William Shakespeare

La carriera teatrale

La carriera poetica di Shakespeare abbraccia un periodo che va dalla fine degli anni 1580 fino al 1613, ovvero la parte conclusiva e più ricca di fermenti del regno di Elisabetta e il primo decennio di quello di Giacomo I. Questo periodo viene normalmente diviso dalla critica in varie fasi sulla base di criteri diversi, in genere le presunte o reali omogeneità tematiche, stilistiche, linguistiche.

La prima fase giovanile

Nella prima fase, forse dal 1588 al 1595, Shakespeare mostrava già una notevole padronanza dei diversi generi drammatici e una consapevolezza dei gusti del pubblico. In quel periodo scrisse il dramma storico Henry VI (Enrico VI, 1590-92) e la tragedia storica Richard III (Riccardo III, 1592-93), basata, sul modello di Marlowe, su un protagonista assoluto. L'argomento di entrambe le opere sono gli avvenimenti più recenti, la guerra civile e la tirannide sotto la rinascita Tudor. Nella tragedia Titus Andronicus (Tito Andronico, 1593) si ritrova il gusto per i crimini di imitazione senechiana. La commedia The comedy of errors (La commedia degli errori, circa 1590), di ispirazione plautina e destinata a un pubblico colto, riprende il tema degli equivoci offerto dalla presenza di due coppie di gemelli perfettamente identici. The taming of the shrew (La bisbetica domata, 1594) rivisita il tema della farsa popolare misogina di derivazione medievale. The two gentlemen of Verona (I due gentiluomini di Verona, circa 1594) è invece una commedia romanzesca, sul modello di Lyly e Greene e del romanzo pastorale, con peripezie avventurose e il conflitto centrale amore-onore.

La seconda fase, più matura

La seconda fase, dal 1595 al 1599, rappresentò un momento di grande creatività raffinata e gioiosa, non di rado venata di malinconia, espressa spesso da virtuosismi retorici: essa segnò il passaggio a una drammaturgia più matura. Shakespeare scrisse i drammi storici Richard II (Riccardo II, 1595-96); King John (Re Giovanni, circa 1596-97); Henry IV (Enrico IV, 1597-98), in due parti; Henry V (Enrico V, 1598-99); analizzano tutti le cause che avevano originato i fatti descritti nei due drammi storici della prima fase. Mise in scena le raffinate commedie Love's labour lost (Pene d'amor perdute, 1594), A midsummer night's dream (Sogno di una notte di mezza estate, circa 1596), The merchant of Venice (Il mercante di Venezia, 1596-97), Much ado about nothing (Molto rumore per nulla, 1598-99).

Più o meno nello stesso periodo fu scritta la tragedia Romeo and Juliet (Romeo e Giulietta, 1595-96): per la vicenda dei due sfortunati amanti, Shakespeare riprese la novella italiana del Bandello, tradotta prima in francese e poi in inglese da Arthur Brooke, ridisegnandone però completamente i personaggi, vivacizzando l'azione e fondendo abilmente toni lirici e declamatori. Il nucleo della tragedia non era tanto l'inimicizia tra le due famiglie quanto il prevalere della cattiva sorte.

La terza fase, le "dark comedies"

La terza fase, dal 1599 al 1602, non presenta uniformità d'ispirazione, anche se alcuni critici hanno parlato di "dark comedies" o "problem plays": le opere, infatti, sono drammi spesso segnati da profonda amarezza e sfiducia e il lieto fine, quando esiste, non riesce a oscurare uno scenario di cinismo, falsità e prevaricazione.

Hamlet (Amleto, 1600-01), la più popolare fra le tragedie shakesperiane, ha come lontana fonte l'Historia Danica del cronista danese del XIII secolo Saxo Grammaticus. Classica tragedia della vendetta, l'opera analizza la reazione morale del principe di Danimarca Amleto all'omicidio del padre e all'usurpazione del trono da parte dello zio Claudio. Solo nel suo dramma, irresoluto di carattere, egli si abbandona alla sua fantasia malata, alla pazzia in parte stratagemma per nascondere i propri piani di vendetta. Rifiuta con sarcasmo l'amore della dolce Ofelia, che si annega; tormenta la madre divenuta moglie dello zio; uccide per errore Polonio, padre di Ofelia. Riesce a sfuggire ai tranelli di Claudio, ma muore in duello, trafitto dalla spada avvelenata di Laerte, fratello di Ofelia, dopo aver ucciso Claudio in un impeto d'ira. Al termine della tragedia tutti i personaggi sono morti e il principe norvegese Fortebraccio, il leale soldato, sale al trono. A differenza della tragedia greca, in Amleto non è il Fato a portare i personaggi alla caduta e alla morte, ma il male che li circonda o che è dentro di loro; un male che si manifesta nelle immagini di malattia e corruzione ricorrenti.

Julius Caesar (Giulio Cesare, 1599-1600), invece, è una tragedia politica, il cui tema principale è il rapporto virtù privata-virtù pubblica, ingenuità di carattere ed efficacia dell'azione morale. Bruto, il personaggio principale, viene distrutto dalle sue stesse virtù in quanto la sua nobiltà di carattere è accompagnata dall'ingenuità politica.

