Lessico

Sf. [sec. XX; da alimentare (verbo)].

1) Atto ed effetto dell'alimentare e dell'alimentarsi con particolare riferimento all'accezione biologica: prodotti destinati all'alimentazione. Anche l'insieme degli alimenti: un'alimentazione insufficiente. Più propr., funzione fisiologica mediante la quale gli esseri viventi assumono gli alimenti solidi e liquidi che servono loro per reintegrare i propri tessuti e le riserve da cui attingono l'energia necessaria per esplicare le diverse funzioni che loro competono.

2) Fornitura a macchine, apparecchiature, impianti dell'energia o delle sostanze necessarie al loro funzionamento oppure dei materiali che nelle suddette macchine, apparecchiature o impianti devono essere sottoposti a lavorazione (alimentazione). In particolare: A) nei motori endotermici, sistema che permette la formazione e l'afflusso nei cilindri di una miscela la cui combustione fornisce l'energia necessaria al funzionamento del motore stesso. B) In fisica nucleare, introduzione di sostanze in una cascata, cioè in un sistema di separazione di isotopi. C) Impropriamente, nell'elaborazione dei dati, si usa il termine alimentazione per indicare il flusso di informazioni da un'unità periferica alla memoria del calcolatore o viceversa. D) In tecnologia meccanica, per indicare il moto (moto d'alimentazione) che porta nuovo materiale a contatto con la parte tagliente dell'utensile, moto detto più propriamente di avanzamento.

Biologia: generalità

I cibi sono composti organici utilizzati per la sintesi di nuove molecole biologiche e per la produzione dell'energia necessaria al metabolismo cellulare. I cibi sono costituiti fondamentalmente da lipidi, zuccheri e proteine e sono gli stessi per tutti gli organismi. In rapporto al meccanismo di utilizzazione degli alimenti, gli organismi viventi si dividono in autotrofi ed eterotrofi. I primi, che comprendono tutte le piante verdi, le alghe, alcuni protozio ed alcuni batteri, sono in grado di sintetizzare tutti i costituenti dei loro tessuti e perciò crescono, si conservano e si riproducono unicamente a spese di sostanze inorganiche tratte dal suolo, dall'acqua e dall'aria (anidride carbonica, azoto, sali minerali, ecc.). La luce, inoltre, è per essi indispensabile per sintetizzare dai materiali inorganici, introdotti dall'ambiente esterno, le grandi molecole di sostanze organiche di cui si nutrono. La fotosintesi clorofilliana, ossia la produzione di composti del carbonio a partire da anidride carbonica (CO₂) e acqua (H₂O), utilizzando la luce come fonte di energia è molto più comune e più importantedi nutrizione autotrofa. Gli eterotrofi, rappresentati dai funghi e dagli animali, si nutrono anche di sostanze minerali ma fondamentalmente e prevalentemente di sostanze organiche (proteine, grassi, idrati di carbonio, vitamine) prelevate dal regno animale e vegetale. Alcuni parassiti di animali, definiti saprofiti, come molti batteri e funghi, sono eterotrofi ma assorbono il cibo dal corpo del loro ospite, oppure digeriscono materiali organici che stanno all'esterno e ne assorbono poi i prodotti. La diversa organizzazione fisiologica e anatomica dei due regni della natura trova la sua ragione d'essere nella fondamentale differenza del nutrimento. Il tipo di alimentazione dei vegetali è indubbiamente il più primitivo, e soltanto dopo la comparsa del mondo vegetale è stata possibile la comparsa del regno animale, cioè degli organismi eterotrofi. Alcuni organismi autotrofi, come i batteri chemiosintetici, utilizzano per la sintesi degli alimenti l'energia chimica proveniente da processi ossidativi dell'ammoniaca a nitrati e nitriti, dell'idrogeno solforato a zolfo inorganico, degli ioni ferrosi (Fe++) a ioni ferrici (Fe+++). Nella classificazione dei batteri si parla perciò di nitrobatteri, solfo- (o tiobatteri), di ferrobatteri, ecc. Gli animali hanno praticamente sfruttato tutte le sorgenti alimentari disponibili. Gli erbivori utilizzano come alimento i vegetali. La maggior parte di essi si nutre di poche, o in alcuni casi di una sola, specie di piante. Gli animali carnivori mangiano altri animali. Al pari degli erbivori, essi hanno una dieta limitata ai tipi di cibo che si trovano nel loro habitat o nella loro regione geografica. Molti animali utilizzano, come sorgente di cibo, sostanze organiche non viventi. La dieta di alcuni animali viene aumentata, o è dipendente dai simbionti, organismi che vivono in essi.

