(República de Nicaragua). Stato dell'America Centrale (130.373 km²). Capitale: Managua. Divisione amministrativa: dipartimenti (15), regioni autonome (2). Popolazione: 5.405.000 ab. (stima 2008). Lingua: spagnolo (ufficiale), chibcha. Religione: cattolici 58,5%, protestanti 21,6%, altri 4,2%. Unità monetaria: córdoba oro (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,699 (120° posto). Confini: Honduras (N), Mar delle Antille (E), Costa Rica (S), oceano Pacifico (W). Membro di: OAS, ONU e WTO.

Generalità

Dell'America istmica, è lo Stato più esteso ma ha una densità di popolazione molto bassa. La particolare morfologia del territorio ha lungamente condizionato la vita del Paese; sin dalla fine del sec. XIX, infatti, gli Stati Uniti presero a interessarsi al Nicaragua per aprirvi un passaggio che collegasse i due oceani (il canale fu poi tagliato nel Panamá), allo scopo di assicurarsi il pieno controllo politico in una regione di grande importanza strategica. In effetti l'ingerenza statunitense nella vita interna del Nicaragua è stata costante; dipendendo poi anche economicamente dagli USA, il Paese si è contraddistinto inevitabilmente per un più o meno marcato vassallaggio dei vari governi verso la grande potenza. Nella storia del Nicaragua, dunque, si ritrovano tutti gli ingredienti che caratterizzano l'intera regione: un'economia monoproduttiva e dipendente da interessi esterni (prima le banane e all'inizio del sec. XXI il caffè e la canna da zucchero); una concentrazione scandalosa della ricchezza e una diffusa povertà; condizioni politiche d'instabilità e violenza come strumento della dialettica fra le parti. L'ultima fase di contrasti interni, quella della rivoluzione sandinista (conclusasi nel 1979) e della guerra civile con i contras (terminata nel 1990), pare solo aver marginalmente intaccato questo quadro. lo scenario che si va delineando è, tuttavia, quello di una ripresa economica e di una riorganizzazione sociale più equa, a condizione che venga conservato il tradizionale equilibrio.

Lo Stato

Indipendente dal 1821, il Nicaragua è una Repubblica unitaria. In base alla Costituzione del 1987, ampiamente modificata dagli emendamenti del 1995, il presidente della Repubblica, che è anche capo del Governo, esercita il potere esecutivo coadiuvato dal gabinetto dei ministri da lui nominati. Eletto a suffragio universale, il suo mandato dura sei anni, al pari dell'Assemblea nazionale, che detiene invece il potere legislativo. L'amministrazione della giustizia è basata sul diritto continentale europeo; le norme della Corte Internazionale sono ammesse senza riserve. Tra gli organi preposti all'amministrazione della giustizia, al massimo grado si situa la Corte Suprema, i cui membri sono nominati dall'Assemblea generale. Presenti anche Corti d'Appello e tribunali minori. La difesa dello Stato è affidata alle tre forze armate tradizionali. La coscrizione obbligatoria è stata abolita e il servizio di leva si effettua solo su base volontaria a partire dai 17 anni d'età. Il sistema dell'istruzione è stato riorganizzato a partire dal 1868, ricevendo nuovi impulsi dal 1912, con il contributo degli ordini religiosi. Dal 1979 è gratuita e obbligatoria sia l'istruzione primaria, che viene impartita dai 7 ai 13 anni d'età, sia quella secondaria, della durata di 5 anni. Vi sono, inoltre, diversi istituti di istruzione tecnica, agraria e veterinaria. Notevole impulso è stato dato anche alla formazione degli insegnanti. Nonostante questi sforzi, l'accesso all'istruzione resta difficile, come dimostra anche il tasso di analfabetismo nel Paese che permane a livelli elevati: 23,3% (2006). L'insegnamento superiore è impartito in diversi centri, tra cui l'Università autonoma di Nicaragua (León, 1812), l'Università Centro-Americana (Managua, 1961) e nel Politecnico (Managua, 1976).

Territorio: morfologia

Il territorio del Nicaragua fa parte di una delle zone geologicamente più instabili e più “giovani” della Terra, l'istmo centramericano, la cui struttura cominciò a delinearsi nel Miocene consentendo l'unione dei due subcontinenti americani grazie soprattutto all'intensa attività vulcanica connessa con la grande orogenesi che ha portato alla formazione delle possenti catene montuose lungo tutto il bordo del Pacifico. Il Nicaragua ospita anzi l'elemento strutturale più caratteristico dell'istmo, la “grande depressione”, ampio solco tettonico che può essere considerato come l'autentico confine fisico tra il mondo nordamericano e quello sudamericano; esso rappresenta un fondamentale elemento divisorio anche per il Nicaragua, che separa in due aree diversissime per estensione, geomorfologia, popolamento. Vasta oltre 2/3 dell'intero territorio del Nicaragua, la regione posta tra la fossa tettonica e la costa caribica rientra nella cosiddetta zona antillana, che dallo zoccolo messicano-guatemalteco del Chiapas si estende, tramite una grande dorsale sotto il Mar delle Antille, fino a costituire l'ossatura dei rilievi di Giamaica, Haiti e Puerto Rico; è prevalentemente costituita da formazioni precambriane granitiche e metamorfiche, parzialmente ricoperte da sedimenti mesozoici e da rocce effusive cenozoiche, in specie basalti e andesiti. Depositi alluvionali neozoici costituiscono invece la vasta pianura litoranea, nota come Costa de Mosquitos, che si affaccia al Mar delle Antille, con andamento monotono, presentando coste basse, importuose e orlate di lagune. Verso l'interno, al di là di una fascia di basse colline il territorio presenta una serie di altopiani profondamente incisi dall'erosione e sovrastati da alcune dorsali (Cordillera Isabelia, Serranías Huapí, Cordillera Chontalena, ecc.), disposte a ventaglio da W a E, secondo l'andamento tipico della regione antillana; alcune cime (Kilambé, Penas Blancas) superano i 1700 m e il Cerro Mogotón raggiunge i 2107 metri. Completamente diverso è l'ambiente del Nicaragua occidentale, tra la grande depressione e le coste del Pacifico, chiara testimonianza della violenta e prolungata attività vulcanica che ha accompagnato la nascita delle cordigliere americane e che tuttora, seppure in tono minore, permane: la saldatura tra i due blocchi continentali (fino agli inizi dell'era neozoica l'America Settentrionale e la Meridionale erano divise dal mare in quanto l'intera depressione nicaraguense era sommersa dalle acque) fu appunto dovuta all'enorme massa di lava eruttata soprattutto nel corso del Miocene e alle potenti coltri detritiche alimentate dalla degradazione meteorica dei rilievi appena emersi. La grande depressione nicaraguense, lunga ca. 600 km e parzialmente occupata dai bacini dei laghi Managua e di Nicaragua, si è formata con il concorso di fenomeni diversi e contrastanti, tettonici, vulcanici, sismici, erosivi e costruttivi; delineatasi nel Pleistocene con la formazione di sistemi di faglie subparallele e il conseguente sprofondamento delle zolle interposte, taglia in diagonale l'istmo da NW a SE, dal golfo di Fonseca sul Pacifico (porzione sommersa della stessa depressione, un tempo unita direttamente al lago di Managua) al solco del fiume San Juan, sul Mar delle Antille. Tra la strettissima cimosa costiera del Pacifico e la fossa tettonica si allineano i cosiddetti Marrabios, una ventina di vulcani sorti durante l'era neozoica in rapporto alla formazione della grande depressione; il più recente, il Cerro Negro (350 m), risale appena al 1850. Dal lago di Nicaragua si elevano i coni gemelli dei vulcani Concepción e Maderas che, uniti da un istmo, formano l'isola di Ometepe, la più grande del Nicaragua, e quello dello Zapatera, nell'omonima isola; sulla sponda nordoccidentale dello stesso lago si eleva, sopra Granada, l'edificio vulcanico del Mombacho. Il più noto vulcano del Nicaragua, il Momotombo, responsabile di violente eruzioni come quelle del 1870 e del 1886 che lo ridussero dai precedenti oltre 1600 m agli attuali 1280 m, si erge a N del lago di Managua, fiancheggiato dal più piccolo Momotombito emergente dalle acque del lago. Altri notevoli vulcani sono il Chonco, San Cristóbal (o El Viejo o Chinandega; 1745 m, il più elevato vulcano del Nicaragua), Rota, Hoyo, ecc. Nel promontorio di Cosigüina, che si protende a chiudere il golfo di Fonseca, si apre la vasta caldera, del diametro di ca. 1 km, eloquente testimonianza della spaventosa esplosione che nel 1835 squarciò l'edificio del vulcano Cosigüina: la scossa fu avvertita a migliaia di chilometri di distanza e piogge di ceneri caddero in un raggio di 1200 km. In Nicaragua i terremoti sono frequenti e non di rado disastrosi, come quelli che nel 1931 e nel 1972 hanno colpito la capitale, riducendola praticamente a un cumulo di rovine.

