Angiospèrme

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Botanica

sf. pl. [sec. XVIII; da angio-+greco spérma, seme]. Divisione del regno vegetale comprendente tutte le Fanerogame che posseggono apparato fiorale fornito di un ovario in cui sono contenuti uno o più ovuli destinati, dopo la fecondazione, a trasformarsi in semi. Per quanto riguarda l'apparato vegetativo le Angiosperme sono fornite di cormo in cui le tre parti (radice, fusto e foglie) possono essere presenti ben differenziate oppure essere ridotte o, sia pure di rado, quasi nulle (per esempio, radici nelle parassite e nelle Lemnacee; foglie in alcune piante parassite; fusto nelle piante erbacee acauli). È comunque soltanto la presenza dell'ovario a determinare l'appartenenza di una pianta alle Angiosperme; esso consiste in un corpo cavo che costituisce la parte basale del pistillo, organo sessuale femminile del fiore, sormontato da uno stilo più o meno evidente, talora nullo, che termina superiormente in uno stigma di varia forma, destinato ad accogliere e trattenere i granuli di polline trasportativi dal vento, da insetti o altri animali oppure anche dall'acqua. L'ovario risulta dalla trasformazione di uno o più carpelli o foglie carpellari che si incurvano, ripiegano e saldano in modo vario, così che varia risulta pure la placentazione, ossia la posizione di inserimento degli ovuli sulle pareti interne o su una colonnina centrale dell'ovario, destinato a diventare il frutto. L'ovulo delle Angiosperme è collegato alle pareti dell'ovario mediante il funicolo ed è rivestito da uno o due tegumenti che presentano un microscopico foro, il micropilo, destinato al passaggio del budello pollinico perché avvenga la fecondazione. All'interno vi è un corpo centrale, la nocella, in cui si differenzia il sacco embrionale. Il fiore delle Angiosperme può possedere o non il calice e la corolla, ossia il perianzio, e l'ovario può avere, in relazione a quest'ultimo, tre posizioni: si dice infatti supero, seminfero o infero a seconda che gli elementi del perianzio gli si inseriscano sotto, pressoché a metà oppure nella parte superiore. Tradizionalmente le Angiosperme sono state suddivise nelle due classi Monocotiledoni e Dicotiledoni, rispettivamente dotate di semi con uno o due cotiledoni. Secondo le acquisizioni derivanti da studi filogenetici questa suddivisione, che per comodità continua a essere adottata in molte classificazioni, non sembrerebbe essere valida. Mentre le Monocotiledoni costituiscono un solo clado, ovvero un gruppo derivante da un unico antenato, le Dicotiledoni risultano divise in diversi cladi, ognuno con la propria origine. Su questa base solo le Monocotiledoni potrebbero essere assunte come taxon, mentre le Dicotiledoni sarebbero solo un raggruppamento, utile per definire tutte le piante caratterizzate da semi con due cotiledoni, senza nessun valore sistematico. Secondo le recenti classificazioni filogenetiche le piante Dicotiledoni sono ripartite in tre cladi: Tricolpate (o Eudicotiledoni), Paleoerbe non-Monocotiledoni e Magnoliide.

