Lessico

sm. [sec. XIII; latino ieiuníum]. L'astenersi dal cibo per qualche tempo, volutamente o forzatamente: un digiuno di protesta; nelle loc.: a digiuno, a stomaco vuoto; rompere il digiuno, riprendere a cibarsi dopo un periodo di astinenza. In particolare, l'astensione dal cibo per rispettare un precetto religioso: il digiuno eucaristico. Fig., privazione: “il digiuno del mio desiderio” (Aretino).

Fisiologia

Stato di privazione assoluta degli alimenti al quale gli animali possono temporaneamente resistere mediante l'utilizzazione dei componenti stessi dell'organismo (inanizione) o portandosi a uno stato di vita quasi latente per estrema riduzione del metabolismo, come si verifica per alcune specie (pipistrello, ghiro, marmotta, ecc.) durante l'ibernazione. La resistenza al digiuno è molto variabile: il cane muore dopo ca. 30 giorni di digiuno, gli uccelli dopo 10-15 giorni, la rana dopo 12 mesi, la vipera dopo due anni. In generale, gli animali a sangue freddo sono più resistenti di quelli a sangue caldo, quelli di grossa mole più di quelli di piccola mole. Nell'uomo si può teoricamente valutare una resistenza massima al digiuno di 67 giorni. La resistenza dell'adulto è superiore a quella dell'adolescente; la femmina resiste al digiuno più del maschio, l'individuo obeso più dell'individuo magro. Nel digiuno protratto si distinguono tre fasi: la prima, della durata di pochi giorni, è caratterizzata dalla sensazione molesta di fame e da una forte perdita di peso (più di 1 kg al giorno); segue una fase di inanizione fisiologica, nella quale la perdita di peso è minore (250-300 g giornalieri); si hanno, inoltre, lieve ipotermia, riduzione del polso e dell'attività spontanea, riduzione del metabolismo basale da 1750 cal a 1200 cal, ritenzione di liquidi (edema da inanizione) dovuta in parte a ipoproteinemia, in parte a iperproduzione di ormoni corticosteroidi. La terza fase (inanizione patologica) precede di alcune ore la morte ed è caratterizzata da una nuova rapida caduta del peso corporeo e da ipotermia profonda. Nel digiuno si ha forte diminuzione del peso di alcuni organi (tessuto adiposo, fegato, muscoli, milza), mentre altri (cervello, cuore) subiscono solo minime modificazioni. Le riserve organiche dapprima utilizzate sono i carboidrati e specialmente il glicogeno epatico, quindi i grassi. Nel periodo di inanizione patologica vengono utilizzate le proteine, con profonde alterazioni della struttura e delle funzioni degli organi. In quasi tutte le specie animali esiste un certo grado di adattamento fisiologico al digiuno, che consiste, in genere, nella riduzione di una o più attività funzionali. Nell'uomo sono precocemente interessate le attività della sfera sessuale, con soppressione della spermatogenesi e dell'ovulazione e involuzione dei caratteri sessuali secondari. È comunque colpita la maggior parte dei sistemi. Si ha una riduzione delle pressioni arteriosa e venosa, della frequenza cardiaca e respiratoria. Il soggetto si presenta apatico e facilmente irritabile, astenico a causa della perdita delle masse muscolari, dell'eventuale anemia associata e dell'insufficienza cardiaca. Si può avere acloridria, la diarrea e l'ipotermia di solito sono terminali. Al termine del digiuno protratto gli alimenti vengono utilizzati in gran parte per ricostruire i tessuti usurati e per ripristinare le riserve; in una seconda fase si ha la ripresa funzionale degli organi. L'apporto di cibo deve essere inizialmente limitato. Gli alimenti devono essere leggeri e somministrati in quantità minime (100 ml) per evitare la diarrea. Per coloro che non possono essere alimentati per bocca, è necessaria la nutrizione parenterale. Sono necessarie integrazioni particolari (vitamine, proteine, sali minerali) in caso di gravi carenze specifiche. Il ritorno al normale equilibrio fisiologico è improbabile quando l'individuo ha perduto oltre la metà del suo peso; sembra, inoltre, che ripetuti periodi di digiuno protratto possano provocare alterazioni psichiche e intellettive permanenti.

Religione

In senso generale, mortificazione o interruzione della vita normale, in vista di una reintegrazione. È una pratica spesso contemplata nei riti di passaggio che realizzano religiosamente l'abbandono di una condizione e l'acquisto di una nuova. Come tutte le pratiche di mortificazione (alludenti a una morte simbolica) anche il digiuno è acquisito quale strumento dell'ascesi mistica, il cui scopo è fondamentalmente la rottura con la vita “mondana” o di relazione. Fuori della vita ascetica il digiuno è contemplato e prescritto da religioni moderne quali l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo. Il digiuno islamico è molto severo; la sua durata è di tutto il mese detto Ramadan; tuttavia l'interdizione del cibo vale nelle ore diurne, mentre di notte si può mangiare a sazietà. § Nella Chiesa cattolica il digiuno era in passato molto rigido e veniva applicato dalla mezzanotte fino al momento della comunione nella messa, per il sacerdote celebrante e per i fedeli che ricevevano la comunione; era inoltre praticato nel mercoledì delle Ceneri e nei venerdì di quaresima (un solo pasto completo al giorno e una leggera refezione al mattino e alla sera) per i fedeli dai 21 ai 59 anni. Oggi il digiuno per la comunione si limita a un'ora prima dell'assunzione del sacramento, al mercoledì delle Ceneri e al Venerdì Santo. La Chiesa inoltre ne ammette la dispensa per incomodo grave.

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