Lessico

sf. [sec. XVI; da pescare]. Il prendere i pesci; pesca di mare; andare a pesca; la pesca delle trote, dei coralli; ciò che è stato pescato; quantità di pesce pescato: pesca abbondante; il ricavato della pesca. Fig.: pesca di beneficenza, lotteria a scopo benefico, con sorteggio di biglietti corrispondenti a premi.

Diritto

Per il diritto privato, il Codice Civile prevede il consenso del proprietario del fondo; per il diritto pubblico, fra molte leggi sono importanti quelle del 1914 (Regolamento per la pesca fluviale e lacuale); del 1965 (Disciplina della pesca marittima); del 1968 (Nuove norme in materia di licenze di pesca nelle acque interne e Regolamento per l'esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963). Fra le molte norme per la pesca sono particolarmente importanti: il divieto di pesca con la dinamite o con l'uso di altre materie esplodenti, della corrente elettrica, nonché il divieto di gettare o infondere nelle acque materie atte a intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri animali acquatici; il divieto di catturare pesci che non hanno determinate misure. La pesca è collegata anche con il grave problema dell'inquinamento. Al proposito la legge ordina che “gli stabilimenti industriali, prima di versare rifiuti nelle acque pubbliche, debbono ottenere un permesso dal presidente della giunta provinciale, il quale ha facoltà di modificare le disposizioni contenute nei permessi già rilasciati e di obbligare, in casi speciali, chi è causa degli inquinamenti, a eseguire opere di ripopolamento ittico”. Per il diritto internazionale e comunitario, l'entrata in vigore (1994) della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 ha sancito la tendenza, già presente da tempo a livello di consuetudine, a un'estensione dei diritti di uno Stato costiero alla gestione e conservazione delle risorse biologiche nelle fasce di mare vicine alle proprie coste. Con l'introduzione della zona economica esclusiva, tale Convenzione sul diritto del mare ha attribuito allo Stato costiero il diritto di estendere la propria sovranità, ai fini dello sfruttamento delle risorse biologiche, fino al limite massimo di 200 miglia marine dalla linea costiera. Tuttavia la cresciuta efficienza delle tecniche di pesca e delle flotte pescherecce ha reso necessario garantire la conservazione delle specie più soggette a sfruttamento: di conseguenza, la Convenzione sul diritto del mare è stata integrata, il 4 agosto 1995, da un accordo in materia di conservazione e gestione delle risorse ittiche che disciplina soprattutto la pesca in alto mare. Sempre a riguardo di tale problema sono state prese numerose iniziative, sia a livello mondiale che regionale. Nel 1993, promosso dalla FAO, è stato adottato un accordo per promuovere il rispetto da parte della navi da pesca in alto mare delle misure internazionali di conservazione e gestione che rende lo stato cui appartiene la bandiera della nave responsabile in ordine al controllo sull'esercizio dell'attività di pesca. Inoltre, nel 1995, la Conferenza della FAO ha approvato un codice di condotta per una pesca responsabile, che indica – anche se non in modo vincolante – criteri di comportamento che assicurino una gestione integrata degli ecosistemi marini e uno sfruttamento sostenibile delle risorse.

