Tolstoj, Lev Nikolaevič

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scrittore russo (Jasnaja Poljana, Tula, 1828-Astapovo, Rjazan, 1910). Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie russe. La madre, principessa Maria Nikolaevna Volkonskaja, morì quando il piccolo Lev non aveva ancora compiuto due anni. Pochi anni dopo, nel 1837, Tolstoj restò orfano anche di padre e venne educato con molto affetto in casa di una parente, Tatjana Aleksandrovna Ergolskaja. Seguì gli studi universitari a Kazan, prima iscrivendosi a lingue e civiltà orientali, poi a legge, ma tornò a Jasnaja Poljana senza avere terminato gli studi. Frequentò i salotti di Mosca e di Pietroburgo e iniziò la stesura di un diario (1846) in cui si trovano le prime riflessioni, le prime considerazioni filosofiche, l'autoanalisi, la ricerca di uno scopo da dare alla propria esistenza. Entrò nell'esercito come volontario nel 1851 per partecipare alla guerra contro il Caucaso e in quello stesso anno pubblicò le sue prime opere: Racconto della giornata di ieri e Infanzia. Seguirono L'incursione (1852), Le memorie di un marcatore (1853), Il taglio del bosco (1853) e Adolescenza (1854). Rispetto ai contemporanei introdusse elementi di forte innovazione: i personaggi dei suoi racconti sono a tutto tondo, descritti con un realismo rigoroso; i moti più intimi e segreti dell'anima spiegano le loro azioni e la loro posizione nel mondo in cui vivono, anche se, come ne L'incursione e ne Il taglio del bosco, la guerra è ancora vista in concezione mitica, capace di rivelare eroi, idea che riappare anche nei Racconti di Sebastopoli (1868). Soldato, combattè nell'armata danubiana contro i turchi e partecipò alla difesa della città; nei Racconti paragonò il combattente russo all'eroe greco e introdusse questa idea di un mondo classico in cui l'uomo appariva protagonista assoluto in un mondo tutto da decifrare. Ma se il mito dell'eroismo è ancora presente nei Racconti, di là da esso è proclamato l'orrore per la guerra, la sua condanna in quanto essa contravviene alle leggi elementari della natura e della morale, poichè la morte non può essere violenza dell'uomo sull'uomo, ma conclusione di un ciclo nell'ordine di una ragione più alta. Una visione eroica della vita resterà fondamentale anche in (1878). Dopo la caduta di Sebastopoli, Tolstoj si trasferì a Pietroburgo e scrisse Giovinezza (1855), Incontro nel distaccamento con un conoscente di Mosca (1856), La tempesta di neve (1856), Il mattino del proprietario (1856), La tormenta (1956) e I due ussari (1856). Del 1863 sono i Cosacchi, il romanzo che concluse il periodo creativo di Tolstoj. Lettore assiduo di J. J. Rousseau, C. Dickens, W. M. Thackeray, L. Sterne, A. Schopenhauer, di T. G. Masaryk, approfondì il suo pensiero filosofico, chiarì la posizione in cui doveva vedere i suoi personaggi. “L'importante per un artista – scrisse A. Čechov, e lo scrisse proprio a proposito di Tolstoj – è tener presente che impostare in maniera giusta un problema e risolverlo, sono cose diverse. L'artista deve tenere conto soprattutto del primo”. Tolstoj in realtà vorrebbe affrontare e risolvere i problemi: tutta la sua filosofia è volta a questo fine, ma nelle sue opere egli giunge soltanto a porre giustamente il problema, con una visione limpidissima della realtà, senza riuscire a sviluppare il tema risolutivo. La soluzione potrà venire solo dal mutamento della posizione dell'uomo nella società. Egli rappresenta con realismo l'inconciliabile divisione tra mondo dei proprietari e dei contadini di cui comprende i motivi. Basti rifarsi a quanto annota nel 1856 di fronte al rifiuto dei suoi contadini di accettare l'affrancamento al servaggio da lui offerto: diffidenti sempre, i contadini vedono nel nuovo progetto del padrone un più sottile inganno. È la stessa posizione assunta da Katjuša in Resurrezione (1899), che non vuole essere redenta perché vede nella mano che le è tesa un'ulteriore