regione a statuto speciale dell'Italia settentrionale, 13.607 km², 1.007.267 ab. (stima 2007), 72 ab./km², capoluogo di regione: Trento. Comuni: 339. Province: Bolzano, Trento. Confini: Svizzera (NW), Austria (N), Veneto (ESE), Lombardia (SW).

Generalità

Il Trentino-Alto Adige/Südtirol è la più settentrionale delle regioni italiane. In base alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, costituisce una regione autonoma a statuto speciale. Il suo nome è formato da quello del territorio legato storicamente all'antica città di Trento, il Trentino, e da quello di Alto Adige, nome di un dipartimento del Regno d'Italia napoleonico ripristinato dopo la prima guerra mondiale in sostituzione della voce tedesca Südtirol (Tirolo meridionale). Sino alla fine della seconda guerra mondiale si chiamò ufficialmente Venezia Tridentina, termine introdotto nella seconda metà dell'Ottocento dal linguista Graziadio Ascoli per designare la porzione nordoccidentale delle Venezie. La regione presenta un paesaggio culturale diviso in due parti ben definite, la provincia di Trento di matrice italiana e la provincia di Bolzano di matrice tedesca. Esse sono però unite dalla comune morfologia alpina (la regione è infatti interamente montuosa) e dalla presenza di una delle principali vie di comunicazione tra l'Europa centrale e l'Europa mediterranea: la valle dell'Adige con il suo proseguimento nella valle dell'Isarco verso il passo del Brennero. Dopo la seconda guerra mondiale, la regione sviluppò questa sua funzione di territorio di transito e interscambio; lo stesso sviluppo, nella seconda metà del sec. XX, di un fiorente settore turistico contribuì significativamente a questo mutamento di carattere. A lungo il Trentino, nell'immaginario collettivo dei suoi abitanti, così come di buona parte del resto degli italiani, ha svolto il ruolo di avanguardia di italianità nei confronti dell'Alto Adige, a sua volta intento alla difesa della sua identità da ogni tentativo di italianizzazione e più propenso ai rapporti con il mondo germanico che non con le aree culturalmente italiane. Questa netta contrapposizione è andata lentamente attenuandosi lasciando il posto – già alla fine del sec. XX – a un maggior interscambio economico e sociale, anche se permane la volontà di preservare le rispettive identità culturali.

Diritto

Nell'ordinamento regionale italiano il Trentino-Alto Adige è una regione autonoma a statuto speciale dal 1972: ai vari gruppi linguistici che in essa convivono sono riconosciuti la parità dei diritti e la salvaguardia delle caratteristiche etniche e culturali. Avuto riguardo della particolarità dei rapporti fra la comunità di lingua tedesca e quella di lingua italiana, è stato inserito all'interno dello statuto speciale per la regione un trattamento particolare per le due province di Trento e Bolzano, che hanno acquistato la potestà di emanare norme legislative e di regolare la propria amministrazione, nel rispetto però dei principi costituzionali e di quelli dell'ordinamento giuridico dello Stato, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Ogni provincia ha un commissario incaricato che, assieme ad altre mansioni, assolve anche il compito del mantenimento dell'ordine pubblico. Nella rappresentanza vale il principio della proporzionalità rispetto alla consistenza dei gruppi linguistici. Per tutta la regione è istituito un tribunale di giustizia amministrativa con una sezione autonoma per la provincia di Bolzano. Lo statuto regionale prevede uguali diritti linguistici per il ladino in provincia di Bolzano, mentre soltanto in anni più recenti i ladini della provincia di Trento (val di Fassa) hanno ottenuto una maggiore tutela. Con la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana, approvata nel 2001, l'assetto istituzionale della Regione Trentino-Alto Adige ha conosciuto significative modificazioni con l'introduzione di forme di autonomia maggiori rispetto a quelle contenute nello statuto speciale del 1972. Questo non ha ancora prodotto modifiche formali dello statuto, anche perché permangono problemi di ordine interpretativo tra Regione e Stato sulla portata delle “maggiori autonomie” previste nella riforma del 2001.

Territorio: morfologia

Il territorio della regione si estende sul versante meridionale dell'arco alpino, appoggiandosi allo spartiacque principale della catena, ed è interamente montuoso. Predominano le formazioni di rocce metamorfiche (scisti, micascisti, gneiss ecc.) nel settore settentrionale della regione lungo un ampio arco, che si stende dal gruppo dell'Ortles (3905 m)-Cevedale (3764 m) lungo le Alpi Venoste, Breonie e Aurine fino alle Vedrette di Ries. Tra le cime di queste catene si possono ricordare il Palla Bianca (3736 m), il Similaun (3602 m) e, all'estremità settentrionale dei confini nazionali, la Vetta d'Italia (2911 m) e il picco dei Tre Signori (3499 m). Tutte, a eccezione della Vetta d'Italia, caratterizzate da nevi perenni e ghiacciai. Immediatamente più a S, in un vasto settore compreso tra la conca di Merano e il passo di Rolle, si stende la piattaforma porfirica atesina, che presenta una morfologia piuttosto dolce, in netto contrasto con l'asperità di forme della regione a rocce metamorfiche. L'elemento più caratteristico del rilievo è però costituito dalle Dolomiti, complesso di formazioni rocciose sedimentarie risalenti al Mesozoico e al Cenozoico, in prevalenza dolomie e calcari, che si estende con direzione SW-NE a est della valle dell'Adige, con una propaggine isolata a W costituita dal gruppo di Brenta. Si innalzano qui alcuni dei più noti gruppi dolomitici, quali la Marmolada (3342 m), il Catinaccio (2981 m), il gruppo di Sella (3151 m) e le Tre Cime di Lavaredo (2998 m), dalle forme fantastiche con altissime pareti a picco emergenti d'improvviso da dolci ondulazioni boscose. La regione corrisponde in gran parte alla sezione alpina del bacino dell'Adige, all'intero bacino del Sarca, che tributa al lago di Garda, e ai bacini superiori del Chiese e del Brenta, il primo affluente dell'Oglio, il secondo tributario direttamente del mare Adriatico. Il fiume di gran lunga più importante è dunque l'Adige, che nasce presso il passo di Resia, percorre la longitudinale val Venosta fino a Merano, dove piega a SE; a Bolzano riceve da sinistra l'Isarco, che gli convoglia anche le acque della Rienza (val Pusteria), e percorre con direzione SSW un lungo e profondo solco vallivo trasversale all'orientamento della catena alpina, ricevendo da destra il Noce (valli di Sole e di Non) e da sinistra l'Avisio (valli di Fassa, di Fiemme e di Cembra); il solco vallivo a S di Trento prende il nome di val Lagarina. Appartiene alla regione l'estremità settentrionale del lago di Garda; degli altri laghi, quasi tutti piccoli e d'origine glaciale, i principali o più noti sono quelli di Molveno, di Ledro, di Levico, di Caldonazzo, di Braies, di Carezza, di Tovel e quello di sbarramento artificiale di Santa Giustina. I ghiacciai più estesi si trovano sui versanti dell'Adamello-Presanella, dell'Ortles-Cevedale, delle Alpi Venoste, delle Alpi Aurine; nella regione dolomitica i ghiacciai sono piuttosto piccoli (il maggiore è quello della Marmolada).

