Bacchìlide

(greco Bakchylídēs; latino Bacchylídes), poeta lirico greco (Iuli, isola di Ceo, ca. 520 a. C.-ca. 450). Poco si sa della sua vita: figlio di una sorella di Simonide, seguì probabilmente lo zio nei suoi spostamenti presso le varie corti e città, dalla Tessaglia ad Atene, a Siracusa. Gareggiò con Pindaro nel celebrare, nel 485, la vittoria di Pitea nel pancrazio ai giochi Nemei, e ancora nel 476 per la vittoria di Gerone, tiranno di Siracusa, a Olimpia, col cavallo Ferenico. Ma quando lo stesso Gerone, nel 468, ottenne il più ambito dei trionfi olimpici, quello con la quadriga, Bacchilide, che evidentemente aveva eclissato il rivale, fu il solo a cantarlo, col suo terzo epinicio. Della rivalità tra i due poeti si ha una conferma nelle loro stesse opere giunte fino a noi: nella seconda olimpica Pindaro, esaltando la propria arte, si paragona fieramente all'aquila “contro cui schiamazzano invano i corvi”; e Bacchilide risponde difendendosi amabilmente e paragonandosi piuttosto all'usignolo “dalla voce di miele”. Sino alla fine del secolo scorso non si possedevano che un centinaio di versi di Bacchilide, in testi frammentari. Nel 1896 un papiro egizio restituì 13 epinici e 6 ditirambi di diversa estensione, per un complesso di ca. 1600 versi. L'epinicio bacchilideo segue uno schema costante e analogo a quello pindarico: alla parte occasionale e descrittiva succede una parte mitica e narrativa, collegata alla precedente con una sentenza morale. La narrazione in Bacchilide è però più distesa, più compiaciuta e stilizzata che in Pindaro; prevale l'elemento patetico su quello morale. Il più bello degli epinici di Bacchilide è il quinto, a Gerone, in cui è cantato il mito di Meleagro. Anche i ditirambi (canti in onore di dei e di eroi), in cui sono inclusi pure due peani (inni in onore di Apollo), contengono parti narrative. In uno (I giovani), Teseo, che accompagna a Creta il triste tributo di sette giovani e sette vergini da sacrificare al Minotauro, dinanzi a Minosse vanta la sua discendenza da Posidone e, visitati gli abissi marini, emerge asciutto fra le grida gioiose delle fanciulle e i canti di vittoria dei giovani. L'altro (Teseo) è un dialogo tra il vecchio re di Atene, Egeo, e i cittadini, che in coro lo interrogano sull'approdo nel Paese di un eroe che poi si rivelerà essere Teseo, suo figlio. Questo canto lirico dialogato è importante perché è stato considerato come un esempio di quel genere ditirambico, intermedio fra lirica corale e dramma, da cui secondo Aristotele avrebbe avuto origine la tragedia. I ditirambi di Bacchilide per stile e contenuto mitico non differiscono sostanzialmente dagli epinici: sono anche pervasi dallo stesso forte pathos venato di malinconia. Lo stile e il dialetto risentono molto del modello omerico. I ritmi prevalenti sono di struttura fondamentalmente giambico-trocaica e dattilica. Bacchilide non possiede l'altezza e l'originalità di ispirazione di Pindaro né la forza virile di Simonide, ma i suoi canti sono ancora oggi freschi e seducenti.

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