Lessico

sf. [sec. XIII; latino natūra, da nasci, nascere].

1) L'universo considerato nella sua forma, nella totalità dei fenomeni e delle forze che in esso si manifestano; l'insieme degli esseri in quanto governati da un principio informatore: i segreti, i misteri, le forze della natura; i tre regni della natura, animale, vegetale e minerale; per estensione: natura morta, rappresentazione artistica di oggetti inanimati.

2) Con accezioni più specifiche: A) forza operante nell'universo; l'insieme delle leggi che governano tutti gli enti naturali: vivere secondo natura; come vuole madre natura; in natura, nell'ordine naturale; diritto di natura, naturale; contro natura, contro le norme che regolano abitualmente il comportamento degli esseri viventi, riferito specialmente alle perversioni sessuali. B) La realtà fenomenica considerata idealmente nel suo stato originario, anteriore all'avvento della civiltà (stato di natura); quindi, il paesaggio non alterato dall'opera dell'uomo: vivere a contatto della natura; ricrearsi, ispirarsi alla natura. Anche la condizione delle materie prime non ancora sottoposte all'elaborazione dell'uomo: sostanze allo stato di natura. Per estensione: in natura, per indicare operazioni finanziarie realizzate mediante beni o servizi anziché in danaro: pagare in natura. In economia politica, l'insieme delle risorse e degli agenti naturali (suolo, minerali, clima, temperatura, umidità, forze idrauliche, ecc.) in quanto fattori di produzione.

3) L'insieme dei caratteri tipici di una specie naturale o di un individuo, che si considerano innati e permanenti; in particolare, carattere dell'uomo, indole: l'intima natura degli uomini; ognuno di noi è condizionato dalla propria natura; è onesto di natura; un ragazzo ribelle per natura; un dono di natura, una qualità congenita, non acquisita con l'educazione o con l'esercizio; dipingere è per lui una seconda natura, gli riesce benissimo, senza sforzo. Per metonimia, la persona dotata di un certo carattere: è una natura volitiva.

4) Per estensione, insieme di qualità che costituiscono la vera essenza di una cosa; carattere specifico: la natura dell'oro, del ferro, delle foglie; la natura dell'istituzione è giuridica.

Filosofia: la natura come sostanza e principio del movimento

A definire l'essenza della n. concorrono nell'indagine filosofica diversi elementi, che si riconducono a quattro principali: la n. come sostanza e principio del movimento; come causa e ordine necessario; come dato esterno in contrapposizione a quello interno della coscienza; come “campo”. Sostanza della natura fu per i presocratici la materia dotata di movimento, identificata da Talete nell'acqua, da Anassimene nell'aria, da Anassimandro nell'indeterminato (ápeiron), il principio oltre il quale non si può risalire; fissata da Parmenide nell'essere, che è “uno e tutto”; vista invece da Eraclito come “divenire” e da Empedocle individuata nelle forze dell'amore e dell'odio, che mescolano all'infinito le quattro radici dell'essere: acqua, aria, terra, fuoco. Gli atomisti (Leucippo, Democrito) trovarono la radice degli esseri negli atomi, che nel loro movimento s'incontrano dando origine ai vari esseri. Accogliendo gli elementi principali di questa iniziale ricerca, Aristotele definì la natura “sostanza delle cose, che hanno il principio del movimento in se stesse”. Dove il concetto di sostanza si unisce a quello di causa e darà luogo a una distinzione fondamentale: natura naturans o causa produttrice di tutte le cose; natura naturata o totalità di tutte le cose prodotte. La distinzione è già in Scoto Eriugena; in Averroè sarà corredata della terminologia adatta e introdotta nella Scolastica, dove sarà largamente usata; nel Rinascimento tale suddivisione perde la linearità dei suoi confini per fondersi o confondersi: B. Spinoza infatti identifica la natura con Dio; N. Cusano la chiama “spirito diffuso per l'universo”, G. Bruno la definisce “Dio stesso o virtù divina manifesta nelle cose”. Il concetto si ritrova nuovamente nel Settecento in C. Wolff e in A. G. Baumgarten e riappare in J. J. Rousseau come istinto che dirige l'agire dell'uomo.