Territorio: clima

Il diverso orientamento vallivo e le differenze di altitudine e di esposizione danno luogo a condizioni climatiche assai varie. Nell'area del Garda e in alcune conche più riparate, come quella di Merano, si hanno regimi termici submediterranei, mentre nelle zone più elevate le condizioni termiche sono quelle tipiche della media e dell'alta montagna, con inverni freddi e nevosi, estati fresche e ventilate e rilevanti escursioni termiche giornaliere. Le precipitazioni variano molto da zona a zona; sono più copiose sui rilievi più elevati dei settori meridionale e sudoccidentale, più esposti all'afflusso degli umidi venti che giungono dalla pianura, e diminuiscono in misura vistosa nelle più ampie conche dell'interno e nelle valli più larghe, come nell'alta valle dell'Adige, in quella dell'Isarco e nelle valli Venosta e Pusteria.

Territorio: demografia

Per densità demografica il Trentino-Alto Adige è la regione meno popolata d'Italia dopo la Valle d'Aosta, la Basilicata e la Sardegna; ma la popolazione è in aumento grazie all'immigrazione straniera (nel 2002 il numero degli stranieri era pari all'1,2% della popolazione residente) e al saldo positivo del movimento naturale. Il fenomeno dello spopolamento montano, che ha interessato soprattutto il Trentino in particolare nei primi decenni del sec. XX, è progressivamente rallentato via via che, accanto alle tradizionali attività agricole e silvo-pastorali, si sono sviluppati l'industria e il turismo, e comunque non ha mai raggiunto i livelli di intensità di altre regioni italiane. La popolazione è di lingua italiana in Trentino, dove minoranze parlanti un dialetto tedesco si trovano però nella val dei Mocheni e nei piccoli comuni di Luserna e Lavarone, a E di Trento. In Alto Adige la maggioranza è di lingua tedesca; ma a Bolzano città predomina l'italiano, in seguito al massiccio flusso immigratorio proveniente da altre regioni, iniziato (e favorito per ragioni politiche) nel periodo fascista e proseguito con l'industrializzazione del dopoguerra. Gli accordi De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 hanno riconosciuto l'uso ufficiale della lingua tedesca in sede sia amministrativa sia scolastica, nello spirito del principio che la Costituzione italiana sancisce nell'art. 6: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Il ladino è parlato nelle quattro valli di Marebbe, Badia e Gardena (in provincia di Bolzano) e di Fassa (in provincia di Trento).

Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione

La distribuzione della popolazione nel Trentino-Alto Adige è direttamente legata alla sua morfologia. La regione è interamente montuosa e questo ha determinato l'addensamento della popolazione nei centri dei fondivalle, in particolare in quelli più ampi dove si sono sviluppate attività agricole di una certa consistenza. Infatti metà della popolazione vive nella valle dell'Adige tra Ala e Merano (un sesto del territorio), con una densità quasi tripla di quella media regionale. Un altro elemento che ha influito sulla distribuzione della popolazione è stato lo storico ruolo commerciale e di transito dell'asse valle dell'Adige-valle dell'Isarco, che terminando al passo del Brennero costituisce uno dei più importanti percorsi di scavalcamento della catena alpina. Questa via di comunicazione, che unisce la Pianura Veneta e la Valle Padana al Tirolo austriaco e quindi alla Baviera, è percorsa dalla A22 Verona-Brennero, dalla ferrovia e dalla SS 12, lungo le quali si allineano importanti centri urbani come Rovereto, Trento, Bolzano, Bressanone. Al di fuori di questo asse, svolgono un ruolo urbano Merano, all'imbocco della val Venosta, che si è sviluppata anche grazie al microclima straordinariamente mite della sua conca; Riva del Garda, nota meta turistica sulle sponde settentrionali del lago di Garda; e Brunico, capoluogo della val Pusteria. Quest'ultima è percorsa da una linea ferroviaria e dalla SS 49 che collegano l'Alto Adige con l'Austria meridionale attraverso l'alta valle della Drava.Tutte le attività economiche più importanti, a eccezione del turismo e di una parte dell'agricoltura specializzata, sono dislocate lungo la “spina dorsale” Verona-Brennero. La regione è dotata di un unico aeroporto, quello di Bolzano, di trascurabile importanza.