Territorio: idrografia

L'elemento più caratteristico dell'idrografia del Nicaragua è dato dalla presenza di due grandi laghi, il Managua e il Nicaragua (questo è anzi, con i suoi 8430 km², il più esteso dell'America Centrale) che occupano il fondo della depressione; essi comunicano tramite il fiume Tipitapa. Un tempo i due laghi erano un'insenatura della costa pacifica: l'accumulo di materiale dovuto all'intensa attività vulcanica progressivamente li separò dall'oceano, di cui rimasero tributari finché lo spostamento dello spartiacque dovuto all'abbassamento nel Neozoico della costa caribica non provocò il deflusso delle acque verso il Mar delle Antille. A testimonianza di queste vicissitudini l'ittiofauna del lago di Nicaragua ospita specie di origine marina adattatesi all'habitat di acque dolci, come il tiburón (Carcharhinus nigaraguensis), uno squalo lungo sino a 3 m. Dato che il bacino del lago di Nicaragua è separato dal Pacifico nel punto più stretto solo da una soglia larga una ventina di chilometri e alta non più di una quarantina di metri, da tempo si ventila la possibilità di aprire un canale navigabile tra i due oceani, progetto vincolato essenzialmente a fattori economici e politici. Nel Pacifico si gettano solo brevi corsi d'acqua a regime torrentizio, di cui i principali sono l'Estero Real e il Río Grande del Sur, antico emissario del lago di Nicaragua; sviluppo assai maggiore hanno i fiumi del versante caribico, particolarmente il Río Coco o Segovia, di 750 km, che per lungo tratto segna il confine con l'Honduras e termina con un ampio delta presso Cabo Gracias a Dios, il Río Grande de Matagalpa, l'Escondido e il Río San Juan, emissario del lago di Nicaragua, interamente navigabile, e che in parte forma il confine con la Costa Rica. Nel complesso però la loro importanza è relativa perché attraversano regioni scarsamente abitate e di modesto sviluppo economico.

Territorio: clima

Per la sua posizione astronomica, tra 11º e 15º lat. N, il Nicaragua ha un clima tropicale, ampiamente influenzato però dall'aliseo di NE sul fronte caribico e, nell'interno, mitigato dall'altitudine. Lungo la fascia costiera caribica la temperatura media si aggira sui 26 ºC con lievissime escursioni diurne e stagionali; l'aliseo investe costantemente il versante caribico apportando piogge abbondanti che, più copiose a S (4500 mm annui nella zona tra i fiumi San Juan ed Escondido), vanno gradatamente scemando verso N e verso l'interno (2600-2200 mm annui tra Escondido e Río Coco, 2000-1500 mm annui sulle zone più interne dell'altopiano). Alcune aree alle spalle della Costa de Mosquitos, riparate da basse colline che bloccano gli alisei, ricevono precipitazioni relativamente scarse e presentano temperature di oltre 30 ºC, con punte anche superiori ai 40 ºC. Al di sopra dei 600-800 m le temperature oscillano tra i 14 ºC delle zone più elevate e i 22 ºC delle valli. Sul versante pacifico il clima è sempre di tipo subtropicale, ma con precipitazioni più ridotte (in media 1500 mm annui); inoltre si individua una netta stagione secca da dicembre a maggio.

