Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino habitatío-ōnis]. Luogo dove si risiede, si dimora; casa, edificio (o parte di esso) dove si abita; anche fig.: “Nelle cose celestiali debbe essere la tua abitazione” (Imitazione di Cristo).

Architettura: generalità

Nel senso più ristretto del termine l'abitazione può individuarsi secondo varie tipologie in riferimento alle differenti civiltà e al grado di sviluppo di una medesima società. Può essere temporanea (tende dei nomadi) o permanente; a seconda della giacitura, può presentarsi: entro terra (“sassi” di Matera), sull'acqua (palafitte), fuori terra; infine, a seconda del grado di individuabilità, può essere monofamiliare, plurifamiliare (per esempio, moderni palazzi condominiali), collettiva (monasteri, collegi ecc.). Un altro genere di differenziazioni si deve poi alla diversità delle classi sociali cui l'abitazione è destinata (palazzi signorili, case contadine ecc.) o al prevalere nel medesimo edificio di altre funzioni oltre quella strettamente abitativa (castelli, ville ecc.). Il concetto di abitazione, rimanendo nell'ambito architettonico, non è solo connesso a quello di casa, ma può esserlo anche con quello di aggregato urbano. In tal senso l'abitazione è ciò che forma il tessuto connettivo dello spazio urbano e che a volte può qualificarlo (per esempio, palazzi rinascimentali e barocchi); mentre nell'architettura moderna è la pianificazione urbanistica che determina la qualificazione degli insiemi abitativi.

Architettura: nel mondo antico

Prescindendo dai problemi del tutto particolari delle civiltà a livello etnologico, si può affermare che già in epoca protostorica avvenisse una netta differenziazione tra le culture mediterranee e vicino orientali rispetto a quelle dell'area nordeuropea-estremo orientale. L'uso da parte di queste ultime del legno come materiale da costruzione condizionò in modi del tutto peculiari la soluzione dei problemi architettonici e quindi anche di quello dell'abitazione. La tendenza dell'abitazione, nelle civiltà storiche mediterranee e vicino orientali fino all'architettura romana, è di presentarsi chiusa all'esterno e di aprirsi invece all'interno su cortili o giardini. Tale schema, già presente nelle città mesopotamiche (Dūr-Šarrukīn, sec. VIII a. C.) dove sono distinte funzionalmente una zona per gli uomini, una per le donne e una per la vita sociale, si perpetuerà in seguito fino all'abitazione islamica. Da essa non differiscono sostanzialmente né l'abitazione egiziana (modesto edificio a un piano che chiude il fondo di una corte sui cui lati sono disposti i vani secondari) né quella della civiltà greca classica (per esempio, case di Siracusa) che negli esempi più signorili sviluppa la casa a peristilio (dislocazione delle stanze attorno a un cortile aperto dal quale sono illuminate). Il tipo di abitazione più evoluto dell'antichità è però quello offerto dall'architettura romana. Tale abitazione è divisa in due zone: la prima, attorno all'atrio, destinata alla vita sociale e ai servizi; la seconda, attorno al peristilio, per la vita familiare. Tipiche abitazioni plurifamiliari romane furono le insulae, destinate alla plebe (Ostia, Roma), formate da blocchi multipiani con cortili interni e pianterreno adibito a botteghe. Il tipo dell'abitazione multipiani era stato già proposto dalla civiltà fenicia (a Cartagine se ne raggiungevano anche sei), mentre la problematica dell'abitazione plurifamiliare era stata impostata da quella greca con uno schema a due appartamenti sovrapposti e cisterna comune in un cortiletto posteriore.