Territorio: ambiente

Grazie alla sua conformazione geologica (relativa stabilità dei versanti, scarsa sismicità), alla mancanza di grandi centri urbani, a un'attenta, secolare cura del territorio a opera di una popolazione che non ha mai abbandonato l'agricoltura montana e a una efficace politica di tutela del paesaggio, il Trentino-Alto Adige non pone problemi ambientali che si possano considerare urgenti. In una regione che trova nella sua bellezza paesaggistica la principale fonte di ricchezza e di sviluppo, non sorprende la particolare attenzione rivolta alla tutela della natura. Quasi un quinto della superficie regionale (20,8%) è protetta da parchi e riserve naturali, percentuale che sale però a un terzo considerando anche le aree boschive sottoposte a vincoli di vario genere. Oltre al Parco Nazionale dello Stelvio, che interessa anche il territorio lombardo, si trovano in Trentino-Alto Adige parchi naturali provinciali (la maggior parte in provincia di Bolzano) e riserve regionali, nonché una notevole quantità di biotopi che tutelano ambienti rari e svolgono funzione educativa.A salvaguardare e valorizzare la ricchezza naturale del territorio si dedicano anche le numerose comunità montane che svolgono principalmente funzioni di servizi sociali, manutenzione dell'ambiente, ripristino ambientale, interventi ecologici e promozione turistica.

Economia: generalità

Prima dello sviluppo, nel Novecento, di una moderna economia industriale, turistica e di servizi, il Trentino presentava quasi dovunque le tipiche condizioni di povertà comuni a tutte le regioni alpine, con un'agricoltura e un allevamento ai limiti della sussistenza. Diverso, invece, era il caso dell'Alto Adige. Qui, il diritto consuetudinario tedesco prevedeva – e prevede tuttora, in quanto recepito dall'ordinamento giuridico dello Stato Italiano – l'istituto del “maso chiuso”, cioè l'indivisibilità della proprietà terriera, che passava in successione al solo primogenito, mentre gli altri fratelli restavano a lavorare sul fondo come serventi (quando non emigravano, o entravano nei ranghi del clero). Questo ordinamento, impedendo il frazionamento delle proprietà, ha consentito il mantenimento delle prospere aziende agricole, in grado di fornire alla popolazione rurale un benessere raro per quei tempi. Ancora oggi, l'agricoltura montana sudtirolese è la più prospera d'Italia. Lo sviluppo industriale e commerciale del sec. XX ha trasformato le valli dell'Adige e dell'Isarco – fondamentale via di comunicazione tra l'Europa continentale e quella mediterranea – in un asse economico di primaria importanza portando, insieme allo sviluppo del turismo, a condizioni di generalizzata prosperità. Vista nei termini della composizione della ricchezza regionale per settore produttivo, questa evoluzione si è tradotta nella contrazione del settore primario a vantaggio del terziario, in grado di occupare il 64,6% della popolazione attiva, contro il 27,2% dell'industria e l'8,2% dell'agricoltura. Tale fenomeno, pur comune ad altre realtà regionali, viene in questo caso caratterizzato dalla straordinaria crescita del turismo, con un numero di visitatori che è decuplicato negli ultimi tre decenni del sec. XX.A causa della preponderanza del terziario il grado di apertura dell'economia risulta abbastanza limitato se comparato con le limitrofe realtà regionali; gli investimenti diretti esteri in entrata e in uscita rappresentano una percentuale sul totale nazionale molto inferiore alla ricchezza comparata che la regione è in grado di produrre. Il PIL pro capite è ben al di sopra della media nazionale; la distribuzione diffusa di questa ricchezza viene garantita da un elevato numero di imprese, per la maggior parte di piccole dimensioni, e dalla tradizione cooperativistica. La disoccupazione è molto inferiore alla media nazionale.

Economia: agricoltura e allevamento

La produzione agricola regionale si è andata specializzando nel corso del tempo verso la frutticoltura e la viticoltura, concentrandosi principalmente nella valle dell'Adige e nelle zone limitrofe. La struttura delle aziende agricole è particolarmente parcellizzata dal punto di vista delle dimensioni nella provincia di Trento. La produzione di mele rappresenta più della metà della produzione nazionale, mentre dall'uva si ricava circa un terzo degli spumanti italiani, nonché vini rossi e grappe di alta qualità. L'allevamento di bestiame da latte nelle malghe di montagna e l'alto numero di caseifici sociali danno luogo a una diffusa e variegata produzione di formaggi. Dalle ancora relativamente consistenti risorse boschive la regione ricava legname che viene venduto in tutto il Norditalia.

Economia: industria

La gran parte del settore si è concentrata nelle costruzioni già dal secondo dopoguerra, in coincidenza con la realizzazione di grandi opere pubbliche quali dighe e centrali idroelettriche: va ricordato in proposito che la regione fornisce un quinto della produzione nazionale di energia idroelettrica. È con il boom degli anni Sessanta del Novecento che l'industria ha avuto un nuovo rilevante sviluppo, dopo l'industrializzazione di Bolzano negli anni Trenta del sec. XX, pur mantenendosi rilevante l'importanza del comparto edilizio. Il settore manifatturiero è diffuso sul territorio con attività connesse alle lavorazioni del ferro e meccaniche, del legno, della carta e, in minor misura, alimentari e tessili. Il settore estrattivo è rappresentato soprattutto dal porfido della val di Cembra che costituisce con il suo indotto un elemento bilanciatore del saldo commerciale con l'estero, dato che quasi metà della produzione viene esportata.

Economia: servizi

Anche se il settore pubblico raggiunge dimensioni importanti, il terziario è in gran parte centrato sul turismo che ha i suoi poli di maggior attrazione nelle numerose e ben attrezzate stazioni di soggiorno estivo e di sport invernali, quali Vipiteno, Brunico, Dobbiaco, San Candido, Ortisei, Selva di Val Gardena, Corvara in Badia, Canazei, Vigo di Fassa, Moena, Predazzo, Cavalese, San Martino di Castrozza, Fiera di Primiero, Madonna di Campiglio, Folgaria e Lavarone, nonché nelle stazioni climatiche sul lago di Garda, quali Riva del Garda e Torbole. Con un numero di presenze pari a circa un decimo del totale nazionale, per quasi due terzi concentrate nella provincia di Bolzano, la regione dispone di strutture di accoglienza superate in numero solo da quelle dell'Emilia-Romagna. Quasi la metà degli impianti italiani di sci invernale si trova in questa regione che, insieme alla Toscana, vanta anche la leadership nazionale nel segmento dell'agriturismo, con iniziative d'avanguardia rispetto alla tutela dell'ambiente e alla valorizzazione dei cibi e delle tradizioni locali.