Paleontologia

Non esiste una spiegazione certa sull'origine e l'evoluzione delle Angiosperme e numerose sono le ipotesi proposte dai vari autori riguardanti i gruppi più arcaici dai quali far derivare le Angiosperme, i periodi e i luoghi della loro apparizione. Le maggiori difficoltà derivano sia dalla scarsità di fossili dei periodi geologici più antichi sia dall'impossibilità di individuare piante sicuramente arcaiche e piante sicuramente evolute. Infatti l'evoluzione dei vari organi e delle singole parti degli organismi vegetali sono avvenute spesso in modo indipendente e in una stessa pianta coesistono sempre caratteri arcaici e caratteri evoluti. I fossili più numerosi risalgono al Cretaceo, periodo in cui le Angiosperme subirono una rapida espansione, mentre il fossile più antico è stato classificato come Sanmiguelia lewisiti, pianta di posizione tassonomica incerta perché pur mostrando i tipici caratteri delle Angiosperme risulta più primitiva sia delle Monocotiledoni sia delle Dicotiledoni. I vari autori sono concordi nello spiegare i principali motivi del successo delle Angiosperme durante il Cretaceo e li individuano nelle seguenti caratteristiche: a) la chiusura del carpello che permette la protezione degli ovuli contro l'essiccamento e contro gli insetti pronubi; b) lo sfruttamento di altri organismi per la fecondazione e la dispersione dei semi; c) lo sviluppo di meccanismi selettivi per la scelta dei pollini più adatti. Tra gli studiosi alcuni sostengono che l'origine delle Angiosperme coincida proprio con il Cretaceo, altri fanno risalire le Angiosperme addirittura ad un periodo compreso tra il Permiano e il Triassico, periodo per il quale non è stato ritrovato nessun fossile. Per quanto riguarda i progenitori delle Angiosperme le ipotesi sono varie: un gruppo di sistematici ritiene che i progenitori delle Angiosperme non possono essere riconosciuti in nessun taxon estinto noto per i suoi fossili né in un taxon attualmente esistente, e propone l'esistenza di un ipotetico taxon originario definendone le caratteristiche più probabili; altri individuano i progenitori delle Angiosperme tra le Gimnosperme estinte, altri ancora tra le Gnetofite, le Bennettitine, le Caiatonali. Le ultime teorie tendono tuttavia a indicare un'origine polifiletica mettendo in rilievo le affinità che vari gruppi di Angiosperme sembrano possedere con ordini diversi di Gimnosperme. Alle Monocotiledoni vengono attribuiti pochi esemplari del Mesozoico ben pochi esemplari, che mostrano tuttavia come queste piante fossero in quell'era già differenziate nei gruppi corrispondenti a quelli ancor oggi viventi. Negli strati del Giurassico sono stati rinvenuti esemplari di Graminacee (Rhizocaulon) e, naturalmente, di Palme (Propalmophyllum); nel Cretaceo sono note, oltre a queste, alcune Nayadacee. Le Angiosperme sono ancora poco numerose nel Cretaceo inferiore, ma diventano molto diffuse nel Cretaceo superiore. Nel Terziario (Cenozoico), infine, le Monocotiledoni sembrano aver raggiunto la loro massima espansione e numerosi sono i reperti fossili: nell'Eocene e nell'Oligocene un clima più caldo dell'attuale fece sì che su buona parte dell'Europa si sviluppasse una lussureggiante vegetazione di clima temperato-caldo la cui testimonianza è data in Italia dalle magnifiche palme del celebre giacimento di Bolca presso Verona. Molto più abbondanti sono i reperti fossili attribuiti alle Dicotiledoni, sia negli strati mesozoici sia in quelli terziari. Si tratta di forme molto simili a quelle attuali che vengono perciò classificate in gruppi botanici noti: così per esempio nel Cretaceo inferiore esistevano già il pioppo, la magnolia, il larice e l'eucalipto, mentre nel Cretaceo superiore apparvero il fico, la betulla, la vite, la quercia e il castagno. Con il Terziario le Dicotiledoni divengono la parte preponderante della flora continentale: i resti fossili si fanno sempre più frequenti con specie sempre più vicine a quelle note oggi. Le Dicotiledoni fossili del Quaternario assumono infine grande importanza come indici climatici, permettendo, con le loro fluttuazioni, di determinare la durata e l'estensione dei periodi glaciali e interglaciali.

Bibliografia

R. von Wettstein, Botanica sistematica, Torino, 1935; G. Gola, La vita delle piante, Torino, 1951; S. Tonzig, Elementi di Botanica, voll. I-II, Milano, 1956; C. Cappelletti, Trattato di Botanica, voll. I-II, Torino, 1967; G. Landi, Botanica generale, Bologna, 1984; F. Gerola, Biologia e diversità dei vegetali, Utet 1995; W. S. Judd et al., Botanica Sistematica – Un approccio filogenetico, Piccin, 2002.

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