Settìmio Sevèro

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(latino Lucíus Septimíus Sevērus Pertínax), imperatore romano (Leptis Magna 145-Eburacum 211 d. C.). Di origine africana ed equestre, percorse una normale carriera in uffici civili e militari: console nel 190, fu, l'anno successivo, nominato legato della Pannonia superiore le cui legioni nel 193, durante l'anarchia in cui era precipitato l'impero in seguito all'uccisione di Commodo, lo acclamarono imperatore. Entrato a Roma, dopo l'eliminazione del rivale Didio Giuliano, Settimio Severo fece ratificare la sua nomina dal Senato e si assicurò la fedeltà del corpo pretoriano immettendovi un gran numero di soldati tratti dalle sue legioni e cancellandone così la fisionomia italica. Partì poi per l'Oriente che era schierato a favore di Pescennio Nigro: di lui riuscì ad aver ragione dopo una dura lotta durante la quale ebbe modo di consolidare i confini mesopotamici. Direttosi poi verso la Gallia, nel 197, presso Lione, eliminò l'ultimo rivale, Clodio Albino, riunificando così tutto l'impero nelle sue mani. Dopo aver infierito contro coloro che avevano parteggiato per i rivali, si fece simbolicamente riconoscere come figlio adottivo di Marco Aurelio e, imponendo nuovamente il principio dinastico, si associò nell'impero i figli Caracalla e Geta. Convinto che soltanto accentuandone il carattere dispotico l'istituto imperiale avrebbe potuto sopravvivere, Settimio Severo si preoccupò di avere in pugno quelli che erano ormai i veri piedistalli dello Stato, la burocrazia e l'esercito, che potenziò e rese più efficienti. Contemporaneamente ridusse le prerogative del Senato nel quale fece entrare numerosi elementi orientali e africani, mentre valorizzò gli esponenti del ceto equestre affidando loro i posti di maggiore responsabilità dell'amministrazione statale: in questo modo il prestigio di cui godevano ancora l'Italia e, in essa, gli esponenti dell'antica nobiltà senatoria, era definitivamente compromesso. La dilatazione dei quadri amministrativi e delle spese militari, accrescendo le necessità del bilancio statale, rese necessario il deprezzamento del denarius e il ricorso a un'incisiva politica fiscale specie a carico dei proprietari: gli agricoltori furono obbligati a consegnare allo Stato parte dei loro raccolti per il vettovagliamento delle truppe (annona militare). Anche nella legislazione l'azione di Settimio Severo incise profondamente con l'avvio di provvedimenti improntati all'umanitarismo sociale proprio dei grandi giuristi del tempo, Ulpiano, Paolo, PapinianoIn campo religioso non pare che Settimio Severo abbia perseguitato i cristiani la cui religiosità però non poté non contrariarlo. L'efficientismo di Settimio Severo si rivelò anche in politica estera: nel 198, infliggendo ai Parti una grave umiliazione, occupò la loro capitale Ctesifonte e consolidò il dominio romano in quella zona. Passò quattro anni in Oriente, dove visitò l'Egitto, la Giudea e l'Arabia, accompagnato dalla corte della quale andava sempre più accentuando il carattere mistico-religioso, in ciò influenzato anche dalla moglie Giulia Domna, un'orientale di Emesa, figlia di un sacerdote del dio Sole. Ispezionò poi i confini danubiani accrescendone la sicurezza con opere di fortificazione; nel 203-204 visitò l'Africa settentrionale, territorio allora tra i più prosperi dell'impero dove fece avanzare il limes verso il deserto; nel 208 infine, quando le forze gli stavano già venendo meno, partì per la Britannia per rendersi conto di persona della non chiara situazione locale, ma morì a Eburacum (l'odierna York).

Nei numerosi ritratti di Settimio Severo gli studiosi distinguono diversi tipi, da quello più giovanile (senza ricci frontali) a quello dell'età più avanzata. Oltre ai busti, vanno ricordate le figure dell'imperatore sull'arco di Leptis Magna e su quello degli Argentari a Roma, la tavoletta lignea dipinta proveniente dall'Egitto (Museo di Berlino) e le testimonianze della glittica (cammeo della Bibliothèque Nationale di Parigi). Sull'arco di trionfo severiano, a tre fornici, eretto nel Foro romano nel 203, l'imperatore è rappresentato insieme ai figli in scene di guerra, nei quattro grandi rilievi sui fornici laterali dell'arco.

A. A. Schulten, Apokrimata. Decisions of S. Severus in Legal Matters, New York, 1954; G. Saletti, Ritratti severiani, Roma, 1967.

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