regione dell'Italia centrale, 22.993 km², 3.677.048 ab. (stima 2007), 157 ab./km², capoluogo di regione: Firenze. Comuni: 287. Province: Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca, Massa-Carrara, Pisa, Pistoia, Prato, Siena. Confini: Liguria (NW), Emilia-Romagna (N), Marche e Umbria (E), Lazio (SE), mar Tirreno (WSW, 601,1 km di costa).

Generalità

Delimitata a NE dall'Appennino Tosco-Emiliano, a W dal Mar Ligure e dal mar Tirreno, e priva di precisi confini naturali a SE, la Toscana ha forma quasi perfettamente triangolare. Pur essendo estremamente eterogenea dal punto di vista della geografia fisica, è una regione dotata di una notevole coesione, dovuta anche al fatto di essere stata unificata sotto l'egida di Firenze fin dal sec. XVI, e fortemente caratterizzata dalle proprie vicende storiche e culturali.I suoi confini seguono il tracciato di elementi naturali solo nel settore nordoccidentale; a NE travalicano in vari punti lo spartiacque dell'Appennino Tosco-Emiliano, inglobando le alte valli del Reno, del Santerno e del Lamone, tributarie del mare Adriatico; a E si stendono sulle valli superiori della Marecchia e del Foglia, pure tributarie del mare Adriatico, e sull'alta valle del Tevere; mentre a SE e a S sono del tutto convenzionali, dovuti a un complesso di fattori storico-culturali.Il territorio presenta una conformazione morfologica varia e complessa per l'alternanza di allineamenti montuosi e collinari, bacini intermontani e lembi di pianura disposti in modo apparentemente assai disordinato. Prevalgono le rocce argillose, arenacee e marnose, facilmente erodibili, che conferiscono al paesaggio toscano le caratteristiche forme morbide e ondulate; dove affiorano i calcari, le forme si fanno più dirupate e aspre. La regione deriva il suo nome da quello classico di Tuscia (dal popolo dei Tusci o Etruschi), noto ai Romani assieme a quello di Etruria e divenuto ufficiale intorno al sec. III; si chiamò Toscana a partire dal sec. X.Se da un punto di vista propriamente geografico la Toscana non rappresenta il centro dell'Italia peninsulare, dal punto di vista culturale e paesaggistico, aspetti sui quali hanno pesato appunto lo stratificarsi degli eventi storici, la sua preminenza non è in discussione. Questa costituisce uno dei grandi punti di forza della regione in termini di immagine sia nei confronti dell'insieme nazionale sia nei confronti dell'estero.

Territorio: morfologia

Nel territorio toscano si possono distinguere i rilievi dell'Appennino Tosco-Emiliano vero e proprio dai raggruppamenti montuosi e collinari dell'Antiappennino, separati da una linea immaginaria che collega Montecatini-Terme con Chiusi. Dell'Appennino fanno parte le catene più elevate lungo la fascia spartiacque (monte Prato, 2054 m; monte Falterona, 1654 m, e altre vette vicine ai 2000 m), il gruppo del Pratomagno, tra il Casentino e il Valdarno Superiore, i monti del Chianti, a SW del Valdarno Superiore, e la catena meridiana che si allunga da N a S, delimitata a W dal Casentino e dalla val di Chiana e a E dalla val Tiberina; sul versante interno si dipartono dalla dorsale le Alpi Apuane. All'Antiappennino toscano appartengono il massiccio vulcanico del monte Amiata (1738 m) e le Colline Metallifere. Di notevole interesse, specialmente per l'insediamento umano, sono i bacini intermontani, che conservano lo stesso orientamento, in prevalenza NW-SE e NS, degli allineamenti montuosi; i più vasti e meglio definiti sono, dai confini con la Liguria a quelli con l'Umbria: la Lunigiana, corrispondente alla valle superiore della Magra; la Garfagnana, tra le Alpi Apuane e la catena spartiacque appenninica, che corrisponde al bacino superiore del Serchio; il bacino di Firenze; il Mugello, cioè l'alta val di Sieve; il Valdarno Superiore, tra il Pratomagno e i monti del Chianti; il Casentino, anch'esso percorso dall'Arno e posto tra il Pratomagno e l'Alpe di Catenaia; la val di Chiana, che si estende tra la conca d'Arezzo e i laghi di Chiusi e di Montepulciano; e, infine, il settore superiore della val Tiberina, che si apre tra l'Alpe di Catenaia e l'Alpe della Luna. Le pianure più estese sono il Valdarno Inferiore, la Versilia, ai piedi delle Alpi Apuane, e le piane costiere della Maremma. La costa presenta ampie falcature sabbiose tese tra promontori rocciosi, i più tipici dei quali sono quelli di Piombino, di punta Ala e dell'Argentario. I fiumi toscani hanno in genere portate irregolari, regime torrentizio e percorsi tortuosi, per la necessità di adattare il loro corso alla frammentarietà morfologica della regione. Se si escludono gli alti corsi del Reno, del Santerno, del Lamone, della Marecchia e del Foglia, tributari del mare Adriatico, tutti i corsi d'acqua toscani mandano le loro acque al mar Tirreno. I principali sono il Tevere, che però interessa la regione solo con un tratto del suo corso superiore; l'Arno, che percorre il Casentino e il Valdarno; il Sieve (Mugello), il Bisenzio, la Greve, la Pesa, l'Elsa e l'Era, suoi affluenti; la Magra e il Serchio, che percorrono rispettivamente la Lunigiana e la Garfagnana; la Cecina, l'Ombrone e l'Albegna, che si aprono il corso tra i rilievi dell'Antiappennino.I principali laghi della Toscana, residui di più ampi specchi d'acqua che occupavano le pianure litoranee e i bacini intermontani, sono i laghi costieri di Massaciuccoli e di Burano (cui si può aggiungere la laguna di Orbetello) e i laghetti di Chiusi e Montepulciano in val di Chiana.Appartengono al territorio della regione le isole dell'Arcipelago Toscano. La maggiore di queste è l'Elba, che con i suoi 223,5 km² è la più vasta delle isole minori italiane. L'Elba dista una decina di chilometri dal porto costiero di Piombino; più lontane, sparse di fronte alla costa maremmana, sono l'isola del Giglio, Pianosa, Montecristo e Giannutri.

Territorio: clima

Il clima, che risente dell'influsso marino, è temperato-submediterraneo lungo la fascia costiera e le isole, ma con notevoli variazioni da zona a zona dovute alla distanza dal mare, all'altitudine e alla disposizione dei rilievi. In genere, le temperature diminuiscono dalle regioni costiere della Maremma, a SW, alla fascia montuosa appenninica, a NE. Le precipitazioni tendono a concentrarsi nei mesi primaverili e autunnali e spesso hanno carattere temporalesco; le aree più piovose sono quelle appenniniche e preappenniniche nordoccidentali, cioè la catena principale dell'Appennino, a SE della Lunigiana, e le Alpi Apuane, nonché il Pratomagno, l'Alpe di Catenaia, i monti del Chianti, il gruppo del monte Amiata e le parti più elevate delle Colline Metallifere; quelle più asciutte sono la fascia costiera, le pianure e i bacini intermontani. I venti soffiano a livello del terreno, nelle zone interne, da direzioni variabili e subiscono incanalamenti, schermature e deviazioni da parte dei rilievi; la costa è, al contrario, aperta ai venti provenienti dai quadranti occidentali, in particolare il libeccio (SW), che è foriero di mal tempo, mentre il maestrale (NW) dà luogo a violente mareggiate.

Territorio: demografia

Meno colpita delle altre regioni italiane dal grande flusso migratorio di fine Ottocento, la Toscana ha visto la sua popolazione crescere in modo costante e regolare fino al censimento del 1981. Dopo di allora, la popolazione è lievemente diminuita, a causa del forte calo della natalità, per risollevarsi poi, nei primi anni del sec. XXI, grazie all'immigrazione straniera (che vede, oltre a numerosi albanesi, romeni e marocchini, una comunità particolarmente cospicua di cinesi, concentrati soprattutto tra Firenze e Prato). La densità demografica è inferiore a quella media nazionale; la popolazione è distribuita in modo assai ineguale. Le aree dove maggiore è la concentrazione demografica sono il Valdarno Inferiore, il bacino di Firenze, la fascia pedemontana della Lucchesia e del Pistoiese, e la Versilia, con il versante esterno delle Alpi Apuane; zone di media densità sono alcuni bacini intermontani, quali la Garfagnana, il Mugello, il Casentino e la val di Chiana; scarsamente abitate sono le zone montuose più elevate dell'Appennino, quasi tutta la regione collinare e la Maremma.

Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione

L'eredità storica e la convergenza delle direttrici di comunicazione verso Firenze hanno polarizzato su questa città la regione. Firenze giustifica così il suo ruolo di capoluogo, di centro economico e culturale e la costituzione attorno a sé di un'area urbana che occupa la piana tra Scandicci e Sesto Fiorentino e che verso NW giunge sino a Prato, estendendosi anche oltre, pur con minori densità, lungo la valle dell'Arno verso Pontassieve, a monte, e verso Lastra a Signa, a valle. Un altro importante polo urbano è quello formato dalle due città, vicine e complementari come funzioni, di Livorno e Pisa. Un'area fortemente urbanizzata, ad andamento lineare e a vocazione prevalentemente turistica, è quella che si estende in Versilia tra Marina di Carrara e Viareggio. Aperta al mare, la regione ha un ruolo nodale all'interno del sistema delle comunicazioni italiane. Una fitta rete stradale, autostradale e ferroviaria “innerva” l'intero territorio toscano, seguendo alcune direttrici di grande importanza, come quella costiera, quella che, risalendo la valle dell'Arno conduce da Pisa a Firenze, quella che da Firenze e Prato, attraversando il Mugello Superiore e valicando gli Appennini, porta a Bologna, quella che da Firenze, percorrendo il Valdarno Superiore e la val di Chiana, si dirige verso Roma, lambendo l'Umbria, e quella che, attraversando il Chianti, giunge a Siena e prosegue fino a Grosseto.Lungo la dorsale costiera, dal confine ligure, attraversando la Versilia, corre la SS 1 Aurelia; parallelamente a essa, da Genova verso Livorno, si snoda la A12, da cui, all'altezza di Viareggio, si dirama, in direzione Firenze, la A11, che sfiora Lucca, Montecatini, Pistoia e Prato. La SS 1 all'altezza di Follonica devia verso l'interno, in direzione Grosseto, per proseguire, ancora lungo la costa tirrenica, nella zona maremmana, fino a raggiungere Roma. I capoluoghi provinciali rappresentano tutti nodi viari importanti in ogni direzione. Firenze, oltre a essere attraversata dalla A1, è posta lungo la linea ferroviaria che unisce il Nord al versante tirrenico d'Italia e rappresenta un punto di arrivo per i treni ad alta velocità diretti a Roma, oltre che un nodo nevralgico per molte strade statali e provinciali, che, giungendo da ogni punto cardinale, sembrano costruire una ragnatela viaria, sebbene imprecisa. Anche Arezzo rappresenta un punto di raccordo viario e ferroviario. Dall'Emilia-Romagna, attraverso il passo della Cisa, giunge la A15, che si raccorda con la A12 a Santo Stefano di Magra, in territorio ligure.Livorno rappresenta un importante porto commerciale, specializzato soprattutto nella movimentazione di container, ma ha anche un notevole movimento passeggeri: regolari linee di traghetti lo collegano all'Arcipelago Toscano, alla Corsica, alla Sardegna e alla Sicilia. Un altro scalo marino è rappresentato dal porto di Piombino, che oltre al servizio merci svolge servizio passeggeri, soprattutto per le isole dell'Arcipelago Toscano. Da Porto Santo Stefano, nel promontorio dell'Argentario, è possibile raggiungere la Corsica, oltre alle isole del Giglio e di Giannutri. Il principale scalo aereo della regione è quello di Pisa, al quale si affianca lo scalo di Firenze.

Territorio: ambiente

La Toscana è una regione in cui il paesaggio assume aspetti molto diversificati: dagli aspri rilievi appenninici, ammantati di boschi, alle ondulate colline, dalle rocce delle Alpi Apuane a paludi, pinete e dune costiere. Un paesaggio nelle cui bellezze naturali spesso si rivela l'opera dell'uomo e la cui varietà e ricchezza, unite all'esigenza di tutelare il vasto patrimonio storico-culturale, hanno determinato la realizzazione di diverse zone protette a livello nazionale, regionale e locale, per un'area complessiva pari al 9,3% del territorio toscano. Questo comprende il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna e il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, del quale fanno parte tutte le isole dell'arcipelago distribuite di fronte alla costa nel mar Tirreno. Fra i parchi regionali, quasi tutti interprovinciali, quello delle Alpi Apuane è caratteristico per i paesaggi carsici e le famose cave di marmo. Il Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, che comprende la costa toscana tra Viareggio e Livorno, conserva un notevole patrimonio naturale, nonostante la massiccia presenza di zone ad alta urbanizzazione; tutela ambienti particolarmente interessanti, quali le torbiere e il lago di Massaciuccoli, inserito in zone già paludose ormai quasi completamente bonificate. Una parte della piana di Grosseto e i monti dell'Uccellina, dalla ricca vegetazione mediterranea, sono inseriti nel Parco Regionale della Maremma. Va poi ricordato che l'aspra e spopolata val d'Orcia è stata inserita dall'UNESCO fra i siti patrimonio mondiale dell'umanità. La Toscana è fra le regioni con il numero più elevato di riserve naturali statali, che, tutelando la loro varietà paesaggistica, spesso provvedono anche alla protezione delle specie animali autoctone, quali il cavallo maremmano e la razza bovina “chianina”, tipica della zona di appartenenza.Il regime prevalentemente torrentizio della maggior parte dei corsi d'acqua, unito alla particolare conformazione geologica, cui vanno associate le caratteristiche degli eventi climatici, che vedono fenomeni di notevole intensità piovosa, e l'eccessivo sviluppo di attività antropiche, collocate in luoghi di per sé a rischio idrogeologico, sono spesso all'origine di episodi di allagamenti nelle zone di Massa-Carrara, dell'isola d'Elba, di Firenze (come la rovinosa alluvione del 4 novembre 1966), di Pisa e del Pistoiese. Diverse sono anche le aree a rischio sismico, situate nelle vicinanze del monte Amiata, nel territorio del Valdarno Inferiore, nel Casentino, nella Lunigiana e nella Garfagnana, nelle Colline Metallifere, al confine con le Marche nella zona del Montefeltro, al confine con l'Umbria, nell'alta val Tiberina, nella dorsale dell'Appennino Bolognese, nella zona del Chianti e nel settore settentrionale della fascia costiera livornese.Per la tutela del territorio e la creazione di aree protette molto importante si sta rivelando il ruolo degli enti locali. Le comunità montane, presenti e attive in tutte le province, sono spesso promotrici, in collaborazione con la Regione o la Provincia, di iniziative interessanti, come la creazione di ecomusei o parchi faunistici; oltre a svolgere servizio di attività forestali, di promozione turistica, agrituristica e di salvaguardia e potenziamento delle tradizioni artigianali.

Economia: generalità

Per alcuni secoli (dal Duecento al Cinquecento) cuore dell'economia europea, la Toscana, anche dopo aver perso questo ruolo, ha sempre saputo conservare una relativa prosperità, grazie a un'agricoltura progredita e aperta alle innovazioni (qui si realizzarono le prime grandi bonifiche), a un movimento turistico avviatosi fin dall'epoca dei grand tour settecenteschi, agli intensi commerci, al traffico del porto di Livorno e a iniziative industriali favorite già in epoca preunitaria dal “buon governo” dei granduchi. Anche nel sec. XX lo sviluppo economico e urbano, pur portando alla congestione dell'area fiorentino-pratese, non ha conosciuto gli squilibri di altre regioni; ha favorito, anzi, l'allineamento con il tenore di vita medio della regione di zone tradizionalmente svantaggiate, come l'Appennino e la provincia di Grosseto.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

L'agricoltura, pur conservando una posizione ragguardevole nel quadro dell'economia toscana, ha visto, come ovunque, diminuire la sua importanza relativa rispetto all'industria e al settore terziario, e occupa soltanto il 4% degli addetti. I principali prodotti agricoli sono i cereali, il foraggio, le leguminose da granella, le olive, l'uva da vino, gli ortaggi (specialmente carciofi, asparagi, cavolfiori, pomodori) e la frutta; rilevante è pure la produzione di funghi e di castagne, che interessa particolarmente le aree dell'Appennino Tosco-Emiliano. Importanza minore hanno la pesca, che trova in Viareggio il principale porto d'armamento, e l'allevamento del bestiame, anche se quello bovino dà prodotti di alta qualità, mentre quello ovino segna un lento ma progressivo aumento, grazie ai numerosi insediamenti di pastori sardi, prevalentemente nelle zone del Senese e nel Grossetano, che si innesta su di una tradizione autoctona che era in via di estinzione. Nelle aree montane sono prevalentemente diffuse le aziende dei piccoli coltivatori, mentre quelle medio-grandi mantengono la loro predominanza nelle zone interne e in alcune aree pianeggianti.Degne di nota sono le attività vitivinicole, in particolare nella zona del Chianti, tra le province di Firenze e Siena, dove la produzione, la trasformazione e la commercializzazione del prodotto sono attive, sia pure in forme via via rinnovate, sin dal Medioevo, e nell'area di Montalcino, dove il successo qualitativo, commerciale e sociale del vino denominato brunello di Montalcino ha portato, negli ultimi decenni del sec. XX, a profondi mutamenti sociali, economici e fondiari. L'agricoltura toscana, grazie anche all'impulso che le viene dato dalle strutture pubbliche, sta sperimentando con successo nuove vie. Da una parte, l'agricoltura biologica in vari comparti tradizionali e di nuove colture; dall'altra, il recupero di antichi prodotti e sapori nelle aree che sono state capaci di garantire la sopravvivenza della coltura e dell'allevamento di specie particolarmente pregiate e che si prestano al marchio di tipicità.

