Lessico

sf. [sec. XIX; da ossidare]. Azione e risultato di ossidare. Con accezioni specifiche: A) in chimica, reazione per la quale un elemento libero o combinato aumenta il proprio numero di ossidazione, cioè il numero degli elettroni che gli atomi dell'elemento cedono o acquistano nel formare un suo composto. B) In geologia, processo di alterazione chimica che interessa alcuni minerali presenti nelle rocce e dovuto all'ossigeno assunto direttamente dall'atmosfera o presente in soluzione nell'acqua. Per effetto di tale processo, i minerali coinvolti cambiano composizione chimica e, di riflesso, anche le proprietà fisiche (vedi alterazione delle rocce). C) Nell'industria tessile, sistema di tintura in nero delle fibre tessili cellulosiche, e principalmente del cotone, per mezzo di ossidanti.

Chimica: generalità

Per ossidazione non si intende più semplicemente la combinazione di un elemento con l'ossigeno, cioè la formazione di ossidi, per esempio del magnesio o dello zolfo:

ma anche reazioni come quella che libera cloro dall'acido cloridrico:

nella quale il cloro passa dal numero di ossidazione -1 a quello zero, o quella nella quale il cloruro di ferro (II) reagisce con il cloro trasformandosi in cloruro di ferro (III): FeC1₂+0,5Cl₂ —→ FeCl₃ con il ferro che passa dal numero di ossidazione +2 a quello +3. Inoltre in chimica organica il termine di ossidazione viene genericamente usato per indicare processi in realtà di natura assai diversa, dai processi di addizione di ossigeno come nella trasformazione dell'etilene in ossido di etilene:

ai processi di deidrogenazione, come nella trasformazione di un alcol nella corrispondente aldeide:

ai processi di demolizione ossidativa, come per esempio nell'ossidazione catalitica del benzene con ossigeno atmosferico a dare l'anidride maleica:

Caratteristiche particolari e grande importanza pratica presentano anche i processi di ossidazione che si verificano su molte sostanze organiche a temperatura ambiente e a opera dell'ossigeno atmosferico, che si indicano con il nome di processi di autossidazione. In realtà, in tutti i processi di ossidazione ora descritti l'ossigeno o l'elemento o il composto che provocano l'ossidazione subiscono un processo di riduzione, passando a un numero di ossidazione inferiore: così, nella formazione dell'ossido di magnesio mentre il magnesio si ossida passando dal numero di ossidazione 0 a quello +2, l'ossigeno si riduce passando da 0 a -2; nell'ossidazione del cloruro di ferro (II) a cloruro di ferro (III), se il ferro aumenta di un'unità il suo numero di ossidazione, il cloro lo diminuisce pure di un'unità, passando da cloro elementare a ione Cl-. Questi processi non possono perciò a rigore considerarsi semplicemente di ossidazione, ma devono più propriamente dirsi di ossidoriduzione: in essi l'aumento di numero di ossidazione di un elemento è infatti compensato dalla corrispondente diminuzione di numero di ossidazione di un altro.

Chimica: numero di ossidazione

Convenzionalmente, al numero di ossidazione si attribuisce segno positivo se l'atomo cede elettroni, segno negativo se invece li acquista. Così, la formazione del cloruro di calcio, CaCl₂, dagli elementi cloro e calcio, consiste nel passaggio di due elettroni, forniti dall'orbitale periferico di un atomo di calcio (che si trasforma pertanto in uno ione positivo, Ca2+) ciascuno all'orbitale periferico di un atomo di cloro (che si trasforma quindi in uno ione negativo, Cl-): ne consegue che nel cloruro di calcio il numero di ossidazione del calcio è di +2, quello del cloro di -1. Nel caso dei composti a legami covalenti, il numero di ossidazione si computa come se gli elettroni passassero dall'atomo meno elettronegativo a quello più elettronegativo. Così, nel tetracloruro di carbonio, CCl4, i quattro atomi di cloro sono uniti a quello di carbonio da quattro legami covalenti, ossia da legami che non comportano un passaggio definito di elettroni da un atomo all'altro: ciò nonostante, essendo il cloro più elettronegativo del carbonio, nel tetracloruro di carbonio si attribuisce al carbonio il numero di ossidazione +4 e al cloro quello -1. Agli elementi liberi si attribuisce numero di ossidazione 0, anche quando i loro atomi sono associati in molecole, come per esempio quelle Cl₂ del cloro. Il concetto di numero di ossidazione ha largamente sostituito nel moderno linguaggio chimico quello tradizionale di valenza, che in molti casi riusciva equivoco. Per esempio, secondo la definizione classica di valenza lo zolfo risultava bivalente nel solfuro di idrogeno, H₂S, e tetravalente nel biossido di zolfo, SO₂ (essendo l'ossigeno bivalente): in realtà, la trasformazione del solfuro di idrogeno in biossido di zolfo secondo l'equazione