Economia: pesca industriale

Le risorse ittiche del mare rappresentano ancora la principale fonte di sostentamento di molte popolazioni rivierasche e i frutti della pesca costituiscono l'elemento essenziale per l'economia di diversi Paesi anche di civiltà avanzata. I primi popoli che iniziarono una cattura intensiva del pesce furono i Cinesi in Oriente e i Fenici in Occidente, i quali perfezionarono la tecnica della pesca e della conservazione del pesce mediante salagione, utilizzando le loro navi per il trasporto del prodotto lavorato nei Paesi dell'Asia sudorientale e del Mediterraneo. Nel Medioevo la pesca era notevolmente organizzata anche nell'Atlantico settentrionale; i progressi continuarono con la costruzione di navi veloci (peschereccio), col perfezionamento di grandi reti da traina e di altri strumenti di cattura, costituendo una vasta attività a carattere artigianale. I fattori che hanno contribuito all'evoluzione delle tecniche di pesca conferendole nel contempo carattere industriale, possono essere ricercati soprattutto nel progresso delle costruzioni navali che, sostituendo le vele coi motori, adottando sistemi di cattura sempre più perfezionati e utilizzando in sostituzione o in aggiunta ai tradizionali sistemi di conservazione del pescato impianti frigoriferi a bordo dei pescherecci, hanno permesso a questi un più vasto raggio d'azione e campagne di pesca assai prolungate. La pesca industriale è rivolta alla cattura dei pesci di banco, quali sardine, acciughe, tonni, scombri, e dei pesci che vivono stabilmente in colonie, quali i merluzzi. Le zone di grande pesca sono rappresentate dagli oceani Atlantico e Pacifico settentrionale, dalle acque dell'arcipelago giapponese e delle isole Curili, nonché dalle aree marittime delle Shetland, Terranova, Groenlandia e dal Mare del Nord, dove si radunano flotte pescherecce di ogni nazione, inclusa l'Italia. Accanto alla pesca oceanica prosperano ancora le cosiddette pesca costiera e pesca ravvicinata, attività quasi artigianali che si esplicano fino a 20 miglia dalla costa e consentono di rifornire di prodotto fresco i mercati locali. Per quanto riguarda il nostro Paese, notevole importanza hanno anche la pesca valliva (soprattutto nelle Valli di Comacchio), che consente la cattura di numerose specie ittiche, fra cui cefali, muggini e anguille, e la pesca costiera del tonno. La quantità mondiale di pescato si aggira (1998) intorno agli 86 milioni di t annue, di cui un terzo è rappresentato da sardine, aringhe e acciughe; seguono poi altre specie quali merluzzi, cefalopodi e crostacei. È difficile fare previsioni sull'andamento della pesca in futuro, infatti, nonostante si siano venuti valorizzando alcuni nuovi spazi marini (quali per esempio quelli al largo delle coste cilene e peruviane e del Mar Cinese Meridionale), ve ne sono altri in via di esaurimento per il costante e intenso sfruttamento subito oltre che per alcune catastrofi ecologiche. Rimane inalterato il contributo al pescato fornito dai singoli spazi oceanici: poco più della metà dal Pacifico, oltre un terzo dall'Atlantico, meno di un decimo complessivamente dall'Oceano Indiano e dal Mediterraneo. Considerando il contributo dei singoli Paesi, occorre notare come il primato spetti alla Repubblica Popolare Cinese con 17.230.000 t di pescato. La produzione del Giappone si aggira sui 5.000.000 di t, mentre quella della Russia su ca. 4.500.000 t. Buoni sono, invece, i progressi dei Paesi latino-americani (Cile e Perú formano il 14,3% del totale mondiale), ma ancora migliori quelli conseguiti dal continente asiatico, a parte il Giappone. Dato che i Paesi produttori sono spesso anche i maggiori consumatori di pesce e che la quantità di pescato è rimasta pressoché la stessa negli ultimi decenni, modesta è la quota dei prodotti della pesca destinata al commercio internazionale (si aggira mediamente intorno al 7% del totale). La flotta peschereccia italiana, pure essa dotata di naviglio efficace e moderno, attrezzato con radar ed ecoscandagli per l'individuazione dei banchi di pesci, non è in grado di competere coi Paesi dell'Europa settentrionale e quelli asiatici: con ca. 315.000 t di pescato, largamente insufficienti al fabbisogno nazionale, l'Italia si colloca al 45° posto ca. nella graduatoria mondiale. Tale scarsità nella produzione, nonostante la vocazione marittima del Paese, è da imputare non solo al progressivo depauperamento delle risorse ittiche dei nostri mari, aggravato dall'intensità dello sfruttamento e dall'inquinamento, ma anche alle limitazioni alla pesca d'altura che si sono avute con l'ampliamento del limite delle acque territoriali da parte dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Uguali limitazioni hanno interessato i distretti di pesca oceanica cui accedeva la nostra flottiglia (golfo di Guinea). Tra i principali porti pescherecci italiani si annoverano San Benedetto del Tronto, Mazara del Vallo, Ancona, Chioggia. Le risorse alimentari offerte dagli oceani sono immense ma non illimitate e uno sfruttamento indiscriminato delle zone più pescose rappresenta un fattore altamente negativo, causa di depauperamento irreversibile del patrimonio ittico. Per questo si rende necessario un regolamento internazionale che disciplini le attività nelle aree attualmente riconosciute ed eviti di creare contrasti di sovranità per quanto riguarda i limiti delle acque territoriali, contrasti che possono portare a gravi crisi internazionali, come è accaduto nel luglio 1974 con la cosiddetta “guerra del merluzzo”, generata dalla decisione presa dall'Islanda di allargare da 12 a 50 miglia (passate a 200 l'anno successivo) il limite delle acque territoriali, e che ha coinvolto in una lunga guerra fredda diverse nazioni, in particolare la Gran Bretagna. Nell'ambito della ricerca di un assetto giuridico internazionale, che regolamenti l'esercizio della pesca, occorre ricordare la Convenzione di Montego Bay (Giamaica) del 1982. Tale convenzione stabilisce il limite delle acque territoriali e della cosiddetta “zona economica esclusiva”, all'interno della quale lo Stato può esercitare diritti di sfruttamento delle risorse naturali. Ma al tempo stesso stabilisce precise norme per la conservazione delle risorse marine cui devono sottostare i Paesi sottoscrittori sia all'interno delle proprie acque territoriali sia nel mare libero, in quanto il patrimonio ittico è comune a tutti gli Stati e se sfruttato oltre misura rischia di esaurirsi.

