Achille

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(greco Achilléus; latino Achilles). Condottiero dei Mirmidoni alla guerra di Troia, figlio del re Peleo e della dea marina Tetide, fu educato prima dal centauro Chirone, poi dal vecchio Fenice. Quando scoppiò la guerra troiana, la madre, conscia del suo destino, lo nascose a Sciro tra le figlie del re Licomede, ma Ulisse lo scovò e Achille fu a Troia il campione dei Greci. Omero nell'Iliade lo coglie in un breve momento delle sue gesta: dall'ira che provoca in lui Agamennone quando gli toglie la schiava Briseide, alla pietà che gli suscita la vista di Priamo venuto a chiedere la restituzione del cadavere di Ettore, suo figlio, che Achille stesso ha ucciso in duello dopo essere tornato in battaglia per vendicare la morte dell'amico Patroclo. L'Iliade trae argomento dalle passioni di Achille, rese come esasperazioni dei più nobili sentimenti giovanili frustrati dalle passioni intemperanti degli adulti. Il tutto sofferto nella prospettiva di una morte prematura. Alla base di tale interpretazione poetica del mito di Achille troviamo due temi: l'iniziazione eroica (quasi l'immagine di un paradiso perduto) e l'immortalazione mancata. Achille, nato da un mortale e da una dea, poteva diventare lui stesso immortale se sua madre fosse riuscita a immergerlo completamente nello Stige (un fiume infernale); ma da quel bagno magico restò fuori il tallone, dove il condottiero fu colpito mortalmente dal troiano Paride (da cui la loc. fig. tallone d'Achille, punto debole, parte vulnerabile di una persona). Dei poemi posteriori e delle opere tragiche che ne narravano la fanciullezza e la morte rimangono solo alcuni brani in Pindaro (Nemea III e VIII, Istmica VIII), mentre il suo amore per la figlia di Priamo, Polissena, è ricordato nell'Ecuba di Euripide. In questo giovane eroe semplice, istintivo, ma anche complesso, ricco di sentimenti e ideali talora contraddittori, i Greci videro in ogni tempo l'esemplare più perfetto della loro stirpe.

Il mito

Il mito di Achille ispirò, fra il Seicento e l'Ottocento, numerose opere musicali, come l'Achille et Polyxène di J. G. de Campistron, musicato da G. B. Lulli e P. Colasse (1687), il melodramma di P. MetastasioAchille in Sciro, musicato fra gli altri da A. Caldara (1736) e G. Paisiello (1778), e l'Achille all'assedio di Troia di D. Cimarosa (1797). Achille a Sciro è il titolo di un balletto-pantomima di L. Cherubini (1804).

L'iconografia

Il più bello, oltre che il più valoroso tra gli eroi omerici, dai capelli biondi e dagli occhi lucenti, è rappresentato in un primo tempo barbuto, poi imberbe, in moltissime opere dell'arte greca (soprattutto vasi figurati), etrusca (pitture tombali, urnette), romana (pitture, mosaici, sarcofagi, ecc.). Tra le figurazioni più note i vasi attici del Pittore di Brygos (Achille e Priamo), del Pittore di Pentesilea (Achille e Pentesilea), del Pittore di Achille (Achille e Briseide); la pittura etrusca della Tomba dei Tori a Tarquinia (agguato a Troilo); le pitture di Pompei con Achille e Briseide e Achille alla corte di Licomede. In età romana tarda e in età bizantina il mito di Achille ritorna in particolare favore (Tabulae iliacae, Tensa Capitolina, Iliade Ambrosiana). “Achillee” erano dette, secondo Plinio il Vecchio, le statue di giovani in nudità eroica, armati di lancia.

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