Filosofia: la natura come causa e ordine necessario

Intesero la natura come ordine e necessità gli stoici e la definirono “disposizione che porta a compimento le cose e tutte le tiene assieme”. Ne derivò il concetto di legge naturale (che troverà ampia trattazione fino al sec. XIX): Diogene affermava che questa legge opera negli animali come istinto e nell'uomo come ragione. La necessità di questo ordine cosmico fu celebrata da P. Pomponazzi nel Rinascimento e costituì la base della prima ricerca scientifica in Leonardo, Copernico, Keplero e Galileo. Su questa linea si trovano anche Newton e Kant. Questi definì la natura una connessione dei fenomeni al fine della loro esistenza secondo leggi necessarie a priori, che rendono possibile la natura; a posteriori le stesse leggi sono scoperte attraverso l'esperienza. La dottrina kantiana sulla natura ha trovato concordi molti filosofi moderni e contemporanei: per esempio Whitehead definisce la natura “un complesso di enti in relazione” e compito della filosofia naturale “lo studio della connessione tra i vari elementi della natura”.

Filosofia: la natura come manifestazione dello spirito

Alla visione della natura come manifestazione dello spirito accede Platone, che la relega però alla funzione di mero riflesso del mondo delle idee e tra i due mondi crea un dualismo, dove non è risparmiato il disprezzo per quello empirico. Plotino vede nella natura gli ultimi riflessi della ragione e ne fa l'ultimo confine del mondo intelligibile e quindi della realtà; essa si manifesta in tutto ciò che di degradato e diminuito ha l'esteriorità nei confronti della coscienza interna. Tale concetto fu condiviso da tutte le metafisiche spiritualistiche, ma soprattutto fu ampiamente sfruttato dal romanticismo: Hegel la definì “idea nella forma dell'essere altro”, cioè idea esteriorizzata; mancando del concetto di se stessa, la natura è “peggiore del male”, perché “preda di una sfrenata accidentalità”. Pari disprezzo per la natura manifestò Fichte riducendola a mero strumento con cui l'Io assoluto realizza se stesso. Dove il disprezzo per la natura proviene dal considerarla come qualcosa che si contrappone allo spirito e quindi solo esteriorità, meccanismo e accidentalità. Schelling invece considera la natura come manifestazione dello spirito; ne possiede quindi i caratteri essenziali edè manifestazione dell'Assoluto. Lo spiritualismo francese del sec. XIX insiste nel considerare la natura come “una degradazione dello spirito” e su questa linea sono pure Bergson (“regressione dell'extraspaziale degradantesi in spazialità”) e G. Gentile (“passato dello spirito”).

Filosofia: la natura come "campo"

Fra i contemporanei, volti alla rivalutazione della natura attraverso la ricerca scientifica e l'elaborazione di una metodologia a essa confacente, la natura è intesa come il “campo” su cui s'incontrano le “tecniche percettive e di osservazione dell'uomo”: il vedere e il sentire sono propri dell'arte; l'osservazione della scienza naturale. In questo modo il concetto di natura evita di essere identificato con un principio, non cerca connessioni con la metafisica né è costretto entro un sistema determinato, ma si colloca nei vari momenti del progresso umano come campo a cui l'uomo si riferisce con le tecniche percettive e di osservazione, che in quel momento possiede. Una definizione di natura libera cioè da ogni dogmatica, ma funzionale agli effetti di una metodologia al grado di sviluppo attuale a cui è giunta. Il concetto di campo ha assunto grande importanza nella fisica e significativa è a questo proposito l'opera New Physics di D'Abrio; nella psicologia della forma, come risulta dallo studio di Katz, Gestaltpsychologie. Opera di orientamento generale è invece quella di K. Lewin, Principles of Topological Psychology.

Bibliografia

P. Weiis, Nature and Man, New York, 1947; J. E. Woobridge, Saggio sulla Natura, Milano, 1956; F. J. Collingwood, Philosophy of Nature, Englewood Cliffs, 1961; M. Artigas, J. J. Sanguinetti, Filosofia della natura, Firenze, 1989.

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