Architettura: dal medioevo all'epoca moderna

L'abitazione medievale cittadina, che si manifesta essenzialmente in case unifamiliari contigue, mostra, pur nelle diversificazioni regionali, la tendenza generale a utilizzare maggiormente lo spazio interno e quindi ad aprirsi (con finestre e balconi) verso l'esterno. Il tipo più frequente mostra al piano terreno una grande sala di soggiorno che diviene spesso ambiente di lavoro, mentre nel cortiletto retrostante sono i locali di servizio, al primo piano le stanze d'abitazione e nel sottotetto quelle per la servitù. Seguono tale schema, anche se con elevazione maggiore (quattro o cinque piani collegati da una ripida scala interna) le case-torri (Pisa). Notevole importanza assumono fuori delle città i castelli, anche come generatori di aggregati urbani, la cui funzione difensiva è all'origine prevalente rispetto a quella abitativa. L'abitazione rinascimentale e barocca, che con il palazzo tende a divenire il polo qualificante del tessuto urbano, si coordina generalmente attorno a grandi cortili porticati (per esempio, palazzo Farnese a Roma), mentre nello sviluppo verticale mostra al piano terreno le botteghe e i servizi, al primo le sale di rappresentanza per la vita sociale (disimpegnate da porticati o ballatoi sul cortile), al secondo le stanze per la vita familiare e nel sottotetto quelle per la servitù. Nell'abitazione di campagna si sviluppa il tema della villa che inserisce lo schema del palazzo nell'ambiente naturale. Dal Settecento in poi si sviluppano sempre più le abitazioni a blocco e ad appartamenti che divengono le tipiche abitazioni cittadine dei tempi moderni, mentre la crescita del fenomeno dell'inurbamento nel sec. XIX comporta lo sviluppo di enormi quartieri di abitazione popolari e di slums operai. Le pessime condizioni di vita negli slums delle città industriali e la necessità di un più razionale coordinamento del problema dell'abitazione in funzione dello sviluppo industriale danno origine alle proposte degli utopisti della prima metà del sec. XIX (Owen; Fourier e i falansteri; Godin e i familisteri; ecc.), criticate però da Engels in quanto eludenti, con il loro astratto umanitarismo, i reali problemi della classe operaia. Sorgono anche le prime iniziative amministrative: in Inghilterra viene costituita nel 1848 la Metropolitan Commission of Sewers che propone il coordinamento dell'edilizia sovvenzionata per città con più di 10.000 abitanti. Alla tradizione utopistica, da cui non si discostano W. Morris e le Arts and Crafts, si ricollega sostanzialmente il movimento per le città-giardino di E. Howard, che tende a realizzare in comunità autosufficienti delle sintesi di città e campagna, caratterizzate dall'abitazione unifamiliare collocata nel verde (Letchworth, Welwyn). Ad Amsterdam, nell'ampliamento della zona Sud, H. P. Berlage propone l'edificio a blocco tentando di mediare così il problema della continuità ambientale. Successivamente il Bauhaus studia l'abitazione come tipo edilizio replicabile in un più complesso inquadramento urbanistico. Sotto il profilo tecnico e metodologico sono rilevanti le opere di A. Klein, che pubblica nel 1928 un testo sul dimensionamento dell'alloggio, e le ricerche sul tipo edilizio Existenzminimum, discusso nel 1929 dai CIAM (Congrès Internationaux d'Architecture Moderne) a Francoforte. La città moderna scardina i principi insediativi tradizionali; in campo urbanistico nasce il principio della zonizzazione; sotto il profilo tipologico la cultura modernista oscilla fra la casa monofamiliare e quella plurifamiliare: spetta comunque all'urbanistica il compito di soddisfare i bisogni sociali e di predisporre i servizi. La soluzione del problema dell'abitazione, nella dialettica della città industriale, venne affrontata dalla gestione socialdemocratica delle città tedesche nel periodo di Weimar, che tentò di risolverlo con Siedlungen formate da edifici lineari il cui tipo edilizio è determinato da un preciso modello organizzativo e produttivo (il quartiere Siemensstadt a Berlino; le proposte di Hilbersheimer; il piano di Amsterdam del 1935; l'edilizia coordinata di Francoforte e Celle ecc.). Il problema dell'abitazione si è infatti allargato dalla soluzione dei problemi della casa a quelli della città. Uno dei progetti che ha maggiormente pesato sul dibattito per la soluzione di questa dialettica è quello indicato dalla ville radieuse di Le Corbusier, in cui la nuova scala della struttura urbana è realizzata attraverso il raggruppamento degli alloggi in unità verticali con servizi comuni (unità di abitazioni, realizzata poi nel tipo unico di Marsiglia). Il tema dell'abitazione muta al mutare della scala a cui viene affrontato, segue le nuove potenzialità tecniche e tecnologiche (ricordiamo le colonne struttura di Quamby, o le impalcature di P. Hausemann, predisposte ad accogliere abitazioni individuali in una struttura collettiva). Il problema, comunque, al di là della singola proposta, rimane aperto: il concetto di abitazione come specchio del modus vivendi e della complessità delle dinamiche sociali, come risultato di diverse categorie in evoluzione è, per sua stessa natura, soggetto a continua variazione. Dopo il Movimento Moderno che ha messo l'abitare al centro del dibattito architettonico, ma a seguito delle numerose speculazioni edilizie che ne sono conseguite, sul finire del XX secolo si è cercato di aggiustare agli errori precedenti con abitazioni che rispettassero più l'individuo e che rispondessero alle evoluzioni sociali e culturali di famiglie sempre più allargate e diversificate. Gli spazi verdi, l'alternanza di locali commerciali e spazi ricreativi e una varietà compositiva e formale degli edifici sono le caratteristiche principali che si ritrovano nei progetti di abitazionidegli anni Novanta. All'inizio del XXI secolo sempre più edifici si sviluppano in verticale per rispondere all'urgente problema dell'alta densità urbana: nascono importanti progetti per torri adibite sia a locali amministrativi, sia ad abitazioni a Milano, Pechino e Londra, non a caso tra le città più densamente popolate al mondo.