Alimentazione umana: la scienza dell'alimentazione

La concezione di Ippocrate, secondo la quale un solo fondamentale principio nutritivo è presente in tutti gli alimenti, ha resistito per molti secoli. L'inizio della moderna scienza dell'alimentazione risale infatti alla fine del sec. XVIII, allorché Lavoisier, riscontrando la costante presenza di forti quantità di carbonio e di idrogeno nei materiali biologici, identificò negli zuccheri e nei grassi i fattori indispensabili per l'alimentazione umana. Dopo oltre mezzo secolo, a opera di Liebig, fu dimostrata l'importanza delle sostanze azotate nella materia vivente e quindi il significato plastico delle proteine integrante la funzione prevalentemente energetica dei grassi e dei carboidrati. I progressi della chimica analitica hanno permesso l'identificazione negli alimenti delle vitamine, di numerosi sali inorganici e di vari elementi contenuti in quantità estremamente ridotta (oligoelementi). La comprensione del valore biologico di tutte queste sostanze ha determinato un enorme avanzamento non solo della scienza dell'alimentazione ma di tutta la medicina. Secondo i moderni principi, infatti, l'alimentazione umana è regolata sulla base di criteri di ordine qualitativo e quantitativo. I primi concernono le diverse categorie di principi nutritivi (carboidrati, grassi e proteine) mentre i secondi riguardano le quantità in cui essi devono essere forniti all'organismo. I criteri qualitativi sono caratterizzati da una certa costanza, nel senso che nella maggior parte dei casi un'alimentazione razionale si fonda su determinati rapporti percentuali fra i singoli nutrienti. Tali rapporti si modificano solo quando esistono specifiche esigenze mediche che richiedono la restrizione assoluta di alcuni tipi di alimenti e quindi la formulazione di diete particolari. Al contrario, i criteri quantitativi sono estremamente variabili da persona a persona e nello stesso soggetto a seconda dell'età, del sesso, del clima, dell'attività lavorativa e dell'esercizio fisico. L'apporto nutritivo aumenta durante tutto il periodo dell'accrescimento (infanzia e adolescenza), è maggiore nell'uomo rispetto alla donna – la quale tuttavia vede alzarsi il proprio fabbisogno durante la gravidanza e l'allattamento –, aumenta proporzionalmente all'attività fisica ed è quindi notevole negli sportivi, pur se con variazioni individuali. In tutte queste condizioni (accrescimento corporeo, gravidanza, allattamento, attività sportiva) l'alimentazione deve essere incrementata, con aggiustamenti anche dal punto di vista qualitativo (per esempio, negli atleti è richiesta un'alimentazione prevalentemente glicidica prima di uno sforzo, in grado di dare più energia, e proteica al di fuori di esso per la nutrizione delle masse muscolari). L'alimentazione subisce un decremento fisiologico con l'età in relazione a vari fattori, come la riduzione dell'attività fisica e lavorativa in genere, e quella della secrezione ormonale, motivi questi che nell'insieme provocano una diminuzione del metabolismo. Oltre a queste variabili di tipo fisiologico, numerose condizioni patologiche sono in grado di incidere sull'alimentazione non solo modificandone la qualità e la quantità ma a volte compromettendo anche la capacità dell'individuo di alimentarsi. Rientrano in quest'ambito tutti i casi in cui, per gravi stati patologici, si rende necessaria un'alimentazione artificiale, casi che sono andati progressivamente aumentando di frequenza per il prolungarsi della sopravvivenza di malati affetti da gravi malattie generali. L'alimentazione artificiale, praticata specificamente in coloro che non possono alimentarsi normalmente con la bocca, può essere effettuata con diverse modalità: attraverso sonde nasali che raggiungono lo stomaco e l'intestino, oppure con sonde introdotte direttamente nel tubo gastroenterico attraverso un'apertura chirurgica (gastrostomia o digiunostomia), oppure, infine, mediante un catetere introdotto in una vena; in questo ultimo caso si parla più propriamente di nutrizione parenterale. L'alimentazione per sonda viene utilizzata quando esistono ostacoli che impediscano l'introduzione o la progressione dei cibi. Gli alimenti sono costituiti da cibi liquidi, come latte, tè, sciroppi, brodi, oppure da soluzioni in cui vengono disciolti i vari principi nutritivi, zuccheri, proteine, lipidi, insieme a sali e vitamine, dosati in rapporto alle esigenze nutrizionali dell'individuo. La nutrizione parenterale viene utilizzata nei casi in cui non è possibile o è insufficiente l'alimentazione per sonda. Le sue principali indicazioni sono: ostruzioni intestinali, stati di grave malassorbimento, diarree e vomito prolungati, periodo postoperatorio dopo interventi chirurgici sul tratto gastrointestinale

Alimentazione umana: nella preistoria

Per quel lunghissimo arco di tempo che abbraccia tutti i periodi paleolitici l'umanità ebbe una nutrizione basata esclusivamente sulla caccia, sulla pesca e sulla raccolta dei prodotti spontanei del mondo vegetale. Sembra che vi sia stata una fase iniziale in cui probabilmente i primi Ominidi furono essenzialmente predatori di carcasse di animali abbattuti dai grandi carnivori della savana. In seguito gli animali cacciati furono i grandi mammiferi tra cui elefanti, rinoceronti, cervidi, felini, orsi; più facile fu probabilmente la caccia a mammiferi di taglia minore, quali le marmotte, i caprioli, i camosci, i ghiottoni, i castori, le lepri. Frequente dovette essere la caccia ai bovidi e agli equidi nel Paleolitico superiore, come attestano le numerose manifestazioni d'arte parietale e mobiliare, che sono state da alcuni autori interpretate come oggetto di riti di magia venatoria. Abbondante bottino dovettero ottenere anche le popolazioni rivierasche con la pesca nel mare e nei corsi d'acqua, utilizzando arpioni e altre armi da getto. Altrettanto frequente in certi siti del Paleolitico superiore, come per esempio alla Grotta Romanelli in Puglia, fu la caccia agli uccelli, soprattutto acquatici. Accanto agli alimenti ottenuti per mezzo della caccia e della pesca un ruolo importante ebbero quelli provenienti dalla raccolta dei prodotti spontanei, tanto che sembra potersi affermare che nei tempi preistorici non deve essersi verificato un mutamento sostanziale nella proporzione tra alimenti carnei e vegetali. Tra questi ultimi si devono menzionare soprattutto i frutti selvatici, le bacche, i tuberi, i rizomi, i bulbi, le radici, i germogli e fors'anche fiori e foglie commestibili. Un prodotto particolare fu il miele selvatico la cui raccolta risulta da un'eloquente pittura rupestre paleolitica che figura sulle pareti della Cueva de la Arana (Spagna). Un altro alimento delle popolazioni paleolitiche doveva essere costituito dai molluschi, sia terrestri sia marini, di cui si rinvengono numerosi i gusci nelle campagne di scavo. Essi dovettero anzi costituire un importante complemento nell'alimentazione durante il Mesolitico. Ciò che rivoluzionò però l'alimentazione dell'uomo preistorico, come pure tutta la sua economia, la sua cultura e, quindi, il suo modo di vivere, fu la coltivazione delle piante nonché l'allevamento del bestiame, da cui trasse da un lato farine e vegetali commestibili e dall'altro carne, grassi, latte. La tarda preistoria vide lo sviluppo delle pratiche pastorali e il conseguente incremento dell'alimentazione basata sul latte e i suoi derivati. All'Età del Bronzo risale inoltre l'inizio della policoltura (olivo e vite) mediterranea.

