Lessico

sm. [sec. XIII; dal greco adámas-antos].

1) Minerale costituito da solo carbonio cristallizzato nel sistema monometrico nella classe esacisottaedrica; le forme più comuni sono l'esacisottaedro, l'ottaedro, l'esacistetraedro, il rombododecaedro e il cubo. In particolare, monile in cui sono incastonati frammenti di tale minerale: portava un diamante al dito.

2) Fig., con riferimento alla durezza propria del minerale, detto sia di oggetti sia di aspetti del carattere, ne definisce la durezza, l'inflessibilità: duro come il diamante; volontà di diamante; nozze di diamante, sessantesimo anniversario di matrimonio.

3) Altro nome del tagliavetro.

4) Decorazione a punta di diamante, tipo di decorazione a bugne in cui ciascun elemento è costituito da una piramide a punta di diamante contornata da quattro piramidi minori di forma triangolare e centrata in un pannello rettangolare. Tale motivo ornamentale fu usato soprattutto sui mobili della Guascogna e in particolare sugli armadi, dal Seicento in poi.

5) In metallurgia: A) diamante o ghiacciolo, difetto di fonderia, denominato anche punto duro o punta di diamante o grano durissimo, dovuto alla formazione di piccoli grani di durezza elevatissima, che costituiscono un notevole ostacolo alla lavorazione con utensile. Altro difetto di fonderia, noto anche come gocce fredde, è costituito da piccoli corpi sferoidali di metallo incorporati nei getti e che, ossidati sulla loro superficie, costituiscono una discontinuità nella matrice. B) Acciaio diamante, acciaio per utensili di composizione chimica media C 1,40%, Cr 1%, W 4,5%, V 0,40%, resto Fe, usato per lavorare materiali durissimi o molto abrasivi (ghise temprate, getti in conchiglia, pietre ecc.).

6) Nell'attrezzatura navale, porzione del fuso dell'ancora da cui si dipartono le marre.

7) Nel baseball, il quadrato di 27,43 m di lato avente ai vertici le quattro basi (prima, seconda, terza e casa base) e al centro, distante 18,44 m dalla casa base, la pedana del lanciatore.

8) Moneta d'argento del valore di 4 soldi coniata a Ferrara da Ercole I d'Este (1471-1505) e successori.

Caratteristiche

Caratteristiche dei cristalli sono la curvatura di facce e spigoli, la presenza di minutissime figure di accrescimento sulle facce di cubo e di ottaedro e, in corrispondenza degli spigoli di ottaedro, di solchi rientranti. Il diamante brucia all'aria quando sia portato ad alta temperatura; è inattaccabile dagli acidi e resiste agli agenti atmosferici; nella scala di Mohs ha il massimo grado di durezza, 10; inoltre è caratterizzato da un alto indice di rifrazione che gli conferisce la caratteristica lucentezza (detta appunto diamantina) che lo rende la più pregiata delle gemme. Il diamante si può trovare in giacimenti sia primari sia secondari; i più ricchi giacimenti primari (dove il minerale si sarebbe formato a spese di sostanze carbonio se contenute nel magma sottoposte a temperature e pressioni altissime) sono i diatremi del Sudafrica. I più importanti giacimenti secondari sono quelli alluvionali dell'India, del Brasile, della Namibia, del Borneo (Indonesia), dello Zaire, del Ghana e dell'Australia.