Troilus and Cressida (Troilo e Cressida, circa 1602) è stata definita una "bitter comedy" (commedia amara), perché non possiede l'atmosfera briosa delle commedie precedenti. Tema principale, la storia d'amore dei giovani troiani Troilo e Cressida durante l'assedio di Troia; il tono è estremamente raffinato.

In questo periodo Shakespeare scrisse anche le commedie As you like it (Come vi piace, 1599-1600); Twelfth night (La dodicesima notte, 1600-01); The merry wives of Windsor (Le allegri comari di Windsor, circa 1599), farsa scritta su precisa ordinazione della regina; All's well that ends well (Tutto è bene ciò che finisce bene, 1602-04) e Measure for measure (Misura per misura, 1604). Nelle prime due il tono è leggero, lo schema morale semplice e, soprattutto in Dodicesima notte, l'intreccio complesso si svolge tra il comico e il sentimentale. Le ultime due hanno il tono raffinato e amaro di Troilus and Cressida: nonostante si concludano felicemente, sono sempre permeate di un'atmosfera non del tutto gioiosa e serena: i personaggi non sono privi di colpe e se si giudica con il metro umano nessuno ha il diritto di condannare, ma solo di perdonare.

La quarta fase delle grandi tragedie

La quarta fase, che va dal 1603 al 1608, è segnata dall'ascesa al trono di Giacomo I e comprende le sei grandi tragedie.

Othello (Otello, 1603-04) deriva la propria trama da una novella italiana di G. Giraldi Cinzio, ma Shakespeare ne scelse e riordinò i particolari e, lavorando sulla caratterizzazione dei personaggi e sul linguaggio, ne ricavò una tragedia intensamente poetica. Il nobile e coraggioso moro Otello è talmente ingenuo da diventare una marionetta nelle mani del perfido Iago e venirne distrutto. La sua sfiducia e l'incapacità di trovare un'azione adeguata (proprio lui, uomo d'azione) alla insinuata infedeltà della consorte Desdemona, creatura moralmente integra e pura, e la frustrazione che ne deriva sono la causa della sua perdita: il mondo di Otello crolla, il male è irrimediabile e l'unica soluzione risulta essere l'uccisione di Desdemona.

Risale a fonti mitologiche britanniche King Lear (Re Lear, 1605-06). La storia di Lear, in origine antico dio celtico del mare, e delle sue tre figlie era stata già trattata nel XII secolo da Goffredo di Monmouth e, nel Cinquecento, da Spenser. La dimostrazione pubblica d'affetto richiesta da Lear alle tre figlie Regan (moglie del duca di Cornovaglia), Goneril (moglie del duca d'Albany) e Cordelia, come condizione necessaria per decidere la divisione del regno, non è sufficiente per comprendere chi di loro lo ami veramente. Infatti, le prime due, ostentando il loro amore per ottenere in cambio il regno, non gli dimostreranno gratitudine e, una volta ottenuto il potere, lo cacceranno. Solo Cordelia, incapace di fare pubblica dichiarazione del proprio affetto e, per questo diseredata e costretta a lasciare il paese, dimostrerà vero affetto per il padre accorrendo in suo aiuto con l'esercito del re di Francia, suo sposo. Nell'opera è presente una trama secondaria (subplot) che si intreccia alla principale, derivata dall'Arcadia di Sidney, e contribuisce a scandire e a commentare le fasi dell'azione. Privato di tutto, quasi folle, Lear vaga per il paese con il solo conforto del duca di Kent travestito da buffone di corte. Kent porta Lear a Dover, presso Cordelia, che lo cura e lo riconduce alla ragione. Goneril intanto avvelena la sorella Regan, innamoratasi come lei di Edmund, e trama per uccidere il marito, ma scoperta si uccide. Gli inglesi vincono i francesi: Lear e Cordelia sono catturati e quest'ultima viene uccisa sotto gli occhi del padre, il quale muore per il dolore. Il duca d'Albany succede nel regno. La costruzione complessa, le immagini utilizzate e l'abituale maestria di Shakespeare nel penetrare la psicologia umana fanno emergere una serie di significati simbolici: la luce e l'oscurità, la vista e la cecità, il bene e il male, la consapevolezza e l'ignoranza, la sanità e la pazzia confluiscono in una potente visione del destino umano. La natura dell'uomo viene analizzata in profondità e le frequenti ambiguità indicano l'intima contraddizione del suo universo morale.

