Ricerche segniche e arte cinetica

All'inizio degli anni '60 si svilupparono tendenze che, mutuando la loro metodologia dallo strutturalismo linguistico, perseguirono ricerche sul segno. In parte esse si affidavano al potere evocatore del segno assimilato a scrittura (Giuseppe Capogrossi, 1900-1972); in parte si ricollegavano alla mai interrotta tradizione geometrica (attiva soprattutto in Francia col gruppo Espace), ma con nuove componenti desunte dal mondo contemporaneo: assunzione di categorie tipiche del processo industriale, uso dei materiali dell'industria. Dal 1965 queste operazioni tendono a dilatare il loro campo d'azione, trasformandosi in proposte d'ambiente (environmental art) miranti a riqualificare e ristrutturare il paesaggio (urbano e non), in una sintesi dove confluiscano le esperienze oramai esaurite di pittura, scultura e architettura, come pure esperienze acustiche, scenografiche e teatrali (D. Boriani, Camera stroboscopica, 1965-67, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). L'arte di protesta ideologica e sociale arriva alle sue estreme conseguenze col negare ogni intenzionalità estetica all'opera; ciò è raggiunto sia dall'arte povera, che contesta la mercificazione dell'oggetto artistico (P. Pascali, M. Pistoletto), sia più estesamente da tutta l'arte concettuale, che sviluppa in chiave intellettualistica i presupposti delle ricerche segniche (S. Arakawa).

La definizione di arte cinetica entrò attorno al 1960 nel vocabolario artistico e comprende l'insieme di quelle opere che, animate da un movimento virtuale o reale, promuovono un fenomeno di attivazione visuale e psicologica nello spettatore, coinvolgendolo sempre più nell'operazione artistica.

 

Op art e movimento virtuale

Op art, abbreviazione di optical art, è l'espressione con cui si designa il movimento artistico contemporaneo emerso alla fine degli anni '50 in clima postinformale. Il termine si riferisce a un vasto arco di ricerche sperimentali sui processi percettivi basate sui fondamenti della Gestalt Psychologie (psicologia della forma), da cui la definizione di "arte gestaltica" creata da G.C. Argan. Quale derivazione del processo di astrazione geometrica, l'op art offre suggestioni visive del movimento (talora impresso da un apposito meccanismo) attraverso la matematica organizzazione di forme geometriche e combinazioni di colori puri in modo da agire sulla sensibilità psicofisica percettiva dello spettatore, che viene coinvolto così in un'attiva partecipazione.

Strettamente intrecciato con la ricerca della op art il movimento virtuale parte dallo studio dei procedimenti ottici e psicologici iniziato con gli impressionisti e continuato con il cubismo, il costruttivismo, l'opera di P. Mondrian: il movimento è prodotto, nel caso più semplice, dalla disposizione di linee e di forme geometriche, dai loro rapporti cromatici, chiaroscurali e di estensione. Campione di queste ricerche, fin dalla metà degli anni '50, è il pittore franco-ungherese Victor Vasarely (1908-1997). Vasarely raggiunge l'effetto di attivazione visuale anche con superfici variamente ondulate o aventi applicazioni optical, costruite in materiale assorbente, riflettente, filtrante, rifrangente la luce (textures); in questo caso si richiede lo spostamento dello spettatore rispetto alla fonte luminosa. Il movimento può ottenersi anche dalla variabilità della fonte luminosa interna o esterna all'opera.

Sotto l'influenza di Vasarely, queste ricerche si sviluppano col gruppo internazionale Nouvelle tendance (mostre a Zagabria dal 1961), in Francia col Groupe de recherche d'art visuel (GRAV), in Germania col gruppo Zero di Düsseldorf, in Spagna con l'Equipo 57, in Italia con i gruppi T di Milano, N di Padova, 1 di Roma. Tra gli artisti italiani di questa corrente si segnalano G. Colombo, D. Boriani, E. Mari, G. Varisco.

 

Il movimento reale

All'interno dell'arte cinetica la corrente del movimento reale produce opere in cui il moto è generato da forze fisiche semplici o di congegni meccanici più o meno complessi, talora in concomitanza con effetti luminosi. La componente meccanica può essere presentata in chiave apologetica, di ascendenza costruttivistica (Nicolas Schöffer, 1912-92; Von Graevenitz), o in chiave polemico-caricaturale di derivazione dadaista (Jean Tinguely, 1925-91; Kramer).

In altri casi si ha un movimento non prevedibile, a simbologia naturale e magica, come nei mobiles dello statunitense Alexander Calder (1898-1976), e, in Italia, nelle "macchine inutili" di Bruno Munari (1907-1998). La partecipazione dello spettatore all'operazione artistica si fa sempre più attiva: egli non solo aziona pulsanti e manovelle per mettere in moto congegni meccanici, ma scompone e ricompone le parti dell'oggetto, collaborando, in certo senso, al risultato artistico (per esempio i quadri trasformabili di Agam, gli oggetti di P. Bury, Rot).

 

Environmental art

L'environmental art (arte ambientale), indirizzo nato negli Stati Uniti nella metà degli anni '50, partendo dalla sintesi dell'arte cinetica tra spazio, luce e movimento la supera introducendovi elementi naturali (aria, acqua, ecc.) e oggetti di consumo, al fine di creare "situazioni" in cui sia coinvolta la partecipazione dell'osservatore e di stabilire un'armonica continuità tra l'uomo e l'ambiente. Esauritasi come corrente autonoma, l' environmental art ha visto sviluppare le proprie tematiche nell'ambito di altre tendenze, da certi assemblage della pop art, alle esperienze concettuali e alla land art.

