(Schweizerische Eidgenossenschaft; Confédération suisse; Confederazione svizzera). Stato dell'Europa centrale (41.285 km²). Capitale federale: Berna. Divisione amministrativa: Cantoni (23). Popolazione: 8.136.689 ab. (stima 2013). Lingua: francese, italiano, reto-romancio e tedesco (ufficiali). Religione: cattolici 38,6%, protestanti 28%, non religiosi/atei 20%, musulmani 4,5%, ortodossi 1,8%, altre religioni 7,1%. Unità monetaria: franco svizzero (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,917 (3° posto). Confini: Francia (W), Germania (N), Austria e Liechtenstein (E), Italia (S). Membro di: Consiglio d'Europa, EBRD, EFTA, OCDE, ONU, OSCE e WTO.

Generalità

. La Svizzera è una delle più antiche unità politiche d'Europa. Le Alpi Centrali, culla della prima confederazione formata da Uri, Schwyz e Unterwalden, hanno contribuito a salvaguardare un'indipendenza che è sopravvissuta alla scomparsa di analoghe costruzioni politiche. La Svizzera, singolare esempio di adattamento di una comunità umana e della sua organizzazione politica a un ambiente fisico montuoso e frammentato per sua natura, ha difeso attraverso i secoli la propria identità e le proprie espressioni culturali, che hanno profonde radici proprio nel mondo alpino. Il territorio è caratterizzato da una trama di valli grandi e piccole, in genere non comunicanti fra di loro, nelle quali i particolarismi trovano condizioni assai adatte a perpetuarsi nel tempo. In tal senso la Svizzera è tra i Paesi europei più conservatori; ma è anche, per certi versi, tra i più moderni perché ha saputo elaborare e integrare forme di organizzazione di protezione, con una struttura federativa, delle sue autonomie locali e dei suoi “Cantoni”, nel pieno rispetto di quelle peculiarità del rapporto uomo-natura che nelle regioni montane è particolarmente evidente ma anche fragile. La Svizzera è una delle nazioni che meglio ha saputo trarre vantaggio dai vincoli ambientali, mantenendo la sua unità a dispetto delle frammentazioni fisiche e culturali (basti pensare alle quattro lingue dichiarate nazionali), ma essa ha saputo pure adattarsi alla vita moderna conservando un tenace legame con i valori della storia e della tradizione. La sua posizione a cavallo tra l'Europa centrale (germanica) e quella latina, tra mondo cattolico e protestante, le ha consentito di entrare in contatto con le maggiori esperienze culturali europee, per farne poi una forza trainante nel suo rapporto con il resto del continente. Sancita sin dal 1815, col Congresso di Vienna, una politica di neutralità per impedire il proprio frazionamento a vantaggio dei suoi potenti vicini, e senza rinunciare ad alcun aspetto della propria sovranità. Per questi motivi non è stata coinvolta nelle due guerre mondiali e ha saputo, in un'epoca di crescenti tensioni internazionali, agire con straordinaria abilità come intermediaria tra le nazioni, ospitando molte istituzioni internazionali e organizzazioni non governative. Essa rappresenta perciò una sorta di "oasi politica", anche se tale neutralità, oltre che garanzia di pace e stabilità interna, appare posta al servizio dei più svariati interessi economici e di lucrosi vantaggi commerciali. La congiuntura economica dell'ultimo decennio è rimasta sostanzialmente favorevole: a ciò contribuiscono la flessibilità del mercato del lavoro, una pace sociale consolidata, il buon andamento dei consumi e la politica monetaria della Banca centrale, tesa a equilibrare il franco svizzero rispetto all'euro e al dollaro. Il Paese ha tuttavia perso cinque posizioni nella speciale classifica della competitività mondiale redatta dall'IMD di Losanna, scendendo, nel 2001, dal 5° al 10° posto.

Lo Stato

In base alla Costituzione del 1848, la Svizzera cessò di essere una Confederazione e divenne una repubblica federale (l'antica denominazione di Confederazione Elvetica si è tuttavia mantenuta nel linguaggio comune). Attualmente è però in vigore la Costituzione del 29 maggio 1874, più volte emendata nei decenni successivi. I 26 Stati federati o Cantoni , ciascuno dei quali ha ampia autonomia e dispone di un governo (Consiglio di Stato) e di un'assemblea legislativa (Gran Consiglio) propri, corrispondono ai Cantoni omonimi in cui è storicamente ripartita la Svizzera. Tre Cantoni si suddividono in semicantoni: gli Stati di Basilea Città e Basilea Campagna formano il Cantone di Basilea; Ausser-Rhoden e Inner-Rhoden quello di Appenzell; Obwalden e Nidwalden quello di Unterwalden, dando così luogo alla ripartizione in 23 Cantoni (per molto tempo i Cantoni svizzeri sono stati 22; solo nel 1978 è stato istituito con referendum il Cantone del Giura, costituito da alcuni distretti francofoni del Cantone di Berna). Nell'ambito federale il potere legislativo è demandato all'Assemblea federale formata dal Consiglio Nazionale, di 200 membri, eletti per 4 anni a suffragio universale (dal 1971 votano anche le donne), in proporzione alla popolazione dei vari Cantoni, e dal Consiglio degli Stati, di 46 rappresentanti (2 per ogni Cantone). Le modalità e i termini di elezione di questi ultimi sono interamente affidati ai Cantoni stessi. Il potere esecutivo è esercitato dal Consiglio federale formato da 8 membri, eletti per 4 anni dall'Assemblea; quest'ultima sceglie fra di loro ogni anno il presidente, che è anche il capo dello Stato e non è immediatamente rieleggibile. Un istituto fondamentale della Costituzione svizzera è il referendum, o voto popolare diretto; ogni legge ordinaria può essere sottoposta a referendum (e molte lo sono) qualora ciò sia richiesto da almeno 30.000 cittadini o da 8 Cantoni. È frequente pure l'iniziativa popolare, che, sulla base di 50.000 firme raccolte, può proporre nuove leggi all'esame parlamentare. La situazione linguistica del Paese è molto articolata e i fenomeni di bilinguismo e multilinguismo sono ampiamente diffusi. Il Canton Ticino è di lingua italiana; i Cantoni di Vaud, Neuchâtel, Ginevra e Giura sono francofoni; sono bilingui (francese e tedesco) i Cantoni di Berna, Friburgo e del Vallese, mentre è tedesco-italiano-romancio il Cantone dei Grigioni; in tutti gli altri Cantoni si parla il tedesco. La religione è in maggioranza cristiana, con lieve prevalenza dei cattolici sui protestanti; la libertà di religione, in omaggio ai principi fondamentali del Paese, è peraltro garantita a tutti i cittadini. Il sistema giudiziario della Svizzera è basato sul diritto continentale, con influenze di quello consuetudinario. Non esiste la pena capitale. L'organo supremo del sistema giudiziario è il Tribunale federale, con sede a Losanna. Tra i suoi numerosi compiti vi sono quelli più delicati di stabilire l'eventuale incostituzionalità delle leggi approvate dal Parlamento elvetico e dai Cantoni. Il Tribunale ha pure il compito di dirimere eventuali controversie tra Cantoni. La plurisecolare neutralità della Svizzera non ha mai significato la negazione di un sistema difensivo nazionale. Al contrario il Paese ha sempre avuto una grande tradizione militare e le sue stesse origini si rifanno a episodi di lotta armata. Celebre ancora oggi è il contributo delle Guardie svizzere alla difesa della Città del Vaticano, a ricordo dei tempi in cui i migliori mercenari al servizio di re, papi, imperatori e della nobiltà europea provenivano dalla Confederazione elvetica (sec. XIV, XV e XVI). La neutralità della Svizzera si traduce invece in una mancata adesione a organizzazioni internazionali di difesa. Solo la partecipazione alle missioni internazionali di pace dell'ONU è stata approvata, a partire dal 2001. Contingenti armati svizzeri sono stati quindi impiegati, all'interno della forza multinazionale di intervento, in Kosovo nel 2002 per mantenere la pace tra popolazioni serbe e albanesi. Il servizio militare è obbligatorio per tutti i cittadini maschi e comprende periodi successivi di aggiornamento tra i 21 e i 42 anni di età. Gli effettivi delle forze armate sono tuttavia in una fase di riduzione perché fattori interni (razionalizzazione delle spese, investimenti nelle nuove tecnologie belliche) ed esteri (fine del bipolarismo EW) spingono in questa direzione. Il federalismo, l'autonomia amministrativa, la diversità di lingue, di confessioni, di culture e di esigenze hanno portato a differenze nell'organizzazione, nella direzione e nel controllo delle istituzioni scolastiche nei diversi Cantoni. Non esiste un Ministero unico della pubblica istruzione e tuttavia il governo federale fornisce le linee guida nel settore dell'istruzione, provvede a far rispettare l'obbligo e la gratuità degli studi elementari, a creare o sovvenzionare istituzioni educative e a difendere il rispetto della libertà religiosa nelle scuole pubbliche. Il governo può adottare sanzioni contro quei Cantoni che non ottemperassero all'articolo 27 della Costituzione che attribuisce ai Cantoni stessi il diritto e l'obbligo di provvedere all'istruzione primaria. L'istruzione primaria, che deve svolgersi unicamente sotto la direzione dello Stato, inizia a 6 anni e ha durata variabile secondo le disposizioni cantonali (7-8-9 anni). L'inizio dell'anno scolastico è variabile (in primavera, in estate o in autunno). Nei Cantoni di lingua francese l'obbligo scolastico ha la durata di 9 anni e si svolge per un anno nei giardini d'infanzia, per 6 anni nella scuola elementare vera e propria e per 2 anni nelle scuole complementari di città e di campagna per coloro che non intendono proseguire gli studi. Coloro che invece intendono proseguire gli studi, al termine del quinto o del sesto anno di scuola elementare, si iscrivono al collegio, alla scuola superiore femminile o alla scuola superiore di commercio. In queste scuole viene impartita l'istruzione secondaria della durata di 8 anni; esse si suddividono in genere in due cicli: inferiore di 2 o 3 anni per esaurire l'obbligo scolastico e superiore. Vi sono, inoltre, scuole professionali e scuole di orticoltura. Nei Cantoni di lingua italiana la scuola primaria accoglie i ragazzi dai 6 agli 11 anni. Coloro che non intendono proseguire gli studi frequentano la scuola maggiore, triennale, e per un anno possono frequentare i corsi di avviamento professionale o di apprendistato poiché la legislazione confederale stabilisce che si può iniziare a lavorare solo a 15 anni. Coloro che intendono proseguire, passano nei ginnasi, quadriennali, e proseguono l'istruzione secondaria per altri 4 anni al liceo o alla scuola di commercio o alla scuola magistrale. Nei Cantoni di lingua tedesca l'obbligo scolastico ha la durata di 8 anni e si svolge nella scuola primaria nella quale a scelta degli alunni, già dalla terza classe può avere inizio l'istruzione obbligatoria di avviamento al lavoro. L'istruzione secondaria viene impartita nei ginnasi, ai quali si accede al termine della sesta classe della scuola primaria e che si dividono in inferiori e superiori, questi ultimi a loro volta divisi in classico e scientifico, nella scuola industriale e in quella commerciale. Vi sono, altresì, numerosi istituti di istruzione tecnica. Anche l'istruzione universitaria è competenza ed è organizzata dai vari Cantoni; i prestigiosi Politecnici di Zurigo (1855) e Losanna (1853), oltre a quattro Istituti di ricerca federali dipendono invece dallo Stato. In Svizzera esistono otto università: tre nella Svizzera tedesca a Basilea (1460), Berna (1834) e Zurigo (1833); quattro nella Svizzera francese a Ginevra (1559), Losanna (1537) e Neuchâtel (1909) e l'Università cattolica di Friburgo (1889); una nella Svizzera italiana con sedi a Lugano e Mendrisio (1996). Vi sono inoltre la Scuola Superiore per l'Economia e le Scienze Sociali (1899) di San Gallo e molti istituti per l'istruzione superiore. Numerosi sono pure i laboratori e gli istituti privati che fanno della Svizzera uno dei Paesi leader nel campo della ricerca scientifica.

