Lessico

sf. [sec. XV; da imposto].

1) Pannello rotante su cardini o scorrevole su binari, posto all'esterno o all'interno di un serramento a protezione della sua parte trasparente dalla luce, dagli agenti atmosferici o da eventuali effrazioni.

2) Superficie di contatto fra due strutture sovrapposte, una orizzontale e una verticale, per esempio arco e piedritto, trave e pilastro, ecc. Linea di imposta, l'intersezione della superficie di intradosso della struttura superiore con il piano tangente alla superficie interna della struttura verticale generalmente sottolineata da una cornice aggettante. Piano di imposta, la superficie di contatto tra la struttura superiore e quella inferiore, detta anche perciò struttura di imposta.

3) Entrata prelevata da un Ente pubblico in virtù di un potere conferitogli dalla legge per finanziare i pubblici servizi indivisibili (o collettivi).

Descrizione generale

Connessa al concetto stesso di collettività e dei diritti e doveri a essa connaturati, l'imposta fu considerata di volta in volta come dono, prestazione in natura, prezzo di un servizio ricevuto dalla collettività organizzata, adempimento di un dovere da parte del cittadino, ma tutte le definizioni presentano due requisiti fondamentali: il potere d'imperio conferito all'Ente pubblico e il presupposto di fatto che prevede la mancanza di un vantaggio speciale per il soggetto passivo che fruisce di un determinato servizio pubblico, destinato non al singolo ma all'intera collettività. Come tale l'imposta si differenzia dalla tassa, anch'essa prestazione economica rivolta a favore dello Stato o di Enti pubblici, ma che ha come corrispettivo un servizio reso dallo Stato o dall'Ente pubblico al soggetto stesso; e dai tributi speciali, il cui fondamento giuridico consiste o nel vantaggio particolare che il singolo contribuente consegue o nella maggiore spesa che l'Ente pubblico deve affrontare. La ragione prima dell'imposizione consiste nella necessità di fornire allo Stato mezzi economici adeguati per la sua stessa esistenza e per approntare una gamma di servizi volti a vantaggio della collettività. Oltre che procurare entrate allo Stato, l'imposta ha anche scopi non fiscali; spesso, mediante la sua applicazione con un sistema articolato di esenzioni, si limitano o si favoriscono alcune attività economiche nei confronti di altre. Ai fini di politica economica si aggiungono quelli di politica sociale che tendono a una redistribuzione del reddito. Talora si parla di imposte speciali che colpiscono solo determinate categorie di persone senza che la prestazione sia commisurata al vantaggio conseguito.

Tipi di imposta

Si possono distinguere vari tipi di imposte poiché diversi sono i modi di colpire la ricchezza. Si hanno quindi imposte dirette, gravanti sulle manifestazioni immediate e dirette della ricchezza, cioè sul reddito e sul patrimonio; imposte indirette, che colpiscono le manifestazioni mediate e indirette della ricchezza, vale a dire i consumi. Le imposte indirette gravano anche sugli affari, cioè sui trasferimenti a titolo oneroso; costituiscono imposte indirette anche le tasse automobilistiche, le imposte sulle concessioni governative, i diritti erariali sugli spettacoli, ecc. Le imposte personali sono quelle commisurate al reddito e al patrimonio complessivo dei soggetti, tenendo conto cioè della persona del contribuente, mentre le imposte reali sono commisurate a redditi di singole attività produttive o a singoli beni patrimoniali (reale). Si distinguono anche imposte generali, che colpiscono tutti i redditi o valori patrimoniali del contribuente qualunque ne sia la fonte, e imposte speciali, che colpiscono una fonte di reddito distinta o un particolare cespite patrimoniale. Rispetto al modo col quale si determinano le somme da pagare si distinguono imposte di contingente, quando il gettito è preventivamente fissato dall'Ente pubblico e poi ripartito tra le varie porzioni di territorio o tra le diverse categorie economiche (scarsamente applicate). Comunemente applicate invece le imposte di quotità, per le quali mediante legge viene stabilita l'aliquota per ogni unità di ricchezza o per ogni oggetto imponibile. Si parla anche di imposta multipla che colpisce in vari punti e in varie circostanze la materia imponibile. L'imposta specifica, invece, comporta una tariffa applicabile solo a una determinata quantità di un bene. Secondo il modo in cui si colpisce la ricchezza si hanno imposte proporzionali, che prelevano una percentuale sempre uguale della ricchezza imponibile, qualunque ne sia l'entità; imposte progressive, quando per crescenti somme di ricchezza si fanno pagare somme di imposte crescenti in misura più che proporzionale. Si hanno imposte fisse, il cui ammontare non varia in relazione alla materia imponibile, e imposte regressive, la cui aliquota decresce via via che aumenta la base imponibile.