Economia: distretti industriali

Fra i distretti industriali, non molto numerosi, di un certo rilievo è quello dell'estrazione e lavorazione del porfido in val di Cembra che comprende anche le aziende produttrici di macchinari relativi al settore. Poiché la maggioranza degli addetti è costituita da immigrati, la valle si presenta come quella a maggior tasso di presenza di extracomunitari.

Preistoria

Numerose scoperte attestano la presenza dell'uomo poco dopo la scomparsa delle masse glaciali del Pleistocene: nell'alta valle Travignolo è stato individuato un insediamento epipaleolitico di carattere perilacustre. Consistenti stratigrafie di grande importanza per tutta la preistoria dell'Italia settentrionale, con reperti che dal Mesolitico giungono all'Età del Bronzo e oltre, sono quelle evidenziate nella valle dell'Adige nella zona di Romagnano, con culture neolitiche molto documentate, e a Riparo Gaban: in quest'ultima stazione preistorica di particolare rilievo alcuni rarissimi oggetti d'arte neolitici. Resti di forni fusori e di statue-stele indicano una certa fioritura delle culture eneolitiche. A un momento iniziale dell'Eneolitico appartiene anche il cadavere mummificato rinvenuto, insieme a manufatti in bronzo e osso, sul ghiacciaio del Similaun. Di elevato interesse anche le testimonianze dell'Età del Bronzo, tra cui primeggiano i resti degli insediamenti di natura palustre rinvenuti presso Molina di Ledro e Fiavè, poco lontano dal bacino del lago di Garda, da cui provengono reperti fittili, metallici, ossei e strutture lignee che consentono la ricostruzione ideale delle abitazioni palafitticole. Con l'Età del Ferro apparvero numerosi i castellieri, disposti di regola su sommità collinari in posizioni difese naturalmente, ai quali, specialmente nella zona atesina, si aggiunsero opere di protezione muraria con valli di cinta.

Storia

Verso la fine del sec. VI a. C. iniziò l'ultima fase della cultura centroalpina preromana, che viene detta “retica” dal nome del gruppo etnico (Reti) cui appartenevano le popolazioni della regione.Occupato dai Romani tra i sec. II e I a. C., fu in epoca augustea (15 a. C.) che il territorio assunse quella suddivisione che seguì già da allora destini diversi. L'area corrispondente all'attuale provincia di Trento e a parte di quella di Bolzano fu aggregata alla X Regio, la Venetia et Histria, mentre ciò che rimaneva dell'Alto Adige passò alla provincia della Raetia et Vindelicia. In epoca successiva tutto il territorio costituì un corridoio di invasione da parte di varie popolazioni barbariche provenienti da Nord. I primi che si fermarono stabilmente nel territorio dell'Alto Adige furono i Bavaresi (Baiuvari) ai quali si contrapposero i Longobardi la cui influenza si estendeva al Ducato di Trento. Al sorgere della potenza carolingia, a Trento si insediò un duca franco, mentre l'Alto Adige rimase alla Baviera fino al 778, quando anche qui venne insediato un duca franco. All'interno della nuova suddivisione territoriale della penisola, Carlo Magno istituì la Marca tridentina, che comprendeva Trento e Bolzano. In base al Trattato di Verdun (843) la Marca tridentina fu assegnata all'Italia; ma non più tardi di quarant'anni dopo (887) essa divenne l'estrema appendice meridionale della parte germanica dell'impero. Alla disgregazione dell'impero carolingio successe il Sacro Romano Impero della nazione germanica, e nel 976 fu istituito, al suo interno, il Ducato di Carinzia, che comprendeva sia l'ex Marca tridentina sia l'area veronese. Il destino della regione tridentina, area mista italo-tedesca a cospicua specificità ecclesiastica, si veniva così delineando all'interno di un quadro istituzionale che si sarebbe dissolto solo nel 1806 e che si manifestò nei suoi tratti sostanziali intorno all'anno 1027, con l'elezione di Trento e Bressanone a principati ecclesiastici. Questi erano territorialmente contigui al Ducato di Carinzia, ma da questo politicamente e amministrativamente indipendenti, in continua difesa dalle mire espansionistiche dei conti del Tirolo con i quali le contese proseguirono per secoli nell'ambito del più vasto quadro di ostilità fra Chiesa e Impero. Durante il principato di Bernardo Clesio, Bolzano venne ceduta al Tirolo (1531), dopo che nei suoi dintorni era scoppiata, nel 1525, un'insurrezione di contadini riformati guidata da Michael Gassmayr; si venivano così ponendo le premesse per quella piena germanizzazione dell'Alto Adige (Sud-Tirolo), i cui riverberi si sono problematicamente riflessi ancora nel sec. XX.L'avvento di Napoleone pose fine all'esistenza dei due principati che, dopo la sua caduta, furono aggregati all'Impero Austriaco nella regione del Tirolo (capitale Innsbruck), dando luogo a manifestazioni irredentistiche da parte degli italiani che rifiutavano la tedeschizzazione del Trentino. Solo con la prima guerra mondiale i confini dell'Italia furono portati al Brennero e l'irredentismo questa volta si manifestò da parte degli altoatesini soprattutto in seguito alla massiccia politica di italianizzazione del territorio, che lo squadrismo fascista attuò negli anni Venti del Novecento, ignorando qualsiasi richiesta di autonomia. Nel 1927 venne istituita la provincia di Bolzano. Con l'ascesa di Hitler e l'occupazione dell'Austria, l'Alto Adige fu nuovamente oggetto di contesa fra la Germania nazista e l'Italia fascista. Nel corso della seconda guerra mondiale, in seguito all'armistizio del 1943 e per i successivi venti mesi, con il nome di Zona di operazione delle Prealpi, l'intera regione fu in mano ai tedeschi, fino all'arrivo degli americani nel 1945. Dopo la guerra, tramontate le speranze austriache di un mutamento di confine, si ebbero gli accordi De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946. Basati sul presupposto della rinuncia austriaca a mutamenti territoriali, essi contemplavano una larga autonomia e un “esteso potere regionale esecutivo” (art. 2) in vista della salvaguardia culturale e dello sviluppo economico del gruppo etnico altoatesino (art. 1). Il Governo italiano applicò gli accordi nell'ambito dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, istituita come regione autonoma nel 1948. Il Governo di Vienna, specialmente a partire dal 1955 (dopo la firma del trattato “di Stato” che metteva termine allo stato di guerra per l'Austria nonché all'occupazione militare alleata) contestò i criteri di attuazione adottati dagli italiani, sostenendo il diritto della provincia di Bolzano a una piena autonomia regionale. Nel 1960 l'Austria fece ricorso all'ONU, ma l'Assemblea generale si limitò a raccomandare un negoziato. Dopo un periodo di grande tensione, acuita dal ripetersi di atti terroristici, nel 1969 venne raggiunto un primo accordo sul “pacchetto” delle concessioni italiane, riguardanti l'ampliamento delle competenze dell'amministrazione provinciale di Bolzano; tali nuove competenze vennero sancite ufficialmente nel 1972, garantendo all'Alto Adige un notevole livello di autonomia. La denominazione ufficiale della regione divenne Trentino-Alto Adige/Südtirol. Ma fu solo nel 1992 che la piena accettazione del “pacchetto” da parte della minoranza di lingua tedesca e del Parlamento austriaco chiuse definitivamente la “questione sudtirolese”.