Territorio: morfologia

La Svizzera comprende tre regioni fisiche strutturalmente e morfologicamente ben differenziate: a S un'ampia zona alpina (che supera il 60% della superficie territoriale totale), al centro una fascia prealpina e pedemontana, il cosiddetto Mittelland, Plateau o Altopiano (27% dell'area totale), a NW infine una serie di catene costituenti il Giura. La Svizzera occupa il versante settentrionale della sezione centroccidentale delle Alpi (Alpi Pennine, Lepontine e Retiche), a eccezione delle valli di Lei e di Livigno che appartengono all'Italia). La Svizzera occupa anche tratti del versante versante meridionale delle suddette Alpi, in corrispondenza del bacino superiore del fiume Ticino (Cantoni Ticino e Grigioni) e di altre piccole aree (Sempione nel Vallese; valli Bregaglia, di Poschiavo e Monastero nei Grigioni). L'origine di queste aree è relativamente recente perché si sono formate principalmente nel Cenozoico, con il grande corrugamento alpino, responsabile sia dell'orogenesi alpina vera e propria sia dello slittamento delle falde sedimentarie che costituiscono il Mittelland e il Giura. Nell'arco più interno della catena alpina prevalgono i graniti e le rocce metamorfiche (gnèiss, scisti ecc.) che, messe a nudo dagli agenti atmosferici, mostrano oggi versanti aspri e cime appuntite; nell'arco più esterno, così come nella zona prealpina, predominano invece le formazioni sedimentarie del Mesozoico, epoca in cui una vasta ingressione marina interessava la regione; esse sono però frequentemente ricoperte da molasse cenozoiche e da altri terreni più recenti. Nell'era quaternaria intensa fu l'azione dei ghiacci, cui si devono il modellamento delle valli (in particolare il Mittelland ne è fittamente solcato), i vasti incavi oggi occupati dai laghi e i depositi morenici. Si è soliti distinguere le Alpi svizzere in meridionali e settentrionali, divise dal solco del Rodano (Vallese) che ha la sua continuazione tettonica a E, nella valle del Reno. Le Alpi meridionali si sviluppano dal Mont Dolent (3820 m) nel gruppo del Monte Bianco, a W, sino al massiccio del Silvrétta; includono le Alpi Vallesi (Pennine), con le superbe vette del Grand Combin (4314 m), del Cervino (4478 m), del Weisshorn (4505 m), del Monte Rosa (Punta Dufour, 4634 m), le Alpi Ticinesi (Lepontine), con il Monte Basodino (3273 m) e il Rheinwaldhorn (3402 m), nel gruppo dell'Adula, e più a E le Alpi Grigionesi (Retiche), culminanti nel Bernina (4050 m). Le Alpi settentrionali comprendono le Alpi Bernesi, dominate dal gruppo del Finsteraarhorn (4274 m) attorno al quale si elevano le imponenti moli granitiche della Jungfrau (4158 m) e dell'Aletschhorn (4195 m), con il grande ghiacciaio dell'Aletsch (101,7 km²), il maggiore delle Alpi e dell'Europa continentale; seguono le Alpi di Uri e quelle di Glarona, meno elevate delle precedenti, con cime al di sotto dei 4000 m (Dammastock, 3630 m; Tödi, 3620 m). Grandi solchi vallivi frammentano la regione alpina e sono tra loro comunicanti attraverso numerosi valichi, passi e colli. Nodo centrale delle Alpi svizzere è il San Gottardo, straordinario punto d'incontro delle valli del Reno, dell'Aare, della Reuss, del Rodano e del Ticino, all'incrocio cioè di due grandi sistemi di valli, uno longitudinale e l'altro trasversale. Altro fondamentale solco longitudinale è l'Engadina, la valle dell'Inn, che attraversa i Grigioni. Tra i principali valichi si ricordano, oltre al San Gottardo, il Gran San Bernardo e il Sempione (Alpi Vallesi), il San Bernardino (Alpi Ticinesi e Grigionesi), lo Spluga, il Maloja (Maloggia) e il Bernina (Alpi Grigionesi), il Grimsel (tra le Alpi Bernesi e quelle di Uri). Le Prealpi, eccetto il limitato lembo a S del versante meridionale, nel Vallese, nel Canton Ticino e nei Grigioni, si stendono a N delle Alpi settentrionali, dalla valle del Rodano sino al massiccio del Säntis (2502 m), presso il confine con il Liechtenstein. Le cime più significative sono il Pilatus (2129 m) e il Rigi (1797 m), nella zona del lago dei Quattro Cantoni. L'ampio avampaese alpino, il Mittelland, è spesso chiamato Altopiano svizzero, benché sia in effetti un continuo succedersi di colline, valli profonde, piccole pianure. Esso declina dolcemente dalla fascia subalpina, a ca. 600 m di quota, verso il tratto inferiore del fiume Aare, fondamentale linea strutturale di divisione del territorio svizzero, in quanto questa ampia depressione longitudinale separa il Mittelland (e in senso più ampio la Svizzera alpina) dal Giura, i cui rilievi si stendono a NW, lungo il confine francese. Il sistema del Giura, dalla morfologia generalmente arrotondata, è costituito da strati mesozoici, quasi completamente calcarei, interessati da vistosi fenomeni carsici. La sezione sudoccidentale forma il cosiddetto Giura a pieghe, in quanto gli strati sono ripiegati in anticlinali e sinclinali che si succedono piuttosto regolarmente. Tra i fasci di catene s'interpongono valli longitudinali (non si hanno invece quelle trasversali, così frequenti nelle Alpi), ricoperte da terreni più recenti. A NE invece, verso il Reno, mancano le pieghe (Giura tabulare) e negli strati appena obliqui le acque correnti hanno inciso valli di erosione, che separano appunto rilievi tabulari. Le quote sono ovunque relativamente modeste; solo nel Giura a pieghe si superano i 1600 m (Mont Tendre, 1679 m, a NW di Losanna; La Dôle, 1667 m, a N di Ginevra). In genere, il versante meridionale del Giura degrada lentamente verso N, mentre quello meridionale scende rapidamente verso il Mittelland.

Territorio: idrografia

La rete idrografica è notevolmente articolata e comprende tre principali bacini fluviali: quello del Reno, che scorre verso il Mare del Nord e che interessa ca. il 70% del territorio; quello del Rodano (16%), che scende al Mediterraneo; quello del Po (10%), diretto all'Adriatico. Minore importanza (solo il 4% del territorio nazionale, tutto compreso nel Canton Grigioni) hanno i bacini del Danubio (diretto verso il Mar Nero e di cui è tributario l'Inn) e dell'Adige cui affluisce il Ram, che solca la Val Monastero. Il nodo idrografico del Paese, uno dei più complessi dell'intero sistema alpino, è il San Gottardo, dal quale nascono il Reno, l'Aare, suo maggiore tributario e fiume svizzero per eccellenza (in quanto è l'unico che scorre interamente in territorio elvetico e che con i suoi affluenti raccoglie le acque dell'intero Mittelland e quelle di molti dei maggiori laghi), il Rodano, il Ticino, tributario del Po. I corsi dei fiumi svizzeri, che hanno un regime nivale, con piene primaverili ed estive, sono interrotti da invasi d'origine glaciale oggi occupati da laghi, i quali costituiscono un caratteristico elemento della geografia svizzera. Grandi bacini lacustri occupano conche scavate e modellate dai ghiacciai ai piedi delle Alpi o del Giura; i maggiori sono quelli di Ginevra (o Lemano; 581 km², di cui 347 km² in Svizzera, e i rimanenti in Francia), alimentato dal Rodano, e quello di Costanza (o Boden; 539 km², di cui solo 171 km² svizzeri, gli altri ripartiti tra Germania e Austria), alimentato dal Reno. Altri importanti laghi si trovano nel Mittelland (lago di Zurigo, dei Quattro Cantoni ecc.) e sul versante interno delle Alpi. Nel Canton Ticino è localizzato il lago di Lugano (condiviso con l'Italia), che tramite il fiume Tresa immette nel Lago Maggiore, anch'esso attraversato dal confine italo-svizzero). Altro importante lago è infine quello di Neuchâtel, nella depressione dell'Aare.

Territorio: clima

Soggetta principalmente agli influssi atlantici nelle sue porzioni centrosettentrionali e, secondariamente, a quelli mediterranei nelle più limitate aree meridionali, la Svizzera gode di un clima relativamente temperato. Tuttavia, pur disponendo di un territorio assai limitato, considerevoli sono nel Paese le variazioni regionali dovute alla diversa esposizione dei versanti e alla presenza di cospicue masse lacustri, che esercitano una certa azione mitigatrice. La distribuzione delle precipitazioni è piuttosto ineguale, in funzione dei venti dominanti e del rilievo: così i venti umidi atlantici trovano un ostacolo nel Giura, per cui si scaricano in gran parte prima di raggiungere il Mittelland. Le precipitazioni aumentano avvicinandosi alle Prealpi e alle Alpi, dove raggiungono il loro massimo (2000-3000 mm annui) intorno ai 2000 m, e nelle Alpi Bernesi. I 3/4 del territorio registrano una piovosità di ca. 1000 mm annui. La media valle del Rodano è la zona più asciutta (600-700 mm), insieme alla piana del Reno e alla porzione del Mittelland ai piedi del Giura. La durata dell'innevamento varia per le regioni meno elevate da pochi giorni nel Ticino e nel Lemano a due mesi nel Cantone di San Gallo; tra le aree che ricevono maggiori quantità annue di neve vi è il San Gottardo. La temperatura media annua della Svizzera si aggira, a un'altitudine compresa tra i 400 e i 500 m, sugli 8 ºC, con valori più elevati nel Canton Ticino (Lugano, 12 ºC) e naturalmente più bassi sulle Alpi (Gran San Bernardo, –2 ºC). Le masse d'aria cicloniche atlantiche, apportatrici di perturbazioni, si alternano nel corso dell'anno con quelle anticicloniche dell'Europa centrorientale; si ha così un campo di venti variabili, con masse umide e moderatrici di SW, secche e venti continentali di NE, quali la bise. Particolare importanza riveste il föhn, tipico vento alpino caldo e secco, in grado di innalzare la temperatura di parecchi gradi; la sua intensità, la sua secchezza e l'alta temperatura influiscono su molti aspetti del paesaggio: in primavera esso favorisce lo scioglimento delle nevi, il risveglio della vegetazione e lo sfruttamento precoce dei pascoli; in autunno facilita la maturazione dell'uva o del mais.

