méssa1

sf. [sec. XIII; latino tardo missa, dalla formula, con cui si chiudeva la messa, ite, missa est].

1) Sacra riunione del popolo di Dio, sotto la presidenza del sacerdote, per celebrare la Cena del Signore, il memoriale della sua Pasqua (passione-morte-risurrezione): celebrare, ascoltare la messa. In particolare: messa bassa, quella celebrata senza il suono dell'organo e senza il canto di alcune sue parti (Kyrie eleison,Gloria, ecc.); messa alta o solenne, con l'organo e il canto delle parti suddette; messa per i defunti, sia bassa sia solenne, incentrata sul tema della morte cristiana come passaggio alla vita eterna e nella quale sono eliminati il Gloria e il Credo, mentre vi è inserita la bellissima sequenza del Dies irae;messe gregoriane, arricchite di speciali indulgenze e applicate a beneficio delle anime del Purgatorio, sono celebrate per trenta giorni continui; messa pontificale, celebrata da un vescovo o da un prelato con assistenza di ministri; messa papale, celebrata dal papa; messa dei catecumeni, la prima parte della messa fino all'offertorio, a cui anticamente potevano assistere anche i catecumeni; messa prima o novella, la prima messa di un sacerdote appena ordinato; messa al campo, celebrata all'aperto per le truppe.

2) In alcune loc.: dire la messa, celebrarla; togliere la messa, privare un sacerdote del diritto di celebrarla, per motivi disciplinari; cantare la messa, celebrare la messa cantata o parteciparvi in qualità di cantore; servire (la)messa, assistere il celebrante e rispondere alle preghiere; suonare la messa (o a messa), chiamare i fedeli a messa col suono delle campane; perdere la messa, non andarvi o arrivare a sentirla dopo il Vangelo; dire o far dire una messa per un defunto, in suo suffragio; libro o libretto da messa, libro di preghiere e, in particolare, delle preghiere per seguire la messa.

3) Per estensione, composizione musicale comprendente soprattutto le parti cantate della messa.

4) Messa nera, rito che capovolge con lugubri oscenità il significato della messa vera facendone autore e destinatario il diavolo. L'accusa di celebrare messe nere risale al Medioevo ed era addebitata alle streghe e anche a sette eretiche. L'accusa però non è convalidata da documenti probanti. Nel sec. XIX ne fu incolpata la massoneria. Alla base di questo fenomeno esiste una netta antireligiosità, che tuttavia sente ancora la forza magica del rito. Nella credenza popolare, almeno in passato, la messa nera era legata ai famosi sabbat delle streghe, di cui ci offre un quadro grandioso la “Notte di Valpurga” nel Faust di Goethe; sempre nella credenza popolare la messa nera consacrava strega o stregone il peccatore incallito e ancora aveva il potere di far deperire una persona fino a condurla alla morte.

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Cristo, nel corso dell'Ultima Cena, alla vigilia della sua morte, prese il pane, lo spezzò, lo distribuì ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate: Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Lo stesso fece con il calice del vino, dicendo: “Questo è il mio sangue per la nuova ed eterna alleanza in remissione dei peccati”. E aggiunse: “Fate questo in memoria di me”. Celebrando la messa, la Chiesa obbedisce a questo comando del Signore. Nei segni del pane e del vino Cristo ha istituito il sacramento del suo corpo immolato e del suo sangue versato sulla Croce, cioè del suo sacrificio. Così la Chiesa celebra la morte e la risurrezione di Cristo, perché continui la sua donazione agli uomini a sostegno della loro vita spirituale, e per stabilire un'unione sempre più stretta con lui e tra loro, fino a che egli ritorni. Il convito è segno di comunione, di gioia, è anticipazione sulla terra della vita eterna, raffigurata nella Scrittura come un banchetto con Dio. La messa è perciò azione di tutto il popolo di Dio, in cui la comunione si esprime nella gioia e nella fraternità e anche nel rispetto dei compiti che Cristo ha affidato a ciascuno. Al sacerdote spetta dirigere la preghiera, spiegare la parola di Dio applicandola alla vita e, soprattutto, consacrare il pane e il vino, rendendo grazie a Dio per i suoi benefici. E tutti prendono parte attiva con l'ascolto, il canto, le risposte, l'unione dei cuori, la preghiera, l'offerta a Dio della propria vita assieme a quella del corpo e del sangue di Cristo. Così la messa è il culmine di tutta l'attività della Chiesa e dei singoli cristiani, il centro e la causa dell'unità. Derivando dalla Cena del Signore, e rendendola presente nel tempo, la messa, pur nella varietà dei particolari, degli elementi accessori, dei gesti, che variano secondo le epoche e le culture, ha sempre conservato una struttura sostanzialmente identica. Due sono le mense che Dio apre ai fedeli nella messa: la parola e il pane.