Alimentazione umana: la situazione mondiale

Il tasso di sviluppo della produzione mondiale di risorse alimentari, nel Novecento, è stato ed è all'incirca equivalente, e talvolta superiore, a quello, pur elevato, della popolazione; pertanto le risorse mondiali disponibili si potrebbero, almeno in via teorica, considerare sufficienti a soddisfare le esigenze di alimentazione dell'intera umanità . Esse però non sono equamente distribuite nel mondo secondo i bisogni della popolazione dei vari Paesi, mantenendosi abbondanti o sovrabbondanti nei Paesi sviluppati, in cui il tasso di accrescimento demografico è poco elevato e in cui il progresso tecnico permette di aumentare ancora più rapidamente la produzione di generi alimentari, e rivelandosi costantemente inadeguate, sia dal punto di vista quantitativo sia da quello qualitativo, nei Paesi sottosviluppati in cui la pressione demografica è molto forte e l'espansione della produzione agricola è più difficile a causa delle tecniche primitive, dell'insufficienza di capitali, del regime fondiario esistente. Si stima che circa due terzi della popolazione mondiale soffre di fame o malnutrizione (cioè ha una dieta non equilibrata). Dai rapporti della FAO si desume che in Europa, America Settentrionale e Australia la disponibilità giornaliera di calorie per abitante supera le 3000 calorie, mentre nell'America Latina si aggira intorno alle 2400, in Africa ed Estremo Oriente oscilla intorno alle 2000 calorie; in particolare ca. la metà dei bambini dei Paesi in via di sviluppo si possono ritenere insufficientemente nutriti. Va inoltre rilevato che il regime alimentare della popolazione dei Paesi poveri è prevalentemente basato sui cereali e gravemente carente di proteine, soprattutto di origine animale, di cui sono ricchi proprio gli alimenti più costosi (come la carne): il consumo giornaliero pro capite di proteine, che nei Paesi più evoluti si aggira intorno ai 90 g, nell'America Latina scende a 67 g, in Africa a 61 g e in Estremo Oriente a 56 g (di cui solo 8 di origine animale). Infine si è calcolato che la spesa media per consumi alimentari in Oceania, Stati Uniti, Canada ed Europa settentrionale supera del 30% quella del resto dell'Europa; del 60% quella dell'Africa; del 70% quella dell'Asia orientale. Il problema della sottoalimentazione interessa quindi attualmente la maggior parte dell'umanità; non solo, ma non essendo stati sinora approntati interventi tecnici e finanziari di portata tale da correggere effettivamente l'ineguale ripartizione mondiale delle risorse alimentari, il costante, elevatissimo accrescimento della popolazione fa sì che si vada di anno in anno approfondendo il già enorme divario tra Paesi “ricchi” anche alimentarmente e Paesi “poveri”. E non sono solo i ben diversi valori di incremento demografico, negli uni rispetto agli altri, ad aggravare la situazione dell'alimentazione mondiale. Paradossalmente nei Paesi più altamente alimentati si assiste, in luogo di una generalizzata pratica della ridistribuzione mondiale delle eccedenze alimentari, all'accentuarsi di comportamenti antieconomici, di veri e propri sprechi alimentari, di sovralimentazione spinta a livelli tali da provocare seri danni per la salute (come attesta il continuo aumento, nei Paesi ricchi, delle malattie cardiovascolari), all'irrazionale utilizzo di sostanze proteiche ad alto valore biologico (per esempio pesce liofilizzato o latte in polvere sono frequentemente destinati all'alimentazione del bestiame). Per contro, nella maggior parte dei Paesi emergenti, o comunque a insufficiente produzione agricola, lo sfruttamento delle terre incolte avviene a ritmo molto più lento dell'auspicato a causa di molteplici carenze: di infrastrutture (strade, canalizzazioni, ecc.), di tecnologie avanzate, di aiuti economici da parte dei Paesi ricchi e persino di collaborazione tra gli stessi Paesi interessati ai lavori agricoli. In particolare, la situazione è altamente drammatica in Africa, dove, su un totale di ca. 600 milioni, 142 milioni di africani soffrono di denutrizione cronica: cifra che potrebbe raddoppiare nel prossimo futuro. In gran parte del continente vasti territori già conquistati all'agricoltura o potenzialmente fertili, come la fascia del sahel, hanno subito un grave processo di inaridimento in seguito a prolungate siccità: e se, nel sahel, dopo il lungo periodo siccitoso iniziato nel 1968, i valori della piovosità sono tornati normali, ciò non vuol dire che il problema sia risolto perché il ritorno in massa delle popolazioni saheliane (fuggite all'inizio degli anni Ottanta) con i loro tradizionali e immutati modi di coltivare e di pascolare provocherà, al primo riproporsi di un periodo di siccità, drammi ancora più gravi, più terribili carestie. Per vincere i problemi della fame e del boom demografico non bastano sussidi straordinari da parte dei Paesi ricchi, ma occorrono strategie che affrontino le cause politiche, sociali ed economiche del sottosviluppo, senza perdere di vista il problema dell'equilibrio del territorio, strategie che siano in grado, cioè, di conciliare sviluppo e ambiente. A tale proposito, nel giugno 2002 si è tenuta a Roma la Conferenza mondiale sull'alimentazione. Voluto e organizzato dalla FAO, il summit si è prefisso lo scopo di coalizzare le forze del mondo nella lotta alla fame, dimezzando entro il 2015 il numero delle persone sottoalimentate. L'impegno è stato sottoscritto da capi di Stato e di governo, che nella dichiarazione finale della Conferenza hanno promesso di consacrare le loro volontà politiche al fine di “ottenere la sicurezza alimentare per tutti e fare uno sforzo costante per eliminare la fame in ogni Paese”. Secondo la FAO il mondo dovrà produrre il 75% di cibo in più per soddisfare i bisogni della popolazione in crescita, che passerà – in base alle stime – dai 5,7 miliardi del 1995 ai 9,8 miliardi del 2050. Sul problema del possibile incremento delle risorse alimentari esistono da tempo due tesi opposte: una, pessimistica, pone in rilievo il progressivo esaurimento dei mezzi di sussistenza dovuto soprattutto alla distruzione delle ricchezze naturali operata dall'uomo; l'altra, ottimistica, si richiama all'importanza delle risorse non ancora sfruttate e al progresso scientifico. Secondo i sostenitori di quest'ultima tesi, infatti, sarebbe possibile, benché a lunga scadenza, non solo estendere la superficie di terra coltivabile ma anche accrescere il rendimento di quella esistente introducendo nuove varietà di cereali, impiegando su più vasta scala fertilizzanti e antiparassitari (non dimenticando peraltro il fatto che l'uso indiscriminato di prodotti chimici nell'agricoltura e nell'allevamento ha sollevato parecchie perplessità per gli effetti nocivi che questi prodotti possono provocare una volta entrati nella catena alimentare), intensificando l'irrigazione; acquisterebbe infine fondamentale importanza il ricorso alle risorse ittiche (anche mediante “coltivazione”) e alla produzione sintetica di alimenti. In effetti, fin dagli inizi degli anni Settanta, si sono diffuse grandi aspettative riguardo all'applicazione della biotecnologia alla produzione alimentare. In seguito, tuttavia, è emersa la difficoltà ad applicare in agricoltura questa scienza, che, se anche non porta rivoluzioni da un giorno all'altro, certamente costituisce un'importante nuova arma nella lotta contro la fame. La più nota e importante di tutte le nuove tecniche biologiche è l'ingegneria genetica, che consiste nel trasferimento diretto da un organismo all'altro dei geni che codificano i processi vitali. Mentre le piante, fonte primaria dell'alimentazione, hanno risposto molto poco alle manipolazioni genetiche, l'applicazione dell'ingegneria genetica all'allevamento del bestiame è progredita più rapidamente. In ogni caso risultati importanti sono già stati raggiunti: basti ricordare le “lotte biologiche”, cioè i sistemi biologici per la lotta ai parassiti utilizzando tecnologie e programmi al fine di ridurre al minimo l'uso dei fitofarmaci, razionalizzare il loro impiego, aumentare i fattori naturali di controllo e ridurre i costi complessivi della difesa. È necessario inoltre sviluppare tecnologie biologiche come l'allevamento su substrati artificiali di parassitoidi, predatori e agenti patogeni e metodologie di comportamento e controllo della velocità di crescita dei parassiti. Accenniamo inoltre ai “nuovi incroci alimentari”, quali il pomato (pomodoro e patata) e i sunbeans (girasole e fagiolo) che fissano l'azoto atmosferico grazie alla simbiosi con batteri; si è avviato ormai da anni un imponente lavoro per il miglioramento genetico volto alla creazione e alla selezione di nuove varietà caratterizzate da elevata produttività e resistenza alle malattie, agli stress ambientali, elevata adattabilità agronomica e buone caratteristiche qualitative. Per quanto riguarda l'“acquacoltura”, cioè l'attività dell'uomo rivolta alla coltura dei pesci, analogamente a quanto si fa in agricoltura, lo sviluppo di questa nuova tecnica è molto importante, data la costante diminuzione del pescato di molte specie ittiche, per le quali è possibile prevedere l'allevamento in impianti nei quali viene realizzato in ogni sua fase il ciclo produttivo, dall'uovo alla taglia di mercato. Di grande interesse sono soprattutto le ricerche relative alla sintesi industriale di prodotti idonei per l'alimentazione umana. Risultati di grande rilievo sono stati ottenuti in questo campo con la sintesi e la produzione su vasta scala di varie vitamine e con la sintesi più recente di proteine nobili a partire da materiali sprovvisti di proprietà nutrizionali e di basso costo. La produzione di sostanze proteiche è realizzata da colture di microrganismi dei generi Methanomonas e Pseudomonas capaci di sintetizzare proteine a partire da emulsioni di petrolio contenenti sali d'ammonio o altre sostanze azotate. I prodotti in tal modo ottenuti vengono già impiegati in campo zootecnico con favorevoli risultati. Un'importante fonte di proteine vegetali è rappresentata dalla soia: dai semi di questa leguminosa si estrae l'olio, si ottengono dei panelli utilizzati da tempo nell'alimentazione del bestiame e, solo successivamente, si sono potuti isolare dei concentrati proteici adatti per l'alimentazione umana. La rilevanza di questi prodotti assume una configurazione particolare se valutata contemporaneamente ai problemi, oggi sempre più drammatici, delle popolazioni sottoalimentate, per le quali la soia e i suoi prodotti di trasformazione potrebbero costituire una importante fonte di approvvigionamento di proteine vegetali, senz'altro più accessibili da un punto di vista economico ed energetico, rispetto a quelle animali. Analogamente, importanti sviluppi potrà avere in futuro la produzione di carboidrati alimentari che alcuni microrganismi attuano a partire dalla cellulosa, dalla segatura e dalla carta straccia.