Territorio: geografia umana

Mancano notizie precise sull'entità numerica della popolazione elvetica fino al sec. XVI, nel quale secondo valutazioni dell'epoca gli abitanti raggiungevano il milione. I primi dati precisi ci provengono dal primo censimento federale del 1850: allora la Svizzera si estendeva su un territorio pari a quello attuale e contava 2,3 milioni di abitanti. In seguito, l'aumento della popolazione ha registrato momenti di intensa crescita a cui non sono stati estranei la prosperità economica, la politica di neutralità e il successivo processo d'industrializzazione del Paese: per questi motivi, nel 1930 si superavano i 4 milioni. A tale incremento ha contribuito sensibilmente la massiccia immigrazione di manodopera richiesta da un'economia che, ricca di capitali, mancava soprattutto di forze di lavoro. Oggi si tende viceversa a controllare i flussi migratori in entrata e il numero di stranieri residenti, tra i quali predominano gli italiani e i cittadini provenienti dalla ex Iugoslavia. La densità della popolazione è di ca. 184 ab./km², elevatissima rispetto a un territorio dalla morfologia così aspra. La distribuzione è molto ineguale, in funzione dell'evoluzione urbana e dell'industrializzazione, nonché delle condizioni ambientali. Queste ultime determinano in particolare le basse densità delle zone alpine, poco abitate anche in passato (Grigioni, 27 ab./km², stima 2008). Viceversa, il Mittelland è interessato da una costante espansione demografica. Tuttavia, la distribuzione della popolazione è fondamentalmente influenzata dai centri urbani e dalle zone industrialmente più dinamiche (i 2/3 della popolazione vivono in aree urbane). In particolare, il recente manifestarsi di fenomeni di “controurbanizzazione” ha favorito lo sviluppo delle città medio-piccole (anche nelle aree alpine e nel S). Si stanno così delineando delle vere e proprie regioni urbane di livello non solo intercomunale, ma intercantonale e talora internazionale. Le più importanti sono le regioni di Basilea, di Ginevra e del Lemano, di Zurigo, di Berna e di Lugano. Questi agglomerati urbani si sviluppano intorno a un centro urbano con funzioni direzionali, soprattutto in campo economico e finanziario, attorno al quale si coagulano città di dimensione inferiore, unite tra loro e con il centro aggregato da spazi che vanno a poco a poco perdendo i loro caratteri rurali, per assumere quelli della campagna urbanizzata. La Svizzera è un Paese di antichi insediamenti urbani, la maggior parte originatasi nel Medioevo attorno a monasteri e castelli; centri di mercato si andarono articolando sulle più agevoli vie di comunicazioni, fluviali o lacuali del Mittelland: per esempio, Basilea sul Reno, Zurigo, Ginevra e Lucerna sui laghi omonimi ecc. Anche centri di modesta entità demografica hanno, per il carattere degli edifici pubblici e privati, una fisionomia prettamente cittadina. La concentrazione urbana è però un prodotto dell'industrializzazione e come tale un fenomeno del nostro secolo, tanto che prima del 1900 nessuna città toccava i 100.000 abitanti. Oggi si contano invece otto agglomerati urbani principali (Zurigo, Basilea, Ginevra, Berna, Losanna, Lucerna, San Gallo e Winterthur), che raccolgono oltre 1/3 dell'intera popolazione elvetica. Tutte hanno un centro storico ben differenziato dai quartieri moderni e ognuna conserva una fisionomia propria. La città più popolata è Zurigo, un'antica città-mercato, oggi “capitale” economica dello Stato. Situata sull'estremità settentrionale del lago omonimo, Zurigo si è rapidamente sviluppata in virtù della sua posizione centrale rispetto alle vie di comunicazione con l'Italia, la Francia e la Germania (è il principale nodo ferroviario del Paese) e soprattutto del vigoroso impulso delle industrie, delle attività bancarie, finanziarie e commerciali, che ne hanno fatto un centro degli affari di rilevanza internazionale. Poco a N di Zurigo è Winterthur, città eminentemente industriale che pur ha saputo conservare un interessante nucleo storico. Seconda città svizzera, a brevissima distanza tanto dal confine francese quanto da quello tedesco, è Basilea, con importanti insediamenti industriali, soprattutto chimici. Anch'essa è un nodo ferroviario e stradale primario, nonché un importante porto fluviale (sulla destra del Reno) e un attivo centro turistico e artistico. Analogo connubio presenta Lucerna: sede di parecchi complessi industriali è uno dei più frequentati ed eleganti centri turistici del Paese per la sua splendida posizione all'angolo nordoccidentale del lago dei Quattro Cantoni e la bellezza dei suoi antichi edifici. In prossimità della Svizzera francese, si trova Berna che, proprio per la sua localizzazione geografica favorevole alle due comunità etniche più importanti, è stata scelta come capitale politica della Confederazione; qui si svolgono soprattutto la vita politica e amministrativa del Paese. Centri principali della Svizzera francese sono, entrambe sul Lemano, Ginevra e Losanna. La prima, polo cosmopolita per eccellenza, è sede di importanti organismi internazionali e di prestigiosi centri di ricerca scientifica. Centri di rilievo, tutti nell'area del Giura, dove è particolarmente diffusa l'industria dell'orologeria, sono La Chaux-de-Fonds, Neuchâtel e Biel. La città principale della Svizzera orientale, situata nei pressi del lago di Costanza, è San Gallo, sviluppatasi intorno a una famosa abbazia benedettina e tuttora centro culturale con una reputata università. Innumerevoli sono le cittadine svizzere ricche di storia, di insigni monumenti, spesso anche di un urbanesimo di tradizioni antiche, come Friburgo, Coira, Bellinzona, Locarno, Sion ecc. Nella Svizzera italiana la città più importante è Lugano, sull'omonimo lago, centro finanziario e turistico.

Territorio: ambiente

La vegetazione rispecchia le condizioni del clima: la Svizzera appartiene in gran parte alla regione fitogeografica delle selve medioeuropee, tuttavia non mancano territori di transizione con le aree vicine; così a distanze relativamente brevi si possono ritrovare specie mediterranee, alpine e subalpine. Il limite superiore della vite e degli alberi da frutto (castagni, noci, meli, peri, ciliegi) è ca. 600 m (ma si sale a 700-800 m nel Canton Ticino e nelle aree meglio esposte del Vallese e dei Grigioni). Il limite per i cereali è a 1200-1300 m (1500 m nel Canton Ticino e nel Vallese). I boschi coprono ca. un terzo del territorio. Specie decidue quali aceri, faggi, e querce costituiscono le essenze prevalenti fino a ca. 1300 m. Al di sopra di questo limite si succedono i boschi di conifere (abeti, pini e larici). Questi ultimi si innalzano sino a 1600-1700 m nelle Alpi e nelle Prealpi calcaree, ma possono arrivare oltre i 2000 m nell'Engadina. Infine, prima delle nevi e dei ghiacciai perenni, si estendono i pascoli alpini. La presenza di microclimi più temperati e umidi nei pressi dei laghi rende possibile la presenza di alberi, piante e fiori di tipo mediterraneo quali magnolie e mandorli. Alle massime altitudini si incontra invece una flora di tipo prettamente alpino con le tipiche stelle alpine, gli anemoni e i muschi. Le regioni alpine e i boschi sono popolati dal camoscio, dal cervo, dal capriolo, dalla marmotta, dallo scoiattolo, dal tasso e dalla volpe; presenti numerosissime specie di uccelli (diversi dei quali a rischio estinzione), tra cui l'aquila; nei corsi d'acqua e nei torrenti elvetici vivono la trota e il salmone. La Svizzera e i suoi abitanti sono particolarmente attenti ai temi dello sviluppo sostenibile e alle problematiche ambientali. La legislazione elvetica da tempo è impegnata nella conservazione del proprio patrimonio biologico e dei propri ecosistemi boschivi, faunistici e floreali. Le politiche di salvaguardia e protezione degli ecosistemi possono farsi risalire all'istituzione delle prime riserve di caccia, nel 1875 e del Parco Nazionale dell'Engadina nel 1914. Conosciuto anche come Parco Nazionale Svizzero, è una delle più antiche aree protette d'Europa ed è stato preso a modello per istituire altri parchi. In quest'ottica sono stati per esempio designati otto siti, nel quadro della Convenzione di Ramsar, sulla salvaguardia delle zone umide. Queste ospitano biomi quali acquitrini, paludi e riserve per gli uccelli acquatici migratori nelle quali si applicano attente politiche di sostenibilità e di protezione ambientale. È stata pure istituita una riserva della biosfera che fa parte del programma UNESCO MAB (Man and the Biosphere, l'uomo e la biosfera). Nove siti infine sono stati dichiarati riserve biogenetiche dal Consiglio d'Europa. Tutto queso fa sì che attualmente i parchi nazionali, le aree protette, le riserve speciali e naturali ricoprano il 28,6% della superficie del Paese. I maggiori problemi ambientali in Svizzera sono costituiti dal progressivo deterioramento dei sistemi naturali generati dall'espansione urbana, dallo sviluppo turistico e dalle attività industriali. I principali danni all'ambiente sono quelli della distruzione delle foreste a causa delle piogge acide; della perdita di biodiversità nei sistemi fluviali in conseguenza della costruzione di dighe per gli impianti idroelettrici; dell'inquinamento da nitrati, composti chimici e pesticidi per uso agricolo e dell'inquinamento atmosferico determinato prevalentemente dall'accresciuto traffico su gomma. Per questi motivi si sono adottati standard molto severi per misurare le emissioni degli autoveicoli, imposti divieti nell'uso di combustibili con piombo e CFC (clorofluorocarburi), si è varato un programma nazionale di trattamento delle acque di scarico e si è investito sia nell'educazione sia nella comunicazione ambientale. La qualità dell'aria e delle acque è sensibilmente migliorata negli ultimi anni.