Macbeth (1606) trae fonte dalla seconda edizione delle Chronicles of England, Scotland, and Ireland (Cronache di Inghilterra, Scozia e Irlanda, 1587) di Raphael Holinshed; ancora una volta, però, Shakespeare rielaborò un materiale grezzo per farne una storia complessa dai profondi significati simbolici. Già nella prima scena del dramma, le parole di congedo delle streghe ("Bello è il brutto e brutto il bello") rivelano l'essenza di tutta la tragedia: un disordine fisico in cui si riflette un disordine morale, un capovolgimento dei valori e una deformazione della realtà. La parabola di Macbeth, al quale viene preannunciato un futuro da re che gli scatena nell'animo l'ambizione più sfrenata (incitato e aiutato nel regicidio da Lady Macbeth), esemplifica la fragilità dell'innocenza, l'orrore del sangue e della follia. Macbeth, all'inizio uomo leale e coraggioso, diviene nel corso della tragedia eroe perverso e la sua consorte, forzando la propria natura di madre e donna, è pronta a istigarlo nei momenti di incertezza. Questo delitto contrario alla natura delle cose sovverte la realtà, toglie a Macbeth il sonno, "balsamo di ogni affanno", lo travolge nel delirio di una vita che non significa nulla. Anche qui Shakespeare rappresenta il male con immagini di sangue e di morte, così che il pubblico sia indotto a meditare sulla natura del bene e del male, sull'apparenza e la realtà, sulla responsabilità morale e sul libero arbitrio.

D'argomento romano è Antony and Cleopatra (Antonio e Cleopatra, 1607), tragedia in cui Shakespeare mostra una profonda conoscenza dell'animo umano e una straordinaria abilità nell'uso del linguaggio, diversificato a seconda delle necessità drammatiche. Il generale romano e la regina egiziana vengono presentati nella loro completa umanità e complessità: Antonio, valoroso e nobile d'animo ma anche libertino ed egoista; Cleopatra, regale ed eroica, ma anche donna isterica e sleale. L'amore che tra Romeo e Giulietta si concentrava nello sforzo di trovare le parole più adatte e melodiose per comunicare la reciproca dedizione, diviene tra il generale e la regina una passione soprattutto sensuale. La storia e la psicologia si fondono, ma dalle leggi assolute e universali, dagli eroi mitici e disperati di Macbeth e King Lear, Shakespeare passa a celebrare una storia d'amore. Antonio e Cleopatra non sono due eroi tragici nel senso più tradizionale, non suscitano nello spettatore pietà e terrore (come raccomandava Aristotele), ma il loro fascino rimane intatto per come la poesia di Shakespeare giunge a caricare ogni momento di una dimensione più profonda.

La tragedia Coriolanus (Coriolano, circa 1608) e il dramma storico Timon of Athens (Timone d'Atene, 1607-08) analizzano l'inconciliabilità fra una superiore natura aristocratica e la natura del popolo e l'ingratitudine e l'ipocrisia umane, che sembrano trasformare il mondo degli uomini in un mondo di bestie.

La quinta fase, romanzesco-simbolica

Il periodo copre gli anni che vanno dal 1608 al 1613. In questo periodo la compagnia teatrale dei King's Men operava al Blackfriars, un private theatre per un pubblico più ristretto e raffinato. Anche le opere scritte da Shakespeare si adeguarono al nuovo gusto: commedie romantiche o drammi romanzeschi (romances), che paiono mostrare un atteggiamento diverso nei confronti della vita e dell'arte. Tuttavia, il suo atteggiamento più benevolo nei confronti dell'uomo può essere dovuto non solo alle esigenze di un pubblico diverso, ma più probabilmente al suo modo di sentire in quel periodo. Pericles, prince of Tyro (Pericle, principe di Tiro), Cymbeline (Cimbelino), The winter's tale (Il racconto d'inverno), The tempest (La tempesta), tutte opere scritte fra il 1609 e il 1612, sono interessate, in modi diversi, al rapporto colpa-espiazione, male-innocenza e sono pervase da un'atmosfera di perdono e riconciliazione. Shakespeare pare manifestare una rinnovata fiducia nella bontà dell'uomo, ma va notato che il mondo in cui tutte le vicende si svolgono è irreale, simbolico: l'innocenza vi può trionfare e il male commesso, a differenza che in tragedie quali Hamlet e Othello, può essere cancellato per ripristinare l'innocenza perduta. La profondità e la complessità della natura umana vengono qui immerse in un'atmosfera magica, profondamente poetica, nella quale l'uomo può vivere solo temporaneamente, in quanto inevitabile è comunque il suo ritorno alla civiltà delle imperfezioni. The tempest ne costituisce l'esempio più sublime e significativo. In quest'opera Shakespeare sperimenta le tre unità di tempo (la vicenda dura solo tre ore), di luogo e d'azione, in un'abile e del tutto originale fusione di materiali diversi (dalle cronache dei viaggiatori in America ai racconti d'intonazione fiabesca). È qui più che mai chiaro il passaggio, tipico del percorso drammatico dei suoi romances, dalla prosperità alla completa rigenerazione attraverso le esperienze fondamentali del peccato, della caduta e della distruzione, in cui gli agenti di rinnovamento appaiono sempre le nuove generazioni. A quest'ultima fase appartengono anche le ultime due opere di Shakespeare: Henry VIII (Enrico VIII, 1612-13) e The two noble kinsmen (I due nobili parenti, 1612-13).