Economia: industria

L'industria di trasformazione, ubicata in prevalenza nella valle dell'Arno tra Pisa e Montevarchi, nella fascia pedemontana tra Lucca e Firenze e in alcune zone costiere, annovera numerose imprese dalle dimensioni perlopiù medie e piccole, operanti nei settori metallurgico, presente con la lavorazione di piombo, zinco, rame e silicati di alluminio, meccanico, alimentare, tessile, chimico, conciario, calzaturiero, grafico-editoriale, dell'abbigliamento, dei mobili e dei materiali da costruzione. In particolare, se a Firenze sono presenti industrie appartenenti a quasi tutti i comparti citati, anche se molto ridimensionate dal punto di vista produttivo e occupazionale rispetto al livello raggiunto negli anni Settanta del Novecento, l'area di Prato presenta una specializzazione produttiva in campo tessile e dell'abbigliamento, innestato su una tradizionale attività di produzione di tessuti da fibre riciclate; il Valdarno Inferiore è specializzato nella concia e nella lavorazione delle pelli. Degno di nota è il polo industriale di Piombino, dove sono presenti impianti siderurgici e chimici.Altra area di eccellenza industriale è quella di Pontedera, con la Piaggio, prima azienda produttrice di motori per aereo e poi dello scooter Vespa, che ha segnato un'epoca. Dal 2003 la Piaggio, riacquistata da un imprenditore italiano, sta diventando il centro di un polo motociclistico primo in Europa per fatturato e qualità dei prodotti. L'attività estrattiva, un tempo assai florida, è andata sempre più riducendosi; solo l'estrazione del marmo dalle cave apuane mantiene tutta la sua importanza. Dal sottosuolo si ricavano lignite (Valdarno), marne da cemento e salgemma (saline di Volterra); da questa zona proviene anche l'alabastro, utilizzato come materiale da costruzione. Dagli ultimi decenni del sec. XX è sospesa l'estrazione dei minerali ferrosi dall'isola d'Elba, come sono inattive le miniere di mercurio del monte Amiata; continua, nella zona di Massa Marittima, l'attività estrattiva di minerali ferrosi. I soffioni boraciferi di Larderello, nelle Colline Metallifere, sono utilizzati per la produzione di energia elettrica.

Economia: servizi

Anche l'economia toscana ha subito un marcato processo di terziarizzazione: il settore dei servizi occupa il 63% della manodopera della regione. In particolare Firenze, oltre al suo tradizionale ruolo di città d'arte e di cultura, ha assunto una funzione importante nella commercializzazione dei prodotti del “made in Italy” e in particolare della moda. Pisa e Siena sono sedi di importanti istituzioni culturali e di prestigiose università, Livorno è uno dei principali porti italiani, ma soprattutto il settore turistico trascina la regione verso questa vocazione terziaria.Non solo il cospicuo patrimonio culturale attira flussi notevoli di turisti da ogni parte del mondo nelle città d'arte quali Firenze, Siena, Pisa, Lucca, Arezzo, Cortona, San Gimignano, Volterra, Montepulciano e Pienza, ma a questo tipo di turismo si affianca quello termale, nelle stazioni di Montecatini-Terme, Chianciano Terme e Monsummano Terme; quello balneare, che interessa tutta la costa e le isole e che ha fra le stazioni più rinomate Viareggio e Forte dei Marmi; quello paesaggistico ed enogastronomico, per il quale tutta la regione offre ampie attrattive; quello montano, che ha nelle aree dell'Abetone e dell'Appennino Pistoiese le proprie zone più frequentate. Ovviamente, le diverse attrattive turistiche si combinano tra di loro, offrendo una gamma di motivi di interesse forse unica al mondo.

Economia: distretti industriali

Nel territorio toscano sono presenti diversi distretti produttivi. Arezzo vanta un'antica tradizione nel settore dell'oreficeria ed è, con Valenza e Vicenza, uno dei tre poli italiani del settore.Empoli appare una realtà ad alta valenza produttiva in diversi settori, ma il comparto dominante è quello dell'abbigliamento, organizzato mediante piccole imprese e con un forte sviluppo dell'attività lavorativa domiciliare nel settore femminile.Uno dei più importanti distretti tessili italiani è quello di Prato; sorto come attività di filatura e lavorazione della lana e, in particolare, dei cascami di lana, si è progressivamente specializzato nel settore dei filati per maglieria, per l'abbigliamento e per altri prodotti tessili. Organizzato in modo da frazionare al massimo le fasi di lavorazione, vede collaborare un gran numero di piccole e medie imprese.Tre sono i distretti produttivi che fanno capo alla lavorazione delle pelli e alle calzature. Uno di questi, relativo alla concia e alla calzatura, è individuato in provincia di Pisa, a Santa Croce sull'Arno, in cui si concentra la quasi totalità della produzione del “Vero Cuoio Italiano”. Si sviluppa su piccole e piccolissime imprese, con attivi scambi con l'estero, favoriti dalla fortunata posizione della zona in rapporto alle principali vie di comunicazione terrestri, marine e aeroportuali. Una maggiore attenzione viene posta ai problemi connessi all'inquinamento prodotto dallo smaltimento dei fanghi conciari, attraverso la realizzazione di adeguati impianti.In provincia di Pistoia è collocato il distretto produttivo Valdinievole-Lamporecchio, relativo alla calzatura; istituito nel 2002, si basa su piccole imprese artigianali, con un incremento progressivo dell'attività di esportazione e con forti azioni di sostegno economico ai settori in crisi, quali quello calzaturiero per bambini.In provincia di Lucca si colloca il distretto per la produzione della carta; sorto grazie all'ottima qualità dell'acqua, un tempo prelevata dai pozzi, e favorito dalla sua posizione centrale rispetto all'intero territorio nazionale, deve la sua fortuna allo sviluppo integrato tra imprese industriali, artigianali e multinazionali e tra i diversi prodotti cartari e cartotecnici. Nel medesimo territorio lucchese è individuabile il terzo distretto relativo alla produzione calzaturiera che, sia pure con ridotte dimensioni, si colloca attivamente nell'ampio settore di produzione della calzatura toscana.Nella zona apuana si trova il distretto produttivo del marmo. L'escavazione e la lavorazione del marmo, specialmente di quello “bianco di Carrara”, impiegato prevalentemente nel settore lapideo e statuario, vede quest'area occupare un posto di primaria importanza a livello mondiale e avere un ruolo di primo piano nell'economia locale. Nella provincia senese, è collocato il distretto di Poggibonsi, attivo nei settori del mobile, dei camper e del cristallo, che comprende un ampio territorio, costituito prevalentemente da piccole e medie imprese di tipo artigianale in tutti e tre i settori produttivi, ma comunque altamente competitivo a livello mondiale.

Preistoria

Anche se la regione fu abitata fin dal Paleolitico inferiore, i ritrovamenti archeologici più importanti riguardano però il Paleolitico medio (con insediamenti all'aperto e in grotta sul monte Cetona e nelle Alpi Apuane) e superiore, per il quale alcuni aspetti presentano notevoli connessioni con culture coeve della Puglia. Del periodo neolitico sono numerose testimonianze di genti dedite all'agricoltura e all'allevamento, la cui cultura presenta influssi delle regioni contigue. Per il successivo periodo eneolitico, basilare per i rapporti con le regioni vicine è l'esistenza di reperti relativi alle culture di Remedello e di Rinaldone. In tempi recenti sono stati rinvenuti ricchi materiali della faciescampaniforme, sia alla grotta del Fontino sia in una serie di abitati scoperti nella zona di Sesto Fiorentino. Con l'Età del Bronzo buona parte del territorio toscano entrò nell'ambito del grande complesso della civiltà appenninica, rivelata qui soprattutto dai copiosi ritrovamenti di monte Cetona con la caratteristica produzione di ceramica decorata a incisioni meandriformi. Dopo la breve fase protovillanoviana, la regione entrò nell'Età del Ferro che vide su tutto il territorio l'espandersi e il fiorire della splendida civiltà etrusca.