Archeologia

La civiltà retica è documentata da alcune situle (tra cui spicca quella rinvenuta in val di Cembra) e da figurine ritagliate in lamina di bronzo e altri bronzetti votivi della val di Non (Cles, Sanzeno) con iscrizioni di tipo etruscoide probabilmente dei sec. IV-III a. C. Di notevole interesse storico è la Tabula Clesiana, iscrizione bronzea ritrovata in località Campi Neri, nel comune di Cles, che ricorda la concessione della cittadinanza romana (46 d.C.) da parte di Claudio agli Anauni, antichi abitanti della val di Non, e ad altre popolazioni locali.

Arte

Anche l'esperienza artistica della regione segue percorsi diversi, corrispondenti alle differenti caratteristiche proprie delle due aree culturali che la costituiscono e attribuibili ai diversi influssi che vi operarono. Tipicamente connesse con le scuole venete o lombarde sono le emergenze artistiche che si ritrovano nel Trentino; di stampo mitteleuropeo quelle dell'Alto Adige. Durante l'alto Medioevo l'Alto Adige ebbe stretti contatti, attraverso la val Venosta, con la cultura del monastero di San Gallo, centro di irradiazione della civiltà europea del tempo. Tali legami sono testimoniati dagli affreschi carolingi di San Procolo di Naturno (sec. VIII o IX), raro esempio di trasposizione in pittura delle formule artistiche delle miniature irlandesi, e dagli affreschi di San Benedetto di Malles (sec. IX), più legati al gusto tardoantico. Tra le chiese romaniche, di tipo molto simile al romanico tedesco, sono da ricordare la collegiata dei Santi Candido e Corbiniano (sec. XII-XIII e in seguito rimaneggiata) a San Candido, il duomo e la chiesa di San Giovanni Battista a Bressanone, la cappella rotonda di San Michele dell'abbazia di Novacella. Forme romanico-lombarde persistono nel duomo di San Vigilio a Trento, ricostruito su progetto di Adamo di Arogno all'inizio del sec. XIII. Nel Trentino la presenza di maestri comacini e campionesi continua a influenzare nettamente l'architettura, soprattutto religiosa: di stile romanico-gotico sono infatti numerosi monumenti dei sec. XIII-XIV, come la chiesa di Sant'Apollinare a Trento. Notevole, per quanto riguarda l'architettura civile, il castello di Avio, con un'estesa cortina di mura merlate dei sec. XIII-XIV, un mastio dell'XI e interessanti affreschi trecenteschi a ornamento della casetta del corpo di guardia. La pittura romanica altoatesina risentì dapprima dell'influsso ottoniano (affreschi della cripta della chiesa di Nostra Signora dell'abbazia di Monte Maria a Burgusio, della seconda metà del sec. XII), poi decisamente delle forme bizantine, mutuate attraverso l'entroterra veneto (Traditio Legis, Cristo che dà la legge ai santi Pietro e Paolo nella cappella del castello di Appiano, fine sec. XII; affreschi di Santa Margherita a Lana, fra il sec. XII e il XIII; chiesa di San Giacomo a Termeno, sec. XIII; ciclo nella chiesa di San Iacopo a Grissiano nel comune di Tesimo, sec. XIII). Per i legami della regione con l'area germanica, particolarmente vitale fu in Alto Adige, a partire dal sec. XIV, lo stile gotico, che si espresse in un'architettura di carattere nordico (parrocchiale di Gries, a Bolzano il duomo, le chiese e i chiostri dei domenicani e dei francescani, chiese a Bressanone, Brunico, Merano, oltre trecento castelli nelle valli). Sempre di tipo gotico è la scultura lignea, che realizzò capolavori negli altari: a Vipiteno, a San Sigismondo in Pusteria (Chienes). In Trentino, tra i monumenti gotici più significativi, risalenti al sec. XV ma talvolta iniziati in età precedente, spicca il Castelvecchio a Trento. Per quanto riguarda la pittura di questo periodo, le maestranze erano ancora legate all'ambiente veneto, mentre si avverte l'influenza giottesca nella cappella di San Giovanni nella chiesa di San Domenico a Bolzano; in seguito invece si diffuse il gusto del gotico internazionale nella cospicua fioritura tre-quattrocentesca di affreschi di soggetto cavalleresco (castel Roncolo nei pressi di Bolzano, Montechiaro nel comune di Prato allo Stelvio). Nella seconda metà del Quattrocento fu attivo M. Pacher, della val Pusteria, legato alla grande pittura sveva e dell'Alto Reno, più che alla tradizione locale, e mediatore della cultura mantegnesca nel Nord. Tuttavia il Rinascimento, mentre fu ben accolto nel Trentino, non ebbe fortuna in Alto Adige: solo a S di Bolzano si diffuse un curioso stile ibrido di forme tardogotiche e pseudoclassiche detto “d'Oltradige” (Caldaro, Appiano). A Trento il maggior ciclo pittorico tardogotico è costituito dalla decorazione raffigurante i Mesi nella Torre dell'Aquila nel complesso del castello del Buonconsiglio, di anonimo maestro di gusto internazionale. L'arte rinascimentale, di derivazione veneta, venne introdotta nel Trentino dal vescovo Bernardo Clesio (prima metà del sec. XVI) e ha le sue maggiori testimonianze nel castello del Buonconsiglio e in vari palazzi e chiese di Trento. Significativa, inoltre, l'attività nel Trentino di artisti emiliani, lombardi e veneti come D. Dossi, il Romanino e M. Fogolino, che eseguirono affreschi nel castello del Buonconsiglio. Il rinnovamento architettonico in forme ispirate al barocco di tipo romano fu opera di maestranze lombarde, dai Bianchi ai Sala, ai Delai, costruttori civici di Bolzano. Tra Seicento e Settecento la personalità più rappresentativa dell'architettura fu quella del trentino A. Pozzo, che con il trattato Perspectiva pictorum et architectorum (1693-1702) influenzò intere generazioni di architetti barocchi, anche a livello europeo, fino quasi alla crisi neoclassica. Le nitide forme della chiesa dei Gesuiti, eretta nel 1708-11 su suo progetto dal nipote C. G. Mignocchi, sono una chiara espressione della sua arte. La lezione di A. Pozzo fu divulgata, tra Seicento e Settecento, non solo dal nipote, ma anche dal fratello minore G. Pozzo, abilissimo intagliatore e autore della chiesa carmelitana di Trento e di quella del Carmine a Rovereto. Fino alla metà del Settecento l'architettura in Trentino e in Alto Adige ebbe caratteri analoghi. Fu l'ultimo dei Delai, Giuseppe, a lungo attivo anche nell'abbazia di Novacella, a conferire un'impronta tardobarocca di tipo italiano a molti edifici