Territorio: geografia umana

Al tempo della conquista spagnola il territorio del Nicaragua era scarsamente abitato da tribù appartenenti a diversi gruppi etnici, provenienti tanto da N, e affini ai maya, quanto da S, dalla Colombia come i chibcha, e stanziati, per le migliori condizioni climatiche e pedologiche, nella regione vulcanica; lungo la piana costiera del Mar delle Antille erano insediati esigui gruppi appartenenti a più primitive popolazioni caribiche, tra cui i mosquitos. La maggior parte degli indios non ha saputo conservare il proprio patrimonio culturale e si è lasciata assimilare come i nahua o niquiranos, gli indios più evoluti e potenti, quando gli spagnoli occuparono il Nicaragua; solo gli indomiti mosquitos della fascia costiera di NE e altre tribù di esigua consistenza numerica sono riusciti a mantenere una propria identità, come i sumo, nella parte più settentrionale del Paese, i rama lungo il corso dei fiumi Rama e Siquia, e i chioca sulla costa pacifica. Agli inizi del XIX sec. gli inglesi, che avevano fondato sulla costa caribica un fasullo Stato indipendente dei Mosquitos, introdussero in Nicaragua, come schiavi, africani per i lavori di piantagione: in parte puri, in parte meticciati con gli amerindi (zambos), sono per lo più diffusi nella fascia costiera orientale e costituiscono l'8% della popolazione. Per il resto la popolazione del Nicaragua è prevalentemente costituita da meticci (63%) o triguenos, in conseguenza della profonda commistione durante l'epoca coloniale tra amerindi e bianchi; gli indios puri rappresentano solo il 5%, ma costituiscono una minoranza molto attiva, attaccata ai propri usi e costumi e poco propensa a essere assimilata alle altre etnie. L'elemento bianco forma ca. il 14% dell'intera popolazione. L'incremento demografico è stato, nell'arco del XX sec., molto elevato, soprattutto per la netta diminuzione della mortalità. Si stima che la popolazione nicaraguense ammontasse al momento della proclamazione dell'indipendenza, nel 1821, a ca. 150.000 unità, salite a 500.000 agli inizi del XX secolo. Nel 1950 il primo censimento condotto con tecniche moderne accertò l'esistenza di 1.057.023 ab., saliti nel 1963 a 1.525.483 e ai 5.245.000 stimati nel 2006. Il ritmo d'incremento demografico permane alto (20,4‰), considerando un tasso di mortalità sostanzialmente simile a quello del resto dellarea (4,5‰) e un alto tasso di natalità (24,9‰) con indici di fecondità ancora elevati, pur essendo passati in 25 anni da 6,3 figli per donna (1980) a 3,1 (2005). La situazione sociale del Nicaragua, soggetto a calamità naturali e colpito per anni da uno stato di guerra civile, mette in luce le lacune che ancora devono essere colmate per raggiungere il livello di Paesi più avanzati: la mortalità infantile, nonostante abbia subito un drastico calo, presenta valori elevati, oltre la metà della popolazione ha meno di 18 anni, un terzo dei bambini presenta qualche grado di malnutrizione e in alcune aree si denunciano condizioni di estrema povertà, specie nei dipartimenti orientali dove vivono gli afro-caribici. Il valore medio della densità (41 ab./km²) è ben lungi dal rispecchiare la reale distribuzione della popolazione: oltre il 50% degli abitanti vive, infatti, nella zona compresa tra la grande depressione e l'oceano Pacifico, che corrisponde a meno del 20% dell'intero territorio; si passa pertanto da densità di 9-11 ab./km² dei dipartimenti orientali a densità di 364 ab./km² per il dipartimento di Managua e di 475 ab./km² per quello di Masaya. Oltre il 44% della popolazione è rurale anche se il fenomeno dell'urbanizzazione è in aumento, alimentato da meccanismi di migrazione interna, soprattutto dalle regioni rurali sovrappopolate del Pacifico e dalla campagna di Managua, dove i contadini soffrono la bassa resa delle terre nelle zone aride. Il saldo migratorio è negativo: solo alla fine degli anni Novanta il numero di nicaraguensi rifugiati e richiedenti asilo in altri Stati, che si aggirava intorno alle 20.000 unità l'anno, ha subito un calo, portandosi nel 2005 a meno di 1500 unità. I maggiori Paesi di ingresso sono stati, nel periodo di maggior emigrazione, Costa Rica e, in misura minore, Stati Uniti e Guatemala. Unico grande centro economico, politico e amministrativo è la capitale, Managua, già importante città india ma decaduta in epoca coloniale, in pratica risorta dopo il 1855 quando fu scelta come nuova capitale; da allora Managua è andata progressivamente sviluppandosi sia sotto il profilo economico sia sotto quello industriale, nonostante la deleteria vicinanza del vulcano Masaya, che la affligge con frequenti terremoti: nel corso del sec. XX essa è stata colpita da un forte sisma una prima volta nel 1931 e una seconda nel 1972 con migliaia di vittime. Tra le altre principali città del Paese si annoverano, tutte nella fascia occidentale, León, che fu capitale fino al 1855 e che è tuttora il principale centro culturale, Granada, nota all'epoca spagnola come “perla dell'America Centrale” e per le sue ricchezze più volte razziata dai pirati, Masaya e Chinandega. I maggiori centri sulle alteterre orientali sono Jinotega e Matagalpa; modesti sbocchi commerciali si hanno sulle coste, tra cui Bluefields e Puerto Cabezas su quella caribica, Corinto su quella pacifica.

Territorio: ambiente

Poco meno della metà del territorio nicaraguense è coperto da foreste, soprattutto nella regione orientale; la foresta pluviale, ricca di essenze pregiate e dal fittissimo sottobosco, domina nelle aree più umide, mentre i contrafforti orientali degli altopiani sono coperti da una densa foresta tropicale che passa oltre i 600 m al bosco misto con querce e conifere; sul versante pacifico prevale la savana, spesso a carattere arbustivo (matorral), mentre lungo le rive dei laghi notevole diffusione hanno le mangrovie. Nonostante l'impegno delle autorità in materia di protezione delle aree forestali, l'industria del legname e le pratiche tradizionali di sfruttamento dei suoli a fini agricoli hanno causato una notevole riduzione del patrimonio boschivo nicaraguense. Il Ministero dell'ambiente e delle risorse naturali (MARENA) è direttamente coinvolto nella conservazione di vari ecosistemi di interesse nazionale e nella gestione delle 72 aree protette del Paese, che interessano il 15,3% del territorio, a cui si sommano numerose altre riserve private. I maggiori parchi naturali sono la grande Riserva Bosawás, al confine con l'Honduras, dove vivono nativi mosquitos e sumo, che comprende il Parco nazionale di Saslaya e altre aree protette, e quella del Río San Juan, in continuità con analoghe aree boschive del Costa Rica, entrambe zone di foresta pluviale catalogate nella lista dell'UNESCO come Riserve della biosfera e di particolare interesse nell'ambito del progetto per la creazione del Corridoio biologico mesoamericano. Inoltre otto località nicaraguensi rientrano nella convenzione Ramsar del 1971 per le zone umide di interesse internazionale; tra le altre, i Cayos Miskitos e l'antistante Costa de Mosquitos, una lunga striscia di terra sul Mar delle Antille, e la Riserva naturale del delta dell'Estero Real sul golfo di Fonseca, entro la quale nel 1996 è stata circoscritta una riserva genetica per la protezione di una specie endemica di mais selvatico, la Zea nicaraguensis. La salvaguardia di queste aree include la protezione della fauna locale comprendente ocelot, scimmie urlatrici, giaguari, puma, tapiri, coccodrilli, iguana, caimani, tartarughe, motmot, quetzal, are, parrocchetti, e varie specie di pesci d'acqua dolce, che popolano i grandi laghi, e d'acqua salata, minacciati dall'inquinamento e dai disastri naturali (terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni e uragani) che periodicamente investono il Paese.