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Due sono le parti fondamentali della messa: la liturgia della parola e quella eucaristica. Tutte e due insieme formano un unico atto di culto. La liturgia della parola, nella quale Dio parla e il popolo ascolta e risponde, inizia con un atto di penitenza e con la preghiera che dà il tema del giorno. Le letture della Sacra Scrittura, nelle domeniche e principali feste, sono tre: dall'Antico Testamento, dalle lettere degli Apostoli e dal Vangelo, che ne è il culmine. È così indicato che la storia della salvezza è continua: preparata nell'Antico Testamento e attuata da Cristo (Vangelo), è vissuta nella Chiesa (Lettere degli Apostoli). Dopo la spiegazione od omelia del sacerdote, vi è la professione di fede, come concreta risposta di adesione alla parola ascoltata, e quindi la preghiera universale, cioè per tutte le necessità della Chiesa, del mondo, della società civile e dei suoi governanti, dei bisognosi e della comunità locale. Questa parte si svolge attorno al libro della Sacra Scrittura. Si passa quindi all'altare per la Cena del Signore, che si svolge secondo l'ordine delle azioni compiute da Gesù nell'Ultima Cena: prese il pane e il vino; pronunciò la preghiera di lode-ringraziamento; spezzò il pane; lo diede agli apostoli assieme alla coppa del vino. A queste azioni corrisponde nella messa: la presentazione all'altare del pane e del vino; la preghiera eucaristica di lode-ringraziamento per i benefici di Dio, soprattutto per quello della redenzione di Cristo, con inserito il racconto della Cena e le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”; il Padre nostro e l'azione di spezzare il pane in segno di fraternità fra tutti coloro che partecipano a un unico pane e a un unico calice; la comunione al corpo e al sangue di Cristo. Quindi tutta la messa termina con un canto di lode, la preghiera conclusiva, la benedizione del sacerdote e il congedo dell'assemblea.

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Il Codice di diritto canonico riconosce il potere di celebrare la messa solo ai sacerdoti, fa obbligo agli stessi di celebrarla più volte all'anno e invita i vescovi e i superiori religiosi a vigilare su di essi, affinché la celebrino tutte le domeniche e nelle feste di precetto. Il celebrante deve essere in stato di grazia, digiuno da almeno 3 ore, vestito dei paramenti sacri. I frutti spirituali della messa possono essere applicati a tutti i vivi e a tutti i morti che si trovino in Purgatorio. La materia del sacrificio è il pane e il vino mescolato con acqua in piccolissima quantità. È proibito, anche in caso di estrema necessità, consacrare una delle materie eucaristiche senza l'altra, ovvero consacrarle entrambe al di fuori della celebrazione della messa. La lingua liturgica per la celebrazione della messa, oltre al latino, può essere quella nazionale di ogni Paese. Il sacrificio può essere celebrato tutti i giorni, eccettuati quelli che sono esclusi dal rito particolare del sacerdote; il luogo di celebrazione è la chiesa o un oratorio consacrato o almeno benedetto.

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Da tempo antichissimo e probabilmente sin dalla loro prima apparizione, tutte le parti della messa furono cantate, pur se per lungo tempo le sezioni del proprium ebbero, anche sotto il profilo musicale, maggiore importanza che non quelle dell'ordinarium. A iniziare dal sec. XIII, alla tradizionale intonazione in canto gregoriano si affiancarono interpretazioni polifoniche di isolati brani del proprium e, successivamente, dell'ordinarium, nello stile dell'organum e, in seguito, della clausula e del mottetto. Uno dei primi esempi di messa polifonica completa è la cosiddetta Missa Tournacensis (di Tournai), probabilmente un'antologia di brani dovuti a diversi autori, raccolti intorno al 1300. La prima messa polifonica dovuta a un unico autore è la memorabile Messa di Notre-Dame (ca. 1350) di Guillaume de Machault, composta nello stile del mottetto isoritmico e del conductus. Nella prima metà del sec. XV la messa polifonica divenne il genere più importante e più prestigioso dell'intera letteratura musicale. La sua struttura formale è riportabile ad alcune categorie basilari, il cui elemento di discriminazione è fornito soprattutto dall'uso di materiale melodico preesistente, di carattere sacro o profano. Il tipo più diffuso fu la messa su cantus firmus tratto dal repertorio liturgico (per esempio Missa Pange lingua, basata sulla melodia dell'inno omonimo), o dal repertorio profano (per esempio Missa L'Homme armé), oppure liberamente inventato (per esempio Missa Ut re mi fa sol la, su un soggetto composto dalla successione ascendente delle note dell'esacordo). Il soggetto si presentava, opportunamente variato sotto il profilo ritmico e del trattamento contrappuntistico, all'inizio di ogni sezione (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus-Benedictus, Agnus Dei). Altri tipi furono: la cosiddetta Missa choralis (il cui materiale melodico era ricavato, brano per brano, dalle corrispondenti sezioni di una delle messe in canto gregoriano comprese nel Graduale); la Missa parodia, derivante dalla rielaborazione più o meno radicale di una preesistente composizione polifonica, sacra o profana; la messa, liberamente inventata (rispondente cioè a uno schema strutturale inventato volta per volta dal compositore e, ovviamente, diverso da quelli sopra descritti). Tutti i maggiori compositori del Rinascimento e del primo barocco si cimentarono nella composizione di messe, da Dufay a Ockegem, Obrecht, J. Desprez, Palestrina, T. de Victoria, Monteverdi, Orlando di Lasso, Carissimi, ecc. Dalla prima metà del Seicento, alla messa fu applicato il nuovo stile concertante per voci e strumenti, anche se la tradizionale tecnica polifonica a cappella (il cosiddetto “stile antico” od “osservato”) continuò a essere utilizzato in pratica sino ai nostri giorni. Tra le messe più celebri (non più destinate all'uso liturgico) si annoverano la Messa in si minore di J. S. Bach, numerose messe di Mozart e di Cherubini, la grandiosa Missa solemnis di Beethoven, diverse messe di Schubert, Liszt, Franck, Gounod, Bruckner e, in tempi più recenti, di Satie, Poulenc, Pizzetti, Casella, Malipiero, Stravinskij, ecc. Un tipo particolare di messa è la messa da Requiem (o missa pro defunctis). Tra gli esempi più celebri sono da annoverare le messe di Pierre de La Rue, C. de Morales, Palestrina, Orlando di Lasso, T. de Victoria, quella incompiuta di Mozart (K. 626) e quelle di Cherubini, Bruckner, Verdi, Saint-Saëns, Fauré.

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