Lessico

sf. [sec. XIX; da benzoino, tramite prob. il tedesco Benzin].

1) Combustibile liquido per motori a scoppio, costituito da complesse miscele di idrocarburi contenenti piccole quantità di additivi diversi (antidetonanti, antiossidanti, disincrostanti, ecc.) destinati a migliorarne le proprietà.

2) Fig. scherzosamente, vino, bevanda alcolica; nella loc. fare benzina: fermarsi all'osteria a bere.

Chimica: composizione e caratteristiche

Dal punto di vista della composizione chimica le benzine contengono paraffine, cicloparaffine, nafteni e idrocarburi aromatici, in rapporti quantitativi diversi a seconda della natura del grezzo di partenza e dei metodi di lavorazione applicati. La comune benzina senza piombo per auto ha una densità compresa tra 0,725 e 0,780 g/cm3; le benzine per motori d'aviazione (benzina avio) si distinguono per essere costituite da idrocarburi saturi e per avere un numero di ottano intorno a 100. La benzina deve distillare completamente tra 30 e 225 ºC e avere un punto di infiammabilità Abel non superiore ai 21 ºC. Un requisito fondamentale delle benzine è quello del potere antidetonante, misurato dal numero di ottano. Negli idrocarburi paraffinici il potere antidetonante è tanto più elevato quanto più la loro catena di atomi di carbonio è ramificata: gli idrocarburi cicloparaffinici, e ancor più quelli aromatici, presentano un potere antidetonante maggiore di quello degli idrocarburi paraffinici aventi lo stesso numero di atomi di carbonio e struttura lineare. Per esempio, il numero di ottano della comune benzina senza piombo per auto commercializzata in Italia è pari a 95 (un valore superiore richiederebbe un aumento della percentuale di idrocarburi aromatici, dannosi per la salute e per l'ambiente), inferiore a quello della vecchia benzina super (97) contenente piombotetraetile come antidetonante. Le benzine devono avere inoltre un giusto grado di volatilità, che in pratica si raggiunge quando esse sono costituite principalmente da idrocarburi a numero di atomi di carbonio compreso tra sei e nove: la presenza nelle benzine delle frazioni a basso numero di atomi di carbonio e quindi più volatili facilita l'avviamento del motore specie a freddo.