Economia: generalità

Benché priva di risorse minerarie e non certo favorita dalle condizioni ambientali, la Svizzera è uno dei più ricchi ed economicamente avanzati Paesi del mondo. L'elevato PIL del Paese (492.595 milioni di dollari USA nel 2008) consente un reddito pro capite di 67.385 dollari (2008), che si situa tra i più alti del mondo. La straordinaria prosperità svizzera è peraltro di recente origine: ancora alla fine del sec. XVIII la Svizzera era un Paese povero, abitato per lo più da montanari dediti a modeste attività rurali. Aveva però talune potenzialità, che attendevano solamente di essere adeguatamente sfruttate: la posizione geografica nel cuore d'Europa, un rilevantissimo potenziale idroelettrico, le bellezze naturali, una popolazione laboriosa, una politica di neutralità, ufficialmente riconosciuta sin dal Congresso di Vienna. Nel sec. XIX, i risultati raggiunti dal progresso tecnologico posero le condizioni per avviare il processo di valorizzazione di quanto il Paese poteva offrire. Fu realizzata un'eccellente rete stradale e ferroviaria, così da potenziare i traffici interni e internazionali e facilitare gli scambi; nello stesso tempo furono create numerose centrali idroelettriche; grazie all'ampia disponibilità energetica su vasta scala furono impiantate le industrie, che si specializzarono in lavorazioni di altissima qualità e a elevato valore aggiunto (basti pensare alla celeberrima e tipicamente svizzera industria degli orologi) e che divennero in breve una formidabile struttura economica, facendo della Svizzera uno dei Paesi più ricchi ed economicamente avanzati. A partire dagli anni Novanta del Novecento, il Paese ha dovuto affrontare problemi interni inconsueti, quali la disoccupazione e il debito pubblico, ma ne è uscito brillantemente, ritornando nel 2000 a elevati livelli di crescita economica, riducendo l'inflazione e la disoccupazione. Società come UBS, Crédit Suisse, Roche, Nestlé e Novartis sono ancora oggi colossi mondiali nei settori della finanza, dei prodotti assicurativi e dell'industria. Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri, la Svizzera attira principalmente flussi provenienti da Stati Uniti, Paesi Bassi e Germania, con una prevalenza nel settore della finanza. A sua volta, la Svizzera effettua investimenti negli Stati Uniti stessi e in diversi Paesi dell'UE, con una prevalenza del settore finanziario. Resta ancora aperta la questione dell'ingresso della Confederazione svizzera nella UE: nonostante il parere espresso dalla maggioranza degli elettori a favore del rafforzamento di questi legami (referendum 21 maggio 2000), una nuova consultazione referendaria del 4 marzo 2001 ha bocciato la proposta di iniziare subito le trattative per un formale ingresso nell'Unione. Per ora il governo si è limitato ad approvare sette accordi bilaterali per facilitare gli scambi commerciali e la circolazione di persone e di beni (ratificati con referendum del 5 giugno 2005). Nonostante il sorgere e l'affermarsi di nuove piazze finanziarie la Svizzera rimane la cassaforte del capitalismo mondiale: grazie alla stabilità sociale e governativa interna e a una politica estera di neutralità e di non allineamento, la Svizzera si è trasformata in una sorta di colossale banca delegata a ospitare il denaro del capitalismo mondiale, tanto da essere inclusa nella lista dei paradisi fiscali. Proprio per attenuare il contrasto con i Paesi confinanti e prevenire politiche di ritorsione commerciale, dal 1° luglio 2005, in base a un accordo sottoscritto con l'UE, la Svizzera si impegna a tassare progressivamente certe tipologie di depositi e investimenti dei cittadini non residenti. Tali tassazioni saranno poi versate ai rispettivi Paesi dell'UE.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

La prevalenza di terreni montuosi e poco fertili e di un clima spesso rigido riduce il numero delle piante coltivabili e impone dei limiti altimetrici molto bassi. I redditi agricoli sono tuttavia piuttosto elevati grazie al largo e razionale impiego di macchine, concimi, sementi selezionate, nonché all'ottima preparazione tecnica degli agricoltori. Inoltre, cooperative e associazioni di produttori sono molto diffuse. A ciò si aggiunge che le zone montane e quelle marginali, laddove si è ritenuto opportuno mantenere degli insediamenti rurali per esigenze di conservazione del suolo e di salvaguardia ambientale, godono di ampie sovvenzioni. Nonostante le moderne tecniche agricole e i cospicui interventi governativi, non si raggiunge l'autosufficienza, sicché la Svizzera importa molte derrate alimentari dall'estero. L'inasprirsi della competizione mondiale rimette fortemente in discussione la politica agricola “autarchica” della Confederazione, basata sulla produzione di un'ampia gamma di derrate, malgrado le loro modeste caratteristiche organolettiche e la loro totale antieconomicità. Il principale prodotto agricolo è il frumento. . La cerealicoltura, che interessa ca. la metà dell'arativo, ha le sue aree più importanti nel N, nel Mittelland e nelle valli del Giura orientale, dove è praticata in rotazione con le foraggere. Rilevante è anche l'apporto di orzo, diffuso nelle regioni montane e largamente usato nell'industria della birra; l'avena, che si adatta ai terreni più umidi, è in regressione a vantaggio del mais, che necessita però delle condizioni climatiche più favorevoli tipiche del Canton Ticino, del basso Vallese e di alcuni tratti della valle del Reno. Nelle zone montane si coltiva la segale. Nel suo insieme tuttavia la produzione svizzera di cereali è scarsa; buono è invece il raccolto delle patate, che provengono dal Mittelland occidentale e dalle regioni montuose. Tra le colture legnose la principale è la frutticoltura, sviluppata nelle regioni centrali e orientali del Mittelland (pere e mele), nelle Prealpi e nel Giura tabulare (ciliegie, albicocche, prugne). La vite, coltivata intensamente in alcune zone del Canton Ticino e del Vallese, nonché sulle soleggiate sponde collinari dei maggiori laghi, dà quantitativi modesti, ma i vini sono di alta qualità. Modesto rilievo presentano i prodotti orticoli, presenti nel Ticinese e lungo le sponde dei laghi in genere. Tra le colture industriali, si annoverano la barbabietola da zucchero, cui fanno seguito la colza e il tabacco. Foreste e boschi, che ricoprono quasi 1/3 del territorio, danno una produzione, in larga misura costituita da resinose. Le politiche di salvaguardia del patrimonio boschivo nazionale, unite alla necessità di conservare un'attività economica e artigianale, hanno indotto l'industria del legno, localizzata nella regione alpina e nel Giura, a sfruttare solo in parte legname locale, basandosi soprattutto su materie prime d'importazione. L'economia agraria svizzera poggia in misura determinante sull'allevamento, che può contare sull'ampia diffusione di colture foraggere e sulla grande abbondanza di prati e pascoli permanenti. L'allevamento bovino è quello più importante, sviluppato attraverso razze ben selezionate da carne e da latte: razza bruna alpina, Simmenthal, Friburgo. L'allevamento bovino, che si avvale spesso di tecniche altamente perfezionate, è mirato anche alla produzione di latte, burro e dell'industria casearia, che è ottimamente organizzata e produce grandi quantità di formaggi (taluni dei quali prestigiosi, come l'emmental), latte condensato e farine lattee (Nestlé); il latte viene anche utilizzato nell'industria dolciaria e nella fabbricazione del cioccolato. Buona diffusione hanno inoltre i suini, allevati soprattutto nel Mittelland, gli ovini e i volatili da cortile. Un buon reddito ha infine l'apicoltura. I laghi più pescosi sono quelli di Ginevra, Neuchâtel e dei Quattro Cantoni (lucci, coregoni); nel Reno si pesca talvolta il salmone, nei fiumi e nei torrenti alpini la trota e il temolo.

Economia: risorse minerarie e industria

Le risorse del sottosuolo sono molto modeste. Il salgemma è l'unico minerale estratto in misura cospicua soprattutto dai giacimenti di Bex (Cantone di Vaud) e di Rheinfelden (Cantone di Argovia). Per i minerali, e in particolare per il petrolio, la Svizzera è quindi in pratica interamente tributaria dall'estero. Rilevantissimo è al contrario il potenziale idrico; lungo i gradini delle valli, presso le cascate e gli allargamenti vallivi sono sorte poderose centrali elettriche e numerosi laghi-serbatoio (Gruyère, Grimsel) per l'alimentazione delle centrali durante l'inverno. Quasi il 60% dell'energia elettrica prodotta è di origine idrica. Il potenziale idroelettrico comunque, per l'elevato sfruttamento, si avvia alla saturazione, mentre un ruolo crescente ha assunto il settore nucleare (operano nel Paese cinque centrali: Mühleberg, Gösgen, Beznau I e II, Leibstadt). Il governo, optando per la graduale rinuncia all'energia nucleare, ha deciso di chiudere tutte le centrali entro il 2025. Nonostante gli svantaggi derivati dalla povertà di materie prime, la Svizzera è un Paese industriale di prim'ordine, perché poggia su basi economiche e finanziarie particolarmente solide e sulla qualità dei prodotti, garantiti tra l'altro da una manodopera altamente specializzata. Ciò vale specialmente per le industrie meccaniche, elettromeccaniche ed elettroniche. L'imprenditoria svizzera si concentra non su produzioni di massa, quanto su prodotti specifici e di qualità, che richiedono manodopera altamente qualificata. Particolarmente rinomati sono gli strumenti di precisione, come apparecchi geodetici, macchine grafiche, strumenti ottici e orologi, i quali costituiscono la più tipica e celebre produzione elvetica, riconvertita in questi anni con il lancio sul mercato di prodotti a basso prezzo, ma di alto design. La Svizzera rimane sempre imbattibile quanto a qualità (i principali centri dell'orologeria elvetica sono Ginevra, Neuchâtel e Sciaffusa). Data l'abbondanza di energia elettrica, un rilevante sviluppo ha conosciuto anche l'elettrometallurgia, in particolare quella dell'alluminio; questa attività fa capo all'Alusuisse, uno dei maggiori gruppi mondiali del settore. Più modesta è la siderurgia, che produce principalmente acciaio, al quale si aggiungono modesti quantitativi di ghisa e ferroleghe. Di antico impianto è l'industria tessile che, sebbene risenta di una forte e diretta concorrenza da parte di vari Paesi di recente industrializzazione, mantiene un alto grado di produttività. Il settore tessile più importante è quello cotoniero, fiorente nei Cantoni di Zurigo, Glarona e San Gallo; buona diffusione ha pure il lanificio; gode di un'antica fama il setificio, operante soprattutto nei Cantoni di Zurigo e di Basilea; non meno celebri sono i ricami e i merletti (San Gallo, Lauterbrunnen e La Gruyère). Pur essendo la più recente fra le grandi industrie elvetiche, si è ormai largamente affermata sui mercati mondiali l'industria chimica, di cui il primo e tuttora massimo centro è Basilea. Le principali produzioni riguardano i coloranti per l'industria tessile e i prodotti farmaceutici (campo quest'ultimo in cui operano colossali complessi, che si avvalgono di attrezzatissimi laboratori di ricerca), l'acido solforico, l'ammoniaca, i fertilizzanti azotati, le fibre artificiali e sintetiche, le materie plastiche. Alcuni trust svizzeri (Ciba-Geigy, Roche) hanno dimensioni mondiali e traggono importantissime fonti di reddito dalla vendita di brevetti e dalla costituzione di filiali oltre confine. Lo sviluppo appare non meno evidente nel settore alimentare, che annovera prodotti notissimi all'estero. Marche universalmente conosciute di origine svizzera mantengono attivi in territorio elvetico solo alcuni stabilimenti, avendone molti altri all'estero: si tratta, in alcuni casi, di vere e proprie imprese transnazionali (la Nestlé ha esteso la sua attività a una ottantina di Paesi, compresa l'Italia); esse registrano all'estero giri di affari molto superiori a quelli ottenuti in patria, dove peraltro rimangono gli organi direzionali e i laboratori di ricerca. Molto vasta è la gamma delle produzioni alimentari: alle prevalenti industrie casearie e dolciarie si aggiungono conservifici di frutta e verdura, birrifici, pastifici, zuccherifici ecc.; grande importanza hanno pure le manifatture di tabacchi. Completano il quadro della ben diversificata industria elvetica i cementifici, le raffinerie di petrolio che si avvalgono di greggio d'importazione, le fabbriche di gomma e le cartiere, queste ultime concentrate nel Giura e nella zona alpina, particolarmente nell'Oberland. Oltre ai tradizionali settori della chimica farmaceutica, dell'industria alimentare e dell'orologeria, si è sviluppato il terziario avanzato, che è divenuto il cardine dello sviluppo del Paese. Esportare è una necessità strategica per il Paese, al fine di far fruttare gli ingenti investimenti nella ricerca, che per una popolazione tanto esigua non sarebbero giustificati. Esiste anche un sistema federale di promozione delle esportazioni, in particolare delle PMI. I settori oggi trainanti per le esportazioni svizzere sono la microtecnologia, l'alta tecnologia, le biotecnologie, l'industria farmaceutica, gli strumenti finanziari, le banche e le assicurazioni. A sostegno della ricerca tecnologica, nel 2000 si stanziava ben il 2,7% del PNL, con investimenti che provenivano dal settore privato per ca. i 2/3. Negli ultimi anni, tuttavia, la Svizzera ha perso posizioni a livello mondiale per quanto riguarda la registrazione di brevetti e la produttività stenta a crescere.

