Generalità

Antica località della Grecia, nella Focide, sul versante sudoccidentale del monte Parnaso, 13 km a SE di Ámfissa, presso l'attuale villaggio di Delfoí. Anche Delfo o Delfos; in greco, Delphói; in latino, Delphi.

Storia

Fu sede del celeberrimo santuario di Apollo Pitico, dei giochi pitici dell'anfizionia delfico-pilaica, la più importante dell'antica Grecia. Dall'età arcaica fino all'egemonia macedone, la sua storia e quella dell'anfizionia s'intrecciarono e più volte si fusero saldamente con la storia greca. Ricordiamo le “guerre sacre” ufficialmente votate contro i sacrileghi trasgressori delle norme anfizioniche ma di fatto dettate da giochi d'interessi assai più profani che sacri, la rivalità fra le poleis per esercitare un sempre maggior controllo in seno alla confederazione, infine la comunione d'interessi economici che legava a Delfi un numero grandissimo di città, anche fra loro rivali, che ivi avevano depositato ingenti capitali in singoli tesori offerti al dio. Come centro culturale, per un terzo dell'anno Delfi era dedicata a Dioniso e per il rimanente periodo ad Apollo. Qui la Pizia, una sacerdotessa vergine dotata di poteri medianici e seduta sul tripode aureo, collocato nell'adyton, la parte più interna del tempio, recitava dei responsi che venivano poi interpretati dai sacerdoti delfici e che ebbero un'importantissima parte nella formazione della grecità. Privati e delegati pubblici le sottoponevano questioni e le sue risposte, informate a una continuità ideale, fornivano un comune livello etico-religioso al mondo greco. Il santuario di Delfi era una fonte di “sacralità” la cui attendibilità veniva miticamente fondata sull'identificazione del luogo con l'“utero della Terra”, per cui diversi autori lo credevano antico quanto il mondo; sulla successione delle divinità titolari, che partiva da Gaia (la Terra) e giungeva ad Apollo; sulla presa di possesso da parte di Apollo in seguito a bonifica della regione (tra l'altro mediante l'uccisione del mostro Pitone, da cui il dio venne detto Pizio e Pizia la sua sacerdotessa), intesa come instaurazione di un nuovo ordine (che sarà poi l'ordine greco); sulla certezza che Apollo, quando parlava per bocca della Pizia, esprimeva la volontà di Zeus, il dio sovrano del pantheon greco.

Archeologia

Importanti zone sono state rimesse in luce dalla scuola archeologica francese a partire dal 1880. La prima zona, da ovest, è quella detta di Marmarià, con il santuario di Atena Pronaia situato su un lungo terrazzo artificiale. Si conservano i resti di due templi di Atena, di due thesauròi e di un edificio rotondo (thólos) di ordine dorico-corinzio, opera di Teodoro di Focea. Più a ovest, su un'altra terrazza si estende il complesso del ginnasio, con portico ionico, pista scoperta, bagni e palestre. Dal ginnasio si sale alla fonte Castalia, tagliata nella roccia con fronte decorata da pilastri di marmo. La zona archeologica più importante comprende parte della città e il grande santuario dedicato ad Apollo chiuso da un muro di recinzione di 190x135 m con nove porte. Dall'ingresso principale sale verso il tempio la Via Sacra, fiancheggiata da monumenti, ex voto e tempietti votivi (thesauròi) fra cui quelli degli Ateniesi, dei Sicioni, dei Sifni, notissimi per la loro decorazione scultorea. Sulla terrazza centrale sorge il tempio di Apollo; è dorico, periptero e i resti attuali appartengono alla ricostruzione dopo il terremoto del 373 a.C. sul posto del precedente tempio arcaico del sec. VI a.C. A nord del tempio sono l'ex voto del principe tessalo Daochos, l'esedra che conteneva il gruppo bronzeo della “caccia di Alessandro”, la base del donario di Gelone e Polizalo, di cui resta il celebre “auriga” di bronzo, e i ruderi della “Lesche dei Cnidi”, sala di riunione decorata nel sec. V a.C. dalle pitture di Polignoto, a noi note solo dalla descrizione del periegeta Pausania. Coronava il santuario la vasta cavea del teatro che risale al sec. IV a.C. con rifacimenti di età ellenistica e romana. Al di sopra del santuario di Apollo lo stadio conserva resti delle gradinate e della pista lunga 178 m. Ancora al di sopra dello stadio, sulla sommità della collina, sono i resti della fortezza di Filomelo (355 a.C.). La maggior parte del materiale rinvenuto negli scavi a Delfi è esposta nel museo locale. Tra le opere più significative sono le due statue arcaiche maschili (dette Cleobi e Bitone) dello scultore argivo Polymedes, la colonna con la Sfinge dei Nassi, le sculture e il fregio ionico del thesauròs dei Sifni, le metope del thesauròs dei Sicioni, il citato auriga di bronzo di Polizalo, la “colonna di acanto” con danzatrici e le statue del gruppo di Daochos, fra cui notissima quella di Agias, attribuita a Lisippo. Completano le collezioni rilievi votivi, iscrizioni, bronzetti, gioielli ecc. Per la sua importanza storica e il superbo paesaggio in cui è immerso, il sito archeologico di Delfi è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1987.

Bibliografia

J. Fontenrose, Python. A Study of Delphic Myth and its Origins, Londra, 1959; J. Pouillox, G. Roux, Enigmes à Delphes, Parigi, 1963; E. Kirsten, W. Kraiker, Griechenlandkunde, Heidelberg, 1967; H. G. Goodman, S. Gompertz, A Guide to the Excavations of Ancient Delphes, Londra, 1982.

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