Elementi dell'imposta

Nell'imposta si distinguono alcuni elementi generali: l'oggetto, cioè la circostanza, il fatto o la cosa per la quale l'imposta deve essere pagata; il soggetto passivo, la persona fisica o giuridica tenuta a pagarla; la fonte, che normalmente è il reddito a cui si attinge per pagare l'imposta (solo in via eccezionale è pagata col patrimonio) e che, spesso, coincide con l'oggetto; l'aliquota o saggio, la percentuale secondo la quale si deve corrispondere il tributo. Dall'applicazione di un sistema impositivo non discendono solo il diritto di esigere una prestazione pecuniaria e il corrispondente obbligo di pagare, ma anche una serie di obblighi e diritti che hanno lo scopo di rendere più agevoli e spediti l'accertamento e la riscossione. L'accertamento può essere: diretto (o d'ufficio) o per denunzia verificata; legale, quando una norma aggancia fra di loro un'imposta e una sovrimposta; indiziario, quando vengono presi in esame alcuni parametri esterni (per esempio il tenore di vita), presumendo che essi diano la misura della base imponibile; spontaneo, quando i tributi vengono pagati mediante apposite marche o carta bollata. Il rapporto giuridico riguardante l'imposta si svolge attraverso tre momenti: nascita dell'obbligazione tributaria, col verificarsi di quelle circostanze e di quei presupposti che portano al sorgere del debito d'imposta; accertamento della base imponibile, estinzione e liquidazione. La riscossione avviene mediante ruoli (adottata specialmente per le imposte dirette); autotassazione con ritenute all'origine o versamento del contribuente; riscossione su richiesta dell'ufficio impositore. Il pagamento può essere effettuato direttamente agli organi amministrativi o a esattori e appaltatori privati. Tutte le controversie che insorgono fra contribuenti e autorità su questa materia costituiscono il contenzioso tributario e sono risolte in sede amministrativa o giudiziaria. In tutti i sistemi tributari vigenti sono previste sanzioni in caso di omesso o ritardato adempimento. Nel nostro Paese sono previste sanzioni civili applicate dall'autorità amministrativa (pene pecuniarie, soprattasse) e sanzioni penali che prevedono la reclusione e la multa e, nel caso di contravvenzioni, l'arresto e l'ammenda.

