Biografia

Filosofo e teologo inglese (Ockham 1295/1300-Monaco di Baviera ca. 1350). Studiò a Oxford e fu sensibile all'influenza di Ruggero Bacone. Entrò ancor giovane nell'ordine francescano e, accusato di eresia, si recò ad Avignone per discolparsi, proprio mentre divampava la controversia fra il generale dei francescani, Michele da Cesena, e papa Giovanni XXII sulla povertà evangelica. Schieratosi con il suo generale, Guglielmo di Occam rimase preso nell'ingranaggio degli avvenimenti e seguì l'imperatore Ludovico il Bavaro, protettore di Michele da Cesena in Italia ma, tramontata la fortuna dei ghibellini (1330), accompagnò l'imperatore nel suo ritorno in Baviera e si stabilì a Monaco, dove rimase fino alla morte.

Il metodo di ricerca

Nel vivo della lotta tra guelfi e ghibellini il filosofo venne chiarificando, anche per l'influenza di Marsilio da Padova, le sue posizioni politiche: partito da una generica difesa dei vecchi ideali ghibellini, egli giunse alla radicale affermazione della completa indipendenza del potere laico da quello ecclesiastico (Dialogus inter magistrum et discipulum de imperatorum et pontificum potestate; Allegationes de potestate imperiali; Octo quaestiones super dignitate et potestate papali). Volendo disciplinare il suo metodo di ricerca filosofica, Guglielmo di Occam si attiene al principio: Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem, noto come il “rasoio di Occam”, perché penetra con impietosa sicurezza nella selva disordinata delle troppe metafisiche scolastiche e taglia inesorabilmente enti e concetti superflui, obbedendo a un criterio di “economicità” di sapore tutto moderno; molto dibattuta era allora, tra averroisti e tomisti, la controversia sull'intelletto. Per gli uni era personale, per gli altri impersonale. Se personale, doveva essere identificato con il Verbo di Dio, o concepibile come un quid intermedio tra il Verbo divino e l'intelletto concreto degli uomini? Guglielmo di Occam non si lascia prendere dalla questione, ma pone una semplice domanda: “è necessaria la distinzione fra intelletto agente e intelletto possibile? Non ha solo un valore mentale?”. Nella sua risposta egli nega il valore di questa distinzione e giunge all'affermazione dell'unità dell'anima con il suo atto conoscitivo. La stessa domanda pone agli aristotelici, che proclamavano necessario l'intervento di categorie e di principi universali nell'atto conoscitivo: “è necessario de facto o solo a parole?”.

Empirismo e nominalismo

La sua risposta sulla questione dell'intelletto rivela il carattere empiristico e nominalistico della sua filosofia: unica fonte di conoscenza è l'intuizione sensibile, che ci presenta oggetti individuali e ci porta a un giudizio effettivo sulla loro esistenza; ogni altra forma di conoscenza deriva da essa. Continuando in questo rigoroso empirismo, Guglielmo di Occam nega ogni realtà effettiva agli universali: l'intuizione coglie solo gli individui e questi non posseggono nessuna natura universale. Infatti, se essa esistesse nell'individuo, o sarebbe parte di lui stesso, e allora non sarebbe più universale ma individuale, oppure non farebbe parte dell'individuo e allora significherebbe che questi può sussistere senza di essa. Guglielmo di Occam conclude che i cosiddetti universali sono soltanto “nomi” con cui si etichettano gruppi d'intuizioni particolari. Essi però rimangono all'esterno degli oggetti e non ne rappresentano l'intima costituzione. Con questo nominalismoGuglielmo di Occam si opponeva tanto alla teoria dell'astrazione della scuola tomistica quanto alle “nature comuni” di Duns Scoto, ma soprattutto evidenziava l'unicità dell'intelletto, in quanto unico è il complesso delle operazioni conoscitive: memoria e conoscenza concettuale non escono dall'ambito dell'intuizione empirica, quindi si deve ammettere l'anima individuale, sede dell'intuizione. A questo punto il “rasoio di Occam” recide il ramo secco dell'intelletto agente e continua la sua opera amputando anche la species come inutile intermediaria fra l'oggetto e i sensi. Sulla stessa linea Guglielmo di Occam critica i concetti di sostanza e di causa: la nostra conoscenza degli oggetti si esaurisce nella chiarificazione delle loro qualità; la sostanza sarebbe solo un ente negativo, una non-qualità e quindi inutile agli effetti della conoscenza; l'esperienza inoltre ci fa conoscere solo la diversità fra i vari oggetti e le leggi che regolano il succedersi dei diversi fenomeni, ma dentro di essi non si scorge nessun nesso causale e perciò questo rimane un postulato senza giustificazione.

Il problema di Dio

Sgombrato il terreno di tutti gli elementi inutili, Guglielmo di Occam affronta il problema di Dio: suoi attributi essenziali sono l'assoluta onniscienza e libertà e queste lo guidano nella creazione degli individui, senza idee universali precostituite, ma solo ispirato dall'amore. La conoscenza che noi abbiamo di Dio non è diretta e per avvicinarsi a lui serve la fede e non la ragione. Perciò tra fede e ragione non esiste legame alcuno e ciascuna di esse opera nella più assoluta autonomia: la prima spazia nel soprasensibile entro i limiti del dogma; la seconda si muove nel campo dell'esperienza. Da questo rigoroso empirismo ne usciva una frattura netta dell'unità medievale tra fede e ragione, il rigetto delle teorie fisiche di Aristotele (unicità del mondo, sua finitezza, ecc.), il ritorno a una fisica democritea, che escludeva, per esempio, la ricerca delle cause finali e negava la differenza tra materia dei corpi celesti e quella dei corpi sublunari. In particolare egli accetta la teoria dell'impetus (non è l'aria a muovere il proiettile, ma la forza che gli è stata impressa) e quella dell'intensio et remissio formarum, che egli cerca di far rientrare in un campo sperimentale. Inoltre concepisce lo spazio come non diverso dal corpo. Tra le opere filosofiche e teologiche si ricorda: Super quattuor libros Sententiarum; Centiloquium theologicum; Tractatus de praedestinatione et prescientia Dei; Summa totius logicae; Summulae in libros physicorum; Expositio super physicam Aristotelis.

C. Giacon, Guglielmo d'Occam. Saggio storico-critico sulla forma e sulla decadenza della Scolastica, Milano, 1941; Th. de Andres, El nominalismo de Guillermo d'Occam, Madrid, 1969; S. G. Gauthier, La déduction transcendetale dans l'œuvre de Guillaum d'Occam, Parigi, 1978.

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