Lessico

(ant. comèdia), sf. [sec. XIV; dal latino comoedia, risalente al greco kōmōidía].

1) Componimento teatrale, uno dei due generi fondamentali del teatro drammatico accanto alla tragedia, in versi o in prosa, in cui la vicenda e i personaggi sono tratti dalla vita comune; divisa in scene e atti, è a lieto fine: le commedie di Molière; commedia d'intreccio (o d'intrigo); Commedia dell'Arte; commedia di carattere; commedia musicale.

2) Fig., situazione comica o assurda a causa di una palese simulazione; esagerazione di talune espressioni immediate di gioia, stupore, dolore, ecc. “Oggi sono stato mezz'ora a godermi la commedia che facevano “Ntoni con la Barbara”” (Verga). In particolare: fare la commedia., simulare in modo teatrale sentimenti non provati per ingannare qualcuno; è tutta una commedia, di situazione assurda che causa disgusto per la sua falsità. Mettere tutto in commedia, portare sul ridicolo anche cose serie; per commedia, per finta; la commedia finisce in tragedia, di scherzo che finisce male, con conseguenze dolorose impreviste.

Letteratura e teatro

La commedia ebbe origine in Grecia, presso i Dori del Peloponneso. Lì alcuni goffi attori, detti fliaci, rappresentarono fin da età remotissima, per quel poco che sappiamo, dei brevi scherzi: scene della vita quotidiana e parodie mitologiche. Ma è ad Atene che la commedia acquistò per la prima volta dignità letteraria; e secondo Aristotele sarebbe là derivata dai canti delle processioni agresti in cui si portava in giro il fallo (falloforie), simbolo di fecondità. Il suo nome derivò quasi certamente da quello della baldoria (kōmos) che seguiva i banchetti. Caratteristico della commedia attica “antica” fu infatti il coro, accanto agli attori: il coro interveniva o interpungeva l'azione e soprattutto, verso la metà della rappresentazione, sfilava a scena vuota davanti al pubblico e si rivolgeva a esso direttamente, in una discussione di problemi anche scarsamente attinenti al dramma (parabasi). Di questa commedia “antica” abbiamo essenzialmente gli esempi di Aristofane: drammi fantasiosi, bizzarri, tesi a fare una satira (sociale, politica, letteraria) portando sulle scene personaggi anche viventi o personificazioni allegoriche, con tocchi di poesia aerea uniti a scene grasse, in un linguaggio scurrile. Legata alla vita della città, la commedia “antica” tramontò con la fine della sua libertà e si trasformò in commedia attica “di mezzo”, espressione di un periodo di transizione alla commedia “nuova” che ne rappresenta il perfezionamento. Nella commedia “di mezzo” scomparvero la parabasi e il coro, a volte presente come semplice ornamento. Gli argomenti e i personaggi erano tratti dalla vita comune. In età ellenistica la commedia “di mezzo” fu sostituita da quella detta “nuova”, che rappresentava realisticamente e con sorridente ironia o satira blanda o commossa comprensione i tipi e la vita di ogni giorno, su una trama per lo più costante: due giovani si amano, contrastati dalle famiglie o dalle circostanze, e hanno varie peripezie, finché, con l'aiuto dei servi astuti, riescono a sposarsi. Maestro della commedia “nuova” è Menandro. Ed è da Menandro, piuttosto che dalle rozze farse italiche (sature, fescennini, atellane), che sorge la commedia latina, tra il sec. III e il II a. C.: se i toni di Plauto sono tuttavia ancora quelli violenti del popolo e l'azione è in lui vorticosa, le tinte smorzate e i sentimenti più dolci di Terenzio trasferirono a Roma l'atmosfera e i canovacci menandrei, suscitando polemiche per quest'opera di trasfusione, nota come contaminatio. A Roma si distingue tuttavia la commedia (o fabula) palliata, inaugurata nel 240 a. C. da Livio Andronico, che riprende temi greci lasciandoli in ambiente ellenico, dalla commedia (o fabula) togata, impostasi nella seconda metà del II secolo e illustrata soprattutto da Afranio, che racconta episodi della vita quotidiana nelle città. Tutte le commedie alternano ai dialoghi parlati i cosiddetti cantica, che possono essere canzoni o recitativi e toccare argomenti estranei all'intreccio. Le interpretano attori mascherati, generalmente schiavi o liberti: il recitare diventa infatti una professione solo verso la fine della repubblica, quando ormai non si scrive più niente di valido e si riprendono soltanto vecchi temi . Alla commedia “nuova” ritornarono, dopo la parentesi medievale, anche gli autori del Rinascimento italiano, tenendo però conto della lezione della novellistica. Nell'età moderna il filone unico si scinde nella commedia di carattere (Molière), che bada alla definizione di uno o più personaggi e della loro passione dominante ; nella commedia di ambiente (Goldoni), che rispecchia coralmente la vita nella sua dimensione sociale ; in quella di costumi (Congreve, Sheridan), interessata alla descrizione dei vizi e delle manie della società contemporanea; nella commedia d'intreccio e in quella di cappa e spada, la prima (Lope de Vega, Tirso de Molina, Scribe) che subordina il disegno dei personaggi al colore e alla vivacità delle vicende, la seconda (Torres Naharro, Calderón) che deriva il nome dalla presenza di personaggi avvolti in cappe per nascondere le proprie sembianze e complicare la vicenda drammatica fino all'inevitabile duello conclusivo; e ancora nella comédie larmoyante (Nivelle de La Chaussée) che, fiorita nella Francia settecentesca e poi in Europa, offriva a un nuovo pubblico borghese drammi di vita domestica con vicissitudini patetiche, solidi moralismi e scioglimenti generalmente lieti, anticipando il dramma borghese di Diderot e di Lessing; nella commedia d'amore di Marivaux, nel vaudeville (Labiche), nella commedia a tesi (Shaw), ecc. Nel teatro contemporaneo la commedia pura è quasi sempre un mero fenomeno commerciale, mentre gli autori più significativi mescolano scientemente elementi comici e drammatici.