Chimica: produzione

Già all'inizio del sec. XX le benzine venivano in pratica prodotte esclusivamente dai petroli naturali. Tuttavia, in Germania, prima e soprattutto durante la seconda guerra mondiale, si è sviluppata una imponente produzione di cosiddette benzine sintetiche, ottenute dal carbon fossile: i metodi impiegati furono quello Bergius, per idrogenazione catalitica ad alta temperatura e pressione del carbone polverizzato e disperso in olio pesante, e quello Fischer-Tropsch, nel quale la miscela di ossido di carbonio e idrogeno ottenuta dalla gassificazione del carbone veniva convertita in idrocarburi paraffinici per azione di catalizzatori di cobalto. Al di fuori delle esigenze di un'economia di guerra, la produzione di benzine sintetiche è però risultata poco conveniente ed è stata poi del tutto abbandonata. Il petrolio rappresenta l'unica fonte di benzina. La composizione dei petroli naturali differisce notevolmente da giacimento a giacimento e la tecnologia di produzione delle benzine deve tenerne conto, applicando di volta in volta le condizioni più adatte ai singoli grezzi. Per semplice distillazione (distillazione primaria) i grezzi naturali forniscono una quantità di benzina scarsa, per lo più inferiore al 10% del loro peso, e inoltre con un numero di ottano sempre troppo basso, generalmente inferiore a 30. In effetti le benzine che si trovano normalmente in commercio vengono fornite da una tecnologia essenzialmente chimica, che ha lo scopo di modificare le strutture molecolari dei petroli naturali riducendo il numero di atomi di carbonio degli idrocarburi degli oli medi e pesanti che ne costituiscono la parte più abbondante e trasformando gli idrocarburi a basso potere antidetonante in altri di migliori prestazioni. I principali processi sono il cracking, il reforming, l'isomerizzazione e l'alchilazione. Nel cracking si ottiene un progressivo frazionamento delle molecole degli idrocarburi degli oli pesanti in molecole via via più leggere, fino a quelle degli idrocarburi a due, tre e quattro atomi di carbonio, gassosi a temperatura ambiente; tuttavia, attraverso un'opportuna scelta dei tempi, delle temperature e delle pressioni si riesce a contenere il processo in modo che esso fornisca principalmente benzina e solo modeste quantità di idrocarburi gassosi: contemporaneamente si ha la formazione di quantità rilevanti di idrogeno e anche di carbonio libero. Nel reforming catalitico si opera su frazioni di distillato primario e si trasformano gli idrocarburi naftenici e paraffinici in aromatici attraverso l'azione combinata di temperatura e pressione in presenza di catalizzatori, per esempio platino. Nell'isomerizzazione si opera su pentano ed esano per trasformarli nei rispettivi isomeri ramificati che presentano alto numero di ottano; il prodotto ottenuto è spesso miscelato a quello di reforming. Nell'alchilazione si provoca, mediante catalizzatori quali l'acido fluoridrico liquido, l'acido solforico concentrato o il cloruro di alluminio anidro, la condensazione di idrocarburi paraffinici ed etilenici a tre, quattro e cinque atomi di carbonio e ottenuti per cracking: si ottengono così idrocarburi paraffinici a 7-9 atomi di carbonio e a struttura fortemente ramificata. Altri processi collaterali sono quelli detti di hydrocracking, ossia di cracking catalitico condotto su particolari frazioni operando in presenza di idrogeno sotto pressione, quelli di polimerizzazione delle olefine semplici, ecc. Nelle diverse raffinerie questi processi vengono variamente combinati e le benzine ottenute da ciascuno di essi vengono poi mescolate nei rapporti atti a fornire un prodotto finale con le caratteristiche volute. Una fase importante della tecnologia delle benzine è la loro desolforazione. I petroli naturali contengono in genere quantità considerevoli di zolfo, anche del 3% e oltre, sia sotto forma di zolfo libero che di composti solforati organici. Le benzine devono invece essere praticamente esenti da composti solforati (massima quantità tollerata è lo 0,2%), la cui presenza diminuisce o addirittura annulla l'azione degli additivi antidetonanti e dà luogo a rapide corrosioni nei motori. Una parte dello zolfo viene eliminata nei processi di cracking sotto forma di solfuro di idrogeno (che si recupera poi sotto forma di zolfo libero o di acido solforico) e di mercaptani. In molti casi, in particolare con le benzine di distillazione primaria, si deve però ricorrere a un “addolcimento” delle benzine, ossia a una desolforazione mediante adatti reagenti chimici, come per esempio una soluzione di piombito di sodio nel metodo Doctor.