Economia: commercio, comunicazioni, servizi e turismo

Il Paese ha un'ottima rete di vie di comunicazione, sebbene la complessa orografia abbia posto vincoli, richiesto ingentissimi stanziamenti e ardite opere d'ingegneria (nel 1882 fu inaugurata la ferrovia del Gottardo, di 15 km, e nel 1906 fu aperto al transito ferroviario il traforo del Sempione). Nonostante il territorio sia prevalentemente montuoso, la rete ferroviaria svizzera è, in rapporto alla superficie dello Stato, molto estesa, ben dotata di infrastrutture e ottimamente attrezzata; in particolare le ferrovie federali sono fra le più efficienti del mondo. La rete è allacciata a quelle centroeuropea (da Basilea), francese (da Losanna e Ginevra) e italiana (attraverso i tunnel del San Gottardo e del Sempione). Il suo andamento è caratterizzato da tre grandi sistemi; uno, che comprende le linee che raccordano il lago di Ginevra con quello di Costanza attraverso il Mittelland; un secondo, formato da quelle che tagliano il Paese trasversalmente; e un terzo, le cui linee si stendono ad arco collegando i confini occidentali con quelli orientali. La maggior densità di comunicazioni ferroviarie si ha nel N. Un rilevante sviluppo presenta anche la rete stradale, che ha richiesto la realizzazione di trafori tecnicamente impegnativi (San Gottardo). Non ha perso d'importanza il ricorso alle vie d'acqua interne: oltre all'animata navigazione sui maggiori laghi, la Svizzera può contare per breve tratto su quella formidabile arteria di comunicazione che è il Reno: grazie a essa Basilea è un grande porto e possiede una propria flotta commerciale. Le comunicazioni aeree all'interno del Paese non hanno particolare rilievo, ma attivissimi sono i collegamenti internazionali: per la sua posizione al centro dell'Europa e la presenza di importanti attività economiche e istituzioni mondiali infatti la Svizzera è servita da tutte le principali linee intercontinentali, che fanno scalo soprattutto agli aeroporti di Kloten (Zurigo), Ginevra, Basilea e Berna. La compagnia di bandiera è la Swiss, nata il 31 marzo 2002 dalle ceneri della Swissair e della Crossair. La forte attenzione ai temi dell'ecologia e della conservazione delle risorse naturali ha da tempo indotto il Paese a concentrarsi su politiche di trasporto a basso impatto ambientale. Il transito delle merci su rotaie, in alternativa a quello su strada, è stato ampiamente incoraggiato e sostenuto negli scorsi decenni dai governi nazionali e Cantonali. La tratta ferroviaria Basilea-Ponte Chiasso, che attraversa tutta la Svizzera in direzione NS, dalle frontiere francesi e tedesche al confine italiano, è stata dotata di moderne infrastrutture e potenziata nei suoi collegamenti con alcuni dei più importanti corridoi voluti dall'UE. Benché anche gli scambi all'interno del Paese siano intensi, sono però quelli con l'estero ad avere un'importanza determinante nell'economia nazionale. Molti settori industriali lavorano quasi esclusivamente per l'estero e questo grazie però alle importazioni di materie prime. Pochi Paesi hanno con l'estero scambi altrettanto intensi (e ciò vale anche per quanto riguarda il settore finanziario; la Svizzera con i suoi numerosissimi istituti di credito, tre sedi borsistiche e le sue società assicuratrici svolge un ruolo chiave sul mercato internazionale). Le esportazioni riguardano soprattutto macchine e apparecchiature varie, prodotti chimici, strumenti ottici e di precisione, orologi, prodotti tessili ecc.; sono invece per lo più importati materie prime e semilavorate, combustibili, veicoli e in genere quei prodotti che la pur sviluppatissima industria elvetica non è in grado di fornire, nonché, in consistente misura, gioielli e altri oggetti di lusso. Gli scambi si svolgono prevalentemente con la Germania, la Francia, l'Italia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. La bilancia commerciale è attiva sia nella sua componente degli scambi invisibili e dei movimenti di capitali, sia negli interessi e nei dividendi dei capitali, sia infine per flussi valutari che costantemente affluiscono dall'estero nelle sicure banche svizzere (si calcola che metà ca. del movimento bancario elvetico sia effettuato con capitali stranieri). Nel settore dei servizi le branche del credito, della finanza e delle assicurazioni svolgono un ruolo fondamentale per l'intero sistema economico elvetico. Le banche, erogatrici di crediti, hanno una funzione essenziale nello sviluppo e nel rafforzamento delle attività produttive, nell'immagine stessa di efficienza, modernità e stabilità del Paese verso l'esterno. Altrettanto fondamentali ed efficienti sono i servizi della pubblica amministrazione federale e Cantonale. Gli altri servizi rivolti ai privati, ai consumi, al sociale, alla sanità e alle imprese sono generalmente ben distribuiti su tutto il territorio anche se quelli “superiori” tendono a concentrarsi essenzialmente nei centri urbani. Anche i servizi turistici sono importanti, capillari e ben strutturati. Essi hanno significative ricadute dirette e indirette sul sistema economico generale. Rilevanti sono le entrate che derivano dal movimento turistico. Quest'ultimo, favorito da ottime, moderne ed efficienti strutture e infrastrutture, presenta una vasta gamma di tipologie: invernale, lacuale, termale, congressuale, culturale, ambientale. Tra le località universalmente celebri si ricordano Sankt Moritz, nell'Engadina, Davos e Arosa nei Grigioni, Interlaken e Grindelwald in prossimità nelle Alpi Bernesi, Zermatt e Crans-Montana, nel Vallese.

Storia: preistoria

Occupato per gran parte del Pleistocene dalle masse glaciali, il territorio elvetico non abbonda di testimonianze ascrivibili ai tempi più antichi. Al Musteriano risalgono le industrie rinvenute nella grotta di Cotencher nel Giura svizzero, dove è stato ritrovato anche un frammento di mascellare neandertaliano. Numerose grotte e siti all'aperto con livelli di frequentazione del Magdaleniano superiore e finale sono noti nel bacino del fiume Birse, a Champreveyres (Cantone di Neuchâthel), a Kesserloch vicino a Sciaffusa, dove si conoscono anche importanti manifestazioni di arte mobiliare, a Moosbuhl vicino a Berna (C14: 12.060-11.180 a. C. ca.), a Olten nella valle dell'Aar, a Rislisberghöhle vicino a Ensingen (C14: 11.860 a. C. ca.) ecc. Una lunga sequenza con livelli del Magdaleniano finale, dell'Aziliano, delle fasi finali del Mesolitico, del Neolitico e del Bronzo è stata messa in luce nel riparo di La Cure (Cantone di Vaud). Particolare importanza presentano anche i risultati delle ricerche nel Vallese, soprattutto nella zona di Sion, in località Planta. Esse hanno consentito di localizzare il più antico insediamento neolitico, con molti resti di caprini e ovini nella fauna domestica, che testimonierebbe una colonizzazione della Svizzera già nella prima metà del V millennio a. C. La necropoli di Petit-Chasseur è invece un sito fondamentale per comprendere il passaggio tra Neolitico e Bronzo Antico nel massiccio alpino e le modalità di introduzione della metallurgia nella Svizzera meridionale. Particolarmente importanti, nell'ambito della necropoli con sepolture megalitiche, le stele antropomorfe con ricche decorazioni, tra le quali si distingue un gruppo più antico che si ricollega alle coeve manifestazioni eneolitiche italiane e uno più recente, associato a materiali campaniformi. L'Età del Bronzo vide la presenza di due gruppi culturali ben distinti, quello degli altopiani e quello della regione alpina. Tali gruppi nel corso dei secoli successivi si sarebbero influenzati reciprocamente e avrebbero fornito un notevole apporto alle culture che si andavano sviluppando nell'Europa centrale, principalmente quelle dei tumuli e dei campi d'urne. Con l'Età del Ferro la Svizzera rientra nell'area di diffusione prima della civiltà di Hallstatt e quindi di quella di La Tène, che ci porta all'alba dei tempi storici.