Alimentazione umana: l'industria alimentare

I consumi dei prodotti alimentari sono al secondo posto nella graduatoria mondiale, dopo i consumi di energia, mentre i problemi relativi alla loro produzione e distribuzione condizionano buona parte delle attività industriali e agricole. Anche le imprese alimentari hanno assunto le caratteristiche della grande impresa moderna. Oggi, infatti, si hanno processi industriali per la preparazione di qualsiasi alimento, sia da parte di industrie estranee all'agricoltura, sia da parte di cooperative agricole. Tali processi rendono possibile, mediante la meccanizzazione e la razionalizzazione del processo produttivo, minori costi e quindi una maggiore diffusione dei prodotti. Il sorgere di grandi comunità economiche, la soppressione delle restrizioni quantitative al commercio e l'abbassamento delle barriere doganali hanno portato alla creazione di grandi imprese alimentari multinazionali, capaci di soddisfare i bisogni di vasti mercati. Fra i grandi complessi che operano in campo internazionale nel settore alimentare si possono ricordare la Unilever (anglo-olandese), che prepara oltre un migliaio di prodotti diversi; la svizzera Nestlé; la Findus nel campo dei surgelati e la Vanderberg per la margarina. La General Foods è una delle più importanti imprese di prodotti alimentari negli USA. Tra le europee sono ancora da citare le francesi Gervais Danone e la B.S.N. Oltre a quelle della trasformazione hanno acquistato una grande importanza anche le attività relative alla conservazione degli alimenti, con impiego della tecnica frigorifera, della sterilizzazione, di antifermentativi e dei moderni sistemi d'inscatolamento. Per far fronte ai futuri bisogni dell'umanità sono in corso, da parte dell'industria alimentare, ricerche scientifiche in collaborazione con i singoli governi e organizzazioni internazionali (FAO). Viene prospettata la possibilità di utilizzare il plancton marino, di coltivare su larga scala le alghe, di produrre cibo sintetico, di trasformare alimenti scarsamente usati in prodotti finiti di elevato potere nutritivo. Fra i diversi gruppi di industrie alimentari quella molitoria lavora vari tipi di cereali (principalmente frumento, mais, riso, segale, orzo e altri minori). Gli stabilimenti principali sono localizzati nelle maggiori città e nei porti di esportazione e importazione in quasi tutti i Paesi del mondo; i pastifici e i panifici industriali sono diffusi nei grandi centri di consumo con produzione di pane, paste alimentari, biscotterie, prodotti precotti e confezionati.

