Lessico

agg. (pl. m. -ci) [sec. XVIII; dal latino celtícus]. Proprio dei Celti; appartenente o relativo ai Celti: arte celtica; come sm., la lingua parlata dai Celti. Per estensione, disus., morbo celtico (cioè francese), la sifilide o in genere malattia venerea.

Linguistica

Il celtico è un gruppo linguistico che occupa l'area più occidentale del dominio linguistico indeuropeo. Si divide in celtico continentale e in celtico insulare. Il primo è rappresentato dal gallico, la lingua dei Galli, attestata da un discreto numero di iscrizioni oltre che da alcune glosse e da numerosi nomi propri. La conquista romana sommerse completamente il gallico prima nella Gallia Cisalpina, poi anche in quella Transalpina. Le lingue celtiche che sopravvissero invece nelle isole britanniche formano il cosiddetto celtico insulare nel quale si distinguono un ramo gaelico o goidelico e uno britannico. Il gaelico comprende l'irlandese, lo scozzese e il dialetto dell'isola di Man; il britannico comprende il cimrico o cambrico o gallese ancora oggi parlato nella regione inglese del Galles, il cornico o cornovagliese parlato fino al sec. XVIII nella Cornovaglia, e il bretone che nel corso dei sec. V-VI fu trasportato nella regione francese della Bretagna da popolazioni celtiche che si ritiravano dalla Britannia in conseguenza delle invasioni germaniche. Alcune delle principali caratteristiche delle lingue celtiche sono: la riduzione di ē in ī (rix rispetto al latino rex),il passaggio di p in f con successiva evoluzione in h che può anche cadere (irlandese athir, padre, rispetto al latino pater), il fenomeno della lenizione, cioè la sonorizzazione delle consonanti sorde intervocaliche. All'interno delle lingue celtiche vi sono alcuni tratti caratteristici che distinguono il gaelico dal britannico: per esempio la labiovelare sorda q che diventa p in britannico (gallese pedwar, quattro, cornovagliese peswar, bretone pevar di fronte all'irlandese cethir, cfr. latino quattuor). Notevoli sono stati i rapporti e gli influssi reciproci tra le lingue celtiche, il latino, le lingue romanze e quelle germaniche. Celtici sono anche molti toponimi dell'Italia settentrionale che trovano corrispondenza in analoghi toponimi diffusi in tutta l'area celtica: Milano e Meillant, Mâlain, Meylan in Francia derivano dalla forma celtica Mediolanum; così il nome Bologna si ritrova oltre che in Boulogne (Francia) anche in Bonn (Germania) e ci mostra che l'area celtica occupava originariamente anche la valle del Reno (lo stesso nome del fiume è celtico ed è uguale a quello del fiume che attraversa Bologna). Di origine celtica sono anche i toponimi col suffisso -ago largamente diffusi nell'Italia settentrionale e che trovano corrispondenza in toponimi francesi meridionali in -ac e settentrionali in -ai, -i, -y. All'influsso del sostrato celtico vengono anche attribuite certe tendenze fonetiche che si riscontrano nei dialetti italiani settentrionali, come la palatalizzazione di a tonica in e, il passaggio di ct a it e di ū a ii. Elementi celtici sono sicuramente passati anche alle lingue germaniche: tedesco Reich (regno), reich (ricco), inglese rich (ricco) derivano da antiche forme germaniche che mostrano una chiara impronta celtica nel vocalismo radicale (ī<ē), e da queste antiche parole germaniche è anche derivato l'aggettivo italiano ricco, francese riche. Un grosso problema, un tempo molto dibattuto, è quello dei rapporti tra il celtico e l'italico (latino e osco-umbro), che presentano effettivamente alcune singolari analogie: la terminazione di genitivo singolare -i dei temi in -o- (latino lupī, del lupo, gallico Segomari, Ateknati, antico irlandese delle iscrizioni ogamiche maqi, del figlio); le desinenze di deponente-passivo in -r (latino laudor, sono lodato, antico irlandese tiagar, si vada); la formazione del futuro con un originario elemento -bh(u)ō (latino amabo, amerò, irlandese carub, amerò); e altre simili concordanze che si notano anche nel lessico. Sulla base di questi fatti alcuni studiosi, supponendo una stretta parentela tra il celtico e l'italico, hanno ammesso un'unità genetica italo-celtico nell'interno delle lingue indeuropee. Ma questa ipotesi appare oggi superata e abbandonata dalla maggior parte degli studiosi.