Storia

Culla della civiltà degli Etruschi, esplosa tra i sec. VIII e VII a. C., l'antica Etruria fu conquistata dai Romani tra i sec. IV e III a. C. Sotto la loro tutela la regione conobbe un periodo di prosperità, durante il quale si svilupparono in particolar modo l'agricoltura e il commercio marittimo. Tra le città primeggiarono Arezzo (centro commerciale e industriale per la produzione della ceramica) e Volterra, che ebbe un grande ruolo militare di difesa contro le vicine tribù liguri. Dopo la caduta dell'Impero Romano, la regione passò sotto il dominio di Odoacre, di Teodorico, dei Bizantini, dei Longobardi (570) e poi dei Franchi (774). Costituita in marchesato dapprima personale poi (1027) ereditario, ebbe come primo marchese Bonifacio I (sec. IX). Con la fine della dinastia carolingia (888), la regione fu contesa dai pretendenti alla corona d'Italia; sotto gli Ottoni (sec. X), incorporati alcuni comitati toscani, dilatò i suoi confini a N oltre gli Appennini e in Liguria. Ugo di Toscana trasferì la sede da Lucca a Firenze (fine sec. X). Passata agli Attoni, venne a far parte di un potente complesso al centro delle comunicazioni tra la Valle Padana e la penisola, tra l'Impero e la Chiesa. Il feudalesimo in Toscana non ebbe tuttavia la compattezza e la forza raggiunte in altre parti d'Italia; proprio la scarsa omogeneità sociale ed economica e la mancanza di un saldo edificio politico unitario costituirono le premesse per il precoce affermarsi della civiltà comunale. Mentre una profonda trasformazione dell'agricoltura e la rinascita mercantile e industriale segnavano il profondo rinnovamento della regione, si svilupparono alcuni centri (Pisa, Lucca, Pistoia, Arezzo, Siena, Firenze ecc.), la cui vicenda fu però turbata da incessanti lotte intestine e dai tentativi di espansionismo: dopo un periodo di supremazia pisana (sec. XII-XIII), la battaglia della Meloria (1284) segnò l'inizio dell'egemonia di Firenze, che sottomise successivamente Pistoia (1306), Volterra (1361), Arezzo (1384), e Pisa (1406). Per un lungo periodo, la storia toscana si confuse con quella della Firenze dei Medici, che con Lorenzo il Magnifico rafforzò il suo peso e prestigio, diventando poi, con l'instaurazione del granducato dopo il fallimento della repubblica (1530), il baluardo dell'indipendenza della regione. Con Alessandro e soprattutto con Cosimo I, che aggiunse ai domini toscani Lucca e Siena e rafforzò l'apparato giuridico e amministrativo in senso assolutistico, le nuove coordinate dello Stato toscano presero definitivamente corpo e rimasero pressoché inalterate fino all'Unità d'Italia. Nel 1737, all'estinzione della dinastia medicea, il granducato fu assegnato a Francesco Stefano III di Lorena; ereditato un regno in declino e afflitto da una congerie di particolarismi e privilegi, questi avviò un energico intervento riformatore. Gli successe Pietro Leopoldo (1765-90), che, assistito da un valente gruppo di ministri e di tecnici, come P. Neri, F. Gianni e G. Rucellai, rinnovò in modo incisivo ogni ramo della vita e delle istituzioni toscane (fu abolita la tortura e la pena di morte; vennero annullate le servitù feudali; fu emanato un nuovo codice civile; venne reso pubblico il bilancio statale; fu tentata una riforma religiosa ecc.).Suo figlio Ferdinando III (1790-1801; 1814-24) fu assai più cauto e di minore vigore intellettuale, ma il moto avviato dalla dinastia lorenese continuò a portare i suoi benefici. Occupato dai francesi nel 1799 e ripreso nel 1800, il granducato fu assegnato dal Trattato di Lunéville (1801) ai successori dell'ultimo re di Parma con il nome di Regno di Etruria. Incorporato quindi (1807) nell'Impero insieme allo Stato dei Presidi, fu nuovamente costituito in granducato per Elisa Bonaparte Baciocchi, che vi governò dal 1809 al 1814. Ritornato infine ai Lorena (1814), s'ingrandì del Ducato di Lucca (1847) e godette di un regime tollerante e bonario che permise la formazione di un importante gruppo di liberali moderati (G. Capponi, C. Ridolfi, B. Ricasoli, R. Lambruschini ecc.). Essi spinsero dapprima Leopoldo II (1824-59) a riforme e alla concessione dello statuto (1848), ma dopo le vicende del 1849 (governo democratico, proclamazione della repubblica, fuga del granduca a Gaeta e sua restaurazione con l'aiuto austriaco) si volsero con sempre maggiore simpatia al Piemonte. Allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza (1859) l'agitazione rivoluzionaria costrinse Leopoldo II, ormai privo di appoggi interni, ad abbandonare Firenze e a rifugiarsi a Vienna. La Toscana, datasi allora un governo provvisorio sotto la direzione di U. Peruzzi e poi di Ricasoli, offrì la dittatura a Vittorio Emanuele II e proclamò quindi con un plebiscito (11-12 marzo 1860) la sua annessione al Piemonte. Importante fu il ruolo giocato dalla Toscana nello Stato unitario italiano, di cui Firenze fu capitale dal 1865 al 1870. Conservatasi prevalentemente agraria, la regione visse un apprezzabile sviluppo industriale solo a partire dal Novecento. Dopo la prima guerra mondiale fu attraversata da aspre agitazioni, soprattutto nelle campagne, e Firenze si oppose fino all'ultimo all'incombente regime fascista. Tra le prime e più forti aree di aggregazione del movimento partigiano dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, la regione fu duramente colpita dalle rappresaglie nazifasciste. Nella seconda metà del Novecento la Toscana ha vissuto forti cambiamenti sociali ed economici, diventando una delle aree più ricche del Paese, grazie all'industria e al commercio oltre che a un incessante movimento turistico, attratto da un patrimonio artistico di ineguagliabile valore.

Archeologia

Con la prima Età del Ferro si diffuse in Toscana, dal sec. XI all'VIII a. C., la civiltà villanoviana, le cui necropoli più importanti (Vetulonia, Populonia, Poggio della Guerruccia presso Volterra, Poggio Renzo presso Chiusi) corrispondono ai centri della successiva civiltà etrusca. Le località etrusche archeologicamente più notevoli sono Populonia, che ha dato necropoli con tombe a camera ricche di bronzi; Vetulonia, con tombe a tumulo e con circoli di pietra, materiali di importazione orientale, sculture arcaiche di pietra; Chiusi, con i suoi caratteristici canopi arcaici, i suoi buccheri e, più tardi, le tombe a camera dipinte e, infine, i sarcofagi e le urne a rilievo; Volterra, con le sue mura, le necropoli e le caratteristiche urnette di alabastro che continuarono anche in età romana sino al sec. II-I a. C. Grandi tombe a tholos dei sec. VII-VI a. C. sono anche nell'Etruria interna (Cortona, Quinto Fiorentino, Castellina in Chianti); a Marsiliana sono state trovate tombe a circolo con eccezionali avori e oreficerie orientalizzanti; a Poggio Civitate, presso Murlo (Siena), si è scavato un santuario del sec. VI a. C. che ha restituito terrecotte figurate. Da Arezzo vengono i due grandi bronzi della Chimera e di Minerva, da Cortona il ricco lampadario, mentre altri bronzi minori, di varia epoca, da altre località (Brolio, Monte Falterona ecc.). Meno importanti, ma numerosi, sono i resti di arte romana, la cui manifestazione più originale è quella della ceramica aretina. Notevoli sono i resti di Cosa (mura poligonali, foro con i suoi monumenti) e Roselle (foro con basilica e altri edifici, gruppo di ritratti imperiali); inoltre, il teatro, le terme e il tempio di Fiesole, il bel teatro e il complesso termale di Volterra, le mura sillane di Chiusi, gli anfiteatri di Lucca e di Arezzo. Numerose le ville lussuose di cui permangono resti lungo le coste tirreniche (dintorni di Cosa, Talamone, Populonia, Cecina, Massaciuccoli) e sulle isole d'Elba, Pianosa, Giannutri e del Giglio.

