Il problema urbano

Come cambia la città

Nei primi anni '80 del '900 un rallentamento nei ritmi di crescita urbana dei paesi industrializzati aveva indotto alcuni studiosi a presagire un'imminente declino delle città, se non una vera e propria fine delle città, che i più pessimisti etichettarono col nome di deurbanizzazione, i più cauti come contrurbanizzazione. Con l'andar del tempo e qualche elemento in più, ci si è resi conto che il fenomeno non è esclusivamente quantitativo, ma esprime un processo qualitativo: che le città dei paesi avanzati , insomma, non stanno morendo, ma stanno cambiando fisionomia, subendo cioè una trasformazione.Abituati allo stereotipo della città industriale, siamo abituati a pensare che la popolazione urbana sia formata da almeno due segmenti principali: chi vive la città di giorno, i lavoratori, e chi la vive anche di notte, gli abitanti.

Per un lungo periodo le due popolazioni hanno teso a coincidere, finché la motorizzazione privata e la migrazione delle classi medie nei sobborghi, a partire dagli Stati Uniti degli anni '20 del '900, non hanno creato una scissione territoriale tra popolazione diurna e notturna: tra chi vive temporaneamente la città di giorno, i lavoratori pendolari, e chi vi sta in permanenza, i residenti. È questa la popolazione delle città che potremmo definire di prima generazione.

Nella seconda metà del secolo compare un n uovo segmento di popolazione urbana, non più legata a esigenze residenziali o produttive, ma di fruizione del tempo libero . Si tratta dei consumatori metropolitani (city users), di quanti, cioè risiedono fuori dalla città, ma vi si recano temporaneamente per farvi acquisti, visitare luoghi d'arte o musei, oppure anche locali d'intrattenimento ecc. Mentre i due segmenti di lavoratori pendolari e di residenti sono facilmente individuabili, questo terzo segmento di popolazione urbana è difficilmente qualificabile e in qualche modo controllabile. A esso si deve, in ogni caso, l'apparente paradosso delle città che si spopolano e al tempo stesso diventano sempre più congestionate. Sono queste le metropoli di seconda generazione, dove si crea una divaricazione tra gestione della città, responsabilità dei residenti, e utilizzo della città, a cui contribuiscono i consumatori esterni più o meno occasionali.

In tempi relativamente recenti a queste tre categorie si è aggiunta una quarta, che abbina funzioni di consumo e d'iniziativa economica, gli uomini d'affari metropolitani (metropolitan businessmen), i quali frequentano la città per periodi molto limitati, attivando cospicui movimenti di danaro. La presenza di questi due ultimi segmenti, consumatori e uomini d'affari, che convivono ma anche competono con le prime due, residenti e lavoratori, nell'utilizzo della metropoli, ha avuto e ha per effetto la trasformazione dell'economia urbana da produttiva a economia di servizi, con importanti ricadute anche in altri campi. Tra queste: la qualificazione dell'arredo e dell'offerta urbana, che alimenta il nuovo settore del marketing urbano, il livellamento dei gusti e dei consumi, l'affievolirsi dei meccanismi di controllo sociale e amministrativo e l'emergere di problemi di sicurezza e ordine pubblico.L'effetto tuttavia più rilevate è un altro ancora. Le metropoli tendono sempre più a internazionalizzarsi, a proiettarsi, cioè, all'esterno come segmenti un sistema multinazionale globale, e al tempo stesso perdendo, insieme con porzioni della loro identità, anche parte del loro rapporto con le gerarchie urbane territoriali nazionali e locali.