Economia: generalità

Dotato di una limitata disponibilità di risorse naturali, il Nicaragua fu scarsamente incentivato allo sviluppo, sia all'epoca della dominazione spagnola sia durante le successive fasi di governo dittatoriale (l'ultima, quella dei Somoza, protrattasi fino al 1979), in cui il Paese si vide impegnato a favorire gli interessi delle grandi compagnie statunitensi. Il Nicaragua si presenta come uno dei Paesi più poveri del Centro America, arretrato, economicamente basato sull'agricoltura, caratterizzato da profonde sperequazioni interne tra la popolazione e divari regionali. La guerra civile, che pose fine agli oltre 40 anni di dittatura della famiglia Somoza, costò al Paese perdite enormi in vite umane, danni ingenti alle città e alle infrastrutture viarie, elevatissimi indebitamenti con l'estero, rovinosi crolli delle produzioni agricole e zootecniche, nonché la quasi completa paralisi delle attività industriali e commerciali. Il nuovo governo espropriò naturalmente i beni di Somoza (le sole proprietà agricole corrispondevano a un quarto dell'arativo totale) e le aree non coltivate, ridistribuendo le terre confiscate a ca. 60.000 famiglie contadine; nazionalizzò le banche private, le compagnie di assicurazione, i settori minerario, forestale e ittico, istituì una serie di enti pubblici, come l'ENAL (Empresa Nicaragüense del Algodón), la BANANIC (Empresa Nicaragüense del Banano), l'ANAZUCAR (Empresa Nicaragüense del Azúcar), l'ENMAR (Empresa Nicaragüense de Productos del Mar) ecc., per incrementare le principali produzioni e controllare il relativo commercio. Tuttavia, ripetuti errori nella politica economica governativa, il protrarsi della guerriglia interna per opera dei Contras (i gruppi armati controrivoluzionari supportati dagli americani), nonché l'embargo statunitense non hanno permesso al Paese neppure durante gli anni Ottanta di raggiungere l'atteso innalzamento del tenore di vita. Falliti sia il rilancio del settore primario – anche per l'insufficienza dei risultati ottenuti dalla riforma agraria – sia il consolidamento del settore industriale – penalizzato da carenze energetiche –, la situazione si aggravò al punto da far segnalare una diminuzione netta del PNL, assorbito in misura crescente da spese militari (pari a oltre un terzo); non solo, ma a causa dell'iperinflazione (35.000% nel 1988) si verificarono, da un lato, il crollo del potere d'acquisto e, dall'altro, l'allargamento del debito estero, salito a 2 volte e mezzo il prodotto nazionale. Il deterioramento della situazione economica indusse così il governo, nel 1989, ad adottare un programma d'austerità basato su forti tagli alle spese e agli organici dell'amministrazione pubblica, programma che non fu naturalmente esente da numerose svalutazioni. Revocato l'embargo da parte degli Stati Uniti, dopo la sconfitta del governo rivoluzionario sandinista, l'amministrazione di Chamorro si concentrò sulla ricostruzione del Paese, attuata in un clima di scarsa coesione sociale, dovuta in massima parte al concomitante rientro dei profughi e al difficile smantellamento dell'esercito. Avviata una larga privatizzazione della struttura produttiva nazionale, il governo si trovò tuttavia ad agire in condizioni di indubbia difficoltà, con un tasso di disoccupazione stimato intorno al 40% e una realtà sindacale egemonizzata dal movimento sandinista. Nel 1996 venne eletto a capo del governo Arnoldo Alemán Lacayo, rappresentante della grande proprietà terriera, già sindaco di Managua e ben visto dalle gerarchie ecclesiastiche, che ha proseguito la linea di politica economica dell'amministrazione precedente. Nonostante gli interventi per mitigare le disuguaglianze sociali – se, alla conclusione della guerra civile il 70% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, nel 2005 questa cifra riguardava ancora la metà della popolazione –, rilanciare il settore agricolo e razionalizzare la gestione dell'apparato statale, continuano a pesare sull'economia nicaraguense le conseguenze della guerra civile. Il conflitto interno, oltre a lacerare le strutture del Paese, ha ulteriormente allontanato gli investitori esteri, già scarsamente attratti da un Paese non particolarmente fortunato quanto a collocazione geografica e tra i più vulnerabili ai disastri naturali (per esempio la catastrofe causata dall'uragano Mitch nel 1998 e le inondazioni del settembre 1999 provocate dall'uragano Floy). A gravare sulla debole economia del Nicaragua ha contribuito anche in misura considerevole l'onere del debito pubblico, che a metà degli anni Novanta del Novecento faceva registrare interessi pari all'80% degli introiti delle esportazioni; senza trascurare il clima di insicurezza sociale, la diffusa microcriminalità, l'inefficienza del sistema di diritto e l'assenza di garanzie nelle pratiche commerciali, che continuano a scoraggiare l'afflusso di capitali esteri. Le potenzialità del Paese, comunque, potrebbero rappresentare il fattore di svolta per l'economia nazionale: aiutato anche dai prestiti internazionali e dai programmi per la riduzione del debito contratto con i Paesi industrializzati (che 2002 era pari al 244% del PIL), il Nicaragua ha intensificato i contatti esteri (è del 2005 la stipula dell'unione doganale con Honduras, El Salvador e Guatemala) e ha assistito a una promettente crescita del PIL (pari al 6.350 ml $ USA, con un PIL pro capite di 1.025 $ USA nel 2008).

Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca

Benché arativo e colture arborescenti occupino solamente il 22,6% della superficie territoriale, l'agricoltura interessa meno di un terzo della popolazione attiva e contribuisce per il 17,9% alla formazione del PIL (2007); la maggior parte dei campi si concentra nella sezione occidentale del Paese, dove le condizioni climatiche sono più favorevoli. Nonostante il tentativo di riforma attuato dal regime sandinista, volto alla ridistribuzione delle terre in funzione di una riorganizzazione cooperativistica, il settore primario continua a essere organizzato secondo la tradizionale suddivisione tra un tipo di agricoltura di sussistenza (dedita alla produzione di colture per l'autoconsumo in piccole e tradizionali aziende contadine) e un tipo di agricoltura finalizzata alla produzione di colture per l'esportazione. Pur in presenza di un generale riequilibrio della bilancia agricola, il mercato dei prodotti resta diviso tra le colture destinate al consumo interno, come mais, riso, sorgo, manioca e taluni prodotti ortofrutticoli, come fagioli, ananas, agrumi ecc.; e le colture da piantagione, destinate ai mercati esteri, sui cui proventi si regge tuttora l'intero settore: caffè (che trova un ottimo ambiente nei fertili terreni vulcanici del versante del Pacifico tra i 600 e i 1000 m),cotone, banane, canna da zucchero, cacao. § Costituisce una rilevante fonte di ricchezza il manto forestale che abbonda di essenze pregiate come mogano, cedro e palissandro; presenti anche caucciù e ipecacuana. § Un settore in sviluppo notevole, tanto da consentire una certa esportazione, è quello zootecnico, incentrato sull'allevamento intensivo ed estensivo, in particolare di bovini. § La pesca è praticata, soprattutto lungo la costa atlantica.

Economia: industria e risorse minerarie

Il comparto industriale si basa essenzialmente sulla lavorazione dei prodotti locali: esso comprende zuccherifici, birrifici, manifatture di tabacchi, conservifici per la carne, cotonifici, oleifici ecc.; sono attive anche una raffineria di petrolio a Managua, alcuni cementifici e un cantiere navale presso Puerto Cabezas. Il mancato sviluppo del settore è dovuto in massima parte alle difficili condizioni strutturali in cui il Paese si è venuto a trovare nella sua storia recente. § Le risorse minerarie sono esigue e non contribuiscono ad alimentare l'industria di lavorazione; i principali giacimenti sono quelli aurei e argentei ma sono presenti anche miniere di rame, piombo e zinco. Anche il comparto energetico non è particolarmente florido: assai modesta è la produzione d'energia elettrica, per lo più di origine termica, nonostante le ingenti possibilità idriche di cui il Paese potenzialmente dispone.