Arte

Scarse sono le testimonianze architettoniche paleocristiane e in genere altomedievali (cripta di Sant'Antimo, a Montalcino, duomo di Chiusi). La grande fioritura artistica della regione ebbe inizio nel sec. XI, con lo sviluppo dell'architettura romanica, nel cui ambito si distinguono varie caratterizzazioni locali. Dell'architettura fiorentina del sec. XI, i maggiori esempi sono il Battistero, consacrato nel 1059, le cui strutture geometrizzanti rimandano alla tradizione paleocristiana, e la chiesa di San Miniato al Monte, anch'essa ricca di derivazioni tardoantiche. A questa tendenza si contrapposero l'architettura lombardeggiante di Lucca (chiese di Sant'Alessandro e di San Frediano) e quella originalissima di Pisa, il cui celebre complesso della piazza dei Miracoli (cattedrale, campanile, battistero) mostra chiaramente la fusione di elementi romanico-lombardi con altri di derivazione orientale, con una spiccata attenzione agli elementi coloristici e decorativi. Il romanico pisano trovò larga diffusione anche in altre città toscane, come Pistoia (chiesa di San Bartolomeo in Pantano), Lucca (duomo di San Martino), Arezzo (pieve di Santa Maria). I maggiori centri della scultura romanica furono Pisa (Maestro Guglielmo, Bonanno), Lucca (Biduino) e Pistoia (Gruamonte), nelle quali dominò l'influsso lombardo-emiliano. La pittura fu legata a lungo alla tradizione bizantina (Berlinghieri), sia pure arricchita da una nuova drammaticità (Giunta Pisano), mentre un'impronta innovatrice fu data dallo stile vigoroso di Coppo di Marcovaldo, attivo a Firenze (mosaici nell'abside del Battistero). L'arte gotica toscana ebbe i suoi principali centri a Firenze, dove fu caratterizzata da un'interpretazione severa, e a Siena, ma si fuse spesso alla precedente tradizione romanica. I maggiori monumenti gotici sono, a Firenze, la chiesa di Santa Maria Novella, il duomo di Santa Maria del Fiore e la chiesa di Santa Croce (iniziati alla fine del Duecento da Arnolfo di Cambio), la chiesa di Orsanmichele (sec. XIV). A Siena sono da citare il duomo e il Palazzo Pubblico; altri notevoli monumenti gotici si trovano a Volterra, Lucca, Pisa ecc. A iniziare dalla seconda metà del sec. XIII si sviluppò nella regione l'attività di un'eccezionale serie di maestri, che definirono i caratteri dell'arte toscana e ne estesero grandemente l'influenza. Nicola Pisano introdusse nella scultura moduli classicheggianti, che Arnolfo di Cambio sviluppò e fuse con il nuovo linearismo gotico di derivazione francese, mentre Giovanni Pisano elaborò uno stile drammatico, nervoso e sintetico, continuato da Tino di Camaino, Lorenzo Maitani, Andrea e Nino Pisano. Innovatore della pittura, attardata sui moduli bizantini, fu Cimabue, con la sua maestosa, “classica” interpretazione del sentimento drammatico; ma una vera rivoluzione pittorica, per concezione sintetica, spaziale, plastica e drammatica, fu compiuta da Giotto, la cui influenza andò ben oltre i limiti regionali e quelli dell'arte gotica. Della ricca scuola da lui iniziata si ricordano T. Gaddi, B. Daddi, Maso di Banco, A. Orcagna, Nardo di Cione e A. Gaddi. Differenti furono invece i caratteri dell'arte senese, il cui grande iniziatore fu Duccio di Buoninsegna; questi seppe rinnovare la tradizione pittorica bizantina sciogliendone gli schemi stereotipati in una linea fluida ed esaltandone la raffinatezza cromatica; sulla sua scia si possono collocare Ambrogio e Pietro Lorenzetti, che arricchirono di drammaticità e plasticismo lo stile di Duccio, mentre S. Martini ne accentuò i caratteri di raffinato linearismo e prezioso gusto cromatico. Nelle altre città toscane si può citare la scuola pisana, influenzata dall'arte emiliana e che in F. Traini ebbe il suo maggior rappresentante. Va ricordato, infine, il grande sviluppo della miniatura, soprattutto a Siena (Maestro del Codice San Giorgio, Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci), della vetreria, del ricamo, dell'oreficeria, vivace soprattutto a Pisa e Siena (Ugolino di Vieri), della scultura lignea ecc. Il sec. XV, con lo sviluppo dell'Umanesimo, segnò il periodo di maggiore splendore artistico per la Toscana e particolarmente per Firenze, divenuta in ogni campo città egemone. L'opera straordinaria di artisti quali Brunelleschi, Donatello e Masaccio diede inizio, rispettivamente nell'architettura, nella scultura e nella pittura, al Rinascimento italiano, raggiungendo importanza europea per gli influssi che a lungo esercitò sull'arte successiva. In architettura si sviluppò in particolare il tipico palazzo fiorentino, mentre numerose sorsero anche le ville suburbane, grazie all'attività di notevoli architetti seguaci del Brunelleschi: Michelozzo, Giuliano da Maiano, Benedetto da Maiano, Giuliano da Sangallo. Fondamentale per la definizione dei caratteri dell'architettura toscana fu la personalità di L. B. Alberti, di cui fu allievo B. Rossellino, autore del palazzo Piccolomini a Siena e soprattutto della progettazione di Pienza, uno dei più eccezionali esempi di architettura rinascimentale. Altro geniale architetto fu il senese Francesco di Giorgio Martini, mentre a Pistoia va ricordata l'attività di V. Vitoni. Anche la produzione scultorea del sec. XV fu assai vasta. Primi grandi maestri del secolo furono a Firenze L. Ghiberti e a Siena Iacopo della Quercia, entrambi, in certa misura, ancora legati a modi gotici. Con Iacopo della Quercia la scultura senese conobbe la sua ultima grande fioritura: dei successivi artisti, infatti, i maggiori (il Vecchietta, Francesco di Giorgio Martini) rientrano sostanzialmente nell'ambito fiorentino. A Firenze, ai modi di Donatello si rifecero Michelozzo, Agostino di Duccio, Desiderio da Settignano. Numerosi gli scultori della seconda metà del secolo, portatori di un'arte meno drammatica di quella donatelliana: A. Rossellino, vigoroso ritrattista; Mino da Fiesole; Benedetto da Maiano; il lucchese Matteo Civitali; Luca della Robbia, elegante e delicato scultore in terracotta, la cui opera fu continuata, con minore abilità, dai nipoti Andrea e Giovanni; e, infine, i due massimi scultori del periodo, A. Pollaiolo, dal segno vigoroso e scattante, e il drammatico Andrea del Verrocchio. Anche in pittura Firenze divenne il centro dominante, mentre la scuola senese, dopo il goticheggiante Sassetta, declinò. A Firenze, contemporaneamente a Masaccio, operarono Masolino da Panicale e il Beato Angelico, ancora legati alla tradizione tardogotica, ben presto però superata, come dimostrano le opere di Filippo Lippi, di Andrea del Castagno, di P. Uccello, originale interprete della nuova scienza della prospettiva introdotta da Brunelleschi, e soprattutto di Piero della Francesca, uno dei massimi artisti del Rinascimento, che tuttavia lasciò scarsa influenza a Firenze; qui, sul finire del secolo, furono operosi pittori quali B. Gozzoli, il Pollaiolo, il Ghirlandaio, Piero di Cosimo, Filippino Lippi, S. Botticelli, nelle cui raffinate espressioni già si riflettono il travaglio della società fiorentina e la crisi della cultura umanistica. Toscano, ma attivo quasi esclusivamente in Umbria, fu il grande L. Signorelli. Nel corso del sec. XV iniziarono la loro attività a Firenze maestri insigni, quali Leonardo (1469) e Michelangelo (1488), che influenzarono profondamente l'arte del sec. XVI; tuttavia l'importanza culturale della città incominciò a diminuire a vantaggio di Roma. In architettura, al principio del Cinquecento, sono da segnalare le opere del senese B. Peruzzi (legato peraltro all'ambiente romano), di Antonio da Sangallo il Vecchio e del nipote omonimo, detto il Giovane, collaboratore di Michelangelo. Quest'ultimo del resto fu il vero dominatore dell'arte fiorentina e toscana del sec. XVI e diede avvio a una foltissima schiera di seguaci nel campo dell'architettura, della scultura e della pittura. Proprio come continuazione ed esasperazione dell'arte michelangiolesca (e di quella rinascimentale in genere) si configura il manierismo toscano, che ebbe a Firenze la sua prima inquieta stagione, annoverando artisti, perlopiù legati alla corte medicea, le cui opere raffinate sono dominate dal culto dello stile e dalla ricerca dell'eleganza formale (B. Ammannati, G. Vasari, B. Buontalenti, Bronzino, B. Cellini, il Giambologna) che perviene, in alcuni artisti, alla drammaticità e all'esasperazione stilistica (Rosso Fiorentino, Pontormo). Va ricordata, inoltre, la tardiva rinascita della scuola pittorica senese, che nel Sodoma e nel Beccafumi ebbe due interpreti che tentarono la conciliazione dei modi michelangioleschi con altri derivati dallo sfumato leonardesco. È necessario, infine, menzionare lo sviluppo di “arti minori”, come il commesso, o mosaico fiorentino, che nell'Opificio delle Pietre Dure raggiunse livelli di splendida qualità; la bronzistica, l'oreficeria, la ceramica (con centri a Cafaggiolo e a Doccia), l'arazzeria, la cui manifattura, fondata dai Medici nel 1546, fu la prima in Italia. Di elevata qualità fu l'arte dei due caravaggisti pisani Orazio e Artemisia Gentileschi. Il barocco si manifestò in Toscana più sobriamente che altrove, in quanto l'arte regionale restò legata al classicismo di età rinascimentale, accogliendo tardivamente e limitatamente le novità del barocco. Massimo architetto toscano del sec. XVII fu G. Silvani, autore a Firenze di vari palazzi e chiese; degno di menzione è anche G. B. Foggini, che nelle cappelle Corsini al Carmine e Feroni all'Annunziata (1691-93) fu influenzato dal tardobarocco romano. Nel Settecento emerse la personalità di F. Ruggeri, attivo nella chiesa di San Firenze (1715), una fra le migliori costruzioni barocche in Toscana, e nel nuovo palazzo Capponi. Anche la scultura risentì