Lessico

sf. [sec. XIII; latino pellis].

1) Membrana flessibile, elastica e resistente che riveste il corpo dell'uomo e di altri animali; epidermide, cute: pelle liscia, rugosa; pelle chiara. Nelle loc. fig. ed estens.: fare la pelle lustra, ingrassare; essere pelle e ossa, essere molto magro; non stare più nella pelle, essere pieno di gioia o non saper trattenere la propria impazienza; avere la pelle d'oca, accapponata per il freddo o la paura; avere la pelle dura, essere resistente alle fatiche, alle situazioni avverse; levar la pelle a uno, scorticarlo, anche avvilirlo con critiche sferzanti; a fior di pelle; tra pelle e pelle, in superficie; ferita a fior di pelle; avere i nervi a fior di pelle, essere in stato di grande tensione nervosa.

2) Fig. familiare, vita: salvare la pelle; rimetterci la pelle; far la pelle a uno, ammazzarlo; portare a casa la pelle, uscire vivo da una situazione molto pericolosa; rischiare la pelle, mettersi in una situazione di grave pericolo; vendere cara la pelle, difendersi con tutti i mezzi; amici per la pelle, per la vita, inseparabili.

3) Pelle di animale macellato e scuoiato, per lo più opportunamente conciata; si divide in pelle da cuoio e in pelle da pelliccia:pelle di capretto, di daino; commerciante di pelli.

4) Per estensione, strato superficiale che riveste qualche cosa; corteccia, buccia: la pelle delle patate; la pelle dell'uovo, la membrana che aderisce internamente al guscio. In metallurgia, pelle decarburata, detta anche pelle dolce (UNI 6047) o pelle ferritica, sottile strato superficiale decarburato costituente un possibile difetto di semilavorati o pezzi di acciaio. Tale decarburazione superficiale deriva da riscaldamento del materiale nell'atmosfera ossidante del forno di trattamento termico ed è facilmente presente nel metallo quando si forma, sopra di esso, uno strato di ossidi (scaglia). La struttura dello strato decarburato è ferritica (pelle ferritica) o ferritico-perlitica (anello perlitico) e si presenta all'osservazione microscopica della sezione, dopo attacco con Nital, come una banda delineata a elevato potere riflettente.

5) In elettrotecnica, effetto pelle, sinonimo di effetto pellicolare.

6) Pelle d'uovo, tessuto di cotone, finissimo, adatto alla confezione di biancheria da casa e personale.

Tecnica: la separazione dall'animale

La pelle può essere separata facilmente dall'animale costituendo la “spoglia” o “pelle fresca”, materia prima del conciatore. Per essere utilizzata, la pelle viene privata sia dell'epidermide, con tutti i peli (non lo si fa nel caso della produzione di pellicce, cioè con le pelli pregiate), sia del tessuto connettivo adiposo, in quanto la parte utile per la conciatura è il derma che rappresenta l'85% dello spessore totale della pelle. La pelle priva di epidermide e tessuto adiposo è pronta per la concia (pelle in trippa); il lato che si trovava verso l'interno viene allora denominato lato carne, mentre quello formato dallo strato papillare del derma è detto lato fiore. La pelle animale grezza contiene il 60-65% ca. di acqua, il 33% ca. di sostanze albuminoidi, lo.0,5% ca. di sostanze minerali e il 2% ca. di sostanze grasse. Queste ultime possono salire al 10-20% nelle pelli di natura particolarmente grassa, quali le pelli di montone, ecc.

Tecnica: la concia

Tutte le pelli possono essere conciate; quelle bovine sono le più diffuse solo perché il patrimonio zootecnico mondiale di animali bovini è il più consistente. Seguono, per importanza, dal punto di vista conciario, le pelli caprine e ovine, le pelli equine e suine, di bufalo, di rettili, ecc. Le pelli si ottengono per scuoiatura, che può essere effettuata manualmente oppure meccanicamente, e può dare origine, se eseguita in modo inadeguato, a molti difetti che possono pregiudicare l'utilizzazione della pelle; la scuoiatura meccanica è quella che offre le maggiori garanzie di buona riuscita, ed è pertanto da preferirsi. Le pelli grezze, se lasciate a sé, cominciano immediatamente a subire l'influenza dei batteri della putrefazione che causano gravi danni sino a condurre, in breve tempo, alla distruzione totale della pelle, specialmente se questa si trova in particolari condizioni di temperatura e umidità. Pertanto tutte le pelli, appena scuoiate, devono essere trattate in modo da poterle conservare inalterate fino a che non verranno sottoposte ai trattamenti di concia. I principali metodi di conservazione sono: per salatura, per essiccamento, per salatura e successivo essiccamento (pelli salate secche), per piclaggio. Le pelli conciate per salatura vanno mantenute a temperatura fra 6-8 ºC; quelle essiccate devono essere tenute in locali molto asciutti e ben aerati. La conservazione per essiccamento viene realizzata tendendo su appositi telai le pelli, oppure sospendendole su bastoni. Telai o bastoni con relative pelli vengono esposti all'aria calda ma protetti dai raggi del sole. È un metodo di conservazione seguito soprattutto nei Paesi caldi (Africa, India, ecc.). Le pelli grezze, con l'essiccamento, perdono fino al 50-60% del loro peso e restano con un tenore di umidità del 10-15%. Anche il loro spessore diminuisce considerevolmente e così pure la loro superficie. Spesso le pelli grezze vengono salate e poi essiccate, oppure trattate con soluzioni di sali di arsenico e poi essiccate (pelli arsenicate). Le pelli ovine e caprine vengono spesso lavorate fino alla depilazione e al calcinaio; dopo decalcinazione esse vengono piclate, cioè trattate con il 12-15% di cloruro di sodio e con l'1,5-2% di acido solforico, riferiti al peso delle pelli in trippa. Le pelli grezze possono presentare delle imperfezioni che vengono classificate a seconda se i difetti sono preesistenti sull'animale in vita (stercature e orinature, marchi a fuoco, lesioni da pungolo, spinature, difetti da malattie quali: ipodermosi bovina, rogna, zecche, pediculosi); se sono dovuti alla macellazione e alla scuoiatura (pelli asimmetriche e sformate, tagli, buchi, ecc.); se determinati da cattiva conservazione (riscaldo, parassiti vari, ecc.).