della regione, come la chiesa di San Maurizio a Bolzano (1735) e quella di Santa Elisabetta a Vipiteno (1733), entrambe a pianta centrale. Alla sua morte, il ruolo di costruttori civici di Bolzano passò a maestranze non più lombarde, che importarono e diffusero anche in Alto Adige lo stile particolarissimo del rococò bavarese. Furono i Singer, provenienti da Götzens, nel Tirolo, gli Aigentler, che presero il posto dei Delai come costruttori civici a Bolzano (palazzi Pock e Mayrl), e i Wachtler gli artefici di questo cambiamento stilistico fondamentale. Capolavoro della nuova espressione artistica può essere considerato il rifacimento dell'abbazia di Novacella, opera di G. Delai e F. Apeller, dalla fastosa decorazione; anche l'annessa biblioteca, pur progettata dal classicista G. A. Sartori, fu adeguata allo scintillante stile bavarese nell'eleganza del suo sviluppo rocaille. Tra Seicento e Settecento la scultura in Trentino si sviluppò parallelamente alla diffusione delle chiese barocche. Altari di complessa impostazione furono realizzati da botteghe di marmorari bresciani e veronesi, spesso coadiuvate da scultori locali come M. Carneri e C. Benedetti. Tra questi si distinse P. Strudel, allievo a Venezia del fiammingo G. Le Court e attivo a Trento con opere di tipo berniniano, come le statue della Cappella del Crocifisso, nel duomo. Si diffuse nello stesso periodo l'arte dello stucco, opera di maestri lombardi come il Reti, i Carloni, i Delai, mentre la scultura lignea ebbe una grande espansione soprattutto con la bottega dei gardenesi Vinazer, i quali crearono una vera industria artistica attiva nei secoli successivi anche se a livelli qualitativamente modesti. In Alto Adige la scultura lignea conobbe una fase di espansione a buon livello artigianale; inoltre, si diffuse nella zona una particolare tecnica dai raffinati effetti semilucidi e marmorizzati, lo stucco lustro, mentre gli altri generi scultorei si adeguarono al gusto tardobarocco italiano e bavarese. Benché nel Seicento e in parte anche nel Settecento il Trentino non abbia espresso forti personalità locali, ospitò tuttavia presenze significative, soprattutto lombarde e venete: C. Procaccini, B. Strozzi, S. Mazzoni, P. Ricchi, detto il Lucchese, G. C. Loth e P. Liberi, al quale fu affidata la decorazione del secondo piano della Giunta Albertiana a Trento. Le sale del piano inferiore dello stesso edificio furono invece decorate nel 1688 da stucchi e affreschi di G. Alberti, cui si devono anche il San Vigilio al Museo Diocesano Tridentino (1673), l'Apparizione di Gesù del duomo di Trento (1684), l'Ultima Cena del convento dei francescani di Cles (1694), tele con le Storie della Vergine della Cappella del Suffragio della parrocchiale di Riva del Garda. In Alto Adige, nel Seicento, operarono prevalentemente pittori tedeschi, come S. Kessler, attivo a Bressanone, ed E. Schor, di formazione barocca romana, presente a Novacella con affreschi di gusto cortonesco. Anche il Settecento, in Trentino, fu ricco di presenze venete: da G. Diziani a F. Fontebasso, da G. Cignaroli a G. Anselmi, da A. Balestra ai fratelli Guardi (Francesco e Giovanni Antonio) a G. B. Pittoni. Decisamente inferiori appaiono le opere degli artisti locali, tra i quali emerse G. B. Lampi, attivo in varie corti europee, mentre in Alto Adige si distinsero personalità artistiche notevoli come C. Henrici e alcuni membri della famiglia Unterberger di Cavalese (Michelangelo, Francesco Sebaldo e Cristoforo). Nella regione il sec. XIX fu caratterizzato da una scarsa presenza di artisti significativi. L'architettura seguì la diffusione dei moduli neoclassici, applicati alle costruzioni pubbliche (cimitero monumentale di Trento e Municipio, opera di Pietro dal Bosco) e religiose (chiesa dell'Addolorata di Cavalese, dalla pesante facciata dorica). Esperienze più interessanti maturarono con il Romanticismo, che diede luogo al recupero degli stili regionali storici, romanico e soprattutto gotico, come conferma la facciata di San Pietro a Trento, che costruita da P. Selvatico Estense tra il 1848 e il 1850 mostra elementi del gotico fiorito con esiti di elegante leggerezza. In Alto Adige sono da ricordare per l'età neoclassica, la villa Zanotti di Cardano, su disegno di G. Segusini e, ai primi del Novecento, alcune interessanti esperienze di neoromanico e di neogotico nella chiesa del Sacro Cuore e nel Museo Civico di Bolzano, e influenze Jugendstil nel Municipio e nella Cassa di Risparmio. La scultura e la pittura non presentarono nel corso dell'Ottocento personalità di rilievo, ma piuttosto operatori professionalmente abili, al corrente delle diverse mode. Unica eccezione fu G. Segantini, uno degli interpreti più significativi del simbolismo europeo. Più interessanti appaiono alcuni protagonisti della pittura del Novecento, come L. Bonazza, strettamente legato all'esperienza delle secessioni e in particolare di G. Klimt, U. Moggioli, influenzato da motivi paesaggistici veneziani, e T. Garbari, oscillante tra naïf e neoromanico. Espressero invece l'adesione trentina ai modi del futurismo F. Depero e R. Iras Baldessari: il primo con una pittura movimentata e tendenzialmente astratta, il secondo con un'intensità di accenti cromatici di origine espressionista oltre che cubista. In campo architettonico, i contributi lasciati da A. Libera nella città di Trento sono tra le poche testimonianze di rilievo dello stile modernista nella regione, la cui espressione migliore è l'edificio sede della Regione (1953-63). Merita di essere segnalata, a Rovereto, la nuova sede del MART (1988-2002), il Museo di Arte Moderna e Contemporanea, con sede anche a Trento, la cui realizzazione fu affidata all'architetto ticinese M. Botta. Ma è soprattutto la città di Bolzano a mantenere alto l'interesse verso il rinnovamento architettonico. Lo dimostrano, tra l'altro, il nuovo teatro comunale (1985-99), che porta le firme dell'architetto M. Zanuso e dell'ingegnere P. Crescini, la nuova biblioteca (1998-2003) dell'università, progettata da R. Azzola e M. Bischoff, e la sede della Accademia Europea (1997-2002), dell'austriaco K. Kada, una delle poche architetture di respiro internazionale realizzate in Italia.