debolmente degli influssi barocchi, rimanendo legata alle forme tardomanieriste del Buontalenti e del Giambologna, allo stile del quale si avvicinarono P. Tacca e G. B. Caccini, mentre Foggini interpretò sobriamente i modi berniniani e M. Soldani Benzi fece rivivere la migliore tradizione fiorentina della fusione e dell'accurata cesellatura del bronzo con la produzione di copie di capolavori antichi e rinascimentali, che incontrarono il gusto raffinato del gran principe Ferdinando e di una prestigiosa committenza internazionale. Fra gli scultori del Settecento si annoverano alcuni discepoli del Foggini, quali G. Baratta, G. Piamontini e G. Fortini; a I. Spinazzi, fatto venire appositamente da Roma, fu affidata la direzione dei restauri delle collezioni granducali e il coordinamento della produzione delle copie necessarie al nuovo apparato decorativo di residenze e giardini (quello di Boboli in particolare). Dalla fine del Settecento si intensificarono i contatti con i principali esponenti a Roma del nuovo stile internazionale, attraverso le opere inviate da B. Thorvaldsen per la residenza livornese del barone von Schubart, poi tramite l'attività del Canova per la granduchessa Elisa Bonaparte Baciocchi. I maggiori pittori del sec. XVII, rimasti legati alla grande tradizione cinquecentesca, si attardarono nella prima metà del secolo, fino all'arrivo di Pietro da Cortona (1637), nella ripetizione di formule codificate dall'arte riformata del Cigoli, pur con aperture verso l'arte veneta. Tra questi i più interessanti furono M. Rosselli, C. Allori, G. Bilivert, S. Coccapani e Giovanni da San Giovanni, ai quali vanno aggiunti F. Furini, il pittore più ricercato dalla corte medicea e dalle grandi famiglie fiorentine, e C. Dolci. I due cicli di affreschi di Palazzo Pitti (le Quattro Età dell’Uomo nella Sala della Stufa e i dipinti delle sale di Venere, di Giove e di Marte) realizzati in due momenti diversi (1637 e 1640; 1641-47) da Pietro da Cortona, influenzarono con il loro stile barocco l'ambiente fiorentino, come dimostra l'opera di B. Franceschini, che lavorò negli appartamenti di Vittoria della Rovere sempre a Palazzo Pitti. Nel 1682-85 la presenza a Firenze di L. Giordano, artefice della volta della cappella Corsini e di quella della galleria di palazzo Medici-Riccardi (considerata uno dei capolavori dell'artista), fu un altro avvenimento di rilievo per la pittura toscana di fine secolo e del Settecento, che portò alla definitiva rottura con il passato e all'assimilazione del barocco e della pittura luminosa e fluida impostasi già in tutta Italia e in Europa. Nel primo decennio del sec. XVIII il gran principe Ferdinando rinverdì i fasti del mecenatismo mediceo grazie all'incisiva presenza a Firenze di alcuni artisti di varia provenienza e formazione, come S. Ricci, con il nipote Marco, A. Magnasco, G. M. Crespi, G. A. Fumiani e C. Munari. Accanto a queste presenze artistiche non fiorentine si inserì il fitto operato dei pittori locali, i quali, permeati inizialmente da suggestioni di derivazione cortonesca, seppero in seguito modulare altrimenti il loro personale linguaggio pittorico. La decorazione di San Frediano in Cestello (1702-18) vide all'opera un piccolo manipolo di artisti fiorentini che rappresentavano le tendenze locali più aggiornate all'inizio del secolo: P. Dandini, A. D. Gabbiani, A. Gherardini e G. C. Sagrestani, accompagnato da un gruppo di giovani pittori (M. Bonechi, R. del Pace e altri) che contribuirono all'affermazione dello stile del maestro. Nel periodo che va dalla morte dell'ultimo granduca Medici (Gian Gastone, 1737) all'insediamento nel 1765 del nuovo granduca Pietro Leopoldo I, si affermarono i generi minori, legati al mercato del collezionismo, come il paesaggio (G. Zocchi, F. Zuccarelli, G. P. Pannini, A. Locatelli, C. J. Vernet, A. Cioci), il ritratto (G. D. Ferretti, G. Piattoli) e il cosiddetto “ritratto di conversazione” (T. Pacht, J. Zoffany). La politica culturale di Pietro Leopoldo si orientò verso la ristrutturazione della Galleria degli Uffizi, in vista dell'apertura al pubblico nel 1769, e il recupero e l'adattamento in chiave moderna di almeno una parte delle residenze già medicee, tra cui la villa di Poggio Imperiale, dove la globalità dell'intervento previsto richiese l'opera di vari artisti, come T. Gherardini, G. Traballesi, G. A. Fabbrini e gli stuccatori Grato e G. Albertolli. Sul finire del sec. XVIII si diffusero anche in Toscana i modi neoclassici, che in architettura trovarono i migliori interpreti in G. M. Paoletti (gli edifici delle terme di Montecatini, l'ampliamento della villa di Poggio Imperiale, la Sala della Niobe agli Uffizi, il quartiere della Meridiana a Palazzo Pitti) e in P. Poccianti, con il quale iniziò un radicale rinnovamento della villa di Poggio Imperiale, proseguito da G. Cacialli, che si distinse in particolare per la raffinatezza “francese” degli interni realizzati. La personalità intorno alla quale ruotò la pittura fiorentina e in genere toscana nella prima metà dell'Ottocento fu senza dubbio quella di P. Benvenuti, il quale contribuì al formarsi di un gusto neoclassico elegante e distaccato, che ebbe modulazioni diverse in A. Marini o in L. Sabatelli. Nell'Ottocento andò scomparendo un'architettura specificatamente toscana. Le maggiori personalità si ebbero nel campo della scultura (L. Bartolini, G. Dupré, P. Fedi, A. Cecioni), mentre l'attività dei macchiaioli (G.Fattori, S. Lega, T. Signorini), influenzata dalla pittura di paesaggio del romano N. Costa, e dalle sperimentazioni chiaroscurali di F. S. Altamura, conferì nuovamente alla regione un ruolo di prestigio nell'ambito dell'arte europea. Agli inizi del Novecento Firenze fu uno dei luoghi più aperti in Italia all'accoglienza del liberty, grazie a G. Chini, le cui idee influenzarono in particolare la decorazione di ambienti pubblici e privati anche fuori dalla regione. Uno dei più significativi esponenti del liberty nell'architettura fiorentina fu G. Michelazzi (villino Lampredi, 1908-10; casa-galleria in Borgo Ognissanti, 1911; villino Broggi-Caraceni, 1911). La tipologia del villino, ampiamente usata nelle aree di nuova espansione, fu quella maggiormente interessata dai formalismi dello stile floreale, che interessò soprattutto le facciate e solo in sporadici casi anche la morfologia degli spazi interni (il villino Broggi-Caraceni ne è uno dei pochi esempi). A U. Giusti si deve l'impronta liberty, nella forma dell'art déco, del centro termale di Salsomaggiore, dove la ricca architettura delle terme Berzieri (1923) è caratterizzata dalle decorazioni di G. Chini. Il liberty nella Toscana degli anni Venti fu inoltre rappresentato dall'architettura di Viareggio, dove A. Belluomini fu autore di alcune delle più interessanti realizzazioni del lungomare di viale Regina Margherita: il Bagno Balena (1928), il Gran Caffè Margherita (1928) e l'Hotel Liberty (1924-25), modificato negli anni Sessanta. Nel periodo fra le due guerre mondiali in ambiente toscano le tendenze moderniste, frenate da quelle conservatrici, stentarono ad affermarsi, determinando un fiorire poco significativo di nuove architetture. Il progetto del gruppo di G. Michelucci, vincitore del concorso per la stazione di Santa Maria Novella a Firenze (1932), rappresentò un momento culminante nella polemica sull'architettura moderna in Italia e favorì il conferimento di nuovi incarichi alla generazione dei razionalisti. Le manifestazioni del moderno a Firenze, oltre alla stazione, possono trovarsi perlopiù in architetture di servizio, come lo stadio comunale (1929-32) di P. Nervi, nascosto però dietro la facciata neoclassica di A. Giuntoli, la stazione ferroviaria di Montecatini Terme (1934-37) e quella di Siena (1931-35), opere di A. Mazzoni. Il diffuso rifiuto del linguaggio razionalista associato allo stile dell'architettura fascista favorì nell'ambiente toscano del secondo dopoguerra il diffondersi dell'influenza dell'architettura organica, interpretata magistralmente in una versione neoimpressionista da L. Ricci e dallo stesso Michelucci come superamento della fase più strettamente modernista della sua ricerca. Realizzazioni in cemento, pietrame e vetro, come il complesso residenziale di Monte Rinaldi (1950-62), la casa di Elisabeth Mann Borghese a Forte dei Marmi (1957-59) o la casa Balmain sull'isola d'Elba (1958-60) di Ricci sono alcune delle massime espressioni dell'architettura italiana degli anni Cinquanta, accanto alle opere di Michelucci, quali la sede della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia (1957-65) a Pistoia, l'osteria del Gambero Rosso a Pescia (1958-63) o la chiesa di San Giovanni Battista (1960-64) a Campi Bisenzio. Negli anni Sessanta all'esempio di Le Corbusier si riallacciò invece L. Savioli sia nelle abitazioni unifamiliari di villa Bayon (1964-66) a Firenze e villa Taddei (1963-66) a Fiesole, sia nel nuovo quartiere di edilizia popolare di Sorgane (1962-70). Di diversa estrazione sono le poche realizzazioni che si segnalano negli anni Ottanta, come il Museo di Arte Contemporanea “Luigi Pecci” (1981-88) a Prato, che porta l'impronta tecnologica di I. Gamberini (1907), mentre a Firenze la diffidenza verso il nuovo aprì le porte al postmodernismo di C. Toraldo di Francia (terminal degli autobus in via Valfonda, 1987-90), di G. Aulenti (nuovo accesso alla stazione di Santa Maria Novella,1989-90) e di A. Natalini (Teatro della Compagnia, 1984-87). Singolare l'insieme degli interventi condotti a Pisa con rigore metodologico da M. Carmassi (ricostruzione del complesso di San Michele in Borgo, 1979-2002; biblioteca e archivio storico comunale, 1995-99), in cui il nuovo si fonde con il tradizionale.