Economia: commercio e comunicazioni

Non molto rilevante è il movimento commerciale; gli scambi con l'estero, durante gli anni Ottanta del Novecento, hanno registrato deficit crescenti, dovuti in massima parte alla guerra civile e all'embargo statunitense. Il Nicaragua esporta caffè, cotone, carne e zucchero, mentre importa materie prime per l'industria, macchinari, generi alimentari; l'interscambio si svolge con gli Stati Uniti e con El Salvador (per le esportazioni) e con Stati Uniti e Venezuela (per le importazioni); la bilancia commerciale appariva nel 2006 in netto passivo e il debito estero elevato. Complessivamente, il settore terziario è quello maggiormente sviluppato (anche se assorbe poco più della metà della forza lavoro) e concorre alla formazione del PIL nazionale per il 53,3%. § La rete delle comunicazioni non è né estesa né efficiente. Le ferrovie si sviluppano per 344 km, lungo il versante del Pacifico, e non si raccordano con quelle degli Stati vicini; le due linee più importanti collegano, l'una Managua con il porto di Corinto, il maggiore del Paese (scali marittimi di rilievo sono anche San Juan del Sur, sul Pacifico, Puerto Cabezas e Bluefields sul Mar delle Antille), l'altra Managua con la città di Granada. Del pari le arterie stradali (18.669 km nel 2005) solo in parte asfaltate (poco più di 2000 km), interessano essenzialmente le regioni che si affacciano sul versante Pacifico; il collegamento stradale con l'Honduras e la Costa Rica è assicurato dal tratto nicaraguense (383 km) della Carretera Panamericana. Un certo ruolo riveste tuttora la navigazione nei laghi e lungo i corsi terminali dei fiumi tributari del Mar delle Antille. Discreto è, infine, il servizio aereo; principale aeroporto è quello internazionale di Managua. § Poco sfruttata appare tuttavia la risorsa del turismo, compromesso dall'instabilità politica, economica e sociale del Paese.

Storia: dalle origini alla dittatura di Somoza

L'attuale territorio del Nicaragua era abitato nell'epoca precolombiana da vari gruppi tribali tributari dei vicini Maya. Fu appunto il capo di una di queste tribù, Nicarao, ad accogliere assai amichevolmente i conquistatori spagnoli guidati da Gil González Dávila, sul finire del 1522. E questi, in suo onore, chiamò Nicaragua la nuova terra. L'occupazione seguì le vicende di tutta l'America Centrale: cioè, amministrativamente anche il Nicaragua venne incorporato nella Capitanía General di Guatemala, che a sua volta fu inserita nel vicereame della Nuova Spagna (Messico). In questo stesso quadro partecipò agli eventi che condussero all'indipendenza. Quando nel 1821 il Messico si distaccò dalla Spagna, i Paesi centro-americani fecero altrettanto e si proclamarono indipendenti: nacque (5 giugno 1823) uno Stato separato, che assunse il nome di Province unite del Centroamerica. Durò fino al 1839, anno in cui ciascuno dei cinque componenti abbandonò il vincolo federativo, erigendosi a Repubblica. Per il Nicaragua i primi anni furono difficili. Il Paese era lacerato da guerre civili, che vedevano contrapporsi liberali e conservatori: in realtà si trattava di lotte tra due fazioni oligarchiche, che si disputavano il controllo della proprietà fondiaria e delle attività connesse. Questa situazione discendeva dall'eredità coloniale, che aveva plasmato una società dualistica: da una parte i “signori della terra” e i loro clienti politici e amministrativi; dall'altra la maggioranza della popolazione, dedita al lavoro dei campi, analfabeta e povera. Al fianco dei proprietari bisognava aggiungere la Chiesa, detentrice di cospicue ricchezze. I liberali avevano il loro quartier generale nella città di León, i conservatori a Granada. La costa orientale (Mosquitia) era occupata dai Britannici. Verso la metà del secolo cominciò a farsi sentire l'espansione economica e finanziaria degli Stati Uniti. Washington e Londra si accordarono in termini di compromesso: con il Trattato Clayton-Bulwer, del 1850, si impegnarono a non costruire canali interoceanici in quel settore istmico e a non procedere, sempre in tale zona, ad atti unilaterali di colonizzazione. Nel 1854 le cose si complicarono. Infatti il gruppo statunitense Vanderbilt riuscì ad accaparrarsi il monopolio dei trasporti in tutto il Nicaragua; l'iniziativa assestò un colpo agli operatori commerciali della roccaforte liberale di León: perciò essi decisero di chiedere aiuto a società nordamericane ostili ai Vanderbilt e a concorrenti inglesi. Ne approfittò l'avventuriero William Walker, del Tennessee, che nel 1855 penetrò in Nicaragua, vi organizzò una rivolta e si fece persino proclamare presidente. Il gruppo Vanderbilt allestì contro di lui una coalizione centro-americana. Walker fu sconfitto. Catturato, venne fucilato dagli honduregni nel 1860. I conservatori ebbero quindi la meglio: pertanto poterono restare al potere fino al 1893, allorché un sollevamento liberale insediò alla presidenza José Santos Zelaya. La realtà dimostrò che a un dispotismo se ne era sostituito un altro. Santos Zelaya mantenne la suprema carica sino al 1909: cadde perché volle osteggiare gli Stati Uniti che in quel periodo erano in fase di espansione della loro influenza nell'arco caribico. Fu appunto Washington che sostenne nel 1911 l'ascesa del fidato Adolfo Díaz, conservatore, alla presidenza del Nicaragua. Il Paese però non accettò l'intervento e insorse: allora il governo statunitense inviò nel 1912 reparti armati. La presenza di quei soldati permise ai conservatori di prolungare il predominio del loro partito. Nel 1914 essi stipularono un trattato, in virtù del quale veniva ceduto agli USA il diritto esclusivo di costruire un canale interoceanico nella zona del fiume San Juan, in alternativa a quello appena inaugurato a Panamá; in cambio di detto diritto il Nicaragua riceveva un indennizzo di 3 milioni di dollari. Ma in pratica questa somma dovette essere restituita ai Nordamericani, a saldo dei debiti contratti dal Nicaragua negli anni precedenti. Anzi, per controllare e assegnare i pagamenti ai singoli creditori, Washington installò a Managua un'apposita Commissione, che divenne la vera amministratrice del Paese. Quando nel 1933 le truppe statunitensi vennero ritirate, il potere passò al capo della Guardia nazionale, Anastasio Somoza, che instaurò un regime repressivo, nell'interesse della propria famiglia e, sul piano internazionale, degli Stati Uniti. Il 28 settembre 1956 Anastasio Somoza morì in seguito a un attentato. Prese il suo posto il figlio Luis Somoza Debayle, mentre il fratello di Luis, Anastasio Somoza Debayle, assunse il comando della Guardia nazionale. Le elezioni del 1963 portarono alla presidenza il liberal-nazionalista René Schick Gutiérrez, ma il contesto politico ed economico non mutò. Alla sua morte (1966) i Somoza tornarono al governo con Anastasio Somoza Debayle. Dopo la parentesi del triumvirato (1972-74), Anastasio Somoza Debayle venne eletto presidente. Si intensificava intanto la guerriglia del Fronte sandinista, di ispirazione socialista, la cui offensiva nel 1978 assunse una certa consistenza costringendo Somoza, che aveva perduto l'appoggio degli USA, alle dimissioni (17 luglio 1979).