Letteratura: generalità

A questo patrimonio letterario si asservirono le letterature dei due grandi gruppi geografici di lingua celtica, il primo insulare, il secondo continentale. Appartengono al primo le più antiche letterature della Britannia, del Galles, dell'Irlanda, della Scozia, della Cornovaglia e dell'isola di Man, al secondo quella della Bretagna. Di ciascuna di queste espressioni letterarie diamo, sia pure in breve, un panorama che consenta di seguirne le manifestazioni, attraverso i primi documenti e la citazione degli autori più rappresentativi, fino ai giorni nostri.

Letteratura: la produzione bretone

Ebbe la sua culla in Britannia e passò in Gallia, più precisamente nella Bretagna, solo verso i sec. V-VI. In assenza di documentazione sia sull'eredità britannica, che pur non dovette mancare di poemi epici nazionali sulle lotte tra Britanni e Sassoni, sia sulla tradizione gallica, che in Bretagna certamente si rifece alle leggende di re Artù e dei suoi cavalieri, la letteratura bretone giunge a noi attraverso canzoni e tragedie medievali della Bretagna, alla cui voce si rimanda.

Letteratura: la produzione gallese

Fra tutte le letterature di lingua celtica, la più ricca è indubbiamente quella gallese: al sec. VI si ascrivono le opere dei bardi Taliesin e Aneurin, metricamente molto varie e raffinate. Fino al sec. X si segnalano soltanto rari frammenti, ma si ha una rinascita con la poesia ornamentale di Gwalchmai (ca. 1130-80). La prosa dei sec. XIII-XIV annovera raccolte di leggi e racconti, di cui i più noti sono gli undici anonimi del Mabinogion dove si notano influenze normanne. Nel sec. XIV si segnala il poeta Dafydd ap Gwilym (ca. 1320-1400), considerato il padre della lingua, che sotto l'influsso dei trovatori introduce motivi nuovi quali l'amore e la natura. Con il sec. XVII comincia un periodo di decadenza della poesia bardica, cui corrisponde però una difesa della lingua (si stampa la prima grammatica) e della religione cattolica, in polemica con gli Inglesi. Sintomi di rinascita si hanno con le poesie in verso libero di Rhys Prichard (1579-1644) e con quelle più raffinate di Huw Morys (1622-1709). Nel sec. XVIII Goronwy Owen (1723-1769) adotta i modi della poesia classicista inglese ed Ellis Winne (1671-1734) scrive in prosa allegorie moraleggianti. Il sec. XIX vanta i nomi di Lewis Edwards (1809-1887), il primo critico a livello europeo, e di Daniel Owen (1836-1895), il massimo romanziere nazionale. La fondazione dell'università e l'opera di O. M. Edwards (1858-1920) e di sir J. Morris-Jones (1864-1929) hanno reso i Gallesi consci della loro identità letteraria. Si sono segnalati i poeti Th. Gwynn Jones (1871-1949), W. J. Gruffydd (1881-1954), R. Williams Parry (1884-1956) e T. H. Parry-Williams (n. 1887); il critico Saunders Lewis (n. 1893); la narratrice Kate Roberts (n. 1891); gli autori di teatro Th. Rowland Hughes (1903-1949) e Th. Parry (n. 1904).

