provìncia (storia)

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Generalità

Sfera di competenza di un magistrato per l'esercizio del suo imperiumnell'antica Roma: il comando di una legione era la provincia del console, l'amministrazione giudiziaria fra i cittadini di Roma era la provincia urbana del pretore urbano. Quando Roma estese il suo dominio su territori oltre i confini d'Italia, provincia, da temporanea sfera di competenza di un magistrato dotato di imperium, divenne denominazione tecnica dei territori soggetti. Poiché, infatti, le terre di conquista erano state solitamente settori di lunghe e complesse guerre sostenute da Roma, era naturale che esse all'inizio fossero assegnate da governare ai singoli generali. In prosieguo di tempo sulle funzioni militari del governatore vennero a prevalere quelle giudiziarie e amministrative e l'indifferenziazione dell'imperium militiae facilitò questo trapasso. La politica romana verso i territori provinciali era totalmente diversa da quella seguita in Italia, dato che gli abitanti della provincia erano tributari verso Roma. Solo alcune comunità o individui venivano considerati liberi dal tributo, grazie a speciali immunità o privilegi. Quando veniva annessa una provincia, il comandante vittorioso emanava una lex provinciae, assistito da una commissione di 10 cittadini nominati dal Senato: nel documento erano comprese le norme generali secondo cui la provincia doveva essere amministrata. Questo atto stabiliva infatti gli oneri imposti alle varie città, le esenzioni e i possibili privilegi, nonché l'amministrazione della giustizia e la divisione del territorio amministrato in distretti. Talvolta le norme relative al diritto privato si trovano in provvedimenti posteriori. Esempi celebri di questi editti sono la lex Rupilia per la Sicilia, la lex Aemilia per la Macedonia. Quando assumeva l'incarico di una provincia, ogni governatore integrava i principi generali fissati nel documento della lex provinciae ed emanava un editto che interessava soprattutto le questioni finanziarie e giudiziarie. Dopo un primo tempo in cui l'amministrazione provinciale fu affidata a questori, quali rappresentanti dei consoli, nel 227 a. C. si elessero per la Sicilia e la Sardegna due pretori, in aggiunta ai normali, portando così da 2 a 4 i componenti del collegio pretorio. Per qualche tempo la conquista di altri territori provinciali fu accompagnata dalla creazione di nuovi pretori. La riluttanza, però, ad aumentare eccessivamente il numero dei magistrati fece sì che per l'amministrazione provinciale si applicasse il sistema ormai largamente impostosi della prorogatio imperii consistente nell'impiegare quei magistrati il cui imperium, ormai scaduto, venisse prorogato per deliberazione del Senato: essi non erano più magistrati veri e propri, facevano le veci di un successore che teoricamente avrebbe dovuto essere inviato al loro posto. Si spiegano così i titoli di pro consule, pro praetore, poi sostantivati in proconsul, propraetor. Spettava al Senato decidere quali province fossero da destinarsi ai consoli, quali ai pretori; dopo tale distribuzione, i magistrati decidevano l'assegnazione per sorteggio. Gaio Gracco propose una lex de provinciis con cui si stabiliva l'obbligo per il Senato di procedere alla determinazione delle province consolari prima che fosse avvenuta l'elezione dei magistrati, ai quali tale competenza avrebbe dovuto essere attribuita. Questa legge aveva lo scopo di sottrarre la distribuzione degli incarichi alla pressione degli interessati o a favoritismi e di indurre il Senato ad assegnare le province senza considerazioni di natura personale. Una legge di Pompeo, nel 52 a. C., fissò un intervallo di 5 anni tra la magistratura e il governatorato di una provincia. Il governatore, in età repubblicana, deteneva i poteri civili e militari; per l'amministrazione finanziaria era assistito da un questore. Una distinzione delle province si ebbe, in periodo imperiale, tra province senatorie e province imperiali. Le prime, amministrate dal Senato, erano governate da ex magistrati, il cui incarico durava un anno e che assumevano il titolo di proconsole, anche se non avevano mai rivestito il consolato; le seconde, al cui presidio era necessaria una guarnigione militare, erano amministrate da legati Augusti, insigniti del minor titolo pro praetore, scelti dall'imperatore con scadenza indeterminata. Innovazioni profonde si introdussero, fin dall'avvento di Augusto, nell'amministrazione delle province. Nelle province imperiali l'amministrazione finanziaria era delegata a un procuratore di ceto equestre, che non dipendeva dal legatus ma aveva una propria competenza; nelle senatorie era in mano a un questore. L'autorità in questo modo veniva frazionata. Non è da credere comunque che il potere del magistrato romano nelle province esautorasse del tutto gli organi locali: in un primo tempo, anzi, il governo di Roma lasciò molta autonomia ai precedenti governi del territorio conquistato. Solo in seguito all'inframmettenza e allo sviluppo della burocrazia l'autorità locale subì molti limiti.

Le province annesse all'impero romano

Le prime province annesse allo Stato romano furono la Sicilia, tolta ai Cartaginesi dopo la I guerra punica, la Sardegna e la Corsica create nel 226, la Spagna ulteriore e citeriore nel 197. La provincia della Macedonia fu annessa nel 146, assieme a quella dell'Africa, dopo la distruzione di Cartagine. Nello stesso anno fu ridotta in provincia e sottomessa anche la Grecia, col nome di Acaia. Con la donazione del regno di Pergamo, lasciato ai Romani dal re Attalo III, fu costituita nel 133 la provincia d'Asia. La Cirenaica (75) e la Bitinia (74) vennero cedute ai Romani dai rispettivi re, mentre la provincia della Gallia Narbonese, annessa nel 118, fu poi ingrandita nella sua naturale estensione da Cesare. Pompeo ridusse a provincia la Siria; territori provinciali nel sec. I erano considerati anche l'Illirico e la Cilicia. Sotto Augusto si combatté sulle frontiere settentrionali dell'Impero, lungo il Danubio: con le nuove conquiste si crearono le quattro province danubiane della Rezia, del Norico, della Pannonia e della Mesia. L'Egitto invece, incorporato nello Stato romano dopo la battaglia di Azio nel 31 a. C., ebbe da Ottaviano Augusto una speciale sistemazione. Le successive province più importanti furono, sotto Claudio e Traiano, quelle della Britannia e della Dacia. Ma altre regioni governate da re clienti divennero province nella prima età imperiale: la Cappadocia, la Mauritania, la Tracia. Nel sec. II divennero province l'Arabia e la Mesopotamia. L'imperatore Diocleziano diede un ordinamento diverso alle province abolendo la distinzione fra esse e l'Italia, aumentando il loro numero (da 46 salirono a 87), rendendo organici i rapporti di esse con la burocrazia centrale e assegnando a ciascuna due governatori, uno civile e uno militare. Rese di minore ampiezza, le province furono incluse in circoscrizioni territoriali più ampie.

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