Principi amministrativi: generalità

L'onere tributario è pienamente giustificato entro i limiti nei quali esso risulta necessario per il raggiungimento dei fini dello Stato. Un buon sistema fiscale si dovrebbe fondare su alcuni canoni fondamentali o principi amministrativi, chiaramente elaborati e illustrati da A. Smith: certezza circa la somma da pagare, l'epoca e il modo di pagamento; comodità, ogni imposta dovrebbe essere riscossa nel modo e nel tempo che risultano più comodi per il contribuente; economicità, l'imposta deve essere la più economica possibile e, a parità di gettito, deve essere preferita quella meno costosa per accertamento, riscossione, amministrazione. Naturalmente un sistema tributario agile e semplice contiene numerosi vantaggi e può, in via teorica, procurare più facilmente i mezzi finanziari all'Ente pubblico. Per esempio sarebbe eliminata la cosiddetta duplicazione delle imposte, che si ha quando lo stesso contribuente deve pagare le imposte a Enti locali diversi con il pericolo di una maggiorazione ingiustificata dell'imposta allo stesso titolo. Una grande semplicità nell'ordinamento tributario sarebbe raggiungibile applicando l'imposta unica, da modellarsi in base alle diverse possibilità dei contribuenti. Nel sec. XVIII gli economisti della scuola fisiocratica auspicarono l'applicazione di una tale imposta che avrebbe dovuto colpire la terra, da essi ritenuta l'unica fonte di ricchezza. Più recentemente si è pensato a imposte uniche sulle fonti di energia, ma il tentativo si è dimostrato inattuabile. Per procurare tutti i mezzi di cui uno Stato ha bisogno si dovrebbe applicare un'aliquota elevatissima. Un sistema che si basi su imposte multiple può dare maggiore stabilità al flusso di entrate dello Stato e inoltre può essere più facilmente corretto e modificato nelle sue componenti.

Principi amministrativi: la ripartizione del carico tributario

Sono in evidenza due principi: la generalità o universalità, l'uniformità o eguaglianza. Per il primo tutti coloro che appartengono a una collettività devono pagare l'imposta senza alcuna eccezione; il secondo insiste sulla misura nella quale i singoli sono tenuti al pagamento dell'imposta. Ecco al proposito alcune teorie: la teoria dell'uguaglianza di sacrificio è basata sull'utilità marginale della ricchezza che decresce per ogni soggetto economico, con l'aumentare della quantità di ricchezza posseduta. Presuppone un sistema basato su imposte dirette, ma non può avere attuazione pratica per la difficoltà di misurare il sacrificio sopportato dai diversi contribuenti; secondo la teoria della capacità contributiva ogni persona fisica o giuridica deve corrispondere l'imposta allo scopo di coprire le spese pubbliche in proporzione al proprio reddito. L'attitudine contributiva è qui determinata da elementi obiettivi: dal reddito e dalla sua natura, ammettendo che a redditi uguali non corrispondano uguali capacità contributive (elemento politico dell'imposta). Allo scopo d'imporre sacrifici eguali ai singoli soggetti economici, l'ordinamento fiscale dei Paesi moderni tiene conto della diversa natura dei redditi percepiti (discriminazione dei redditi), secondo che si tratti di redditi derivanti dal capitale, dal lavoro o misti e secondo che siano temporanei o permanenti. A ciò si aggiunge l'esenzione dei redditi minimi, presupponendo che chi ha un reddito molto basso abbia una capacità contributiva nulla. Essa ha luogo solo in caso d'imposte dirette. Tali esenzioni possono essere soggettive od oggettive. Nel nostro ordinamento, il “sistema tributario è informato a criteri di progressività” per cui il legislatore deve coordinare le varie imposte in modo che esse, nell'insieme, realizzino il criterio della progressività. Questa è continua, quando la norma fiscale stabilisce la formula che lega l'aliquota al reddito per cui il saggio d'imposta cresce al crescere della ricchezza imponibile. L'applicazione delle imposte può causare vari mutamenti nel sistema economico di un Paese. L'introduzione di un nuovo tributo o l'aggravio di un tributo esistente possono far variare il comportamento dei produttori e dei consumatori o il ritmo di accrescimento del risparmio. Da qui la necessità che un sistema impositivo risponda a criteri di funzionalità e ne siano previsti in tempo gli effetti sull'apparato produttivo, la distribuzione probabile della sua incidenza, data la sua utilità come strumento di politica finanziaria e d'intervento per la modifica delle strutture economiche e finanziarie.