Letteratura: la produzione irlandese

Se la letteratura gallese è la più ricca, quella irlandese è invece la più antica; le prime testimonianze risalgono a iscrizioni sepolcrali dei sec. IV e V, in alfabeto Ogham. L'alfabeto latino compare in glosse del sec. VIII. I testi antichi ci sono giunti in antologie relativamente tarde (dal sec. XII al XVI), che rendono difficile la datazione delle opere. Tuttavia nella letteratura irlandese si possono distinguere tre periodi. Il periodo antico (fino al sec. XII ca.) è caratterizzato da opere in versi e prosa scritte da coltissimi filidh (poeti ufficiali presso le corti). Del ciclo epico-mitologico o dei Tuatha Dê Danann abbiamo frammenti relativi a battaglie. Il secondo ciclo epico degli Ulati, illustrato in La razzia di Cuailgne, narra la lotta tra l'Ulsterorientale e il resto dell'Irlanda per il possesso di un toro bruno e ha per eroi Conchobar, Cú Chulainn e Deirdre. Tra gli scrittori cristiani si annovera San Patrizio. Nel periodo intermedio (dal sec. XIII al XVII) nasce la figura del bardo, meno colto del filidh, la cui carica era ereditaria. Il ciclo epico dei feniani di questo periodo canta le imprese di Finn, di suo figlio Oisin e del figlio di questo, Oscar. Il periodo moderno (dal sec. XVIII in poi) è caratterizzato dapprima dalla scomparsa dei mecenati e dalla nascita di poeti popolari vaganti quali Brian Merriman (1740-1808). Alla fine dell'Ottocento ci fu un interesse per la tradizione da parte di letterati di lingua inglese che diedero vita al Celtic Revival (Rinascimento celtico). Alla Lega Gaelica, fondata nel 1893 per incoraggiare a scrivere in irlandese, diede un importante contributo Douglas Hyde (1860-1949). Fra i narratori si sono distinti Peter O'Leary (1839-1920) e Padraic Óconaire (1881-1928); fra i poeti, Padraic MacPiarais (1879-1916). Come scrittori di romanzi autobiografici si sono segnalati Tomás Ó Criomhthain (1856-1937), autore de L'isolano (1929), e Muiris Ó Suilcabhain (1904-1950), autore di Vent'anni di giovinezza (1933).

Letteratura: la produzione scozzese in gaelico

L'antologia poetica compilata da sir James MacGregor e da suo fratello Duncan, tra il 1512 e il 1526, contiene versi di autori scozzesi e irlandesi e ballate ossianiche che datano dal 1310 al 1519. Il bardo meglio rappresentato è Fionnlagh Ruadh del clan Gregor. Nel sec. XVII vi fu un grande rigoglio che ebbe per protagonisti Mary Macleod (1615-1706) e Iain Lom (ca. 1620-1710). Nel sec. XVIII si distinsero i poeti profani A. MacDonald (1700-1780 ca.), il suo seguace D. Macintyre (1728-1812) e il lirico religioso Dugald Buchenan (1716- 1768). Famosa è la raccolta del “mistificatore” J. Macpherson (1736-1796). Nell'Ottocento si segnalarono i poeti J. Morison (1790-1852), E. MacColl (1808-1898), William Livingstone (1808-1870) e il prosatore J. F. Campbell (1821-1885). L'Associazione degli Highlands, fondata nel 1890, ha dato un grande impulso alla letteratura in gaelico, che ha avuto i migliori rappresentanti in A. Robertson (1870-1948), G. Campbell Hay (n. 1915), J. MacCormick (1860-1926) e J. N. Macleod (1880-1954).

Letteratura: la produzione della Cornovaglia

Racconti, frammenti di canzoni, epigrammi, epigrafi furono pubblicati in raccolte ottocentesche. I drammi religiosi della trilogia Ordinalia furono pubblicati da E. Norris nel 1859.

Teatro

Particolarmente importante nelle regioni di lingue celtiche fu nel Medioevo il teatro della Cornovaglia, attestato dai copioni giunti sino a noi di alcuni misteri (cornish plays) e dall'esistenza di ruderi di costruzioni circolari (con al centro uno spazio chiamato plen an gwary) verosimilmente destinate ad accogliere le loro rappresentazioni. Manca invece una tradizione teatrale locale nel Galles fino al secolo scorso, anche per l'intransigente opposizione della chiesa nazionale, e solo dal 1962 esiste una Welsh Theatre Company che riceve sovvenzioni statali e recita sia in inglese sia in gallese. Anche in Scozia proibizioni di carattere religioso contribuirono a impedire il sorgere di un teatro locale pari per importanza al ricco repertorio di ballate e poesie popolari. Assai più viva, invece, è la tradizione teatrale dell'isola di Man, che si manifesta in varianti locali del tipico dramma folcloristico britannico, il mumming, spesso accompagnato da danze, oltre che in diversi balli popolari. In Bretagna, infine, si ebbe una certa fioritura di spettacoli più o meno religiosi fino a tutto il Cinquecento (anche qui ostacolati dalle autorità ecclesiastiche); successivamente si sono avuti isolati tentativi di recupero e di presentazione di nuove opere.

