide. Si tratta di una convenzione che ha ormai un'importanza principalmente storica, ma che resta tuttavia diffusa per talune importanti categorie di composti (carboidrati, proteine). I simboli R,S e D,L identificano la configurazione assoluta del centro chirale, e non hanno alcuna correlazione con i segni + e –, che indicano invece il verso di rotazione della luce polarizzata. Così, un enantiomero R può essere levogiro oppure destrogiro a seconda della molecola in questione. Oltre alla rotazione del piano di polarizzazione della luce, i composti chirali godono della proprietà di assorbire in modo diverso la radiazione circolarmente polarizzata (dicroismo circolare). Quando in una molecola sono presenti più centri di chiralità, il numero delle possibili configurazioni cresce, perché ciascun centro chirale può presentarsi in una delle due possibili configurazioni indipendentemente dagli altri. Ciò porta ad avere, in linea di principio, 2 possibili isomeri diversi, raggruppabili in coppie di enantiomeri. All'interno dei 2 isomeri, quelli che non sono enantiomeri sono diastereoisomeri: essi possiedono configurazioni diverse ma non sono immagini speculari l'uno dell'altro. Così, se una molecola contiene 2 centri chirali adiacenti, si hanno due coppie di enantiomeri (storicamente denominate coppia eritro e coppia treo). Un composto in configurazione eritro è diastereoisomero di un composto in configurazione treo. Se si verifica che i sostituenti dei due centri chirali sono uguali (come nell'acido tartarico: CO₂HCHOHCHOHCO₂H), una delle due coppie di enantiomeri viene a mancare, perché uno dei possibili isomeri contiene al suo interno un piano di simmetria, e quindi risulta sovrapponibile alla sua immagine speculare (in pratica le due forme coincidono, sono la stessa cosa). La forma così originata viene detta forma meso, e non mostra attività ottica. L'altra coppia di enantiomeri invece mantiene le caratteristiche di chiralità. Sebbene i composti contenenti centri asimmetrici raccolgano la grande maggioranza dei composti chirali, esistono non pochi casi in cui un composto può essere chirale e mostrare attività ottica pur senza possedere alcun atomo asimmetrico. Così, quando in una molecola priva di centri chirali è presente un legame singolo intorno al quale i gruppi non possono ruotare liberamente (per esempio a causa della loro elevata dimensione), possono originarsi due forme diverse (dette conformazioni) a seconda della disposizione dei gruppi intorno al legame suddetto. Tali due forme, che si convertirebbero l'una nell'altra risultando di fatto identiche se la rotazione intorno al legame potesse avvenire, risultano invece distinte e separabili a causa dell'impedimento alla rotazione, e possono mostrare un comportamento chirale. In generale, mentre una coppia di diastereoisomeri possiede proprietà chimiche e fisiche diverse (temperature di fusione ed ebollizione, proprietà di solubilità, ecc.) una coppia di enantiomeri possiede caratteristiche identiche verso tutto ciò che non è chirale. Per esempio, le proprietà di reattività chimica dei due enantiomeri verso composti non chirali sono identiche. Le differenze emergono invece, spesso in modo estremamente netto, nei confronti di reagenti anch'essi chirali. Poiché molte reazioni rilevanti per il funzionamento biochimico degli organismi viventi coinvolgono composti e fenomeni chirali (enzimi, recettori cellulari, ecc.), la configurazione dei centri chirali gioca un ruolo di fondamentale importanza in molti processi biologici e in molte proprietà biologiche, farmacologiche, farmacocinetiche, tossiche, ecc. dei composti organici. Prova evidente di questo fatto è che molte molecole biologiche sono presenti in natura in forma enantiopura. Di gran lunga dominanti sono, per esempio, gli zuccheri appartenenti alla serie D e gli amminoacidi appartenenti alla serie L. La sensibilità delle reazioni biochimiche alla chiralità dei composti ha avuto, soprattutto negli ultimi dieci anni, imponenti conseguenze in campo tecnologico-applicativo, industriale e, da ultimo, commerciale. Il settore della tecnologia chimica che maggiormente è stato investito da questo fenomeno è quello farmaceutico. Di molti farmaci chirali, infatti, si è scoperto che solo uno dei due enantiomeri (detto eutomero) gode della particolare attività farmaceutica desiderata. L'altro enantiomero (distomero) è dotato di attività significativamente inferiore e in molti casi rappresenta addirittura un costituente inutile, spesso persino dannoso. Un esempio di importanza storica è quello del farmaco talidomide, un sedativo-ipnotico il cui uso, sotto forma di miscela racemica, raggiunse una notevole diffusione negli anni Sessanta, e che causò gravissimi effetti teratogeni (in particolare focomelia) in molte migliaia di bambini concepiti da pazienti gestanti che lo assumevano. Studi compiuti in seguito attribuirono al solo enantiomero S gli effetti teratogeni, mentre l'enantiomero R risultò responsabile dell'azione sedativa ed esente da tali disastrosi effetti (peraltro, nel caso del talidomide fu anche dimostrata la capacità dei due enantiomeri di convertirsi l'uno nell'altro nelle normali condizioni fisiologiche). La consapevolezza delle grandi differenze nelle proprietà biochimiche e farmacologiche di diversi enantiomeri, congiuntamente alla crescente disponibilità di metodiche di separazione enantiomerica e di procedure di sintesi di singoli enantiomeri economicamente accessibili, ha portato nel corso degli anni Novanta molti organismi nazionali e sovranazionali a promuovere da parte dell'industria farmaceutica lo sviluppo e la commercializzazione di farmaci chirali in forma enantiopura piuttosto che come miscele racemiche. Come risultato di questa tendenza, all'inizio del XXI secolo circa un terzo del volume commerciale dei prodotti farmaceutici era costituito da farmaci venduti come singoli enantiomeri.

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