Storia: il governo sandinista e il postsandinismo

Dopo l'ingresso dei guerriglieri a Managua (20 luglio), in Nicaragua si insediò un governo di ricostruzione nazionale, che aveva previsto un pluralismo politico garantito da una Giunta di governo, formata da varie forze politiche e sociali, ma l'equilibrio tra Fronte sandinista e forze moderate e imprenditoriali venne meno tra il 1980 e il 1981. Le aspirazioni totalitarie dei sandinisti portarono presto all'emarginazione dei partiti di ispirazione borghese e a un grave urto con la Chiesa cattolica. Contemporaneamente i contras, costituiti da vari gruppi di opposizione al regime di Daniel Ortega, diedero vita, con l'appoggio degli Stati Uniti, a un'autentica insurrezione armata. In breve la guerriglia antisandinista riuscì ad assumere il controllo di vaste zone del Paese e a raccogliere consensi tra i contadini contrari alla collettivizzazione delle terre. L'appoggio statunitense ai contras creò però una presa di coscienza dei Paesi dell'America Latina sul problema dell'autodeterminazione nel rispetto dell'indipendenza degli Stati interessati: nel 1983, infatti, si formò il Gruppo di Contadora (Messico, Colombia, Venezuela e Panamá), a cui si aggiunse nel 1986 il Gruppo di appoggio (Perú, Brasile, Argentina e Uruguay), che tentò di giungere alla negoziazione del conflitto che interessava quell'area centro-americana, ottenendo nell'agosto 1984 da parte del governo nicaraguense una parziale revoca dello stato d'emergenza. Nel 1987, inoltre, il presidente del Costa Rica, Ó. Arías, preoccupato per l'istallazione sul suo territorio di basi da cui gli antisandinisti avrebbero potuto attaccare il Nicaragua e dare vita a un conflitto armato destabilizzante per il suo Paese, propose contro la soluzione militare un negoziato con il governo sandinista. Intanto, la guerriglia antisandinista, divisa al proprio interno per i contrasti fra ex somoziani ed esponenti di gruppi democratici, era riuscita a non costituire più una seria minaccia per il regime nicaraguense: indebolita poi agli inizi del 1988 per il taglio dei finanziamenti americani, fu ben presto costretta ad arretrare e ad arroccarsi oltre il confine. Dall'altro lato nell'agosto 1989 il governo sandinista, in vista delle elezioni presidenziali del 1990, sottoscrisse con i partiti d'opposizione un accordo politico, che prevedeva un'amnistia generale e la reintegrazione nel Paese dei contras, che dal canto loro si impegnavano a deporre le armi, e partecipò con i presidenti del Costa Rica, El Salvador, di Guatemala e dell'Honduras al vertice centro-americano di Tela (Honduras), durante il quale finalmente si raggiunse un'intesa che poneva fine alla guerra civile nicaraguense. Le elezioni del febbraio 1990, svoltesi in forma democratica, con un sistema multipartitico (come garantito dalla Costituzione approvata nel gennaio 1987), decretarono al contempo la sconfitta del sandinista Ortega (eletto nel 1984) e assegnarono la presidenza della Repubblica a Violeta Barrios de Chamorro, leader della coalizione antisandinista dell'Unione Nazionale d'Opposizione (UNO). Si apriva così per il Paese un periodo di transizione e di assestamento della vita politica, caratterizzato dal contrasto fra gli orientamenti del potere governativo e quelli di istituzioni a predominante composizione sandinista (esercito, sindacati, ecc.), e si dava avvio a una politica economica neoliberista, volta a risanare la crisi conseguente alla guerra civile e all'embargo statunitense. Profondi dissidi si verificavano ben presto sia all'interno della coalizione che aveva portato al governo la Chamorro, sia nel Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FLNS), che si scisse. La corrente sandinista moderata, capeggiata da Sergio Ramírez, infatti si separava nel 1994, dando origine nel 1995 a un nuovo gruppo politico, il Movimento Rinnovato Sandinista (MRS). Approvati nel giugno 1995 una serie di emendamenti alla Carta costituzionale, che limitavano drasticamente i poteri della presidenza a favore dell'Assemblea nazionale, la Chamorro nel 1996 concludeva la sua esperienza come primo presidente post-sandinista, decidendo di non ricandidarsi alle nuove consultazioni presidenziali. Queste si svolgevano nell'ottobre del 1996 e vedevano la sconfitta del leader sandinista Daniel Ortega, nonostante il tentativo di attenuare la linea politica marxista del suo movimento per rassicurare le componenti più moderate della società nicaraguense. I Nicaraguensi, delusi anche dal governo centrista della Chamorro, eleggevano il candidato della destra, il neosomozista Arnoldo Alemán Lacayo, rappresentante della grande proprietà terriera, guardato con simpatia dalle gerarchie ecclesiastiche locali. Assunta la carica nel gennaio 1997, Alemán confermava la politica economica delle privatizzazioni adottata dall'amministrazione precedente e cercava di trovare una soluzione legale alle richieste di quanti, primi fra tutti la famiglia Somoza, si erano visti confiscare le proprietà durante il periodo della rivoluzione sandinista. Trovato un accordo fra la maggioranza e l'opposizione sandinista per la restituzione delle terre espropriate e arresosi l'ultimo movimento di guerriglia attivo nel Paese, il Fronte unito Andrès Castro, il processo di pacificazione nazionale si concludeva finalmente nel 1997. La politica neoliberista di Alemán e la drastica riduzione del deficit del Paese, attuata per realizzare il rigido programma strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, facevano però precipitare il Nicaragua in uno stato di grave recessione economica. Il peggioramento della situazione economica e sociale del Paese spingeva l'ex presidente Ortega a ricandidarsi alle elezioni presidenziali del 2001. Favorito in un primo tempo, Ortega, comunque, non riusciva a far dimenticare il suo passato e la destra riconquistava la presidenza della Repubblica con il candidato Enrique Bolaños. Nel gennaio 2005, dopo alcuni mesi di crisi politica e istituzionale, è stato firmato un accordo tra il presidente Bolaños e l'opposizione sandinista, che ha consentito al governo di portare a terminine la legislatura. In giugno il Paese ha ottenuto dal G8 la cancellazione del debito estero. Nel novembre 2006 si sono svolte le elezioni presidenziali, vinte da Daniel Ortega con il 38,07% dei voti, che ha sconfitto al primo turno il candidato liberale Eduardo Montealegre, appoggiato da Washington, che ha ottenuto il 29%. Nel 2011 Ortega veniva rieletto con il 62,6% dei consensi. Nel 2014 il Parlamento approvava una modifica alla Costituzione che rafforzava il potere legislativo del presidente, permettendogli di ricandidarsi per un terzo mandato nel 2016.