Alimentazione umana: produzione e consumo degli alimenti

I maggiori consumatori di pane e alimenti affini sono i popoli europei (soprattutto Francesi e Italiani), mentre i popoli asiatici consumano in prevalenza riso e suoi derivati; l'alimentazione a base di mais è diffusa nei Paesi danubiani e nell'America Centrale e Meridionale. Per quanto riguarda l'industria degli oli e grassi alimentari, la produzione annua è valutata intorno a 20 milioni di tonnellate. Fra i grassi animali è importante, per l'entità della sua produzione, il sego bovino usato per la panificazione. Per ottenere gli oli vegetali si usano i semi di varie piante: i più sfruttati sono, nell'ordine, soia, arachide, girasole, cotone, colza, oliva, sesamo, mais. La domanda mondiale delle sostanze grasse è diminuita a causa dei nuovi orientamenti dell'igiene alimentare che portano a una limitazione dei consumi. Gli oleifici industriali, che utilizzano in prevalenza mezzi chimici di estrazione, sorgono nei grandi centri di consumo, dove vengono importate le materie prime. I maggiori Paesi produttori di olio d'oliva (Italia, Spagna, Grecia, Tunisia, Turchia) manifestano la tendenza a esportare tale olio, colmando le necessità del consumo interno con l'importazione di oli di semi che hanno prezzi più bassi. L'industria lattiero-casearia è particolarmente fiorente dove è diffuso l'allevamento bovino; il latte è raccolto presso i produttori e distribuito tramite grandi aziende che provvedono alla refrigerazione e alla pastorizzazione. Connesse con la produzione del latte sono quelle del burro e dei formaggi. La loro fabbricazione a livello industriale si ha quasi esclusivamente in Europa, nell'America Settentrionale e dove è praticato l'allevamento razionale (Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Repubblica Sudafricana), mentre altrove prevale tuttora la lavorazione artigianale, insieme all'allevamento estensivo tradizionale. L'industria zuccheriera è diffusa nelle aree di coltivazione delle due piante fondamentali su cui si basa la produzione mondiale di zucchero, quella dei Paesi tropicali (canna da zucchero) e quella dei Paesi temperati (barbabietola). Il mercato mondiale dello zucchero ha presentato più volte gli inconvenienti della sovrapproduzione per cui si sono stipulati accordi internazionali per limitare le esportazioni. Lo zucchero, insieme al cacao e ad altri prodotti similari, è usato nell'industria dolciaria, molto diffusa in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, ma presente ovunque nei grandi centri urbani. Fra le industrie delle bevande, particolare importanza hanno quella enologica (specialmente in Italia, Francia, Spagna) e quella della birra (soprattutto negli Stati Uniti e in Germania), che oltre ad alimentare i mercati interni danno luogo a notevoli correnti di esportazione e importazione. Oggigiorno la limitatezza del tempo disponibile per le attività domestiche richiede l'utilizzazione di alimenti preparati dall'industria; da ciò la crescita dell'industria conserviera che lavora sia le carni (bovine, suine, ovine, pollame) sia il pesce e una grande varietà di prodotti ortofrutticoli offrendo sui mercati mondiali prodotti già del tutto pronti per il consumo.

