Chimica

sm. [sec. XIX; glico-+-geno]. Polisaccaride polimero del glucosio che rappresenta la principale riserva di carboidrati nei tessuti animali, svolgendo la stessa funzione dell'amido nelle piante. Il glicogeno viene talora definito “amido animale”, ma impropriamente poiché il polisaccaride è stato trovato anche in organismi vegetali, specie nei Funghi, nelle Alghe e nei Batteri. Il “glicogeno vegetale” sarebbe tuttavia diverso dal glicogeno vero e proprio dal punto di vista sia biologico sia chimico-fisico. Il glicogeno è una polvere biancastra inodore e insapore, che in acqua forma soluzioni colloidali; queste, per trattamento con iodio, assumono un'intensa colorazione rosso-mogano. La molecola del glicogeno è formata da numerose unità di glucosio unite mediante legami 1-4 o 1-6-α glucosidici in una struttura altamente ramificata. Tale struttura è più compatta di quella dell'amido, il che spiega la maggiore viscosità delle soluzioni acquose di glicogeno rispetto a quelle dell'amido. Le amilasi scindono il glicogeno dapprima in maltosio e poi in glucosio; gli acidi diluiti lo scindono direttamente in glucosio.

Zoologia

Nei mammiferi il glicogeno è contenuto principalmente nel fegato e nei muscoli. Le cellule del fegato sono la più importante sede di deposito del glicogeno che viene ivi trasformato in glucosio e quindi mobilizzato in rapporto alle necessità energetiche dell'organismo. Il fegato ha quindi un ruolo importante nel mantenimento della glicemia, anche se non si esclude la possibilità di trasformazione del glicogeno in glucosio in territori extra-epatici. La quantità di glicogeno presente nel fegato dipende dalla velocità dei processi di glicogenosintesi e di glicogenolisi, i quali sono a loro volta regolati dalla glicemia attraverso l'ormone insulina.

Medicina: fisiologia

Nell'uomo il tasso epatico di glicogeno può variare entro limiti abbastanza ampi (dall'1% al 6% circa). Al di sopra di questi valori l'ulteriore accumulo di glicogeno ha carattere nettamente patologico, mentre un valore minimo non è definibile potendo avvicinarsi a zero anche in normali condizioni fisiologiche. Il glicogeno si deposita pure in forti quantità nei muscoli (fino all'8% in alcune specie animali), dove viene utilizzato esclusivamente per i processi della contrazione muscolare: il glicogeno dei muscoli non partecipa cioè alla glicogenesi ovvero al mantenimento della glicemia se non indirettamente, attraverso la quota di acido lattico che si forma dal glicogeno durante il lavoro muscolare e che, veicolato al fegato, può essere ancora utilizzato per la sintesi del glucosio, come ha dimostrato Carl Ferdinand. Al pari degli altri muscoli, anche il muscolo cardiaco è ricco di glicogeno, che però non viene utilizzato di norma per il mantenimento dell'attività pulsatoria ma solo in situazioni di emergenza, per esempio negli stati di ipossia del miocardio. Si ritiene che il normale lavoro del cuore si compia a spese di materiali energetici assunti direttamente dal circolo cardiaco. Si spiegherebbe in tal modo il fatto che le concentrazioni cardiache di glicogeno, a differenza di quelle dei muscoli scheletrici, non si modificano nel corso del digiuno, nel lavoro intenso e dopo somministrazione di farmaci che stimolano la glicogenolisi, come l'adrenalina.

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