richiede l'intervento di tre atomi di ossigeno, ossia complessivamente di sei valenze. Il processo risulta molto più chiaro facendo riferimento al numero di ossidazione dello zolfo, che è di -2 nel solfuro di idrogeno e di +4 nel biossido di zolfo.

Metallurgia

L'esposizione di un metallo reattivo in atmosfera ossidante (aria, ossigeno, vapor acqueo) provoca la formazione di ossidi. L'ossidazione a caldo dei materiali metallici si presenta pertanto come una corrosione a secco esclusivamente di tipo chimico, funzione diretta della temperatura e del tempo. Generalmente nel corso dell'ossidazione si forma sulla superficie del metallo un sottile film o una scaglia spessa e questo comporta una riduzione della velocità di ossidazione come conseguenza della separazione del metallo dall'atmosfera gassosa stessa. In generale il procedere dell'ossidazione avviene per migrazione di ioni del metallo e di ioni ossigeno attraverso lo strato. Per ossidazione anodica si intende il processo elettrochimico mediante il quale facendo funzionare come anodo in una cella elettrolitica in presenza di idonee soluzioni un metallo o una lega, si ottiene il rivestimento con uno strato compatto di ossido, al fine di aumentarne la resistenza alla corrosione. L'efficacia dello strato protettivo è legata alla sua compattezza, continuità e plasticità: è evidente che il volume dell'ossido deve essere almeno uguale o più grande di quello del metallo da cui si forma così da costituire un film compatto e continuo. In caso contrario esso forma un film poroso e non protettivo: ciò accade per sodio, potassio, calcio e magnesio. Se l'aumento di volume è eccessivo, gli sforzi interni che nascono nella formazione dello strato ne causano la rottura o il distacco: per esempio sul ferro si forma uno strato interno protettivo di wüstite, FeO, assai compatto, uno strato intermedio discontinuo di magnetite, Fe₃O4, non protettivo e uno sovrastante di ematite, Fe₂O₃ (in generale si formano ossidi più ricchi di ossigeno nella zona esterna, verso l'atmosfera ossidante, e ossidi a minor tenore di ossigeno dalla parte del metallo) . Nel caso di una lega si può avere l'ossidazione selettiva di uno degli elementi in essa presenti con formazione di strati protettivi molto efficaci. È quanto avviene per esempio nella lega Ag-Cu contenente l'1% di alluminio (formazione di uno strato di allumina) e negli acciai contenenti tenori opportuni di silicio e alluminio (formazione di ossidi misti contenenti silicio e alluminio). L'effetto protettivo di uno strato di ossido evidentemente si annulla quando si raggiungono temperature così elevate da portarlo a fusione o quando nell'atmosfera gassosa sono presenti alcune sostanze (alcali, anidride vanadica), dette “fondenti”, che reagendo con l'ossido dello strato ne abbassano il punto di fusione. In questo modo la resistenza all'ossidazione è pari a quella intrinseca della lega base e quindi l'attacco è catastrofico (ossidazione accelerata). Per ridurre la velocità dell'ossidazione si può applicare alla lega un rivestimento superficiale per laminazione, immersione in bagni di metalli fusi, calorizzazione, cromizzazione e spruzzo. È anche possibile applicare strati ceramici sottili, per esempio siliciuri, boruri, ossidi, o usare metalli cosiddetti refrattari, come il molibdeno e il niobio.

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