Alimentazione umana: l'industria alimentare in Italia

In Italia l'industria alimentare è al terzo posto subito dopo i settori meccanico e tessile.È caratterizzata da una forte frammentazione, in contrapposizione alla tendenza, in atto in Europa e negli USA, verso una sempre maggiore concentrazione. L'importanza delle dimensioni delle imprese è connessa infatti con la possibilità di raggiungere nuovi mercati con prodotti sempre più competitivi non solo economicamente, ma anche per quanto attiene alla “innovazione”: prodotti, cioè di elevata qualità, in linea con le attuali tendenze del consumatore, la cui realizzazione richiede ampi investimenti nella ricerca e nello sviluppo che solo grosse imprese possono sostenere. Numerosi sono i settori componenti l'industria alimentare: l'industria delle conserve vegetali, imperniata sulla produzione di derivati del pomodoro, succhi e confetture di frutta, è una delle più rappresentative; l'industria delle conserve animali, prevalentemente localizzata nelle regioni centro-settentrionale, che produce carni in scatola, insaccati e grossi lavorati, destinati quasi completamente al mercato nazionale; l'industria di trasformazione del pesce; il settore degli alimenti surgelati, caratterizzato da un numero esiguo di aziende; l'industria molitoria, che ha visto crescere il numero dei molini destinati alla lavorazione del grano duro, e che è in Italia uno dei settori più importanti insieme a quello dell'industria della pastificazione, localizzata prevalentemente nelle regioni centro-settentrionali. Anche l'industria dolciaria registra un processo di concentrazione: è da segnalare l'incremento di alcuni prodotti sostitutivi del pane, come fette biscottate, crakers e merendine. L'industria saccarifera è localizzata nelle zone bieticole dell'Emilia Romagna e del Veneto; la commercializzazione dello zucchero è disciplinata da numerose norme nazionali e comunitarie tendenti a regolamentarne il mercato. Dislocate soprattutto nell'Italia settentrionale, le imprese operanti nel settore avicolo che coprono completamente il fabbisogno interno e suscettibili di un interessante sviluppo soprattutto in seguito al riconoscimento dell'importanza delle carni bianche in una alimentazione equilibrata. L'industria delle sostanze grasse vegetali è suddivisa tra le imprese che si occupano della raffinazione e del confezionamento dell'olio d'oliva, degli oli di semi, dell'estrazione e raffinazione dell'olio di sansa di oliva, della produzione di margarina, dell'estrazione e raffinazione di grassi concreti. Il comparto dell'olio d'oliva è tradizionalmente il più importante in Italia; gli oli da pressione vengono prodotti in quantità variabile a seconda dell'andamento dell'annata agraria e utilizzando olive provenienti in parte dall'Italia in parte reperite grazie alle importazioni da Paesi quali la Spagna e la Grecia. L'olio di sansa di oliva, raffinato, viene commercializzato in miscela con olio vergine di oliva, con la denominazione di “olio di sansa di oliva”. Il settore degli oli di semi è rappresentato dalle aziende che operano l'estrazione dell'olio destinato al consumo alimentare: i semi di oleaginose lavorati annualmente sono per la metà di provenienza nazionale (soia, girasole, vinaccioli, germe di mais), per un'altra metà di importazione (soprattutto soia). Le aziende più importanti nel settore dell'industria della margarina sono prevalentemente costituite da multinazionali; il consumo annuo pro capite è tra i più bassi in Europa. Rientrano, infine, nel settore delle sostanze grasse per affinità con le oleaginose, i prodotti ottenuti dalle farine di estrazione della soia, dotati di un tenore proteico del 50%. Quello dell'industria lattiero-casearia è un settore caratterizzato da una forte frammentazione e dalla presenza sia di imprese a livello industriale, che di cooperative e piccole aziende artigianali, prevalentemente localizzate nelle regioni centro-settentrionali. Le diverse produzioni possono suddividersi in latte alimentare, formaggi e derivati, burro. L'industria delle bevande analcoliche ha conosciuto negli ultimi anni una crescita costante, che si è adeguata alla continua evoluzione dei consumi di questi prodotti. Il settore vinicolo è prevalentamente rappresentato su tutto il territorio da aziende agricole e cooperative vinicole, spesso dotate di antico prestigio e tradizione, che offrono una produzione ampiamente diversificata: vini bianchi, rossi e rosati, vini DOC, vini VQPRD, vini frizzanti, spumanti, vermut, ecc. L'industria vinicola propriamente detta, invece, rappresenta il 15% dell'offerta nazionale di vino. I consumi annui pro capite sono in graduale diminuzione; il settore è disciplinato da numerose disposizioni comunitarie, tendenti ad armonizzare le diverse legislazioni e a regolamentare gli scambi commerciali. Il settore costituito dall'industria della birra è localizzato per un 50% nelle regioni settentrionali e per il rimanente nelle regioni meridionali.

Alimentazione umana: interscambio con l'estero

L'Italia presenta una situazione di forte squilibrio negli scambi di prodotti alimentari con l'estero. Legato da un rapporto diretto con l'aumento dei consumi e inversamente correlato con la produzione agricola nazionale, questo squilibrio risulta determinato da numerosi fattori spesso concomitanti quali il diverso ruolo che oggi ricopre il settore agricolo, l'abbandono delle terre, l'arretratezza strutturale e l'azione spesso penalizzante della politica agricola comunitaria. In particolare, nell'ambito dei prodotti primari, incidono negativamente sulla nostra bilancia commerciale le importazioni di prodotti zootecnici – soprattutto le carni fresche e congelate –, di semi e frutti oleosi, di cereali, cacao e caffè; viceversa l'Italia esporta soprattutto prodotti ortofrutticoli e nell'ambito dei prodotti trasformati, paste alimentari (per cui è il 1º Paese esportatore), prodotti dell'industria molitoria, riso, conserve vegetali, prodotti dolciari, bevande analcoliche e vino.

Alimentazione umana: evoluzione dei consumi alimentari

Negli anni Novanta sono state sviluppate nuove linee guida per la corretta alimentazione, basate sull'apporto energetico e nutritivo dei diversi alimenti. In particolare, è stato stabilito che circa il 10-12% dell'apporto energetico totale sia fornito dalle proteine (con un giusto equilibrio fra quelle animali e quelle vegetali), il 25-30% dai grassi (dando ampio spazio a quelli vegetali) e il restante 55-60% dai carboidrati, con grande prevalenza di quelli complessi (amido) rispetto a quelli semplici (zuccheri). Sono stati così stabiliti i cosiddetti LARN, cioè i livelli di assunzione giornalieri raccomandati di energie e nutrienti per la popolazione. Si tratta di indicazioni sotto forma di standard di riferimento per il soddisfacimento delle necessità nutrizionali delle diverse fasce di popolazione. I LARN fanno riferimento anche al peso, al sesso, all'età e a situazioni particolari quali gravidanza e allattamento. Questi dati forniscono un termine di riferimento per evitare il rischio di carenze nutrizionali, per valutare l'adeguatezza della dieta media della popolazione e anche per pianificare la politica degli approvvigionamenti alimentari. § In Italia i consumi alimentari sono di tipo prevalentemente qualitativo. Passato, infatti, il periodo compreso tra il dopoguerra e gli inizi degli anni Settanta, in cui si è assistito a una notevole espansione della spesa alimentare, questo tipo di consumi rimane oggi pressoché costante. Dagli inizi degli anni Sessanta fino ai nostri giorni si è verificato un rilevante cambiamento evolutivo nel consumo dei principali alimenti: la carne, per esempio, ha conosciuto un notevole incremento passando dai 20 kg pro capite annui ai 30 kg attuali; viceversa è diminuito il consumo di pane e cereali e, nell'ambito delle bevande, quello delle bevande alcoliche. Volendo ripartire la spesa per i diversi alimenti in funzione della suddivisione geografica, si può osservare che al Nord si ha un più largo consumo di latte, formaggi e uova; il Sud presenta una rilevante incidenza della spesa per il pesce e insieme registra il maggior consumo di pane e cereali; il Centro è caratterizzato dal maggior consumo di carne. Un ulteriore riscontro della crescita quali-quantitativa nei consumi alimentari nel nostro Paese è offerto dai dati a livello calorico: i consumi medi giornalieri in Italia sono oggi superiori alle 3300 calorie contro le 2500-2700 calorie relative agli anni Sessanta. Questi dati, in linea con gli standard calorici degli altri Paesi occidentali, vengono ritenuti eccessivi dalle recenti acquisizioni in campo nutrizionistico: è da sottolineare, però, che il 70% di queste calorie vengono fornite da alimenti di origine vegetale, a differenza di quanto avviene in altri Paesi occidentali dove questa quota si attesta invece intorno al 60-65%. Superata la fase di crescita quantitativa, in cui si sostituiscono ai prodotti farinacei quelli di natura proteica, uniformatisi agli standard dei Paesi industrializzati, i consumi alimentari conoscono una certa stabilità, caratterizzati da un progressivo aumento dei prodotti trasformati (pari al 55-60%) che sono dotati di un elevato livello di convenience, rispetto a quelli freschi. Cresce, cioè, la richiesta e il consumo di alimenti surgelati, precotti, di prodotti dietetici, di cibi da consumarsi fuori pasto, prodotti a elevato contenuto di servizio, che appaiano per gusto e aspetto “freschi”, anche se richiedono un'elevata tecnologia: questa tendenza, che ci avvicina agli schemi di altri Paesi occidentali, è originata da numerosi fattori, spesso concomitanti, legati all'incremento dell'occupazione femminile, a un più elevato livello di reddito, alla sempre maggiore diffusione di nozioni dietetiche, all'invecchiamento della popolazione.