Classificazione

Le pelli si distinguono in pelli di macello nazionale, pelli di provenienza europea e pelli di provenienza esotica. Ogni nazione ha consuetudini particolari per classificare e commerciare le pelli grezze. In Italia le pelli bovine vengono conservate salate fresche e classificate secondo il loro peso in: vitello (fra 3 e 12 kg); vitellone (fra 12 e 26 kg); vacca (fino a 30 kg e da 30-40 kg); bovetto, scottone, civetto (fino a 30 kg e da 30-40 kg); toro e bue (superiore a 40 kg). Se le pelli grezze presentano dei difetti non viene diminuito il loro prezzo, ma vengono praticate delle tare, diverse secondo l'entità del difetto, sul peso delle pelli. Oltre che per il peso le pelli si distinguono anche per la razza dell'animale cui appartenevano. Così la pelle di un vitello di razza frisona olandese, cioè a manto pezzato bianco e nero, è meno pregiata di quella di un vitello di razza valdostana, a manto pezzato bianco e rosso poiché, a parità di peso, la pelle è molto più sottile e meno consistente di questa. Le pelli di capra e capretto e le pelli ovine vengono per lo più conservate secche. Vengono classificate per taglia e per scelta e commerciate a peso per dozzina o per cento pelli. Da taluni Paesi (India, Pakistan, Iran, ecc.) le pelli ovi-caprine vengono commerciate non solo conservate secche o piclate, ma più spesso semilavorate. In questi casi esse arrivano semiconciate con sali di cromo, allo stato umido, e sono dette wet-blue; oppure arrivano conciate al tannino, asciutte, e sono dette madras. Queste ultime sono particolarmente adatte per confezioni di abbigliamento, naturalmente dopo averle opportunamente riconciate, tinte e rifinite. Le pelli leggere vengono lavorate intere, mentre quelle pesanti vengono spesso suddivise in varie parti all'atto della lavorazione. Ciò è necessario sia per renderle più facilmente maneggiabili, sia per poter conciare insieme parti aventi la medesima struttura dermica. Le pelli di vitello di peso superiore ai 7-8 kg e le pelli di vitellone possono essere suddivise ciascuna in due “mezzine” (o “schiappe”) per sezionatura lungo la linea dorsale. Un'altra possibilità di suddivisione è quella che prevede l'ottenimento da ciascuna pelle bovina pesante, per esempio di vacca, di un groppone, una spalla e due fianchi. In tal caso, generalmente, il groppone viene conciato al tannino per ottenere cuoio da suola, mentre spalla e fianchi vengono conciati al cromo per tomaia o pelletteria. Le pelli conciate vengono chiamate cuoio, se spesse e pesanti, pellami, se leggere. I cuoi vengono commerciati a peso; i pellami a misura di superficie e più precisamentein piedi quadrati inglesi (1 piede quadrato inglese corrisponde a 0,929 cm²). Le pelli suine provengono soprattutto da Polonia, Ungheria, Cina e Giappone; vengono conservate salate fresche. In queste pelli le radici del pelo attraversano tutto lo spessore della pelle per cui assumono un particolare aspetto: appartengono a questa categoria anche le pelli di pecari, molto usate per pellami da guanteria. Le pelli di rettili (coccodrilli, lucertole, serpenti e ventri di tartaruga) provengono dai Paesi equatoriali e vengono conservate sia per salatura sia per essiccamento. Talvolta sono vendute preconciate e sono valutate secondo la conformazione delle scaglie, la larghezza e la lunghezza. Vengono inoltre conciate pelli di camoscio, antilope, canguro e di altri animali più rari. Anche le pelli di alcune specie di pescecane vengono conciate. Per l'industria della pellicceria vengono conciate poi tutta una serie di pelli a pelo pregiato che vanno dall'agnello fino al visone e allo zibellino. § La finta pelle è un surrogato e sostituto dei pellami detto anche similpelle. I primi surrogati del cuoio, detti anche cuoi rigenerati, erano ottenuti per agglomerazione, con dispersioni di resine sintetiche, della borraschiatura o rasatura delle pelli conciate. Le finte pelli odierne sono composte da diversi strati: uno strato di sostegno in tessuto, uno strato reticolare e un rivestimento microporoso, il tutto impregnato e fissato con resine sintetiche. Talune finte pelli sono costituite da strati vari di prodotti sintetici, ma senza tessuti; altre da strati di fibra di nylon inglobata in spuma di poliuretano. Le finte pelli, pur avendo per certe applicazioni determinati vantaggi, hanno una struttura nettamente diversa dal cuoio e quindi non lo possono sostituire nei suoi usi fondamentali (per esempio suole e tomaie): il cuoio possiede fibre che s'intrecciano in ogni direzione, e quindi una naturale resistenza strutturale; le finte pelli sono composte a strati, ciascuno dei quali ha fibre sottili e corte, mantenute coerenti per mezzo di leganti, struttura che risulta meno favorevole.

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