Arte

L'arte celtica presenta, in quanto nordica e in contrasto con quella mediterranea, un ben definito e costante carattere di antinaturalismo. Immersa in un'atmosfera magica e religiosa, trovò la sua più genuina espressione nell'ornamento astratto e in tal senso elaborò tutti gli elementi assimilati venendo a contatto con popoli diversi. L'arte celtica di Hallstatt (prima metà del I millennio a. C., prima Età del Ferro) è essenzialmente geometrica, mentre nell'epoca di La Tène (sec. VI-I a. C., seconda Età del Ferro) si ha il trionfo della curva, che caratterizzerà tutta l'ornamentazione celtica successiva. La forte tendenza alla stilizzazione si estende alla scultura e nella produzione della Gallia (rinvenimenti nella Francia meridionale) la figura dell'eroe defunto, nei monumenti funerari, è priva di qualsiasi fisionomia personale e cristallizzata in un tipo dalle caratteristiche costanti. La più significativa espressione dell'arte celtica si ha però nei metalli lavorati: armi, borchie per finimenti, gioielli, monete presentano un'ornamentazione ricchissima e variata, impreziosita dall'uso magistrale degli smalti policromi in champlevé. Tipica è la stilizzazione celtica nelle figure antropomorfe che ornano talvolta i monili (per esempio il torques di Reinheim, del sec. V. a. C., a Saarbrücken, Saarlandmuseum). Ma è nel campo della numismatica che si ha il più chiaro esempio dello spirito antinaturalistico dell'arte celtica; nel “filippo” (statere d'oro coniato da Filippo II di Macedonia) i motivi, derivati inizialmente da forme classiche, vengono poi dissociati in una simbolica astrazione decorativa. La produzione artistica fu comunque assai ricca in tutto il territorio celtico (in Gallia, con forti influenze romane che diedero origine all'arte detta gallo-romana; in Spagna coi Celtiberi e in Britannia), e i suoi caratteristici elementi decorativi furono accolti, mescolati con altri, dall'arte barbarica, ma soprattutto dall'arte irlandese-anglosassone, che accolse la tradizione celtica in tutta la sua genuina purezza trovando le sue più significative manifestazioni nella lavorazione dei metalli e nei manoscritti miniati.

Bibliografia

Per l'arte

B. Jacobstahl, Early Celtic Art, Londra, 1944; H. Hubert, Les Celtes depuis l'époque de La Tène et la civilisation celtique, Parigi, 1952; R. Bianchi-Bandinelli, Organicità e astrazione, Milano, 1956; J. Moreau, Die Welt der Kelten, Stoccarda, 1958; F. Le Roux, C. J. Guyonvarch, La civiltà celtica, Padova, 1988.

Per la letteratura

A. Rivoallan, Littérature irlandaise contemporaine, Parigi, 1939; B. Kiely, Modern Irish Fiction, Dublino, 1950; J. Kingsley, Scottish Poetry: a Critical Survey, Londra, 1955; G. Morgan, The Dragon's Tongue, Cardiff, 1966; Autori Vari, I celti e la loro cultura nell'epoca pre-romana e romana nella Britannia, Roma, 1978.

Per la lingua

H. Pedersen, Vergleichende Grammatik der keltischen Sprachen, 2 voll., Gottinga, 1908-12; G. Dottin, Manuel pour servir à l'étude de l'antiquité celtique, Parigi, 1915; P. Trudgill, Language in the British Isles, Cambridge, 1984.

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