Alimentazione umana: i reati e gli illeciti alimentari

La legge prescrive l'igiene che deve essere osservata nella confezione e vendita dei generi alimentari, specificando, tanto per i cibi che per le bevande, gli utensili e i recipienti destinati alla loro preparazione e conservazione. La genuinità dei prodotti di più largo consumo è tutelata da numerose leggi: prodotti agricoli, R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033; vini, legge 31 luglio 1954, n. 666; burro e margarina, legge 23 dicembre 1956, n. 1526; farine e pane, legge 4 luglio 1967, n. 580; oli d'oliva, legge 13 novembre 1960, n. 1407; carni fresche e congelate, legge 4 aprile 1964, n. 171; prosciutto veneto (S. Daniele) e di Parma, legge 4 novembre 1981, n. 628, legge 13 febbraio 1990, n. 26 e 14 febbraio 1990, n. 30. Sotto il profilo della tutela cautelare della salute pubblica, la legge 7 agosto 1986, n. 462, autorizza il sindaco ad adottare i provvedimenti della chiusura temporanea dello stabilimento o dell'esercizio che ha prodotto o posto in commercio bevande o alimenti ritenuti pericolosi. La stessa legge ha inoltre istituito un'anagrafe vitivinicola su base regionale e un Ispettorato centrale per la repressione delle frodi alimentari presso il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste (ora Ministero delle Politiche Agricole e Forestali). In merito alla tutela sanzionatoria, il Codice Penale colpisce i casi di avvelenamento, adulterazione o contraffazione di cibi o bevande sia nella fase del confezionamento, sia in quella della vendita (art. 439, 440, 441, 442, 444). L'art. 446 del Codice Penale prevede, quale pena ulteriore a quella detentiva e pecuniaria, anche la confisca obbligatoria dei cibi o delle bevande oggetto di reato. Per chi ha prodotto o commerciato le sostanze in questione è prevista l'interdizione dalla professione (art. 448 Codice Penale). Ipotesi meno grave di reato è quella prevista dall'art. 5 della legge 30 aprile 1962, n. 283, secondo cui è vietato impiegare nella preparazione di alimenti e vendere sostanze alimentari private dei propri elementi nutritivi, in cattivo stato di conservazione, insudiciate, colorate artificialmente in misura non autorizzata.

Alimentazione degli animali domestici: zootecnia

In zootecnia l'alimentazione presenta aspetti scientifici, tecnici ed economici. I requisiti fondamentali dell'alimentazione sono: la qualità degli alimenti, che devono svolgere funzioni plastica, biologica ed energetica; la quantità, che varia non solo a seconda della specie animale ma anche in base alle attitudini funzionali della razza allevata. Di fondamentale importanza è, di conseguenza, la razione alimentare, cioè la quantità di alimenti che vengono somministrati nelle 24 ore, che può essere di mantenimento e di produzione. La prima corrisponde alla dose di alimento necessaria a sopperire alle necessità metaboliche dell'animale; la seconda invece è costituita dal materiale nutritivo essenziale per la produzione di carne, latte, uova, lana, ecc. Gli zootecnici hanno studiato numerosi metodi di razionamento; i più noti sono: il metodo di Kellner (o delle unità amido), il metodo di Thaër (o degli equivalenti in fieno) e il metodo scandinavo (o dell'unità foraggera). Gli alimenti del bestiame possono essere divisi in: foraggi, prodotti complementari dei foraggi e mangimi concentrati. I primi sono rappresentati da piante o parti di piante espressamente coltivate o, se spontanee, raccolte per l'alimentazione del bestiame; gli alimenti complementari sono costituiti da sottoprodotti aziendali (paglie, foglie, vinacce, sanse, tutoli, cartocci di mais, polpe di barbabietole da zucchero, ecc.); i mangimi concentrati sono invece tutti gli alimenti il cui valore nutritivo supera quello dei fieni di migliore qualità. Si considerano mangimi concentrati sia prodotti di origine vegetale come i semi di cereali o di leguminose, sia prodotti di origine animale come le farine di carne e pesce. Per la formulazione di diete bilanciate si ricorre all'uso di diverse categorie di alimenti; in particolare, la miscelazione di vari mangimi concentrati semplici permette la preparazione di mangimi composti che rappresentano la base della moderna alimentazione animale. Questa si avvale, inoltre, di un'importante classe di sostanze rappresentata dagli additivi, alcuni dei quali hanno una specifica funzione nutritiva equilibrando le eventuali carenze (vitaminiche, minerali, proteiche) dei mangimi, altri non hanno una vera funzione alimentare. Tra questi ultimi ricordiamo gli antibiotici utilizzati a scopo auxinico, capaci di migliorare l'utilizzazione dei nutrienti regolando la flora microbica intestinale, i coccidiostatici e i fattori di accrescimento, in grado di fornire una copertura sanitaria nei confronti di alcune frequenti patologie infettive e infine gli additivi tecnologici (emulsionanti, leganti, coagulanti). Occorre ancora considerare la presenza, negli alimenti per il bestiame, di sostanze tossiche e di fattori antinutrizionali. Le prime sono rappresentate dalle micotossine e da altri composti ad azione anticoagulante, estrogena, antitiroidea presenti in alcuni vegetali. I fattori antinutrizionali sono invece sostanze, contenute specialmente nei semi di soia cruda, cotone, colza e altre leguminose, in grado di interferire con i normali processi di assimilazione e utilizzazione dei principi alimentari. Tra questi ricordiamo i composti tannici (in grado di inibire l'utilizzazione delle proteine della dieta), le lectine (ad azione emoagglutinante), le saponine (ad attività emolitica), gli inibitori degli enzimi proteolitici (inattivatori della tripsina, della chimotripsina, dell'amilasi). Per la preparazione degli alimenti si ricorre a: sminuzzamento e trinciatura (fieni, paglie, radici, ecc.); sfibratura, ottenuta con particolari apparecchi (foraggi grossolani quali, per esempio, stocchi di mais, tutoli di granoturco, ecc.); rammollimento e fermentazione; cottura, che non deve mai essere troppo spinta in quanto provocherebbe la distruzione di alcuni principi alimentari; germinazione (per esempio nei semi di cereali) che determina un aumento della vitamina E. Le norme da seguire per una regolare distribuzione degli alimenti sono l'osservanza dell'orario e del numero dei pasti e la somministrazione dei mangimi concentrati prima dei foraggi. Il cambiamento del regime alimentare deve avvenire gradualmente, poiché l'abitudine influisce sull'utilizzazione della razione, per la prevenzione di alcune affezioni.