 

Minimal art

La minimal art o ABC art, è l'arte costituita da opere sfruttanti materiali tecnologici (acciaio, plastica, ecc.) adatti alla creazione di elementari configurazioni stereometriche o cilindriche (da ciò anche il nome di strutture primarie), consacrata ufficialmente a New York nel 1966, in una mostra al Jewish Museum, intitolata appunto Primary Structure. I più immediati precursori dei valori minimali dell'arte sono Ad Reinhardt (1913-1967) e Barret Newman (1905-70). Tra gli artisti raggruppabili nel novero dei minimalisti e delle strutture primarie si ricordano S. Lewitt, T. Smith, Robert Morris (1931), D. Judd, C. Andre, R. Serra, B. Pepper, D. Flavin, C. Willmarth, B. Nauman, L. Bell, Caro, King, Tucker; tra gli italiani, Anselmo, Zorio, Calzolari, Aricò, Carrino, Barisani, Lorenzetti, Icaro, Pardi, Perizi, Gandini, Giulio Paolini (1940).

 

L'arte concettuale

L'arte concettuale indica una tendenza dell'arte contemporanea i cui precedenti si riconoscono nella poetica dada o nel Quadrato nero di C. Malevic, modello di riduzione dell'operazione artistica ai suoi minimi termini intellettuali. Il concettualismo infatti concepisce l'attività dell'artista come formulazione mentale a cui la realizzazione non aggiunge alcunché di significativo. Gli artisti, rifiutando l'oggetto (in quanto mercificabile), si esprimono attraverso gesti, azioni pubbliche, fotografie, happening o attraverso il citazionismo (uso colto e talvolta dissacrante dell'immagine di opere d'arte del passato che accomuna artisti come G. Paolini, L. Ontani e C. Parmeggiani). Le prime formulazioni si sono avute dopo il 1965 negli Stati Uniti con S. LeWitt e J. Kosuth (caposcuola del gruppo americano) e in Inghilterra con il gruppo di Art and Language. Nell'ambito concettuale rientrano diverse correnti artistiche di cui le quattro fondamentali sono l'arte povera, la body art, l'arte comportamentale e la land art.

 

L'arte povera

Nasce nel 1966 e comprende artisti come Mario e Marisa Merz, L. Fabro, G. Penone, G. Anselmo, A. Boetti, G. Zorio, J. Kounellis, M. Pistoletto, P. P. Calzolari, E. Prini, le cui opere si basano sull'associazione ambientale di materiali prelevati dal quotidiano (legno, stoffe, terra, ecc.). La definizione Arte Povera venne coniata dal critico Germano Celant
nel 1967 per definire l’insieme di processi creativi che, utilizzando materiali solitamente estranei all’arte, si concentrano sulla scoperta di quelle forze espressive ed immaginifiche sprigionate dal contatto con i materiali, vissuti nel loro valore primario, lontano da quello che assumerebbero nella società dei consumi.

 

La body art

La body art si distinse per l’uso del corpo umano come mezzo di espressione e si manifesta tramite “azioni”, “eventi”, happenings, togliendo così valore all’oggetto artistico. Gli artisti, in questo caso, si esprimono in tempo reale, con i loro corpi, mettendo a nudo la loro interiorità e dividendola con lo spettatore, coinvolto così, attraverso le proprie reazioni, nella creazione artistica. Fra gli artisti più noti sono J. Beuys, A. Rainer, V. Acconci, G. Pane, V. Pisani, Gilbert & George.

 

L'arte comportamentale

Si basa sull'utilizzazione del corpo come forma di espressione artistica ma si fonda su atteggiamenti e azioni di cui l'artista stesso è protagonista o deuteragonista e per lo più mette in luce componenti autoerotiche, narcisistiche, masochistiche, filtrate in genere da atmosfere surreali e colte. Tra gli esponenti più significativi vanno ricordati J. Beuys, B. Vautrier, V. Acconci, A. Rainer, U. Lüthi, Gilbert & George, H. Nitsch e gli italiani G. De Dominicis, V. Pisani, G. Pane.

 

L’arte comportamentale


Si basa sull’utilizzazione del corpo come forma di espressione artistica ma si fonda su atteggiamenti e azioni di cui l’artista stesso è protagonista o deuteragonista e per lo più
mette in luce componenti autoerotiche, narcisistiche, masochistiche, filtrate in genere da atmosfere surreali e colte. Tra gli esponenti più significativi vanno ricordati J. Beuys, B.
Vautrier, V. Acconci, A. Rainer, U. Lüthi, Gilbert & George, H. Nitsch e gli italiani G. De Dominicis, V. Pisani, G. Pane.

La land art

È detta anche earth art o arte ecologica, si esprime mediante interventi diretti di modificazione estetica sul territorio, che hanno lo scopo di esercitare un controllo su di esso. Alla base di questo tipo di azione artistica c’è una forte critica nei confronti del rapporto uomo-natura e l’esigenza di creare nuovi modi per interpretare il linguaggio ambientale. Le operazioni, svolte su vasti territori (deserti, laghi gelati, prati, ecc.), sono fissate poi con riprese fotografiche o filmate. Tra i suoi esponenti W. De Maria, D. Oppenheim, R. Long, Christo Javacheff, M. Boyle.

L’ iperrealismo

Questa tendenza, nata in America nei primi Settanta, si esprime attraverso un tipo di pittura e scultura “più vera del vero”, mediante un uso esasperato della tecnica, ossia dando con le opere non un’interpretazione della realtà, ma una riproduzione meccanica di essa. Tutto ciò non ha l’intento di ironizzare sulla società, ma solo di presentarla in modo
spersonalizzato, non offre nessun tipo di intervento critico, ma è un’arte unicamente descrittiva. Tra i maggiori esponenti troviamo Duane Hanson, John De Andrea, Stephen Posen e l’italiano Domenico Gnoli.