Cultura: generalità

Per i viaggiatori del Grand Tour che nel sec. XVIII arrivavano in Italia dalla Germania l'Alto Adige e il Trentino apparivano come la “porta del Mediterraneo”. Goethe scrisse che qui correva il confine fra Nord e Sudeuropa. Agli inizi del terzo millennio queste terre si segnalano in Italia soprattutto per l'aspetto tedesco: riconoscibile in alcuni particolari in Trentino, ma fortissimo in Alto Adige. L'uno e l'altro punto di vista evidenziano la doppia anima di questa regione: l'unità politico-amministrativa che costituisce il Trentino-Alto Adige congiunge infatti due realtà storiche e culturali profondamente diverse tra loro. In Alto Adige stretti sono ancora i rapporti, a livello di istituti e università, fra i due versanti alpini e molto forte è l'attaccamento alle proprie tradizioni e usi. Diversa la realtà trentina, storicamente contesa fra Tirolo e Venezia, dove elementi di tali culture convivono fianco a fianco; spetta a Trento il titolo di massimo centro universitario della regione. L'ateneo del capoluogo è infatti erede del mecenatismo artistico e culturale dei locali principi-vescovi e dell'essere stato sede del concilio controriformista; mentre è del 1997 la fondazione della Libera Università di Bolzano dove i corsi si svolgono in tedesco, italiano e inglese. Se la cultura storica presenta questa duplicità di carattere, è pur vero che conferiscono una certa unitarietà alla regione le tradizioni popolari legate, in particolare, alle consuetudini alpine. Comune, oltre alla cura con la quale viene conservato il patrimonio naturale e artistico della regione, è anche la vicenda storica di terre di confine, per secoli oggetto di contesa, che trova testimonianza nella presenza di centinaia di rocche, castelli e fortificazioni le cui forme architettoniche vanno dal periodo romanico al neoclassico.