Diritto

Il diritto di abitazione è un diritto reale di godimento della cosa altrui che attribuisce al titolare di esso la facoltà di usufruire di una casa appartenente ad altri nei limiti dei propri bisogni e della propria famiglia. L'abitazione si distingue dalla locazione in quanto diritto reale, mentre la locazione crea nei contraenti semplici diritti di obbligazione. Tale diritto non può essere ceduto né dar luogo a locazione e impone al titolare l'obbligo delle riparazioni ordinarie. Esso viene costituito per atto pubblico o per disposizione testamentaria, non potendo la sua durata eccedere quella della vita del titolare. Oltre che per la morte di questi, il diritto di abitazione si estingue per prescrizione a seguito del non uso durato per 20 anni; per la riunione del diritto di abitazione e di quello di proprietà nella medesima persona; per il perimento totale dell'abitazione. Il diritto di abitazione è soggetto a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.

Etnologia e preistoria

Un luogo attrezzato in cui ripararsi, soprattutto di notte, è certamente connesso con la struttura “familiare” tipica dell'uomo e come tale si dovette differenziare dalla “tana” degli antropoidei fin da tempi assai remoti. Tracce di “accampamenti” risalenti a oltre 1,5 milioni di anni fa sono state rinvenute in diversi siti dell'Africa. Con l'affermarsi di Homo erectus diventano più caratteristici i luoghi usati quali abitazione: si tratta di grotte o ripari sotto roccia, ma non sono rari i resti di focolari all'aperto. Dallo studio dei reperti si può dedurre che le prime abitazioni erano semplici tettoie di frasche, come del resto quelle usate ancora da alcune tribù nomadi di raccoglitori del Chaco boliviano. Dal Paleolitico superiore, lo sviluppo della lavorazione della pietra, che portò alla messa a punto di strumenti più efficienti, l'elaborazione di tecniche di caccia più evolute, la probabile organizzazione più complessa dei gruppi umani segnarono il passaggio a strutture abitative più elaborate quali le abitazioni seminterrate realizzate con pali, ossa, pietre e pelli; con pali e pelli lavorate vennero in seguito costruite vere e proprie tende che, pur nel continuo perfezionamento delle forme, rappresentano le tipiche abitazioni dei pastori nomadi fino ai nostri giorni. Dalle abitazioni seminterrate derivano quelle tipiche degli inuit e dei pueblos, ancora usate, e forse anche le abitazioni ipogee di alcuni gruppi etnici stanziati nelle regioni torride . Le trasformazioni socio-economiche dal Neolitico in poi, insieme con la fine delle glaciazioni, ma soprattutto la progressiva sedentarizzazione delle genti preagricole, portarono all'affermazione di un nuovo e più funzionale tipo di abitazione: la capanna, con muri fatti inizialmente di materiali vegetali rivestiti o meno di argilla e tetto di forme varie, ancora in uso presso gli indios dell'America Meridionale e vari gruppi dell'Africa centrale e della Nuova Guinea. Forma e struttura di queste abitazioni assunsero con il tempo anche funzioni differenziate in rapporto all'organizzazione socio-culturale dei gruppi che le edificarono; anche l'orientamento dell'edificio e dell'abitato assunsero un preciso significato in funzione delle credenze religiose e delle forme di parentela dei vari gruppi. Tra il Neolitico e l'età del Bronzo si diffuse in Europa anche la palafitta, tipologia abitativa realizzata a partire da una piattaforma di legno sopraelevata mediante pali (che potevano essere infissi su acquitrini, rive marine e di corsi d'acqua o semplicemente terreno asciutto); su tale piattaforma potevano poi essere costruite una o più capanne. In epoca storica, l'impiego dei mattoni di argilla e dei blocchi di pietra favorì l'elaborazione di alcuni principi teorici del modo di costruire, che sono alla base delle costruzioni urbane (vedi casa), in particolare degli edifici di rappresentanza con specifiche funzioni sociali e religiose (regge, templi, ecc.). In alcune culture viene definita abitazione collettiva un edificio destinato a essere abitato da numerosi gruppi domestici. Caratteristica è la “casa lunga” irochese, al cui interno, sul corridoio centrale, si affacciano alloggi indipendenti che ospitano le diverse famiglie.

