oligarchìa

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sf. [sec. XIV; oligo-+-archia]. Governo di una minoranza per lo più operante a proprio vantaggio e contro gli interessi della maggioranza. Considerata, nella tradizione del pensiero politico greco, sistematizzato da Aristotele, una degenerazione dell'aristocrazia, l'oligarchia venne giudicata negativamente dal pensiero occidentale sino al Medioevo solo nel caso in cui si traducesse in malgoverno. Nel periodo moderno e contemporaneo numerosi autori (per esempio Michels, Ostrogorskij, Mosca) hanno sostenuto che in tutte le organizzazioni di massa operano spinte oligarchiche che portano al formarsi di vere e proprie élites. “Legge di ferro dell'oligarchia” è la regola con cui Michels, che ne ha verificato la validità nelle ricerche sui partiti e sulle organizzazioni sindacali, ha definito tali tendenze. Oligarchia mascherata è considerata invece, nella tradizione del pensiero socialista e marxista in particolare, la democrazia anche nel caso in cui sia assicurato il suffragio universale, mentre lo stesso filone di pensiero giustifica e legittima il potere oligarchico dell'avanguardia rivoluzionaria nella fase di transizione, rappresentata dalla dittatura del proletariato, verso la società comunista. Il pensiero politico più recente oscilla fra l'accettazione dell'inevitabilità dell'oligarchia (precise tendenze oligarchiche caratterizzano l'ideologia tecnocratica) e il tentativo di definire nuove strutture di potere e di partecipazione capaci di restituire all'uomo il suo ruolo come soggetto di storia.

Bibliografia

A. Gramsci, in Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Torino, 1949; G. Sartori, Democrazia e definizioni, Bologna, 1957; T. B. Bottomore, Èlite e società, Milano, 1970; Autori Vari, Potere ed élite politiche, Bologna, 1971; S. Mansel, Oligarchy: an Interpretation, Londra, 1986.

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