Economia: altri tipi di pesca

Le forme principali della pesca in mare sono rappresentate, oltre che dalla pesca da riva praticata da dilettanti e professionisti, dalla pesca costiera, effettuata con paranze, con nasse, con reti e sorgenti luminose (lampare), dalla pesca ravvicinata, con pescherecci di piccola stazza che salpano al tramonto e rientrano all'alba, molto simile alla pesca costiera, dalla pesca d'altura, in cui i pescherecci lasciano il porto per due o tre giorni, e dalla pesca oceanica, effettuata con reti a strascico e con mezzi modernissimi che possono tenere il mare per settimane o mesi.

Economia: industria ittica

Il pesce è una fonte molto importante di sostanze grasse e di sostanze azotate e inoltre è altamente digeribile: ciò ha dato vita a un'importante industria di trasformazione e conservazione del prodotto. La carne di pesce, anche ucciso da poco, non è sterile (batteri nelle branchie, ecc.) per cui le industrie devono essere costruite vicino al luogo di pesca in modo da assicurare l'assoluta freschezza della materia prima. Per quasi tutti i metodi di conservazione il pesce deve essere prima di tutto pulito dagli organi interni; segue poi il lavaggio in acqua pulita dolce o salata. La conservazione del pesce intero a 0-2 ºC in una cella frigorifera, come pure la refrigerazione del pesce privo di testa, svuotato e lavato in una salamoia di acqua salata e antisettici e poi mantenuto a temperature comprese tra -2, -4 ºC, sono metodi di conservazione temporanea; la congelazione a -8, -10 ºC è usata sulle navi da pesca che operano in alto mare e mantiene più a lungo il prodotto inalterato; il pesce intero o pulito surgelato a -20 ºC può essere conservato per un periodo di tempo molto lungo. Numerose le conserve in scatola di pesci, soprattutto quelle di sardine, di tonno e di salmone: le sardine vengono dapprima fritte, poi cotte in olio, scolate e messe in scatola con olio e aromi vari; il tonno e il salmone vengono tagliati in pezzi, cotti in salamoia, essiccati e messi in scatola con olio. Oggi si possono praticamente conservare in scatola tutti i pesci, i crostacei e i molluschi commestibili. La conservazione del pesce seccato e salato è un metodo noto dall'antichità: il pesce industrialmente più noto è il merluzzo, dal quale si ottengono lo stoccafisso e il baccalà. Dalle uova dei pesci salate, impastate ed essiccate, si ottengono vari tipi di caviale fra i quali il più noto è quello di uova di storione; in Italia dalle uova di muggine e di tonno si ottiene la bottarga. Alcuni pesci, come le aringhe e le anguille, dopo essere stati salati ed essiccati, vengono sottoposti ad affumicamento: in Francia e in Gran Bretagna si producono i kippers, grosse aringhe salate ed essiccate, aperte, a fuoco vivo e poi affumicate a fuoco coperto; in Gran Bretagna, vengono preparati gli haddocks con particolari tipi di aringhe fatte seccare all'aria e poi affumicate a ca. 25 ºC. In Italia la conservazione dei prodotti della pesca è regolata da norme per i processi di preparazione e l'igienicità dei luoghi di lavorazione.

