Lessico

sf. [sec. XIV; dal provenzale preguiera, che risale al latino volg. precaria, f. sostantivato di precaríus, “ottenuto con preghiere”].

1) L'atto di pregare; manifestazione della vita religiosa: rivolgere una preghiera alla Vergine. In particolare, formula liturgica che si recita per pregare: libro di preghiere; dire, recitare le preghiere. §Nell'Islam, tappeto da preghiera, tipo di tappeto usato per impedire all'orante di toccare la sudicia terra, con il corpo appena purificato.

2) Richiesta umile, domanda tendente a ottenere qualche cosa: rivolgere una preghiera al direttore; in preghiera di, a richiesta, a istanza di. Per estensione, invito insistente; desiderio: dopo molte preghiere abbiamo dovuto accettare; con preghiere di, formula con cui si invita, garbatamente ma con fermezza, a fare o non fare qualche cosa: con preghiera di rispondere a stretto giro di posta.

Religioni: generalità

La preghiera è un rito orale che stabilisce con l'ente extraumano destinatario un rapporto del tipo “comunicazione verbale”, ossia quel tipo di rapporto che, nella vita quotidiana a livello delle relazioni umane, lega colui che parla a colui che ascolta, a prescindere dall'occasione o dall'esigenza di parlare dell'uno e dalla disposizione ad ascoltare dell'altro (sulla particolarità di questo rapporto, rispetto ad altri rapporti stabiliti dal culto, vedi rito). Nel caso della preghiera, le occasioni e le esigenze connesse con il rito sono illimitate e la disposizione ad ascoltare dell'ente extraumano destinatario è data per scontata: ecco perché per una definizione astratta del rito basta porre l'attenzione al “rapporto” che la preghiera stabilisce, e riconoscerne la natura nella comunicazione verbale, anziché nei contenuti della comunicazione stessa. È, d'altra parte, evidente che nelle religioni concrete siano istituzionalizzati, e quindi limitati, anche i modi (o i contenuti) e le occasioni del pregare, così come sono istituzionalizzate le entità extraumane a cui si rivolgono preghiere, il che è appunto ciò che le fa “disposte ad ascoltare” per definizione. I contenuti, in questi limiti, rispondono sempre a un'“interpretazione” che è esplicita nella preghiera detta impetrativa, e implicita in altre forme, come la preghiera di ringraziamento o la preghiera-inno. Nella preghiera di ringraziamento c'è il riferimento a un'“impetrazione” esaudita. Nella preghiera-inno ci sono le premesse generiche per un'“impetrazione” da formulare a parte. La funzione della preghiera-inno è quella di evocare la divinità, quando si vuole che essa intervenga; e l'evocazione consiste nella definizione verbale della divinità in questione, mediante le sue lodi, la recitazione delle sue qualità (per lo più sotto forma di epiteti) e dei miti che rivelano o “fondano” i suoi modi di essere e di agire. In altri termini, è proprio la preghiera-inno che “istituzionalizza” la “disposizione ad ascoltare” dell'ente a cui ci si rivolge con la preghiera. In alcune religioni è istituzionalizzata anche una preghiera sotto forma di minaccia: è sempre una preghiera impetrativa, soltanto che raggiunge il suo scopo minacciando e anche insultando il destinatario, anziché cercando di accattivarselo. Ancora una volta è il “rapporto verbale” a contare, cioè la sua coazione, più che il contenuto del messaggio. La preghiera, essendo un rito, deve comporsi di alcuni elementi fissi, e questi elementi, poiché è un rito verbale, debbono essere parole (che tengono il posto dei gesti in un rito gestuale). Così abbiamo preghiere che hanno tutte le parole fissate in una formula (dette a formula fissa), e altre in cui di fisso non c'è che il nome dell'ente pregato (dette preghiere spontanee). Ci sono naturalmente vie di mezzo e inoltre possono esserci dei gesti fissi che bastano a dare il valore di rito a preghiere formulate con parole spontanee. Presso gli Ebrei la preghiera significava un “presentarsi al cospetto di Dio”; i profeti insistettero sul suo carattere interiore e questo aspetto fu solennemente ribadito dall'insegnamento del Cristo, che invitò i suoi seguaci a pregare “in spirito e verità” (Vangelo di Giovanni 4,23).

Religioni: cristianesimo

Sin dall'inizio del cristianesimo la preghiera acquistò una dimensione comunitaria e cultuale nella liturgia. Il monachesimo antico sviluppò la preghiera mentale (meditazione) e vocale, quest'ultima costituita dalla verbalizzazione di sentimenti, in cui aveva un posto preminente la preghiera delle Ore (Breviario). Dal sec. XI la preghiera privata, promossa dagli Ordini contemplativi e poi da quelli Mendicanti, conobbe una pratica molto più intensa; con il sec. XIV essa si diffuse anche nel mondo dei laici assumendo forme popolari quali le litanie, il rosario, le giaculatorie, ecc. Fra il sec. XII e il XV anche la preghiera contemplativa acquistò un posto definitivo. Nel sec. XX, contro la tecnicizzazione del mondo moderno, si è cercato di vivificare la preghiera mediante il rinnovamento della vita liturgica e della meditazione, per meglio attingere la conoscenza di Dio, la purezza dell'anima e la consolazione divina. §In particolare, preghiera eucaristica, quella centrale della Messa, detta anche canone, pronunziata solo dal sacerdote. In essa Cristo è esaltato e ringraziato per aver lasciato all'umanità il sacramento del suo corpo e del suo sangue. La Chiesa romana ha avuto dai sec. IV-V fino al 1968 una sola preghiera eucaristica, il Canone romano. Ora ve ne sono quattro. Le liturgie orientali, invece, ne hanno un gran numero. La struttura fondamentale è però sempre la stessa: azione di grazia (Prefazio); invocazione dello Spirito Santo per la consacrazione del pane e del vino; racconto della Cena con le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue”, che rendono presente Cristo e il suo sacrificio nel pane e nel vino; memoria della passione-morte-risurrezione-ascensione del Signore; offerta del sacrificio; intercessione per i vivi e i defunti; dossologia finale. §Preghiera universale, quella pronunciata per tutte le necessità del mondo e della Chiesa, fatta al termine della liturgia della parola della Messa. Già San Paolo esortava i cristiani a pregare nelle loro riunioni per la Santa Chiesa, per i governanti, per coloro che sono in necessità e per la salvezza del mondo. Quattro sono, perciò, le grandi intenzioni sempre presenti nella preghiera universale: per la Chiesa, i governanti, i bisognosi, la comunità locale. Le intenzioni, rispettando quest'ordine, possono essere liberamente proposte anche dai fedeli.

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