Storia: dalle origini ai Trattati di Westfalia

Il territorio compreso tra il Reno, le Alpi e il Giura, che costituisce attualmente la Svizzera (la quale è un'espressione più politica che non geografica), fu abitato inizialmente da tribù liguri, poi celtiche, e infine verso il sec. I a. C. da genti chiamate Helvetii dai Romani. Verso il 62 a. C. questa popolazione, per motivi non chiari (la pressione dei Germani provenienti da E, o l'appello degli Alverniati suoi alleati), mosse verso W contro gli Edui. I Romani, temendo per la sicurezza del territorio da loro posseduto (la Provincia), intervennero e Giulio Cesare nel 58 a. C. li ricacciò là da dove provenivano e ben presto li sottomise a Roma. Il territorio non ebbe un'unità amministrativa, ma risultò diviso tra l'Italia Transpadana, la Raetia, la Germania superiore e la Gallia Narbonensis. Il Reno divenne la frontiera settentrionale dell'Impero e numerose guarnigioni romane presidiarono il Paese. L'accesso al nuovo territorio fu reso possibile dalla costruzione di due grandi strade, una che partendo da Clavenna (Chiavenna) per i passi Maloja e Julier raggiungeva Curia (Coira) e, di là, seguendo il corso del Reno proseguiva per Vindonissa (Windisch) e terminava ad Augusta Rauricorum (Augst); l'altra che da Aosta passava dal Gran San Bernardo, Lausanna (Losanna), Aventicum (Avenches) e si congiungeva a Vindonissa con la precedente. Ben presto il cristianesimo, diffusosi al seguito delle legioni romane, entrò nella regione che, poco dopo, dovette sopportare i primi assalti dei Germani. Questi, sfondando il limes posto tra il Reno e il Danubio, si riversarono violentemente verso S: nel 258 d. C. gli Alemanni vibrarono il primo dei ripetuti assalti che indussero l'imperatore Diocleziano a costruire nel 294 una linea di difesa che andava da Vindonissa all'attuale Liechtenstein e più tardi Valentiniano I a ristabilire il limes. Nel sec. IV gli Alemanni ripresero gli attacchi e occuparono l'altopiano centrale, lasciando sgombre le valli. Per questo la Raetia conservò il suo carattere latino, mentre i Burgundi entravano da W nel territorio, col consenso dell'Impero, quali foederati per stabilirsi definitivamente tra il lago di Neuchâtel e la Durance, nell'Alta Savoia. L'eresia ariana entrò nella regione con entrambe queste invasioni, ma il cristianesimo riprese il sopravvento nei sec. VI e VII a opera dei Franchi, che occuparono la regione, e soprattutto dei missionari irlandesi di cui San Colombano e San Gallo furono i più famosi. Al momento della spartizione dell'Impero carolingio avvenuta col trattato di Verdun (843) l'attuale Svizzera (che già nel periodo merovingio aveva subìto spartizioni di non lunga durata tra i vari re di quella dinastia) fu assegnata a Lotario unitamente all'Italia e al territorio compreso a N tra le Alpi, il Reno, il Mare del Nord e la Mosa, e a S tra le Alpi, la Saône, il Rodano e il golfo ligure. Tuttavia, col trattato di Meersen (870) quasi tutto il territorio dell'attuale Svizzera passò al regno di Germania mentre a quello d'Italia rimase il territorio a S del Rodano. Questa spartizione, seguita da altre annessioni avvenute dopo la caduta dei Carolingi, finì col confondere la storia della Svizzera con quella tedesca. I feudatari del Paese, laici ed ecclesiastici, presero parte alla lotta delle investiture; fra le famiglie nobiliari emersero in particolare i conti di Lenzburg (ghibellini) e le casate di Rheinfelden, di Kiburg e gli Zähringen (guelfi); tra gli ecclesiastici gli abati di San Gallo e i vescovi di Basilea e Losanna (ghibellini). Alla fine prevalsero gli Zähringen che fondarono numerose fortezze e città: Friburgo, Morat, Yverdon, Berna ecc.; nel frattempo, da S si infiltravano i conti di Savoia. All'estinzione degli Zähringen (1218) i loro domini passarono per breve tempo ad altre famiglie (Lenzburg e Kiburg) e poi, da ultimo, agli Asburgo. Quando però questa famiglia ereditò i suddetti territori, in essi s'erano già sviluppati sentimenti d'autonomia, sull'esempio dei Comuni lombardi e delle città libere germaniche. Fu in questo quadro che Basilea nel 1264, San Gallo nel 1272, Solothurn nel 1280 (e altre città successivamente) ottennero le franchigie. Fu in questa atmosfera che i Paesi di Uri e di Schwyz (che rispettivamente nel 1231 e nel 1240 s'erano posti alle dirette dipendenze dell'Impero) unitamente al Paese di Unterwalden, di fronte all'espansione dei domini asburgici che li circondavano, nel 1291 giurarono un'alleanza perpetua che aveva come scopo la difesa delle loro libertà. Queste vennero confermate dagli imperatori Adolfo di Nassau ed Enrico VII di Lussemburgo (allora in lotta con gli Asburgo, rispettivamente negli anni 1297 e 1309) nonché dalla vittoria che i tre Paesi confederati (i Waldstätte) nel 1315 riportarono a Morgarten su Leopoldo I d'Asburgo. Fu questo un avvenimento decisivo: i tre Paesi, col patto di Brunnen, rinnovarono il giuramento del 1291 e ottennero da Ludovico il Bavaro, nel 1316, il riconoscimento della loro dipendenza immediata dall'Impero. Gli Asburgo, privati di ogni diritto sulle tre valli, riconobbero nel 1318 la nuova situazione. Tuttavia i tre Paesi proseguirono le loro ostilità appoggiando le rivolte che scoppiarono nelle vicine città contro gli Asburgo: Lucerna, insorta nel 1330, entrò nella lega con i Waldstätte due anni più tardi, seguita da minori comuni (Gersau, Weggis e Vitznau), sì che tutti i Paesi sulle rive del lago, detto poi dei Quattro Cantoni, furono uniti da un trattato di alleanza. La formazione di un nuovo Stato era però ancora lontana. All'iniziale alleanza si aggiunsero poi Zurigo (1351), dove la democrazia aveva soppiantato l'oligarchia dominante, Zug e Glarona (conquistate nel 1352 e divenute alleate, la prima nel 1365, la seconda nel 1386). Nel 1353 Berna entrò anch'essa nell'alleanza. In un nuovo conflitto gli Asburgo furono vinti a Sempach nel 1386 e a Naefels nel 1388. Nel sec. XIV, le città ebbero controllo sulle campagne nell'interno dei singoli Orte (Cantoni). Le mire espansionistiche dell'alleanza dei Cantoni oltre a rivolgersi a S, verso il San Gottardo, si indirizzarono anche verso il N creando divergenze di vedute tra i Cantoni stessi, ognuno dei quali perseguiva una propria politica settoriale: le vittorie degli Austriaci nel 1388, ottenute sui principi e sulle città della Svevia alleati di Berna, Zurigo, Zug, Solothurn e Lucerna, posero fine a una intesa strategica che avrebbe potuto portare alla formazione di un organismo politico esteso anche alla Germania meridionale. L'unione tra i Confederati fu ridimensionata ma intensificata: la Convenzione di Sempach (1393) creava l'alleanza tra otto Cantoni e dava vita a una grande potenza militare portata a estendersi per motivi economici e strategici. Ma la mancanza di un potere centrale disperse le forze. Il Cantone di Uri praticò una politica di spinta verso S, dopo aver concluso nel 1335 un accordo con Milano per essere esentato dal pagamento di pedaggi sul San Gottardo, occupò la Val Leventina nel 1403 e la Val d'Ossola nel 1410. Cacciati nel 1422 da Filippo Maria Visconti, vincitore ad Arbedo di un'importante battaglia, i cittadini di Uri ritornarono nel 1441 nella Val Leventina che fu poi ceduta definitivamente dai Milanesi nel 1478. Il Cantone di Schwyz, a sua volta, preoccupato d'esser accerchiato dai possedimenti asburgici, approfittò di una jacquerie contro l'abate di San Gallo per impadronirsi di Appenzell che entrò così nella lega nel 1411; i Confederati riuniti, con l'appoggio dell'imperatore Sigismondo che abolì il regime feudale nei loro territori, occuparono l'Argovia (1415) che si frapponeva, quasi fosse un cuneo, tra Berna e Zurigo; nel 1454 anche San Gallo e nel 1460 Turgovia furono prese. Giunti al Reno, i Confederati lo superarono stringendo alleanza con le città di Rottweil (1463) e di Mulhouse (1465) che entrarono poi a far parte della federazione, rispettivamente nel 1515 e nel 1519, ma fallirono davanti a Waldshut (1468) e rinunciarono a prendere la Foresta Nera e il Sundgau (Alsazia meridionale). Un tentativo di secessione di Zurigo nel 1439 terminò l'anno seguente con la sconfitta di questa città, ma provocò l'intervento francese a favore di Zurigo nel 1444 e la vittoria sui Confederati a Saint Jacques. Tale vittoria non ebbe tuttavia alcuna conseguenza perché lo scopo della spedizione, la conquista di Basilea, fallì. Tutto ciò cagionò una dispersione di forze e un impoverimento del Paese per cui molti svizzeri emigrarono e divennero mercenari al servizio di sovrani stranieri. Friburgo e Solothurn, nonostante l'opposizione dei Cantoni rurali, furono ammesse nella Confederazione nel 1481 e fu merito di Fra' Nicola di Flüe se il contrasto profondo esistente tra i Cantoni rurali da un lato, Zurigo, Berna e Lucerna dall'altro, non degenerò in una guerra civile: un accordo concluso a Stans regolò i rapporti fra i Confederati sino alla Rivoluzione francese. Tutto ciò non impedì agli Svizzeri di vanificare i tentativi di conquista di Carlo il Temerario che venne sconfitto a Grandson e a Morat nel 1476 e a Nancy l'anno seguente. Il dissidio politico esistente fra i vari Cantoni impedì loro di mantenere la Franca Contea e il Vaud: la prima passò a casa d'Austria, il secondo tornò ai Savoia. Più tardi, con la guerra condotta dai Cantoni e dalle leghe grigione contro Massimiliano I d'Asburgo, gli svizzeri dimostrarono di essere invincibili battendo la Lega sveva e l'imperatore in una serie di battaglie nel 1499. Ciò evitò agli svizzeri il pagamento dell'imposta che l'imperatore pretendeva da tutti i dipendenti dell'Impero, e fornì un implicito riconoscimento della loro indipendenza. Basilea e Sciaffusa entrarono nella Confederazione nel 1501, ma il Vorarlberg, che pure era stato conquistato, venne perso a vantaggio degli Asburgo. A S l'espansione fu più semplice e duratura: nel 1503 Bellinzona e la Val Blenio, che consentivano il controllo del San Gottardo, furono sottratte al Ducato di Milano; nel 1512, scacciati i francesi dalla Lombardia, i territori di Domodossola, Locarno, Cuvio, Luino, Lugano e Mendrisio entravano sotto il controllo svizzero. Negli stessi anni le leghe grigionesi occupavano la Valtellina, la Val Chiavenna e la Contea di Bormio. Tutti questi territori costituirono una specie di dominio gestito in comune dai Cantoni confederati. Appenzell nel 1513 diventava il tredicesimo Cantone, Mulhouse nel 1515 si unì più strettamente ai Confederati. Fu questo il momento di maggior potenza degli svizzeri: il nuovo duca di Milano Massimiliano Sforza era in realtà sotto la loro protezione. Nel 1515 Francesco I di Francia sconfiggeva gli svizzeri a Marignano, si impadroniva del ducato milanese e si faceva restituire Domodossola, Cuvio e Luino. Era la fine dell'espansione territoriale. Da quel momento, per quasi tre secoli, i 13 Cantoni, i territori da questi gestiti in comune e i loro alleati rimasero quali erano senza notevoli variazioni costituzionali. L'introduzione della Riforma protestante – iniziata da Huldreich Zwingli nel 1519 a Zurigo, portò la rovina e le guerre di religione nella Confederazione. Dapprima Zurigo e poi altre città (San Gallo, Costanza, Sciaffusa, Basilea, Mulhouse, Strasburgo, Berna) – aderirono alla Riforma. Questa trovò pronti seguaci tra la borghesia cittadina che colse l'occasione per abbattere quanto rimaneva dei vincoli feudali: le città si collegarono nel 1528 con un patto di “concittadinanza cristiana”. Invece nei Cantoni prevalentemente rurali e a Friburgo, dove l'aristocrazia riuscì a imporsi, il cattolicesimo poté mantenere le proprie posizioni. A Ginevra, alleatasi coi federati nel 1519 e nel 1526, la Riforma servì a ridiscutere il dominio del vescovo imposto dai Savoia. Scoppiò un conflitto armato provocato da Zwingli che portò al blocco economico di Uri e Schwyz; Zwingli fu sconfitto e ucciso nella battaglia di Kappel (1531): il cattolicesimo riguadagnò molto del terreno perduto, però l'unità del Paese fu rotta perché i due partiti, dal 1524, tennero diete separate. La forza espansiva del protestantesimo fu contrastata dalla presenza dei Cantoni cattolici e la vittoria dell'imperatore cattolico Carlo V sulla lega di Smalcalda dei principi protestanti (1531) portò alla perdita di Costanza (1548). In cambio però si legarono ai Confederati il Vaud e Ginevra (1526), che si aprirono al protestantesimo da Guillaume Farel. I tentativi di Carlo III di Savoia di recuperare i territori perduti furono vani, anzi, in seguito all'intervento di Berna, i Savoia perdettero anche la parte occidentale del Vaud, il Gex e lo Chablais (1536). Queste conquiste, anche se limitate successivamente dalla restituzione del Gex (1567) e dello Chablais (1569), ebbero un'enorme conseguenza perché crearono, all'interno della Confederazione, un'ampia zona di lingua neolatina contrapposta a quella di lingua tedesca; senza questo apporto difficilmente i Cantoni di lingua tedesca sarebbero sfuggiti nel sec. XIX all'influenza del principio di nazionalità e dell' unificazione germanica. La presenza stabile di Calvino a Ginevra dopo il 1541 fece di quella città il centro spirituale della Riforma, le conferì fama europea e una coscienza della propria importanza che la salvò dai ripetuti tentativi dei Savoia (famoso quello del 1602 detto l'Escalade) di riprendersela. La Francia e i Confederati non furono infatti sempre pronti né desiderosi di aiutare Ginevra. I Cantoni cattolici, riuniti nel 1586 in una lega conservatrice dello status quo (la “lega d'oro”), indebolirono le forze della Svizzera rifiutandosi di soccorrere Strasburgo e Costanza in guerra con l'Impero. Questi stessi Cantoni impedirono l'entrata di Strasburgo e Ginevra nella Confederazione e denunciarono l'alleanza con Mulhouse. Neutrale durante la guerra dei Trent'anni, recuperate nel 1639 la Valtellina e la contea di Bormio occupate dagli Spagnoli nel 1620, la Svizzera coi trattati di Vestfalia ottenne il pieno riconoscimento della propria indipendenza; perdette però Rottweil nel 1632.