Le imposte in Italia

I principi fondamentali su cui si basa il sistema delle imposte in Italia sono quelli della generalità o universalità, quello dell'uguaglianza o uniformità e quello della legalità. Essi sono sanciti da alcuni articoli della Costituzione. I primi due, ai quali è ispirato tutto il dettato costituzionale, sono riscontrabili nell'art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” e nell'art. 53: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Con ciò viene sancito il prelevamento coattivo effettuato dallo Stato per far fronte a servizi pubblici d'interesse generale (cioè non divisibili e non individualizzabili). Lo stesso articolo prosegue dichiarando che: “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Quest'ultimo è un criterio che consente il prelevamento di aliquote crescenti con l'aumentare della base imponibile individuata nel patrimonio o reddito dei contribuenti. È opportuno ricordare a tal proposito l'art. 41: “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Da ciò risulta chiaro che il legislatore considera l'imposta come uno strumento attraverso il quale la ridistribuzione della ricchezza e i programmi di ristrutturazione economica e sociale possono essere attuati. A tale riguardo bisogna richiamare l'attenzione sull'uso politico-economico che dell'imposta si fa. Infatti, tramite essa è possibile modificare gli orientamenti sia dei consumi sia degli investimenti e di altre variabili economiche, consentendo così un più agevolato controllo dell'economia da parte del governo statale. L'art. 23 contiene il principio della legalità: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Il primo tentativo di elaborare un sistema impositivo che rispecchiasse i dettami costituzionali in materia tributaria fu attuato nel 1951 dal ministro delle Finanze Vanoni che, attraverso la legge 11 gennaio 1951, n. 25, introdusse l'obbligo della dichiarazione annuale dei redditi per le persone fisiche. Ma una completa applicazione dei principi della Costituzione si è avuta solo con la riforma tributaria, attuata in Italia grazie a una legge di delegazione nel 1971 e portata a compimento dopo circa 8 anni di decreti delegati. Tale legge (9 ottobre 1971, n. 825) contiene i principi e i criteri direttivi ai quali deve informarsi il sistema tributario italiano. Scopo fra i più preminenti della riforma è la lotta all'evasione, alla corruzione alla frode, che è perseguita con l'accertamento analitico-documentale e l'inasprimento delle sanzioni anche con la creazione dell'anagrafe tributaria. Quest'ultima “raccoglie e ordina su scala nazionale i dati e le notizie risultate dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell'amministrazione finanziaria” (art. 1 del D.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Le principali imposte dirette sono: l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF, sostituita, a partire dal 2003, dall'IRE), l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG). Quelle indirette comprendono: le imposte sul valore aggiunto (IVA), di registro, di bollo, quella ipotecaria e catastale, sulle successioni e donazioni, di fabbricazione, sui consumi di sigarette, di energia elettrica, di carbone, sulla benzina, l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). L'applicazione della riforma tributaria in materia di imposte dirette aveva altresì condotto a una proliferazione abnorme di provvedimenti legislativi, per cui, al fine di operare un riordinamento sistematico della materia, è stato emanato il testo unico delle imposte sul reddito con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Tra le misure di riordino sistematico è da ricordare anche il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, con il quale è stato approvato il testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro. Ulteriori mutamenti nel sistema fiscale sono stati introdotti nel 1997 al fine di promuovere il federalismo fiscale e riordinare il complesso sistema nazionale (vedi finanza). Nel 2003 il Parlamento ha approvato una nuova riforma fiscale, che ha eliminato l'IRPEF, sostituendola con l'IRE (imposta sul reddito).

Bibliografia

A. De Viti De Marco, Principi di economia finanziaria, Torino, 1953; L. Einaudi, Principi di scienza delle finanze, Torino, 1956; S. Bartholini, Il principio di legalità dei tributi in materia di imposte, Padova, 1957; B. Griziotti, Primi elementi di scienza delle finanze, Milano, 1962; D. Giannini, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1968; E. Morselli, Compendio di scienza delle finanze, Padova, 1970; G. Parravicini, Scienza delle finanze, Milano, 1970; P. Giannotti, Per una storia delle imposte in Italia, Urbino, 1991.

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