Cultura: tradizioni

Quando si parla delle due province autonome di Trento e Bolzano, il pensiero corre subito a feste e sagre con splendidi costumi locali, a un raffinato artigianato del legno, a tradizioni e a usi linguistici particolari, senza riscontro in altre regioni italiane. Come in gran parte d'Italia e d'Europa, anche in queste valli alpine e dolomitiche il Carnevale è particolarmente sentito. Tra i più noti figura quello ladino di Penia di Fassa, in cui sono protagoniste due maschere, il Lachè e il Bufon (il “signore” e il “matto” del carnevale), alle quali si aggiungono i Marascons (riconoscibili per i pesanti campanacci di bronzo, che risuonano al ritmo delle danze). Altrettanto particolare è il Carnevale detto “dei Matoci”, che si tiene a Valfloriana, nel corso del quale si ripropone l'antica usanza dei "cortei nuziali", col tempo trasformatasi in semplice manifestazione carnevalesca, con sfilate di maschere in legno. Ancora diffuse in molti centri della Val di Fassa e dell'Alto Adige (in particolare Vipiteno) sono le feste di san Nicola (che si celebrano tra il 5 e il 6 dicembre), caratterizzate da un corteo, al centro del quale avanza il santo, accompagnato da una serie di personaggi, benigni, burleschi o inquietanti. Altre figure come streghe, orchi, fate, ninfe, elfi, giganti popolano le numerose leggende e fiabe regionali. In quasi tutto l'Alto Adige è ancora molto diffuso l'uso dei costumi tradizionali. Particolarmente pittoresco è il Matrimonio Contadino, che si svolge a Castelrotto in gennaio: festa che ricostruisce fedelmente l'antico corteo nuziale tipico della regione dello Sciliar. Agli abiti delle popolazioni ladine è dedicata la festa del Costume a Selva di Val Gardena, che si tiene nel mese di agosto, nel corso della quale si possono ammirare anche le tipiche decorazioni dei vestiti femminili (indossati ancora in molti paesi, solitamente la domenica). La cultura e le tradizioni trentine (in particolare della Valle di Fiemme) sono rappresentate a Tesero in occasione dell'annuale appuntamento chiamato “Le Corte de Tiezer”, rievocazione storica delle arti e dei mestieri di un tempo. Il Trentino-Alto Adige è anche caratterizzato dai famosi cori che eseguono e interpretano i canti di montagna; altrettanto autentiche e spesso di elevata qualità sono le bande musicali dell'Alto Adige, presenti in numerose località. La cultura alpina trova la sua espressione più significativa nei caratteristici masi. Le decorazioni, i mobili rustici, le suppellettili non sono solo prodotti della lavorazione del legno, ma sono la manifestazione di un modo di vivere e di abitare: esempio emblematico ne è la Stube, la grande cucina con camino o con stufa in muratura ricoperta da raffinate maioliche (realizzate, in particolare, a Bolzano e Brunico e cotte con i tradizionali forni a legna). Un aspetto antichissimo e assai particolare dell'artigianato del legno è rappresentato dalla costruzione e dall'intaglio, di vari oggetti, come figure sacre e maschere. Di antica tradizione sono anche le produzioni in ferro battuto, i manufatti in rame o in peltro, le stoffe in lana cotta tirolesi, i pizzi e i merletti trentini. Caratteristici del periodo natalizio sono i mercatini che si allestiscono a Bolzano, Merano, Brunico e Bressanone in un'atmosfera invernale molto suggestiva di luci attenuate, musiche, profumi, statuine per presepi, palle colorate, angeli e addobbi di ogni genere relativi all'evento del Natale.

Cultura: enogastronomia

Nella regione convivono in armonia la cucina trentina, caratterizzata anche da influssi lombardo-veneti, e quella altoatesina, nella quale si ritrovano numerosi elementi (come l'uso di spezie) delle tradizioni asburgica, tedesca e slava. Esistono comunque tra le due punti di contatto, primo fra tutti l'impiego della polenta preparata con farina di mais o di frumento o di grano saraceno (polenta nera) o mista, e servita come accompagnamento al baccalà, ai salumi crudi e formaggi, o cotta con patate, con olio e vino bianco, condita con intingoli a base di burro e acciughe, coratella, selvaggina ecc. La regione è il regno delle zuppe, specie nell'Alto Adige dove ne esistono infinite ricette: zuppa di crostini di milza, di frittata, d'orzo, di crauti, di farina tostata. Diffusissimi, in provincia sia di Trento sia di Bolzano, sono i canederli o Knödel preparati in svariati modi: in brodo o asciutti, serviti come primo piatto o come contorno per un piatto a base di carne. Tra i secondi trentini ricordiamo i profezeni (a base di pane e carne) e il tonco de pontesél (spezzatino spesso accompagnato dalla polenta). Il tipo di carne predominante è quella affumicata: si prepara secondo l'antica maniera nei masi di montagna con manzo (Rindgeselchtes), cavallo, asino, oca e soprattutto con il maiale (Kaiserfleisch), che verrà poi consumato con cetrioli sottaceto e crauti, altra specialità di origine tedesca. Di origine nordica è anche il frequente accostamento del dolce al salato: ne sono esempio i cianuncei (raviolini ripieni di marmellata), il capriolo e i Krapfen di patate con salsa di mirtilli. Dal maiale si ricavano ottimi salumi, tra cui costituisce un vanto lo speck, che richiede una lunga e accurata preparazione e particolari condizioni ambientali. Nel Trentino abbonda il pesce d'acqua dolce, proveniente dai numerosi laghi e corsi d'acqua: trote, temoli, tinche, capitoni ecc. Le verdure sono scarse; a parte i crauti, predominano le patate e i funghi, che si trovano in quantità considerevoli. Per quanto riguarda i dolci sono da segnalare le torte (di grano saraceno, di mandorle ecc.), delicate omelette ripiene di marmellata, strudel farciti in vario modo, frittelle di frutta, soffici Krapfen e, per finire, il natalizio Zelten preparato con vari frutti secchi: noci, fichi, pinoli, datteri, uvette e canditi. Meritano inoltre di essere citati i numerosissimi tipi di pane (alle mandorle, al papavero, ai semi di lino, al cumino ecc) dell'area altoatesina. Il Trentino-Alto Adige grazie alla sua morfologia è terra di vitigni pregiati, dai quali vengono prodotti rossi corposi (merlot, santa maddalena, lagrein, cabernet, pinot, marzamino); si affiancano bianchi dal sapore fruttato, come l'altoatesino müller thurgau, il sylvaner, il terlaner e il Riesling renano. Tra i DOC segnaliamo lago di Caldaro, teroldego, il Valdadige e il Casteller. Ottimo è il vinsanto trentino, invecchiato in botte per quattro anni e, tra i liquori, le grappe (sgnapa in Trentino, Schnaps in Alto Adige), a gusto semplice oppure alle erbe o ai frutti. Di chiara ascendenza tedesca è la birra di cui esiste una produzione locale in alcuni comuni della provincia, il più importante dei quali è Lagundo. I prodotti regionali DOP sono la spressa delle Giudicarie (formaggio semimagro da tavola) e la mela val di Non, mentre il marchio IGP è stato riconosciuto allo speck dell'Alto Adige.

Bibliografia

Per la geografia

R. Mainardi, G. Gattei, Trentino-Alto Adige, Trento, 1979; W. Dondis, Guida allo studio dell’Alto Adige, Bolzano, 1983; M. F. Mercey, Viaggio attraverso il Tirolo, Trento, 1988.

Per la storia

G. M. Tabarelli, F. Conti, Castelli del Trentino, Milano, 1974; A. Gruber, L’Alto Adige sotto il fascismo, Bolzano, 1979; G. Delle Donne, Cesare Battisti e la questione altoatesina, Roma, 1987.

Per l’econ

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