Palmerston, Henry John Temple, 3º viscónte

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uomo politico inglese (Broadlands, Hampshire, 1784-Brocket Hall, Hertfordshire, 1865). Di famiglia ricca e influente, trascorse gran parte dell'infanzia in Francia e in Italia; studiò ad Harrow, all'Università di Edimburgo e al St. Jones' College di Cambridge. Nel 1807 fu eletto lord dell'Ammiragliato e deputato tory per il collegio di Newton; nel 1809, rifiutando la carica di cancelliere dello Scacchiere, divenne ministro della Guerra, posto che occupò fino al 1828, incaricandosi della riorganizzazione dell'esercito. Nel frattempo, si staccava sempre più dall'intransigente conservatorismo dei tories. Discepolo di Canning, di cui condivideva le idee liberali e l'avversione per i governi assoluti d'Europa, si avvicinò ai whigs, senza tuttavia aderire mai al loro partito. Nel 1830 entrò nel gabinetto liberale Grey, in qualità di ministro degli Esteri, e vi rimase fino al 1841. Cominciò allora la prestigiosa carriera di Palmerston, che guidò per circa trent'anni la politica estera britannica, esercitando la sua influenza in tutto il mondo. Durante questo primo mandato agli Esteri, egli appoggiò la rivoluzione del Belgio e ne fece riconoscere l'indipendenza; nel 1834 concluse la quadruplice alleanza (Gran Bretagna, Francia, Spagna e Portogallo), in difesa delle monarchie costituzionali di Spagna e Portogallo. Durante la guerra d'indipendenza greca l'Inghilterra aveva parteggiato per gli insorti e la sua flotta aveva distrutto quella egiziana al servizio dei Turchi a Navarino (1827), ma quando il chedivè (khedīw) d'Egitto, Muḥammad ʽAlī, appoggiato dalla Francia attaccò la Turchia, Palmerston si schierò con la Russia, l'Austria e la Prussia a favore del sultano e con un colpo maestro non solo sconfisse diplomaticamente la Francia, che fu costretta ad abbandonare l'Egitto al suo destino (1840), ma riuscì a far saltare il trattato russo-turco di Unkiar-Skielessi del 1833 e a sottoporre gli stretti anziché al solo controllo russo, a quello dell'intero concerto europeo (1841). Anche la I guerra contro la Cina (1839-42) terminò con un trionfo di Palmerston: Hong Kong fu ceduta agli Inglesi e cinque porti cinesi furono aperti al commercio estero (Trattato di Nanchino, 1842). Dal 1841 al 1846, poiché al potere vi erano i tories rimase fuori dal governo, prese parte in Parlamento alla lotta contro il premierPeel, e nel 1844 fece un viaggio in Belgio e in Germania. Nel luglio del 1846, tornati al potere i whigs, fu nominato nuovamente ministro degli Esteri nel gabinetto Russell, nonostante l'ostilità della regina e di molti colleghi. Si adoperò invano per impedire i cosiddetti matrimoni spagnoli, combinati da Luigi Filippo tra la regina di Spagna e sua sorella con due principi borbonici, uno dei quali figlio del re francese, il che determinò la rottura della prima Intesa Cordiale. Quando, nel 1848, l'Europa fu scossa dalla rivoluzione, l'aperta simpatia di Palmerston andò agli insorti: appoggiò la causa dei Siciliani, permettendo addirittura che l'Inghilterra mandasse armi agli insorti; mantenne relazioni diplomatiche con la Repubblica francese; sostenne il Piemonte e l'Ungheria contro l'Austria, a dispetto della corte. Tuttavia, pur essendo favorevole all'indipendenza italiana, egli non voleva che l'Austria, indispensabile per l'equilibrio europeo, uscisse troppo indebolita dal conflitto, quindi il suo appoggio all'Italia fu più morale che sostanziale. Ma il suo atteggiamento suscitava i sospetti delle potenze europee e l'indignazione della regina e di molti ministri inglesi, sia per la posizione ambigua in cui poneva la Gran Bretagna di fronte alle altre corti, sia perché spesso egli agiva di sua iniziativa, senza consultare né la corona né i colleghi. Su questo clima di malcontento s'inserì il caso di don Pacifico, in cui Palmerston minacciò di bombardare il Pireo se il governo greco non avesse pagato un indennizzo a un cittadino naturalizzato britannico, suscitando le clamorose proteste della Russia e della Francia e l'indignazione di gran parte dell'opinione pubblica inglese. La Camera dei Lord condannò la sua politica, ma egli riuscì, con una memorabile arringa in cui paragonò il cittadino britannico al cives romanus, a ottenere il consenso dei Comuni. Quando, contro la decisione del gabinetto, approvò pubblicamente il colpo di Stato di Luigi Napoleone Bonaparte (1851), suscitò tale reazione nella regina e nel premier lord John Russell che fu costretto a dimettersi, ma il suo allontanamento trascinò con sé, due mesi dopo, la caduta dell'intero governo. Nel 1853 entrò nel gabinetto Aberdeen come ministro degli Interni; dal 1855 al 1858 fu primo ministro, e una serie di avvenimenti favorevoli, tra cui la morte del suo principale antagonista, lo zar Nicola I (1855) contrassegnò il suo mandato; la vittoria nella guerra di Crimea (Congresso di Parigi, 1856) accrebbe la sua popolarità. Nel 1858, dopo l'attentato di F. Orsini contro Napoleone III, tentò di far varare leggi severe contro gli esuli politici, ma questa limitazione del diritto d'asilo, caro al cuore di ogni inglese, portò alla caduta del suo ministero; ma per poco, alle soglie dell'estate del 1859 Palmerston ritornò infatti al potere come premier, con Russell agli Esteri, e insieme riuscirono a far convergere verso l'Inghilterra le simpatie degli Italiani inizialmente rivolte verso la Francia, sia ostacolando, invano, la cessione di Nizza e della Savoia, sia appoggiando diplomaticamente la spedizione dei Mille. Divenuto sospettoso di Napoleone III per le annessioni sopra menzionate, Palmerston contrastò nel 1863 il progetto francese di convocare un congresso europeo per risolvere la questione della Polonia, nuovamente insorta contro i Russi, ciò che portò a un notevole raffreddamento tra Londra e Parigi e a uno scacco per l'imperatore francese, e tale rottura rese vano nel 1864 il tentativo inglese di impedire l'invasione della Danimarca da parte della Prussia e dell'Austria. Nonostante questo tramonto inglorioso Palmerston morendo lasciò giustamente grande fama di sé come abile ministro degli Esteri e i suoi resti furono sepolti nell'abbazia di Westminster.

D. Southgate, “The Most English Minister...”. The Policies and Politics of Palmerston, Londra-Melbourne-New York, 1966; J. J. Cooper, Palmerston and His Politic, Londra, 1983.

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