Alimentazione degli animali domestici: etologia

L'alimentazione negli animali si attua secondo moduli comportamentali che dipendono molto dalla natura del cibo e dagli apparati dell'animale atti a prenderlo e a ingerirlo. La quantità degli alimenti assunti da una determinata specie viene di norma saggiata attraverso gli organi gustativi e olfattivi ed è riconosciuta sia su base istintiva (animali inferiori) sia appresa (animali superiori), in questo secondo caso può essere importante anche il ruolo giocato dalla vista. Esperimenti hanno dimostrato come i ratti siano capaci di formarsi una dieta equilibrata, comprendente cioè la giusta quantità di ciascuna sostanza necessaria, anche se gli alimenti sono forniti scomposti e i singoli nutrienti separatamente, e come alcune specie eurifaghe siano in grado di rifiutare un particolare alimento, pur di sapore gradevole, che abbia loro provocato reazioni fisiologiche spiacevoli. Nei Mammiferi la quantità di cibo assunto è regolata dall'ipotalamo che registra le concentrazioni di glucosio nel sangue e gli impulsi nervosi rispettivi allo stato di riempimento dello stomaco. Nell'alimentazione dei piccoli, il comportamento che ha subito maggiori evoluzioni appare quello delle specie la cui prole, nel periodo immediatamente successivo alla nascita, non è in grado di provvedere da sola al proprio nutrimento (prole inetta). In queste specie, durante la crescita dei piccoli, l'intervento dei genitori si fa progressivamente meno marcato e mentre nei primissimi tempi il cibo offerto ai piccoli viene predigerito e scaldato nel gozzo (Uccelli) o nello stomaco (Mammiferi), verso la fine dell'allevamento si diradano gli interventi dei genitori e il cibo è offerto in forma più grossolana: per esempio prede intere, uccise o ferite. I tempi più lunghi di intervento dei genitori nell'allevamento e quindi anche nell'alimentazione sono richiesti, probabilmente, dai grandi predatori mammiferi, i cui giovani hanno necessità di apprendere le tecniche di caccia prima di essere completamente autonomi; può accadere tuttavia che gli uccelli e i mammiferi carnivori continuino a nutrire i piccoli per qualche tempo, anche dopo che questi hanno imparato a provvedere a sé stessi. La richiesta di alimentazione da parte dei piccoli si basa su stimoli chiave che evocano le risposte adeguate nei genitori e talvolta anche in altri conspecifici. I nidiacei spalancano il becco mostrando la gola vivacemente colorata e gli uccelli più grandicelli accompagnano l'apertura del becco con il fremito delle ali e una posizione semiaccovacciata. I giovani gabbiani reali beccano vivacemente la macchia arancione sulla mandibola dei genitori, provocando il rigurgito del cibo. Comportamento analogo si ritrova anche nei pinguini, nei pellicani, nei colombi e altri uccelli, che per essere alimentati, tuttavia, introducono il becco nelle fauci dei genitori; i giovani dei colombi ricevono dai genitori una secrezione del gozzo simile al latte. I cuccioli dei Canidi mordicchiano le labbra dei genitori che, in risposta, rigurgitano il cibo. Presso le scimmie antropoidi, ma anche presso alcune popolazioni umane (Papua, Pigmei) le madri praticano l'alimentazione bocca a bocca dei figli più piccoli, costume da cui sembra essere derivato il bacio. In molte specie è praticata anche la nutrizione tra gli adulti: negli uccelli in cui la cova è affidata a uno solo dei partners, l'altro nutre il compagno per il periodo che trascorre al nido e in quelli che formano coppie permanenti i partners si possono scambiare cibo in qualsiasi periodo. Dal comportamento alimentare derivano, per ritualizzazione, altri comportamenti in cui le offerte di cibo assumono significato di corteggiamento e saluto e, in generale, tutti i cerimoniali della nutrizione.

Bibliografia

Per la fisiologia e la biochimica

M. Sahyun, Protein and Aminoacids in Nutrition, New York, 1948; G. H. Beaton, E. W. McHenry, Nutrition. A Comprehensive Treatise, New York, 1966; W. F. Ganong, Fisiologia medica, Padova, 1967; G. Arienti, A. Floridi, Biochimica della nutrizione, Padova, 1981; E. Turchetto (a cura di), Alimentazione del futuro, Bologna, 1983.

Per l'economia

M. Langelle, M. Cepede, Economie alimentaire du Globe. Essai d'interprétation, Parigi, 1953; F.A.O., La situation mondiale de l'alimentation et de l'agriculture, Roma, 1967; G. Secchi, I nostri alimenti, Milano, 1967; W. Ciusa, Trattato di merceologia, Torino, 1969.

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