Etnologia

La pesca è una delle più antiche attività dell'uomo praticata con metodi diversi che vanno dalla cattura del pesce con le mani all'uso di idonei arnesi quali l'amo, la fiocina, la lancia, le reti, all'adozione di sistemi del tutto particolari (per esempio l'avvelenamento delle acque). La fiocina, usata fin dal Paleolitico, si presta bene per la cattura di grosse prede e viene sostituita vantaggiosamente dalla lancia per quelle di media e piccola taglia: questo metodo è ancora largamente usato da pescatori indios, asiatici e africani, oltre che per la caccia ai mammiferi marini. Per la cattura di piccole prede si rivelano più adatti l'amo, usato fin dal Neolitico, e le varie trappole (nassa, vorla, bilancino, ecc.) oltre alle reti, anch'esse note fin dal Neolitico. Un tempo la pesca era praticata collettivamente sia da nuclei familiari sia da gruppi specializzati tribali sia dall'intera comunità; tale usanza è stata conservata da vari gruppi etnici anche se ha assunto più l'aspetto di una festa tribale; l'azione collettiva, almeno fino all'introduzione della lenza, deriva dalla scarsa efficienza degli arnesi disponibili, dalla necessità di fornire una quantità di prodotto sufficiente (non pochi gruppi, infatti, devono alla pesca tutta la loro base economica ricavando dal pesce anche oggetti d'uso corrente) e dall'abitudine a lavorare in comunità. Il metodo di pesca più antico è quello a mano, adottato in acque basse, sfruttando la bassa marea, i passaggi obbligati per i pesci lungo i fiumi, ecc.; vari gruppi umani si aiutano con semplici gabbie di arbusti (cesti d'immersione) mediante le quali imprigionano la preda che viene poi catturata a mano (per esempio in Africa, nelle Filippine, nell'Asia meridionale, in Europa centrorientale). Molto diffusa, in ogni parte del mondo, la pesca con lance, zagaglie, arponi, tridenti; l'arco è usato dagli Indios dell'Amazzonia e da qualche altro gruppo etnico dell'Oceania. Assai numerosi sono gli accorgimenti usati per la pesca, non solo con armi ma anche con insidie quali reti, nasse, trappole: il più delle volte si usano sbarramenti costituiti con sassi, rami, tronchi o formati da una catena umana, molto spesso di donne e ragazzi; lo sbarramento ha la funzione di obbligare la preda a procedere verso direzioni obbligate dove l'attende il pescatore armato di lancia o arpone, oppure dove vengono predisposte reti o nasse (di questo tipo sono, per esempio, le battute di pesca in laguna tra i Polinesiani, gli sbarramenti fluviali australiani, africani, asiatici, e le tonnare italiane). Un metodo a diffusione mondiale è quello dell'avvelenamento delle acque effettuato in anse o zone paludose di fiumi e laghi: allo scopo si usano sostanze tossiche vegetali quali la nicotina estratta da foglie di tabacco, il latice di varie euforbiacee ed essenze di altre piante (per esempio Raphia vinifera, Randia dumentorum, Mundulea striata e il verbasco) che provocano l'affioramento dei pesci intossicati ma anche la distruzione degli avannotti. Originale metodo di pesca, infine, è quello con l'ausilio di animali: oltre al cormorano, utilizzato nell'Estremo Oriente, viene usato per individuare banchi di pesci anche un airone, tra i Vezo del Madagascar; in India e in Cina, fin da tempi remoti, è stata addestrata alla pesca “da riporto” la lontra, mentre i Bagiuni della Somalia pescano le tartarughe marine con l'ausilio della remora che, legata alla barca con una lunga corda, si attacca, con la sua ventosa, alla preda, consentendone la facile cattura. La ricerche antropologiche dei secoli XX e XXI analizzano l'organizzazione del lavoro delle società di pescatori tenendo conto del rapido mutamento che sta spingendo queste verso l'inserimento nei circuiti dell'economia capitalistica. I temi presi in esame riguardano diversi ambiti di analisi interrelati: la particolare natura dell'ambiente marino o lacustre (spazio non divisibile, libero alla competizione per acquisire le sue risorse); la specializzazione e la molteplicità dei mezzi di produzione secondo l'ambiente, i tipi di pesca e di pesci; i tempi di lavoro tenendo conto dell'incostante organizzazione cooperativa dell'attività di pesca e dell'irregolarità dell'approvigionamento; l'alto costo della produzione per il mantenimento dei mezzi di produzione; la precarietà dei rapporti sociali basati sull'attività di lavoro. Particolare attenzione è riservata alla specializzazione nelle attività (gli uomini pescano mentre le donne vendono il prodotto della pesca) e le conseguenze sull'organizzazione-socio politica; alle strategie attive e passive dell'ingresso delle economie tradizionali nell'economia nazionale.