beffa di chi l'ha voluta e corrotta solo per il suo piacere e che ora vuole redimerla per acquistare merito agli occhi del cielo e ipotecare la salvezza dell'anima. Pieno del desiderio di conoscere altre genti, di confrontare diverse realtà, nel 1857, lasciato l'esercito, viaggiò in Germania, Francia, Italia e Svizzera. Frutto di questa esperienza di viaggio, che lo portò ad assistere anche a un'esecuzione capitale, fu il racconto Lucerna (1857), la prima opera moralistica, dove in embrione compare la sua concezione religiosa come fondamento della morale e della politica. Nella libertà Tolstoj vede l'unica possibilità di salvezza dell'uomo. Se in religione nessuno può pretendere di assurgere a mediatore tra Dio e l'uomo, giacché pecca di presunzione chi pretende di insegnare agli altri a interpretare il pensiero e il volere di Dio, rischiando nello stesso tempo di allontanarsi dall'essenza del cristianesimo, così in politica ogni governo diventa l'espressione e la prevaricazione del potere. Libertà dal dogma e libertà dal sistema, comunione diretta con Dio e anarchia sono i principi che possono ridare all'uomo il senso e la gioia della vita. Nel tentativo di riportare la semplicità nella religione, ritradusse i Vangeli (1880), proponendo il messaggio di Cristo di là dal miracolismo e consegnando Cristo alla semplicità della morte. La Chiesa, nella sua logica, non poteva che respingere questa rivoluzione: ne conseguirà la scomunica da parte della Chiesa russa (1901) e la persecuzione per volere dello zar. Rientrato in patria nel 1858, dopo il racconto Tre morti (1858-59) scrisse La felicità domestica (1858-59) e alla fine di un nuovo viaggio all'estero (1862) si stabilì a Jasnaja Poljana. Qui si dedicò all'insegnamento dei figli dei contadini, pubblicando quella che può essere considerata la prima rivista di contro-cultura, che ebbe per testata il nome del paese e che uscì in dodici numeri. In essa scrisse che i grandi dovevano imparare dai bambini, più adatti, per la loro innocenza, a capire il mondo, poiché l'educazione non corregge, ma guasta, essendo massimamente necessaria a vivere giustamente la libertà. L'alunno, a giudizio di Tolstoj, deve scegliere liberamente, e insieme coi genitori stabilire “che cosa studiare”. I contenuti conoscitivi saranno quelli che risultano da una selezione che scaturisce dall'adozione del criterio fondato sull'utilità delle cognizioni per la vita. L'unica regolamentazione della libertà deve risiedere nella personalità dell'educatore. Tale sistema, secondo Tolstoj, doveva promuovere un'attività contrassegnata dalla naturalezza e dalla vivacità che non escludono, ma stabiliscono la volontà ferma di imparare. Nello stesso anno in cui si trasferì a Jasnaja Poljana, Tolstoj sposò Sofja Andreevna Bers, con la quale trascorse quindici anni. Il suo alto impegno sociale e artistico si sviluppò dal momento in cui scelse come residenza definitiva Jasnaja Poljana, lontano dai centri mondani. Tolstoj affrontò i temi del rinnovamento della morale dell'umanità esortando al ritorno alla fede dei primi cristiani, per combattere il male non con la violenza, ma col miglioramento di se stessi. Criticò tutte le istituzioni della società, vedendole volte a mantenere il popolo in stato di abbrutimento, contrariamente ai diritti naturali. Avversò lo Stato, l'istituzione del matrimonio, il sistema finanziario e l'arte intesa come fine a se stessa. Cominciò la stesura di Guerra e pace nel 1863, lavorandovi fino al 1869. La prima idea era stata quella di scrivere un romanzo che comprendesse vicende pubbliche e private dall'inizio del secolo fino alla guerra di Crimea e oltre, poi pensò di fermarsi all'incendio di Mosca e di dare solo delle indicazioni su quello che poteva essere il futuro della Russia e dei protagonisti. L'opera risultò un quadro della società russa dal 1805 al 1812. Il tema centrale del romanzo nacque dalla sintesi tra l'epopea nazionale russa, coagulata