Cultura: generalità

In Nicaragua convivono diverse anime culturali, che rispecchiano l'avvicendarsi delle presenze umane e l'alternanza e la fusione fra le tradizioni indigena, spagnola, africana, statunitense. L'eredità dei nativi è ancora relativamente forte nelle manifestazioni del folclore e della spiritualità, ma lo stile di vita occidentale, fatte salve le differenze causate dalla diseguale diffusione della ricchezza, è sempre più predominante. Di peculiare bellezza sono la produzione artistica (benché localizzata in determinate aree del Paese) e artigianale (amache, ceramiche); il Paese è ricchissimo di murales, forma d'arte prediletta negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, in particolare a León e Managua. La capitale è anche il polo culturale principale, con i suoi musei (Museo Nazionale, Museo della Rivoluzione ecc.), biblioteche, teatri, gallerie d'arte. In letteratura, se la produzione precedente al XIX secolo è trascurabile, proprio a cavallo tra Ottocento e Novecento vive la massima personalità poetica del Nicaragua, Rubén Darío, annoverato tra i massimi letterati del continente. Nel Paese sono presenti diversi complessi di architettura coloniale, anche se il più affascinante è il sito con le rovine di León Viejo (2000), inserito nel patrimonio dell'umanità dell'UNESCO e costituito da ciò che resta di uno dei primi insediamenti europei, travolto dalla lava di ripetute eruzioni tra il XVI e il XVII secolo. Tra le passioni principali del popolo nicaraguense ci sono alcuni sport, seguiti e praticati, come il calcio e, ancor più, il baseball (beisbol), vero passatempo nazionale.

Cultura: tradizioni

Come tutti gli indios americani, gli autoctoni nicaraguensi ebbero danze e rappresentazioni di carattere religioso e rituale, accompagnate da canti e musiche che divennero con il passare del tempo elementi della tradizione. Su questo tessuto, si innestò il ricco repertorio di feste religiose e profane, balli folcloristici, recite di romanze, corridos ecc. che gli spagnoli diffusero nel Paese come esito culturale della colonizzazione. Tuttora vivi e frequenti sono in Nicaragua gli spettacoli popolari tipicamente meticci che hanno luogo nelle solennità religiose (Settimana Santa, Immacolata, Corpus Domini, feste di San Giovanni ecc.) e comprendono danze caratteristiche (la Gigantona, il Pepe, la Yegüita ecc.), mimi, coreografie e corridos. Prezioso documento dell'epoca coloniale è un curioso balletto dialogato, El güegüence (Il direttore delle danze), composto nel XVIII sec. in una strana miscela linguistica (nahuatl, mangue e spagnolo), su dati certamente anteriori rielaborati in chiave satirica e anticolonialista. Dal XIX sec. in avanti, sull'influsso delle tendenze europee e statunitensi, le forme di spettacolo si sono diversificate e perfezionate nei generi classici della danza, del teatro, dell'opera. La musica tradizionale resta protagonista delle fiestas popolari, e viene suonata con strumenti di antica origine come gli xilofoni. Il modo di vestire dei nicaraguensi può ormai essere definito “occidentale”, anche se la grande abilità artigianale della lavorazione dei tessuti si riflette in molti capi di vestiario tipici dai colori vivaci. L'alimentazione degli abitanti si basa su carne, cereali, tortillas, frutta. Il piatto nazionale è il gallo pinto, un piatto di riso e fagioli. Ampio il consumo di birra e rhum; fra le bevande più comuni ci sono la chicha e il tiste, a base di cacao.

Cultura: letteratura

Le condizioni geografiche e gli avvenimenti storici hanno contribuito a fare del Nicaragua un Paese di cultura marginale e riflessa, fin dall'epoca precolombiana. Durante i tre secoli dell'età coloniale il Nicaragua ebbe manifestazioni letterarie di rilievo. Il sec. XIX portò, assieme all'indipendenza politica, la prima università del Paese (a León), alcuni versificatori e storici (tra cui Tomás Ayón, 1821-87, autore di una grande Historia de Nicaragua), ma in nessun caso la loro fama superò i ristretti confini del Paese. La storia letteraria del Nicaragua ha veramente inizio con uno dei più grandi nomi del modernismo ibero-americano: il poeta Rubén Darío, che peraltro operò e s'impose fuori del Nicaragua (in Cile, Argentina, Europa). Il rinnovamento poetico da lui promosso destò echi in Nicaragua grazie soprattutto a Santiago Argüello (1872-1942), poeta (Ojo y alma, 1908), commediografo (Ocaso, 1906) e critico (Siluetas literarias, ecc.) di notevole personalità. Sulla strada così aperta si mossero altri scrittori, specialmente poeti, come il sacerdote Azarías H. Pallais (1886-1954), autore di Camino e Bello tono menor, Manuel Tijerino (1885-1936), Lino Argüello (1886-1937), Salomón de la Selva (1893-1959), autore di El soldado desconocido (1922) e di altri testi fino a Evocación de Horacio (1948), e soprattutto Alfonso Cortés (1887-1963), originale neosimbolista e maestro della generazione successiva. Nella prosa e nel teatro la prima figura di rilievo è stato Hernán Robleto (1894-1969), pubblicista pugnace, e perciò costretto all'emigrazione, autore di un romanzo letto in tutta l'America Latina (Sangre en el trópico, 1930, sulla sanguinosa guerra civile del 1926) e di vari drammi, da La rosa del paraíso (1920) a Tres dramas nicaragüenses (1948). Il Novecento ha dato al Nicaragua una brillante fioritura poetica, soprattutto con José Coronel Urtecho (1906-94), lirico religioso sensibile e versatile, Pablo Antonio Cuadra, poeta intenso e legato alla propria terra (El jaguar y la luna, 1959), nonché saggista e drammaturgo di spicco (Pastorela, Satanás entra en escena, Por los caminos van los campesinos); Alberto Ordónez Argüello (n. 1914), pure poeta e drammaturgo, e Joaquín Pasos, immaturamente scomparso (Poemas de un joven, postumi, 1962). Pochi anni più tardi nascevano altre voci importanti della poesia d'avanguardia, quali Enrique Fernández Morales (1918-1982), anche pittore, Francisco P. Estrada (1919-1982) e Juan Francisco Gutiérrez (1920-1995). La voce più originale e prestigiosa del panorama letterario contemporaneo è certamente quella di Ernesto Cardenal, cui si devono raccolte poetiche, poemi narrativi di denuncia civile e politica e saggi storico-sociologici che ne testimoniano l'appassionata partecipazione al dibattito culturale internazionale. Abili poeti sono ritenuti anche Ernesto Mejía Sanchez (1923-1985), Carlos Martínez Rivas (1924-1998), Ivan Uriarte (n. 1942) e Beltrán Morales (1945-1986), elementi di punta della cosiddetta generació traicionada, generazione tradita. E poi Fernando Gordillo (1940-1967) e Sergio Ramírez (n. 1942), fondatori del gruppo Ventana; Leonel Reegama (1950-1970), Felipe Pería (1957-1979) ed Ernesto Castillo (1958-1978), caduti nella guerra sandinista; Erick Aguirre (n. 1961), giornalista e critico letterario, oltre che poeta (Pasado meridiano, 1995, Conversación con las sombras, 1999); Fernando Antonio Silva (n. 1957). Di grande importanza anche le voci femminili: Gioconda Belli (n. 1948), appassionata testimone della dolorosa condizione del vivere in Nicaragua negli anni Settanta (Linea de fuego, 1978), ha poi pubblicato raccolte più mature, come El ojo de la mujer (1991) e Apogeo (1997); Daisy Zamora (n. 1950), affermatasi con la raccolta La violenta espuma (1981) a cui hanno fatto seguito volumi di versi di grande intensità, come A cada quien la vida (1994) e Tierra de Nadie, Tierra de Todos (2007), Rosario Murillo (n. 1951), fondatrice del gruppo Grada, Yolanda Blanco, Vidaluz Meneses, Ana Ilce Gómez, Karla Sánchez. Nonostante il marcato dominio delle vocazioni poetiche su quelle narrative, non mancano contributi di rilievo nella prosa e nella saggistica, dati spesso da poeti. Prosatori di nascita e formazione sono stati invece Adolfo Calero Orozco (1899-1989) e Manolo Cuadra (1908-1957). Tra i romanzieri emersi nel secondo Novecento, si segnala l'opera di Horacio Peña (n. 1936), Carlos Alemán Ocampo, Orlando Núñez (n. 1948), Douglas Carcache (n. 1960), Leonel Delgado (1965-2001). Tra le donne emergono, oltre alla già citata G. Belli (La donna abitata, 1988; La pergamena della seduzione, 2007), Mónica Zalaquett (n. 1954; Tu fantasma, Julián, 1992), Gloria Elena Espinoza, María Lourdes Pallais (n. 1953, Perú). Nel teatro, spentosi Rolando Steiner (1936-1987), autore originale e assai innovativo, si è tornati a stagioni più tradizionali e classiche.