Storia: dalla guerra dei Trent’anni al XX secolo

Durante la guerra dei Trent'anni la Svizzera godette di un'eccezionale prosperità grazie alle distruzioni subite dalla Germania cui poté per molti anni vendere derrate essenziali. Conclusa la pace il Paese subì però una grave crisi di sovrapproduzione che provocò molti torbidi all'interno, rivolte di contadini e un tentativo di Zurigo di creare un potere centrale superiore a quello dei singoli Stati. L'alleanza con i francesi, iniziata dopo Marignano e durata quasi 150 anni, finì durante il regno di Luigi XIV che conquistò, nel 1678, la Franca Contea (per secoli zona cuscinetto tra la Francia e la Confederazione); nel 1681 Strasburgo e la fortificazione di Hüningen (da cui si poteva bombardare Basilea). Tale sovrano revocò inoltre l'editto di Nantes (1685) che concedeva la libertà di culto ai protestanti francesi. Ebbe allora luogo un renversement des alliances e la Svizzera si affiancò all'Impero (1700) e ai Savoia (1703) per difendersi dal troppo intraprendente vicino francese. In quella situazione, fu vista di buon occhio l'attribuzione al re di Prussia di Neuchâtel (1707) quando si estinsero gli Orléans-Longueville, che la possedevano dal 1514, sia pure sotto tutela svizzera: ciò evitò l'insediamento in quello Stato del candidato francese, il principe di Conti. Si ebbe una riacutizzazione della tensione interna del Paese allorché, durante il sec. XVIII, l'afflusso di molti protestanti profughi dalla Francia modificò gli equilibri religiosi faticosamente raggiunti (i protestanti salirono a 700 mila contro 300 mila cattolici). Il problema divenne ben presto politico perché nella dieta i Cantoni cattolici erano sette e quelli protestanti solo quattro. Inoltre la parte più produttiva del Paese era nelle mani dei riformati. Inevitabile fu il conflitto armato che finì nel 1712 con la vittoria dei protestanti e l'imposizione della parità confessionale. Tuttavia essi commisero l'errore di pretendere il possesso di alcuni dei territori gestiti dai Cantoni in comune: ciò provocò il risentimento dei vinti e l'alleanza dei Cantoni cattolici con la Francia (1715) per recuperare quanto avevano perduto. La guerra civile però non scoppiò perché, durante il sec. XVIII, il principio dell'unanimità, tante volte trascurato nel passato, fu puntigliosamente applicato nelle votazioni della dieta. All'interno dei Cantoni dominavano quasi ovunque poche famiglie che costituivano il “patriziato”, ossia un'oligarchia chiusa; essa era particolarmente importante a Berna, Lucerna, Friburgo e Solothurn, ma la situazione non era dissimile dove il potere era in mano alle corporazioni, cioè a Zurigo, Basilea, Sciaffusa, San Gallo e, in una certa misura, anche a Bienne, Mulhouse e Ginevra. Tale stato di cose, che aveva già provocato, nel corso del secolo, congiure e sommosse tutte però fallite, terminò con l'invasione delle truppe francesi rivoluzionarie. La Francia non tollerava la politica svizzera di accoglienza benevola fatta agli emigrati dell'ancien régime mentre la Svizzera, non dimenticava i massacri, compiuti a Parigi il 10 agosto 1792 nel successivo settembre, dei suoi soldati. Questi erano al servizio del deposto re Luigi XVI ed erano comandati da ufficiali provenienti dal più prestigioso patriziato elvetico. Porrentruy, già occupata dai francesi nell'aprile 1792, venne annessa nel marzo del 1793; Ginevra venne occupata nel dicembre 1792. Le vicende della guerra della prima coalizione antifrancese salvarono temporaneamente la Svizzera, ma nel 1797 la Francia vittoriosa staccò la Valtellina, Chiavenna e Bormio dai Grigioni annettendole alla Repubblica Cisalpina e ai primi del 1798, su istigazione dello svizzero F. La Harpe che risiedeva a Parigi e dirigeva le agitazioni rivoluzionarie specialmente nel Vaud e nel Vallese, i francesi invasero la Svizzera sia per motivi strategici sia per impadronirsi delle ricchezze di Berna. La caduta di questa città (5 marzo 1798) provocò il crollo della Confederazione: Mulhouse e Ginevra vennero annesse alla Francia pochi giorni dopo; gli altri territori formarono la Repubblica elvetica, centralizzata sul modello francese. Essa non durò che cinque anni e fu scossa dall'invasione austro-russa del 1799, dalla breve restaurazione dei vecchi governi aristocratici presto nuovamente crollati e dalla guerra partigiana che fece della Svizzera una seconda Vandea. Napoleone nel 1802 creò la Repubblica del Vallese e abbandonò l'occupazione militare del resto della Svizzera; il governo unitario fu sostituito dai governi dei vecchi Stati che Bonaparte lasciò risorgere con l'Atto di Mediazione (9 febbraio 1803) a condizione che non fossero ripristinati i privilegi feudali e che i territori un tempo soggetti all'amministrazione congiunta dei confederati (Vaud, Argovia, Turgovia, San Gallo e Ticino) fossero elevati al rango di Cantone. La nuova Confederazione fu in realtà uno Stato satellite della Francia e la Repubblica del Vallese cessò di esistere nel 1810, quando Napoleone decise di annetterla alla Francia per avere nelle sue mani la strada del Sempione la cui costruzione aveva imposto alla Svizzera per avere un più rapido collegamento tra le sue due capitali, Parigi e Milano. Il crollo dell'Impero non fu seguito da un ritorno all'antico; furono riconosciuti i Cantoni creati nel 1803 e tre nuovi furono aggiunti, Ginevra, Neuchâtel e il Vallese (in tal modo i Cantoni salirono a 22,un numero che sarebbe rimasto immutato per oltre un secolo e mezzo, fino alla costituzione del 23º Cantone, quello del Giura, nel 1978); Ginevra fu collegata territorialmente al resto della Confederazione; la neutralità svizzera fu riconosciuta come principio del diritto pubblico europeo; le fortificazioni di Hüningen furono smantellate. Le altre aspirazioni (Savoia settentrionale, Valtellina con Bormio e Chiavenna, Campione d'Italia, l'Ossola, Costanza ecc.) rimasero insoddisfatte non già per mancanza di abilità del rappresentante svizzero nei consessi europei, Pictet de Rochemont, quanto per l'eterna divergenza di vedute tra i vari Cantoni e la complessità del gioco diplomatico dei quattro grandi (Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia) nei confronti della vinta Francia. Il periodo successivo al Congresso di Vienna fu contrassegnato dapprima dallo scoppio di una grave crisi economica causata da pessimi raccolti, poi dal ritorno sul mercato continentale dei prodotti inglesi e dall'imposizione di forti dazi doganali da parte degli Stati confinanti, il che equivalse alla chiusura delle frontiere cantonali. All'interno della Confederazione gli Stati rivaleggiavano tra loro e si dimostravano incapaci d'inaugurare una politica unitaria e talora ponevano dazi alle frontiere esistenti tra loro, come fece il Vallese nei confronti del Vaud, per favorire i propri scambi con Paesi stranieri. Si imponeva la creazione di legami più stretti, soprattutto dopo che nel 1839 la rivoluzione industriale arrivò nel Paese. Di questa necessità si resero interpreti soprattutto i Cantoni protestanti i quali, per la maggior parte, si erano dati costituzioni liberali, avevano abolito le discriminazioni religiose, soppresso le differenze normative tra città e campagna e si erano accordati tra loro, a partire dal 1832, per garantirsi mutualmente le loro costituzioni (Concordato dei sette tra Argovia, Berna, Lucerna, San Gallo, Solothurn, Turgovia e Zurigo). Lo stesso anno alcuni Cantoni conservatori e tendenzialmente contadini si strinsero in una lega detta Sarnenbund allo scopo di mantenere intatta la sovranità dei singoli Cantoni. Questo contrasto puramente politico-sociale divenne conflitto religioso quando nel 1834 i sette Cantoni del Concordato elaborarono un progetto di riforma religiosa che fu condannato dall'autorità ecclesiastica cattolica. I radicali passarono all'offensiva sopprimendo otto conventi in Argovia (1841); i cattolici allora rovesciarono il governo liberale a Lucerna (1841) e chiamarono i gesuiti perché dirigessero la scuola del Cantone (1844). Poiché i radicali sconfinarono in territorio lucernese e assassinarono uno dei capi clericali, i Cantoni di Lucerna, Uri, Schwyz, Unterwalden, Zug, Friburgo e del Vallese si strinsero in una lega detta Sonderbund cercando aiuti presso le potenze cattoliche (Francia, Austria e Sardegna) e conservatrici (Prussia e Russia). Solo la Gran Bretagna sostenne i radicali. Lo scontro militare avvenne nel 1847 e rapidissima fu la vittoria dei progressisti: in soli 26 giorni il Sonderbund fu schiacciato, ma la moderazione del vincitore, il generale Dufour, non cagionò risentimenti e il 12 settembre 1848 venne varata una Costituzione che trasformava la Svizzera da confederazione di Stati in Stato federale e che lasciava la via aperta a nuove trasformazioni, evitando così gli inconvenienti delle costituzioni rigide. Accanto al potere esecutivo collettivo e alla Camera legislativa fu introdotto il referendum (democrazia diretta) che ha permesso di attuare modifiche, soprattutto a partire dal 1874, altrimenti impossibili. Si è avuto in tal modo un pacifico e progressivo livellamento tra le costituzioni dei singoli Cantoni e tra queste e la Costituzione federale, che ha fatto della Svizzera uno Stato compatto pur mantenendo ogni parte la propria libertà. La rinuncia a Neuchâtel da parte del re di Prussia (1857) ha eliminato dalla Svizzera una situazione anomala e anacronistica. Il mantenimento della neutralità durante la guerra franco-prussiana del 1870-71 e le due guerre mondiali (1914-18 e 1939-45) sia da parte svizzera sia da parte dei belligeranti ha contribuito ad aumentare la ricchezza del Paese: neutralità ben custodita dai suoi governanti, tanto che l'ingresso della Svizzera nella Società delle Nazioni fu accompagnato dalla dichiarazione che non avrebbe preso parte a sanzioni contro nessuno Stato e infatti si astenne dall'applicarle all'Italia durante il conflitto italo-etiopico (1935-36). Neutralità tuttavia non ha significato isolamento; anzi la Svizzera è diventata sede di organismi internazionali aventi scopi umanitari (a Ginevra la Croce Rossa dal 1864) o di utilità internazionale (l' Unione postale universale a Berna dal 1878, la Società delle Nazioni dal 1920, l'Organizzazione internazionale del lavoro dal 1946, l'Organizzazione internazionale della salute dal 1948, l'Unione internazionale delle telecomunicazioni dal 1949: tutte con sede a Ginevra). Proseguendo una tradizione iniziata nel sec. XIX essa ha dato rifugio ai perseguitati politici e razziali, ha accolto le truppe francesi riparate sul suo territorio nel 1870-71 e quelle italiane perseguitate dopo l'8 settembre 1943. In questo lungo periodo di pace, cui il popolo svizzero non intende rinunciare, i prodotti di industrie altamente specializzate e ad alto valore aggiunto, il turismo, l'abilità dei suoi operatori economici hanno fatto della Svizzera una potenza finanziaria di primo ordine e del franco svizzero una delle monete più apprezzate e più stabili del mondo. Proprio i progetti di approfondimento dell'integrazione europea sul piano economico, e segnatamente la realizzazione del Mercato unico, negli ultimi anni hanno però indotto il Paese ad attenuare le tradizionali tendenze isolazionistiche: nel 1963 il Paese aderisce al Consiglio d'Europa e, approvato l'ingresso nel FMI e nella Banca Mondiale (maggio 1991), il governo ha addirittura presentato formale domanda di adesione per la Svizzera alla Comunità Europea (maggio 1992). Tale politica, sostenuta dai principali attori economici, è stata però sconfessata dal referendum del 6 dicembre 1992 che ha bocciato la ratifica dell'Accordo di Porto sul costituendo Spazio Economico Europeo (SEE), l'area di libero scambio che associa i Paesi dell'EFTA e quelli della CEE. Nel giugno 1994 un referendum confermava la tradizionale vocazione neutralista degli svizzeri che negavano l'assegnazione all'ONU di un corpo di 600 volontari, mentre, nel dicembre dello stesso anno, un altro referendum approvava una severissima legge sul controllo dell'immigrazione. Nel corso del 1995 i cittadini svizzeri si esprimevano, ancora mediante referendum, contro alcune proposte della coalizione governativa tendenti a una maggiore integrazione del Paese con l'Europa comunitaria. Le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea federale, tenutesi nell'ottobre 1995, riconfermavano la maggioranza alla coalizione centrista (socialisti, radicali, cristiano-democratici e democratici di centro) al potere da oltre 35 anni; a dicembre l'Assemblea eleggeva Jean-Pascal Delamuraz alla presidenza del Consiglio federale per l'anno 1996. Nel 1999, per la prima volta nella storia della Svizzera e quasi 30 anni dopo il suffragio universale, era eletta come presidente del Consiglio federale una donna, il ministro dell'Interno socialista Ruth Dreifuss. Nonostante il successo, alle elezioni del 1999, dell'Unione democratica di centro (il movimento populista, xenofobo e antieuropeista guidato da Cristoph Blocher), la situazione politica rimaneva stabile. Il governo era impegnato a gestire in modo equilibrato le posizioni acquisite in economia e i rapporti diplomatici e commerciali con i maggiori partner internazionali. Nel marzo 2002, grazie all'esito positivo di un referendum appositamente indetto, la Svizzera poteva inoltrare la propria domanda di adesione all'ONU. L'ingresso nelle Nazioni Unite veniva ufficializzato nel settembre dello stesso anno: il tradizionale isolamento politico del Paese veniva così sensibilmente attenuato. Nelle elezioni legislative del 2003 vinceva l'Unione democratica di centro (Udc), che diventava il primo partito, seguita dal Partito socialdemocratico; di conseguenza il suo leader, Cristoph Blocher, insieme a un altro esponente del partito, entrava nel governo, rompendo così il tradizionale equilibrio in base al quale venivano formati i precedenti governi. Nel settembre 2004 il popolo e i Cantoni svizzeri respingevano, tramite referendum, la proposta del governo e della maggioranza parlamentare di facilitare il diritto alla cittadinanza svizzera per i giovani di seconda generazione, cioè i figli degli immigrati, e l'acquisizione automatica della cittadinanza svizzera per la terza generazione. All'inizio del 2005 Samuel Schmid diventava il nuovo presidente. Sempre nel 2005, in tre diversi referendum, la popolazione approvava le unioni omosessuali e l'adesione allo spazio di Schengen. Sempre nel 2005, gli svizzeri hanno esteso gli accordi sottoscritti a suo tempo, con i 15 Paesi dell'Unione Europea, ai 10 nuovi Paesi entrati in questa organizzazione nel 2004. Nel settembre 2006, sempre attraverso referendum, il Paese approvava due nuove leggi che inasprivano le norme sul diritto d'asilo e l'immigrazione. Nell'ottobre 2007 si svolgevano le elezioni per l'Assemblea federale in cui prevaleva l'Udc. In seguito in base a un accordo tra sinistra e Udc veniva nominata premier Eveline Wildmer-Schlumpf, mentre nel 2011 si svolgevano le elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale vinte dall'Udc con 27% dei voti, seguito dal partito socialista (18,9%). Nel 2014 Didier Burkhalter diventava il nuovo presidente della Confederazione. Nell'ottobre del 2015 si svolgevano le elezioni parlamentari vinte dall'Udc e dal Partito Liberale.