intorno alla battaglia di Borodino, e la sua interpretazione. Borodino non è una battaglia di conquista, ma la lotta per la difesa, battaglia di popolo contro l'invasore. Qui è il fulcro della concezione filosofica della storia in Tolstoj, contrario al culto della personalità: il popolo si sostituisce all'eroe come forza determinante della storia. Dopo questo romanzo, la cui prima parte fu pubblicata nel 1865 con il titolo di L'anno 1805, Tolstoj pubblicò il Sillabario (1872), opera pedagogica contenente brevi favole e racconti popolari, tra cui anche alcune traduzioni di favole indiane. Dal 1875 al 1877 si dedicò ad Anna Karenina. Nella narrazione il tema dell'emancipazione femminile, attuale in tutta Europa, si trasforma in un problema filosofico e sociale, la storia di una donna che preferisce l'amore al convenzionalismo e alla morale, e per questo pagherà con la vita, sbocca in una protesta contro il mondo che si è allontanato dal suo vero scopo: l'amore, il cristianesimo. Il romanzo è ancora una volta un quadro stupendo di tutta una struttura sociale che Tolstoj vede con occhio disincantato. Dopo Anna Karenina si dedicò alle opere filosofiche, alle considerazioni pedagogiche e religiose. Pubblicò La morte di Ivan Ilič (1886) in cui ritrasse con impietoso sarcasmo un esponente della classe sociale da lui odiata, la borghesia, alle prese con la morte ed il distacco dalle cose terrene. Nello stesso anno scrisse il vigoroso dramma La potenza delle tenebre, in cui narrò a tinte fosche un dramma di ambiente popolano. Al teatro diede ancora la commedia I frutti dell'istruzione (1886-89) e il Cadavere vivente (1900), mentre col romanzo Resurrezione (1889-99) espresse la sua più passionale protesta contro la Russia zarista e le sue decadenti istituzioni, dalla famiglia all'amministrazione della giustizia; qui si trova anche la ripresa di un tema caro a Tolstoj, quello della condanna dell'egoistico amore sessuale, contrapposto all'amore per gli altri, che purifica e riscatta dagli errori passati, già presente nei precedenti e più aspri Sonata a Kreutzer e Padre Sergij (1890-1898, pubblicato nel 1911). La sua dottrina riformista, una sorta di socialismo utopico, trovò espressione in Confessione (1882), e in una vasta serie di saggi e studi, tra cui In che cosa consiste la mia fede (1884), Esame della teologia dogmatica (1884), Il regno di Dio dentro di noi (1883), Sulla vita (1887), La sonata a Kreuzer (1889), Il regno di Dio è in voi (1893), La dottrina cristiana (1898), La fine di un'epoca (1905), Non uccidere (1907). Polemista indomabile, dopo aver pubblicato Hadji Murat (1904), storia di un orgoglioso capo caucasiano, perseguitato da Nicola I, nel 1908 insorse ancora una volta contro il governo con un articolo aspro, durissimo, Non posso tacere, denuncia delle condanne a morte inflitte dallo zar ad alcuni rivoltosi del 1905, cui si aggiunsero numerosi saggi e articoli ancora contro la pena di morte e sulla cultura contemporanea. In disaccordo con la moglie, che non poteva capire le contraddizioni del suo spirito, lasciò Jasnaja Poljana, alla ricerca di un'umanità semplice in cui rifugiarsi. Fuggì solo, ma si ammalò e morì nella stazioncina di Astopovo, lontano dai privilegi cui aveva rinunciato ma vicino alla sua gente. Nonostante le autorità avessero fatto di tutto per passare sotto silenzio la sua morte, ai funerali di Tolstoj partecipò una enorme folla di contadini e gente del popolo. La sua influenza spirituale rimase viva nella popolazione russa rendendo la sua tomba meta di pellegrinaggi.

Bibliografia

V. F. Bulgakov, La fuga e la morte di Leone Tolstoj, Milano, 1962; H. Troyat, Tolstoj, Milano, 1969; N. Chiaromonte, Credere o non credere, Milano, 1971; G. Macaluso, Leone Tolstoj e Giuseppe Mazzini, Roma, 1971; Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, Milano, 1976; P. C. Bori, Tolstoj, Firenze, 1991.

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