Sociologia

La sociologia dell'abitazione studia i fatti abitativi partendo dall'ipotesi che i modi di abitare caratteristici di una determinata società corrispondano ad alcuni tratti fondamentali della società stessa. È lecito in tal modo distinguere, in base a differenti modi di abitazione, non solo diversi tipi di società, ma anche diverse classi e strati sociali all'interno di una medesima società. Nelle società industriali, e soprattutto nelle grandi concentrazioni urbane, le abitazioni, al di là di tutte le differenze che per esempio separano i quartieri di lusso dalle bidonvilles, presentano il carattere comune di un'elevata privatizzazione: nell'appartamento c'è distinzione fra una zona dove vengono ricevuti gli estranei e una zona più intima riservata ai membri della famiglia. Tale caratteristica diventa però sempre meno realizzabile per l'affermarsi di una configurazione sociale basata su una crescente diffusione dei singles e sull'uso dei monolocali. L'esigenza di privatizzazione viene in questo caso soddisfatta tramite espedienti che creano confini estremamente fluidi tra i vari spazi funzionali: tipico, al riguardo, il caso dei lofts, appartamenti molto vasti ricavati da officine in disuso, che riflettono una moda nata negli Stati Uniti d'America e, sul finire del Novecento, imitata anche in Europa.

Bibliografia

Per la parte etnologica

A. Leroi-Gourhan, Milieu et technique, Parigi, 1945; L. Mumford, The Natural History of Urbanization, Chicago, 1956; C. D. Forde, Habitat, Economy and Society, Londra, 1957; R. Biasutti, Razze e popoli della Terra, Torino, 1959; V. L. Grottanelli, Ethnologica, Milano, 1965; V. Del Gaizo, La casa nel tempo, Roma, 1965; L. Cosenza, Storia dell'abitazione, Milano, 1974.

Per la parte architettonica

Le Corbusier, La ville radieuse, Parigi, 1935; idem, La maison des hommes, Parigi, 1942; F. Ll. Wright, The Natural House, New York, 1954; G. Buti, La casa degli Indoeuropei, Firenze, 1962; C. Aymonino (a cura di), L'abitazione razionale. Atti dei Congressi CIAM 1929-1930, Padova, 1971; C. Boeri, Dimensioni umane dell'abitazione, Milano, 1987; C. Lamme, Abitare e abitazione, Milano, 1988; F. Pesando, La casa dei Greci, Milano, 1989; E. De Albentiis, La casa dei Romani, Milano, 1989.

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