Produzione e tipi di diamanti

Il diamante era noto in Oriente già nel 3000 a. C. ca., ma sembra che la sua introduzione in Occidente risalga all'epoca delle imprese di Alessandro Magno. Sino al sec. XVIII se ne conoscevano solo i giacimenti indiani, mentre dopo quella data ne sono stati individuati in tutti i continenti: oggi vi sono tredici Paesi, per lo più africani, che ne producono per più di 100.000 carati l'anno e si stima che le riserve dei giacimenti noti assommino a ca. 200 tonnellate. I Paesi maggiori produttori sono Zaire, Russia, Repubblica Sudafricana, Botswana, Namibia, Angola, Ghana, Brasile, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Tanzania, Venezuela e Liberia. La maggior parte dei diamanti estratti viene destinata a uso industriale. Il diamante assume diverse colorazioni: va dalle varietà perfettamente incolori, prive di impurità, molto pregiate, a quelle in cui inclusioni di altri minerali determinano colori dal paglierino al giallo (in tutte le sue gamme), al blu, all'azzurro, al rosa, al rosso, al rosso-mattone, al nero (carbonado). Fra quelli colorati sono rarissime le varietà rosse, azzurre e blu. Il giallo è frequente fra i diamanti sudafricani; il verde fra quelli brasiliani e del Transvaal; il rosso-giacinto nel Borneo; e infine quelli incolori in Brasile e in India. Le dimensioni dei cristalli di diamante rinvenuti in natura sono assai varie; gli esemplari maggiori sono stati per lo più rinvenuti in Sudafrica. I sistemi di lavorazione sono l'incisione (assai rara) e il taglio. Oltre alle numerosissime varianti di taglio a brillante, si praticano diversi altri tagli, fra cui quello a smeraldo, quello triangolare, ovale, a stella, a tavola, a pendeloque, a princess ecc. Il diamante può essere prodotto anche artificialmente: i primi diamanti sintetici furono ottenuti da Moissan facendo sciogliere carbonio puro entro masse di ferro portate a elevatissima temperatura e raffreddate bruscamente sotto pressione; il metodo Moissan è stato poi migliorato con particolari accorgimenti tecnici che consentono di esercitare pressioni più elevate migliorando la resa della sintesi. Il diamante sintetico si è rivelato particolarmente adatto per applicazioni industriali ad alta prestazione come abrasivo o in elettronica come sensore in ambienti aggressivi, sostituendo egregiamente il diamante naturale. Peraltro, i diversi metodi per la produzione di diamanti sintetici si sono rivelati molto costosi a causa delle alte temperature e pressioni necessarie. Migliori prospettive sembra offrire una innovativa tecnica di sintesi basata sulla produzione di film policristallini di diamante aventi proprietà meccaniche ed elettroniche simili a quelle del diamante naturale; tali film si ottengono con un processo a bassa pressione detto CVD, che garantisce produzioni di alta qualità ma presenta velocità di crescita ancora basse (meno di 10 mm/h) per giustificarne la sua diffusione su scala industriale.

Lavorazione

A causa della sua estrema durezza, il diamante non può essere scalfito da altro materiale che non sia il diamante stesso, per cui vengono lavorati solo gli esemplari destinati a essere usati come gemme. I residui di tale lavorazione (schegge e polvere) e gli esemplari di scarso valore trovano impiego nell'industria (per esempio, mole diamantate, filiere per trafile di precisione, corone di perforatrici per roccia). La fase più delicata della lavorazione di un diamante è la divisione mediante sfaldatura, cioè la rottura della pietra secondo uno dei piani di cristallizzazione, che si effettua con un secco colpo di martello sul dorso di una lama di acciaio il cui tagliente è appoggiato su una sottile incisione precedentemente praticata nella pietra (se male eseguita, questa operazione rovina irrimediabilmente la pietra: per i diamanti molto grossi, la sola ricerca del punto preciso dove praticare l'incisione può richiedere dei giorni). Più sicura, ma molto più lunga, è la divisione mediante una sorta di sega circolare costituita da un sottile disco di rame caricato con polvere di diamante impastata con olio. Dopo la divisione si passa alla sbozzatura, che si effettua sfregando fortemente l'uno contro l'altro due diamanti fissati su appositi bastoncini di legno, in modo che acquistino approssimativamente la forma voluta. La fase finale è la politura (o taglio propriamente detto) mediante speciali mole, nella quale si creano e si rifiniscono tutte le facce previste.

Bibliografia

E. Grill, Minerali industriali e minerali delle rocce, Milano, 1963; S. Cavenago Bignami Moneta, Gemmologia, Milano, 1965; E. Conci, V. De Michele, Pietre preziose e pietre dure, Milano, 1965; S. Bonatti, M. Franzini, Cristallografia mineralogica, Torino, 1972; W. Andergassen, Il diamante oggi, Roma, 1982.

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