Cinema

In campo cinematografico si verificò, a partire dall'introduzione del sonoro, una massiccia trasposizione sullo schermo della commedia teatrale, che nei primissimi tempi era spesso parlata “al 100%”, come vantava la pubblicità dell'epoca. La commedia musicale, danzata e cantata, ha avuto particolare fortuna negli Stati Uniti. ma anche in Unione Sovietica, illustrata negli anni Trenta del sec. XX da G. Aleksandrov e negli anni Quaranta da I. Pyrev. Un genere prettamente cinematografico è la commedia sofisticata), che potrebbe definirsi “all'americana” perché, sebbene non senza precedenti nel periodo del muto anche in altri Paesi, visse la sua stagione aurea a Hollywood negli anni Trenta grazie a registi come E. Lubitsch, F. Capra, G. La Cava e altri, prolungandosi nel decennio successivo e con qualche successivo sprazzo di reviviscenza. In Italia durante il fascismo piacque la definizione di commedia rosa per certi film sorridenti ed evasivi, mentre più tardi il tramonto del neorealismo coincise, negli anni Cinquanta, con l'ascesa della commedia detta appunto all'italiana (vedi Italia, cinema), basata sulla caratterizzazione regionale, sulla prevalenza del dialetto e, nei casi migliori, sulla critica di costume.

Bibliografia

Per la commedia greca

G. Norwood, Greek Comedy, Boston, 1932; L. Breithotz, Die dorische Farse, Stoccolma, 1960; A. W. Pickard-Cambridge, Dythiramb, Tragedy and Comedy, Oxford, 1962; F. Perusino, Dalla commedia antica alla commedia di mezzo: tre studi su Aristofane, Urbino, 1987.

Per la commedia latina

G. E. Duckworth, The Nature of Roman Comedy, Princeton, 1952; W. Beare, The Roman Stage, Londra, 1955; E. Paratore, Storia del teatro latino, Milano, 1957; L. De Finis (a cura di), Scena e spettacolo nell'antichità, Firenze, 1989.

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