Cultura: arte

Non esistendo date, né sequenze cronologiche, i rinvenimenti archeologici del Nicaragua sono classificabili unicamente in base a un criterio geografico. Si può tuttavia dedurre che i reperti non sono molto antichi, poiché spesso sono mescolati con manufatti europei. La parte orientale del Nicaragua è legata alla cultura dell'Honduras nordorientale negli usi, nella lavorazione della pietra e nella ceramica. Tipiche le asce monolitiche, le figurine litiche antropo- e zoomorfe della costa caribica e le colonne litiche con figure scolpite in bassorilievo, che si richiamano all'arte del Panamá centrale e del Perú settentrionale. Sulla costa è presente una ceramica monocroma incisa. Nella parte occidentale del Nicaragua si notano piuttosto contatti con le tarde culture messicane. Notevoli le statue monolitiche con alter ego e le statuine-ritratto antropomorfe del lago Managua, che si richiamano all'arte di Linea Vieja (Costa Rica). Numerosi gli stili fittili: ceramica policroma a contorni neri sulla costa pacifica, con motivi di tipo messicano, vasi zoomorfi nella zona nordoccidentale, ceramica policroma nella costa occidentale, i cui motivi, apparentemente geometrici, rappresentano in realtà animali stilizzati; da ricordare anche la ceramica incisa sotto ingubbiatura, con centro di diffusione sulla riva occidentale del lago di Nicaragua, ma che è presente anche in Costa Rica e nel Veracruz (Messico). Le arti figurative hanno iniziato ad avere uno sviluppo di un certo rilievo dopo l'arrivo degli spagnoli. Le tendenze principali sono state a lungo dettate dagli eventi storico politici: l'evangelizzazione, l'indipendenza, la rivoluzione, il ritorno alle radici con l'arte naïf. Tra i maggiori pittori nicaraguensi si ricordano Rodrigo Peñalba (1908-1979), Omar D'Leon, Armando Morales.

Cultura: spettacolo

Riferendosi al periodo precolombiano e coloniale risulta arduo separare le rappresentazioni esclusivamente religiose da quelle secolari o da spettacoli di altra natura, in quanto intrisi allo stesso modo di aspetti del folclore di matrice india, miscelatisi alle usanze introdotte dagli europei. Dopo l'indipendenza, alla fine dell'Ottocento, alcune compagnie erano attive nel Paese, come quella di J. Blen che portò in scena a Managua una commediola (Cada oveja; Ogni pecora) e un dramma (Manuel Acuna) di Rubén Darío, i cui testi sono andati smarriti. Alquanto più attiva, ma sempre sporadica, è l'attività teatrale nel sec. XX. Dopo qualche effimero successo di teatro poetico modernista (Ocaso, di S. Argüello), politico (La rifa, 1919, di A. Fletes Bolano) e pedagogico (Josefa Toledo), ottiene una certa fama il primo drammaturgo nazionale, Hernán Robleto, vissuto però di preferenza all'estero. Solo nel 1927, con il rinnovamento letterario iniziato da J. Coronel Urtecho, si avvia una più consistente attività teatrale. Nascono il Teatro Experimental Lope e più tardi (1935) il Gruppo Vanguardia, di tendenze avanguardistiche e popolari; si affermano autori (Pasos, Cuadra, Ordónez, Argüello), attori e registi di formazione universitaria; si sperimentano le nuove tecniche del teatro mondiale; si rivaluta il teatro popolare a opera specialmente del Taller San Lucas di Granada, animato da F. Pérez Estrada (1917-1982). Il teatro moderno non fa registrare grandi personalità o compagnie, e trova qualche spazio solo nelle maggiori città. Gli anni a cavallo del millennio hanno visto anche alcune interessanti produzioni cinematografiche, come i due mediometraggi De niña a mujer (2004) e Historia de Rosa (2005) di Florence Jaugey, Con ánimo de lucro (2006) di Joan Planas, El Inmortal (2005) di Mercedes Moncada Rodriguez.

Bibliografia

Per la geografia

D. Pompeiano, Nicaragua. Storia di un'economia dipendente e di una transizione, Milano, 1986; R. J. Spalding, The Political Economics of Revolutionary Nicaragua, Londra, 1987; J. H. H. Thielen, Nicaragua: Entwicklung der Agrarreform und Umweltpolitik seit 1979, Saarbrücken, 1988.

Per la storia

N. Macaulay, The Sandino Affair, Chicago, 1967; T. W. Walker, Nicaragua: the Land of Sandino, Epping, 1982; A. Gandolfi, Nicaragua: la difficulté d'être libre, Parigi, 1983; P. Esposito, G. Fogacci, T.Melchionne, Nicaragua. Le dimensioni del conflitto, Napoli, 1986; D. Massey, Nicaragua, Londra, 1987; D. Gilbert, Sandinistas: The Party and the Revolution, Oxford, 1988; P. Vaissiere, Nicaragua: les contradictions du sandinisme, Parigi, 1988.

Per la letteratura

A. Barrera, Seis poetas nicaragüenses contemporáneos, Torino, 1968; A. Palma, A. Riccio, Racconti miskitos, Napoli, 1987.

Per lo spettacolo

E. Mejía Sánchez, Romances y corridos de Nicaragua, Città di Messico, 1954; C. Solórzano, El teatro latinoamericano en el siglo XX, Città di Messico, 1964; S. Gonzalez, Teatro contemporaneo nicaragüense, Managua, 1979.

Per l'arte

S. K. Lothrop, Pottery of Costa Rica and Nicaragua, Museum of the American Indian, Heye Foundation, New York, 1926; V. Blais, Nicaragua, Roma, 1927.

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