Cultura: generalità

Protagonista dell'arte e della cultura nazionali in vari momenti del loro lungo evolversi, la Toscana conserva ancora vivi i segni della sua storia; non si tratta di una semplice eredità del passato ma di un patrimonio originario persistente e in grado di rinnovarsi. La regione, infatti, è ancora molto vitale dal punto di vista culturale ed è capace di sfruttare il proprio patrimonio artistico e paesaggistico, senza danneggiarlo, ma rielaborandolo in maniera creativa. Lo conferma anche il fatto che l'UNESCO abbia inserito nel patrimonio culturale dell'umanità ben cinque siti della regione: il centro storico di Firenze (dal 1982), piazza del Duomo a Pisa (dal 1987) e i centri storici di San Gimignano (dal 1990), di Siena (dal 1995) e di Pienza (dal 1996). Ancora oggi, infatti, è impossibile prescindere da questa terra: perché la lingua italiana è nata nella seconda metà del sec. XIII dal fiorentino nobile e perché questa è stata la culla ed è l'erede di quel fenomeno artistico e culturale la cui risonanza percorre tutto il mondo, che fu il Rinascimento. La sua particolarità è rivelata anche da altri fattori: il paesaggio, per esempio, è divenuto simbolo della regione stessa, con i filari di cipressi e i tipici casali che punteggiano le campagne; e fu proprio in queste terre che il barone Bettino Ricasoli, a metà dell'Ottocento, individuò e migliorò quei vitigni che avrebbero dato vita al vino Chianti. E poi aleggia sulla regione la presenza di alcuni grandi della cultura (Dante, Petrarca, Boccaccio), primi esponenti di una tradizione letteraria che ebbe in Firenze un centro di eccezionale forza propulsiva. Lo stesso capoluogo regionale, che nella prima metà del sec. XX vide la nascita di numerose riviste letterarie, è un centro primario di cultura a livello internazionale: per le biblioteche storiche, gli istituti d'arte e di restauro di fama planetaria, le tante istituzioni straniere, le manifestazioni (Maggio Musicale Fiorentino), il cinema e il mondo dello spettacolo, la moda. Firenze è poi sede della Mostra Mercato Internazionale dell'Artigianato (ART), la cui prima edizione risale al lontano 1931. Dopo una breve interruzione (durata dal 1941 al 1946), si è trasformata in un'importante vetrina dell'arte, del design e delle creazioni artigianali di tutto il mondo. Non minore il ruolo di alcuni degli altri capoluoghi, come Pisa con la Scuola Normale che è uno degli atenei più prestigiosi d'Italia e Lucca con il festival pucciniano. Eventi interessanti si svolgono in altri centri, come Pontremoli, sede del prestigioso premio letterario Bancarella, e Viareggio, con l'omonimo premio.

Cultura: teatro e letteratura popolare

Esempi di teatro in vernacolo si ebbero a Pisa, Siena e Livorno, ma rimasero nell'ambito provinciale. Un certo rilievo ebbe, invece, il teatro fiorentino e dalla fine del Settecento dominò la maschera di Stenterello, messa al centro di sgangherati canovacci tratti dal repertorio arlecchinesco o rabberciati da copioni di tutt'altra origine. L'idea di un teatro in vernacolo fu oggetto di polemiche e fieramente avversata. Modificò la situazione, nel 1908, la prima rappresentazione dell'Acqua cheta di A. Novelli, recitata da una compagnia incentrata su A. Niccoli e sulla moglie G. Landini. Si devono a questa formazione i fortunati allestimenti degli altri numerosi testi di Novelli (Gallina vecchia, L’ascensione, La cupola ecc.). In seguito non fu più raggiunto il livello più che dignitoso dei primi spettacoli. Le compagnie fiorentine superstiti svolgono un'attività d'interesse locale. La letteratura popolare è ricca di fiabe e leggende che, a partire dal sec. XIX, hanno trovato in studiosi come G. Pitré, V. Imbriani, I. Nieri e G. Nerucci attenti raccoglitori e illustratori. La Toscana vanta poi una lunga tradizione relativa alla diffusione dei giornali in vernacolo, nei quali dominano satira e umorismo: ne è un esempio la pubblicazione livornese Il Vernacoliere (le cui radici affondano nel periodico di controinformazione Livornocronaca), ben noto anche oltre i confini regionali. Numerosi sono poi i proverbi e detti, spesso altrettanto salaci, che talvolta traggono origine dal teatro dialettale.