Sport: pesca sportiva

Per pesca sportiva si intende quella dilettantistica, cioè quella che prevede l'utilizzazione di lenze e ami e non di reti e che viene praticata sia nei mari sia nelle acque interne a scopo di divertimento e non di lucro. L'attività della pesca con l'amo si distingue in pesca di fondo, di fondo leggera a mezz'acqua e di superficie. Il primo tipo consiste nell'ancoraggio di una determinata esca sul fondo; quella di fondo leggera a mezz'acqua ricerca i pesci di passaggio o che possono essere richiamati con vari accorgimenti nel raggio di azione della lenza; quella di superficie prevede la presentazione di esche varie per pesci che si cibano in superficie o a poca profondità. Esistono anche altre tecniche quale il traino, che consiste nel trainare un'esca artificiale o naturale sul fondo, a mezz'acqua o in superficie. Le varie tecniche prevedono logicamente diversi sistemi. La tecnica di fondo comprende, fra gli altri, la lenza zavorrata sul fondo e recante uno o più ami, il piombo fermo, la canna fissa o da lancio (la lenza può anche essere sostenuta a mano se si pesca da un'imbarcazione); con questo sistema si pescano carpe, tinche, anguille, ecc. e se si usa come esca un pesciolino morto o vivo anche lucci, lucioperche e persici. Un altro sistema della pesca di fondo è il bolentino, una lenza usata in mare lunga anche 100 m con un piombo terminale e recante più ami fissati a distanza variabile fra loro con braccioli di 10-25 cm. I principali sistemi di pesca di fondo leggeri a mezz'acqua sono due: lenza libera o leggermente zavorrata sostenuta dalla canna e lenza di fondo leggera con galleggiante. Il primo sistema, detto anche pesca al tocco, è usato nei torrenti montani per la pesca alla trota e anche per la cattura di vaironi, barbi e altri pesci di corrente, e consiste in una canna dotata all'estremità di un cimino che muovendosi segnala l'abbocco del pesce. La lenza di fondo leggera con galleggiante è il sistema più usato: il galleggiante serve sia per sostenere la parte immersa della lenza sia per segnalare l'abbocco del pesce. I sistemi di pesca in superficie si distinguono invece in lenze a frustare e in moschera. Il primo tipo viene eseguito con canne a coda di topo, cioè a diametro decrescente verso il terminale, per consentire con un'azione di frusta il lancio di un'esca praticamente senza peso (mosche artificiali o insetti naturali). La moschera è invece dotata di un galleggiante piombato che si può lanciare lontano e il terminale della lenza porta un certo numero di mosche artificiali; viene usata per il temolo e per il cavedano. Vi sono infine i sistemi di traino, tra cui le traine o tirlindane di fondo e le traine di superficie, con esche artificiali e pesci vivi o morti, che consentono la cattura di lucci e persici. La pesca nelle acque interne è regolata da decreti delle amministrazioni provinciali, per cui le acque vengono classificate in principali e secondarie. Sono principali quelle della pianura a flusso costante, di portata ed estensione considerevoli, nelle quali è permesso l'uso di attrezzi per la cattura intensiva secondo quanto è prescritto dai decreti provinciali; sono invece secondarie tutte le acque collinari e, in genere, quelle a carattere torrentizio, nelle quali è consentita esclusivamente l'attrezzatura per la tipica pesca sportiva. Inoltre le acque si suddividono in pubbliche, cioè del demanio dello Stato, e in private, che non sono comunicanti con le prime. Per esercitare la pesca sportiva occorre una licenza governativa che viene rilasciata dalle amministrazioni provinciali e ha una validità quinquennale tranne che per gli stranieri per cui è di tre soli mesi. L'esercizio della pesca è regolato da decreti e ordinanze sia per quanto riguarda i periodi in cui può essere praticato, sia per quanto riguarda le specie ittiche che possono essere pescate, sia anche per la lunghezza minima delle prede. Le gare di pesca vengono classificate, nelle acque interne, come generiche (senza limitazione circa la varietà e la dimensione delle prede) o speciali (varietà e dimensioni delle prede ben fissate) e possono essere di tre tipi: con canna lenza, con canna lancio e con tirlindana. Le gare nelle acque marine invece si suddividono in: canna lenza, canna lancio, con ami volanti, con la fiocina, con la lenza a fondo (bolentino) e gare con qualunque attrezzo consentito.