Ecologia: effetti ambientali

Per poter essere utilizzate come carburante nei motori a combustione interna le benzine vengono addizionate con una serie di sostanze chimiche che hanno il duplice scopo di esaltare le qualità di rendimento e proteggere gli organi del motore da reazioni secondarie nocive. Si utilizzano perciò: additivi antidetonanti che aumentano il numero di ottano; antiossidanti, che servono a impedire la formazione nella benzina stessa di prodotti gommosi derivati dall'ossidazione di taluni idrocarburi a opera dell'ossigeno atmosferico; additivi inibitori (dicloroetano, dibromoetano) che ostacolano la formazione di incrostazioni nelle camere di scoppio; agenti antighiaccio (come piccole quantità di alcol isopropilico) che impediscono la formazione di ghiaccio nel carburatore a causa del raffreddamento provocato dalla evaporazione della benzina; coloranti che servono a indicarne la tossicità (nella benzina senza piombo è contenuto un colorante di colore verde). Tutte queste sostanze tuttavia, sebbene limitate per legge, producono durante la combustione una serie di inquinanti gassosi e particellari, che risultano pericolosi per l'ambiente e tossici o cancerogeni per l'uomo. Per questo motivo, al fine di portare i livelli delle emissioni da autoveicoli a benzina entro valori massimi tollerabili, le legislazioni di vari Paesi, tra cui quelli della Unione Europea, hanno da qualche tempo imposto una drastica riduzione del contenuto di sostanze additive. In particolare, per quanto riguarda gli additivi antidetonanti, sono stati banditi (o, in alcuni Paesi, sono in via di eliminazione) i composti organometallici del piombo (a cominciare dal piombotetraetile, il più efficace e, fino pochi anni fa, il più diffuso), la cui presenza nelle benzine super è stata dapprima ridotta (fino a 0,15 g/l) e poi sostanzialmente vietata nei Paesi della Unione Europea. In Italia, la commercializzazione della benzina super contenente piombo è cessata il 1° gennaio del 2002. Transitoriamente, è stata consentita la vendita di una benzina contenente comunque tenori di piombo significativi, derivanti dalle contaminazioni delle cisterne che hanno ospitato per molti anni il vecchio carburante super. L'uso di tale benzina, comunemente denominata benzinone, non è comunque compatibile con l'impiego delle marmitte catalitiche, che verrebbero danneggiate irreversibilmente dal piombo in essa contenuto. Le esigenze di carattere ambientale hanno portato a promuovere lo sviluppo di benzine dette riformulate, nelle quali la composizione chimica è controllata per limitare le emissioni nocive (oltre che di composti del piombo, di monossido di carbonio, di ossidi di azoto, di benzene e altri idrocarburi aromatici, di composti solforati, ecc.). Ciò ha portato alla produzione e commercializzazione di benzina senza piombo (nei Paesi della Unione Europea il contenuto di piombo ammesso è di 0,005 g/l), detta “verde”, nella quale il numero di ottano viene innalzato con l'aggiunta di antidetonanti alternativi, quali l'MBTE (metil-t-butiletere) e l'ETBE (etil-t-butiletere). L'uso di questi composti ha consentito la riduzione della quantità di idrocarburi aromatici presenti in questo tipo di benzine, con miglioramento dell'impatto sull'inquinamento atmosferico (sempre nei paesi della Unione Europea, una direttiva del 1998 limitava il tenore in benzene all'1% e in aromatici totali al 40% in volume). D'altra parte, anche tali additivi antidetonanti non sono risultati immuni da problemi: in particolare sono stati riscontrati casi di inquinamento di falde acquifere da parte dell'MBTE, il quale si discioglie piuttosto facilmente nell'acqua, deteriorandone l'odore e il sapore tanto da renderla inadatta al consumo umano. La ricerca di nuovi composti dotati di proprietà simili è dunque ancora attiva. La benzina senza piombo opportunamente formulata consente di mantenere un rapporto di compressione ancora sufficientemente alto da non penalizzare il rendimento del veicolo, tanto che buona parte del parco macchine circolante può farne uso senza modifiche (anche se l'assenza del piombo, che svolge una funzione protettiva, può danneggiare le sedi delle valvole della testata del motore nelle auto più vecchie). Tuttavia, al fine di ottimizzare l'impatto ambientale degli scarichi, l'uso della benzina verde deve comunque essere abbinato alla presenza della marmitta catalitica, che cattura e neutralizza fino al 95% delle sostanze contenute nei gas di scarico.

Tossicologia

Le intossicazioni, acute e croniche (benzinismo), derivano dall'inalazione di vapori di benzina, più raramente da ingestione della sostanza. I sintomi dell'intossicazione acuta sono cefalea, nausea, tremore e uno stato di eccitazione sensoriale, che, nei casi gravi, può arrivare a vere e proprie convulsioni e a coma. L'intossicazione cronica è molto rara e non da tutti gli studiosi confermata, mentre deve essere ricordata la tossicomania da vapori di benzina che si osserva talvolta fra i giovani.

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