Cultura: tradizioni

Con la fine della mezzadria, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del sec. XX, la cultura popolare stava andando lentamente scomparendo, ma grazie anche allo sviluppo turistico, interessato al recupero delle tradizioni, è tornata successivamente a riemergere soprattutto in particolari espressioni come i canti del maggio. I Maggi consistono in rappresentazioni paesane di poemi epici e cavallereschi, accompagnate da canti e musiche che generalmente si svolgono all'aperto. Probabilmente traggono origine dalle antiche feste di Calendimaggio le celebrazioni ispirate alla primavera: la sera della vigilia brigate di ragazzi e ragazze (maggiaiuoli) andavano nelle case delle ragazze fidanzate e ricevevano doni (maggi erano chiamate le canzoni intonate dalla comitiva, maio il ramo fresco infiocchettato recato da un giovane che precedeva gli altri; esistevano anche Maggi lirici che hanno dato origine a rappresentazioni drammatiche). Queste, rifiorite a partire dagli anni Settanta del Novecento, hanno ampliato il repertorio e hanno dato vita a vere e proprie compagnie di teatro popolare e a una rassegna nazionale del teatro popolare che si svolge ogni anno in diversi paesi fra la Garfagnana e l'Emilia. Altri tipi di rappresentazione, come contrasto, testamento e zingaresca, un tempo assai diffusi, sopravvivono ora in pochi centri toscani. Tra questi, si ricordano due cittadine in provincia di Siena: Montepulciano, che ha mantenuto in vita l'antica arte del bruscello, e Monticchiello, celebre per la lunga tradizione collegata al teatro povero. Assai diffusi erano i canti che accompagnavano il lavoro dei campi, la cui più antica testimonianza risale al 1536. Canzoni epico-liriche, canzoni enumerative e iterative, canzoni alla rovescia (filastrocche il cui contenuto è in contrasto con qualsiasi regola del buon senso), ninne nanne, rispetti e stornelli fanno parte del patrimonio culturale toscano. Tantissime sono le feste che scandiscono il calendario dell'anno. Tra le più importanti il Palio di Siena e quello marinaro di Livorno, la Giostra del Saracino ad Arezzo (gioco cavalleresco di origine medievale, ripristinato nel 1931 sotto forma di evento agonistico, che coinvolge i quattro quartieri storici cittadini), la Regata delle Repubbliche Marinare a Pisa, ogni quattro anni, e il Carnevale di Viareggio, noto anche oltre i confini italiani per la maestosità e la particolarità dei carri allegorici. Firenze ospita diversi eventi, nei quali si intrecciano tradizioni storiche e aspetti religiosi. Tra questi figura lo Scoppio del Carro, manifestazione di antica origine legata alle celebrazioni pasquali, nel corso della quale una colomba meccanica (che porta nel becco un ramoscello di olivo), scorre lungo un filo teso tra l'altare maggiore del duomo e il carro e, al termine del percorso, innesca una serie di petardi e mortaretti. Altri appuntamenti fiorentini che coinvolgono numerosi spettatori sono la partita di calcio in costume (rievocazione di quelle giocate in piazza Santa Croce nel periodo mediceo, alla quale si accompagna anche un suggestivo e colorato corteo storico) e la rificolona, che si svolge all'inizio di settembre, festa nella quale sono protagoniste lanterne di carta illuminate da una candela (chiamate appunto “rificolone”).L'artigianato toscano, espressione del patrimonio artistico-culturale della regione e oggi in difficile equilibrio tra la tradizione e le richieste del mercato, si è andato diversificando nel corso dei secoli: se da una parte ha assunto carattere prevalentemente industriale, dall'altra resta ancora strettamente legato alla tradizione, teso alla conservazione del legame con il passato. Una delle attività artigianali di maggior rilievo è la lavorazione del vetro concentrata soprattutto a Colle Val d'Elsa, in provincia di Siena. Partendo dalla produzione del vetro verde per realizzare fiaschi e damigiane, si è passati alla creazione di oggetti più raffinati utilizzando il cristallo. Fra le lavorazioni più tradizionali vi sono quelle del marmo delle Alpi Apuane (celebre è quello di Carrara, realizzato ancora in numerosi laboratori artigianali) e dell'alabastro di Volterra; della ceramica, che presenta una produzione molto diversificata da zona a zona (dal cotto dell'Impruneta ai cocci del Senese, dai piatti decorativi dell'Aretino ai vasi della provincia di Firenze); del ferro battuto nel Casentino, ma anche in alcune valli lungo il Serchio, in Garfagnana, dove si trovano i caratteristici “testi” per cuocere le cialde di farina di castagne; degli intrecciati, costituiti prevalentemente dai cesti prodotti in diversi paesi della Lucchesia e dell'entroterra versiliese. Scarperia, borgo in provincia di Firenze, vanta una lunga tradizione nella produzione di coltelli. Le antiche arti dell'oreficeria e della tessitura, pur avendo trovato uno sbocco prevalentemente industriale, sono ancora praticate da alcuni artigiani, in provincia di Arezzo e Firenze la prima, in tutto il territorio, soprattutto nei centri minori, la seconda. Ormai inesistente a livello artigianale è l'arte dei figurinai, le cui statuine di gesso giunsero, con i loro stessi artefici, nei paesi più lontani fin dal sec. XVI; si possono ora ammirare nel relativo Museo della Figurina di Gesso e dell'Emigrazione sorto a Coreglia Antelminelli, in provincia di Lucca.

Cultura: enogastronomia

Si può definire antica e sapiente la cucina toscana, caratterizzata da ingredienti genuini, con i quali vengono preparate svariate ricette. Tra i piatti tipici toscani si ricordano la ribollita (zuppa di pane, cavolo nero e fagioli), le pappardelle al sugo di lepre o d'anatra dell'Aretino, gli gnocchi del Casentino (con spinaci e ricotta), i pici del Senese, la panzanella, e ancora quelli a base di pesce della costa tirrenica (celebri il cacciucco e le triglie alla livornese). Fra i secondi dominano la selvaggina (come il cinghiale, preparato alla cacciatora, in umido ecc.) e le carni: particolarmente note sono le fiorentine (bistecche di manzo con l'osso) alla brace. Spesso accompagnati dal caratteristico pane senza sale e dalla crosta spessa e dall'olio extravergine d'oliva, sono i salumi (prosciutto e salsicce, ma anche finocchiona, biroldo, soprassata). Fra le specialità meno conosciute, va ricordato lo squisito buristo (detto anche burischio o mallegato), salume originario di Firenze e Siena, prodotto con carni di suino, aromatizzate con buccia di limone, sale, pepe, aglio e prezzemolo. Merita inoltre ricordare le anguille (dette ‘torte' o ‘pantanine') della laguna di Orbetello, con le quali si realizzano gustose ricette (come le anguille scavecciate o quelle sfumate). Diffuso è poi l'apporto di verdure fresche, come asparagi, carciofi, zucchine, fiori di zucca, spesso approntati nei fritti misti, e dei legumi, di cui i toscani sono grandi consumatori: piselli, fave (dette baccelli, spesso mangiate fresche con il pecorino), fagioli (all'uccelletto, al fiasco ecc.) e farro, utilizzato già all'epoca etrusca. La casearia toscana si basa soprattutto sul latte ovino, producendo tipi più o meno dolci di pecorino da consumare fresco o stagionato, il raviggiolo, le crete senesi o aretine (formaggelle prodotte con il latte delle pecore che pascolano in terreni cretosi); vi sono, inoltre, i latticini di bufala della Maremma. Tra i dolci figurano specialità regionali a base di farina di castagne, come i necci della Lucchesia e il noto castagnaccio. Molti anche i fritti (bomboloni, cenci, tortelli, migliaccio), mentre rinomati anche al di fuori della Toscana sono lo zuccotto, il panforte e i ricciarelli senesi, i brigidini di Lamporecchio (Pistoia) e il buccellato di Lucca. Straordinari sono anche i vini, cui sono dedicate più di dieci strade tematiche: si va dai blasonatissimi DOGC brunello di Montalcino, chianti, carmignano, vino nobile di Montepulciano, vernaccia di San Gimignano ai numerosissimi DOC, quali l'ansonica, il bianco di Pitigliano, il Colli dell'Etruria Centrale, l'elba, il montecarlo, il morellino di Scansano, il rosso di Montalcino, il rosso di Montepulciano, il san gimignano, il sant'antimo, il bianco vergine della val di Chiana. Una menzione a sé meritano sia il vin santo, liquore ottenuto da uve passite, ideale da fine pasto, sia il meno noto alchermes, dal vivace colore rosso, usato ancora oggi in pasticceria. Fra i numerosi prodotti DOP si possono citare il formaggio pecorino toscano, il prosciutto toscano e la farina di neccio della Garfagnana. Il marchio IGP è stato attribuito, fra gli altri, all'olio di oliva Toscano, al marrone del Mugello, al farro della Garfagnana e al lardo di Colonnata.

Bibliografia

Per la geografia

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Per l'insediamento umano

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Per la storia

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