Lessico

agg. e sm. (pl. m. -ci) [sec. XIV; dal latino tardo hebraícus, che risale al greco tardo hebraikós].

1) Agg., proprio degli Ebrei, che si riferisce agli Ebrei: letteratura ebraica.

2) Sm., la lingua degli Ebrei.

Linguistica

L'ebraico appartiene, con il fenicio e il moabitico, al cananeo, sottogruppo del semitico nord-occidentale. Fu adottato dagli Ebrei dopo il loro insediamento in Palestina (sec. XII a. C.). La sua fase classica è rappresentata dai libri della Bibbia anteriori all'esilio (sec. VI a. C.), i quali mostravano varietà fonetiche e, in minor misura, morfologiche, sintattiche e lessicali, diverse secondo le regioni e le epoche. Nel corso del I millennio d. C., quando l'ebraico non era più parlato, i masoreti aggiunsero al testo biblico le vocali – mancanti negli originali – in modo uniforme, eliminando ogni varietà dialettale; perciò oggi è difficile studiare l'evoluzione storica dell'ebraico. Come tutte le lingue semitiche esso possiede consonanti enfatiche e laringali (queste ultime tendenti a scomparire). I generi grammaticali sono due: maschile e femminile; i numeri tre: singolare, duale e plurale. L'articolo determinativo è unico per tutti i generi e numeri, come in araboDiversamente dall'accadico e dall'arabo, il nome ebraico ha perso le antiche desinenze vocaliche della declinazione, perciò le funzioni grammaticali sono espresse da preposizioni. Scarseggiano i pronomi e gli aggettivi spesso sostituiti dai sostantivi. Come in tutte le lingue semitiche i numerali da 3 a 10 hanno forma maschile coi nomi femminili e viceversa. Il verbo generalmente consta di tre consonanti, come il nome. Se esse sono stabili il verbo è detto forte (in alcune classi una delle tre consonanti cade o si assimila). Altri verbi constano di due sole consonanti, con media vocale lunga o con la seconda consonante raddoppiata (verbi deboli). I tempi sono: il perfetto, che indica azione compiuta e si coniuga con suffissi di origine pronominale, e il futuro che indica azione incompiuta e si coniuga pure con pronomi abbreviati e prefissi e con alcuni suffissi, dove è necessario. Esiste anche l'imperativo per le sole seconde persone, gli infiniti assoluto e costrutto, i participi attivo e passivo. Nella coniugazione le persone II e III sono distinte in maschile e femminile. Dopo l'esilio (sec. VI a. C.) l'ebraico subisce sempre più l'influsso dell'aramaico (ebraico medio). È attestato in alcuni libri biblici (Ecclesiaste, Tobia, Ecclesiastico), nei testi di Oumran e nei testi rabbinici (Mišnāh, Tôseftā', ecc.). L'ebraico medio è gradualmente soppiantato nell'uso vivo dall'aramaico. Durante il Medioevo e l'età moderna, l'ebraico continua a essere usato come lingua scritta e subisce l'influsso della Bibbia e delle lingue locali parlate dagli Ebrei (greco, arabo, lingue europee). Dagli anni Cinquanta del sec. XX esso è risorto all'uso vivo in Palestina ed è la lingua ufficiale dello Stato d'Israele. In esso si trovano riflesse tutte le esperienze linguistiche del passato. Per le nuove esigenze ha creato nuove parole sulle antiche radici ebraiche, ma anche aramaiche e arabe, e ha introdotto molti neologismi dalle lingue europee, perciò ha un carattere composito e uno spirito marcatamente europeo.

Bibliografia

W. Gesenius, F. Buhl, Hebräisches und aramäisches Handwörterbuch über das Alte Testament, Lipsia, 1921; F. Zorell, L. Semkowski, Lexicon Hebraicum et Aramaicum Veteris Testamenti, Roma, 1940 e segg.; Ch. Rabin, Everyday Hebrew, Londra, 1948; E. Y. Kutscher, A History of the Hebrew Language, Leida, 1982; M. E. Artom, Nuovo dizionario ebraico-italiano, Tel Aviv, 1984; B. Chiesa, Corso di ebraico biblico, Brescia, 1986.

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