Sport: pesca subacquea

Ricerca e cattura, in immersione in apnea o avvalendosi di autorespiratori, di fauna ittica a scopo sportivo. La pesca subacquea è comparsa in Italia poco prima dell'inizio della II guerra mondiale ottenendo in seguito un gran numero di appassionati. Il pescatore subacqueo deve essere dotato di un'apposita attrezzatura: uno o più fucili, guanti palmati che lasciano libere le estremità delle dita, lampada, muta di gomma, pinne, maschere e occhiali a tenuta stagna e con un solo cristallo per evitare distorsioni ottiche, congegno per la respirazione in superficie, autorespiratori, cintura zavorrata, raffi, portapesci, coltelli. In apnea la durata dell'immersione è limitata a poche decine di secondi e le profondità raggiunte vanno dai 10 ai 25 m. Le prede più ambite sono costituite da cernie, dentici, saraghi e gronghi. Con l'aiuto di autorespiratori si possono invece raggiungere profondità superiori e soprattutto permanenze più prolungate, fattori questi che consentono una pesca più abbondante e con prede di maggiori dimensioni. Sul piano agonistico l'attività dei pescatori subacquei è regolata dalla FIPS (Federazione Italiana Pesca Sportiva), che è anche l'organizzatrice delle gare nazionali. Le gare tengono conto della diversa abilità dei pescatori, del numero e del peso delle prede. Nelle gare di prima categoria e internazionali sono considerate prede valide quelle non inferiori a 500 g; in quelle di seconda categoria, non inferiori a 250 g. Le gare si svolgono generalmente in un solo giorno e durano da 4 a 8 ore; quelle di campionato italiano e quelle internazionali durano invece tre giorni per complessive 18 ore di pesca. La partecipazione alle gare è subordinata, oltreché all'affiliazione alla FIPS, all'ottenimento della licenza di concorrente previa autorizzazione della Federazione Medico-Sportiva che controlla le capacità fisico-atletiche dell'aspirante.

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