Cultura: generalità

Correva l'anno 1291 quando poche minuscole regioni montane, alle quali presto se ne unirono altre fino alle 26 attuali, decisero di consolidarsi per ostacolare l'espansionismo degli Asburgo: nasceva la Svizzera, che oggi riunisce sotto la bandiera rosso crociata (l'unica a forma quadrata di tutto il pianeta) e il cielo “bucato” dalle cime alpine l'insieme costituito dalla storia, dalle religioni, dalle lingue, dalla cultura di ogni singola frammentarietà di allora. Qui, dove l'UNESCO ha eletto Berna e il ghiacciaio dell'Aletsch siti Patrimonio Mondiale dell'Umanità, dove le lingue ufficiali sono quattro ma il 65% della popolazione parla ancora un insieme di dialetti germanici (Schwyzerdeutsch), dove si respira una grande apertura verso tutte le nuove tendenze della cultura ma contemporaneamente si preserva l'eredità del passato, la miscellanea tra tradizione e modernità è stupefacente. All'avanguardia dal punto di vista tecnologico, la Svizzera ha dato in tutte le epoche i suoi natali ad artisti, politici e persino scienziati capaci di rivoluzionare il loro campo di indagine. Si pensi solo a Paracelso, al pedagogo Jean Piaget o al neurobiologo Martin Schwab, che continuando la lunga tradizione innovativa svizzera nella ricerca sul cervello e sul sistema nervoso, alla fine del sec. XX ha compiuto importanti scoperte sulla rigenerazione delle cellule cerebrali. Anche la proposta culturale ludica è in Svizzera di grande spessore, come dimostrano i tanti festival che vi hanno luogo. In magnifiche sale o all'aperto, musicali, cinematografiche, teatrali o di danza, punto di incontro di artisti da ogni parte del mondo, il numero e la varietà delle manifestazioni è notevole e “tradisce” la lunga tradizione che gli elvetici hanno in materia di rassegne culturali. Basta ricordare per tutte le Settimane Musicali Internazionali di Lucerna, il Jazz Festival di Montreux, il Festival Musicale Yehudi Menuhin a Gstaad e dintorni, il Festival del Cinema di Locarno, le Giornate di Danza di Berna, Street Parade di Zurigo o le rappresentazioni dell'opera che si tengono all'aperto nell'arena romana di Avenches. Va infine ricordato che la Svizzera è uno dei Paesi con più alta densità di musei per estensione territoriale: ne esistono circa un migliaio, visitati annualmente da più o meno 10 milioni di persone. Si tratta sia di musei d'arte di lunga tradizione e rinomata fama, sia di piccoli musei di storia locale; ma soprattutto di prestigiose collezioni di privati, come la Fondazione Beyeler a Basilea e il Paul Klee Zentrum a Berna (mirabile opera dell'architetto italiano Renzo Piano), meravigliosi esempi di “arte per l'arte”, poiché li caratterizza anche l'architettura innovativa degli spazi.

Cultura: tradizioni

Paese che si è realizzato attraverso una “vittoriosa sfida all'impossibile”, la Svizzera per la sua orografia e l'isolamento montano di molti dei suoi abitanti conserva uno straordinario attaccamento alle tradizioni, cui non è estraneo lo sfruttamento turistico. Molti dei riti popolari ruotano attorno al ciclo della vita e riguardano eventi quali la nascita, il matrimonio, la morte; altri alle ricorrenze religiose come l'Avvento, la Quaresima, la Pasqua, Ognissanti o il Natale che vede riempirsi le strade e le piazze di tante città dei tipici mercatini mentre le chiese e i teatri riecheggiano dei suoni dei cori natalizi in ognuna delle quattro lingue ufficiali; altri ancora agli appuntamenti collegati con le stagioni e i lavori della terra, come la mietitura o la vendemmia. Per i pastori era tradizione, fino a poco tempo fa, salire all'alpeggio e scenderne a cavallo delle loro mucche (riccamente ornate e con pesanti campanacci al collo) indossando i coloratissimi costumi tradizionali. Tra le tante feste vanno ricordate quelle di Mariastein, che a Capodanno vedono arrivare pellegrini a migliaia. Nel Lötschental, il giorno del Corpus Domini sfilano i “granatieri del Buon Dio”. Curiosa è nello zurighese la “caccia a San Nicola”, dove il santo è inseguito nelle strade dei villaggi. A Mendrisio, famosa, al lume delle torce, la rappresentazione pasquale della passione di Cristo. Nei Grigioni è particolarmente sentita la festa dell'Ascensione. Feste tipicamente svizzere sono quelle dei suonatori di corno delle Alpi e quella dei banderesi, o volteggiatori di bandiere. Le feste patriottiche o pagane vengono celebrate con la stessa vivacità di quelle religiose. Da ricordare quelle dei fuochi di marzo e quella delle uova pasquali, in cui si gareggia per rompere quelle degli avversari. Vivacissimo il carnevale, ovunque venga festeggiato, a Bellinzona, Locarno, Ascona e Lugano. Nel Cantone di Vaud è celebre l'Abbaye, una festa in cui si viene ammessi per invito, pagando una forte quota di partecipazione, col diritto di trasmettere il privilegio di padre in figlio. L'Abbaye si apre con una gara di tiro svolta nel primo giorno, mentre nel secondo e nel terzo si celebrano riti religiosi, si ascoltano discorsi, si festeggiano i vincitori delle gare di tiro e si banchetta. Bellissime le feste dei vignaioli dei Cantoni di Vaud, Neuchâtel, Sciaffusa, nel Vallese, a Lugano e a Vevey, con cortei in costume, canti e balli. La tradizione musicale svizzera richiama alla mente musiche popolari, caratterizzate da strumenti specifici, quali soprattutto lo Yodel (canto vocalizzato) e l'Alphorn (corno di montagna), ma anche lo Schwyzerörgeli (una variante della fisarmonica), l'Hackbrett (salterio) e il Trümpi (scacciapensieri), tutti evocanti i suoni e le danze di gente di montagna. Ma né lo Yodel, né l'Alphorn sono nativi di questo Paese: polacco dell'età della pietra il primo, si è insidiato in Svizzera come mezzo sia di comunicazione a lunga distanza sia di richiamo del bestiame; originario dell'Asia settentrionale il secondo, arrivò in Europa con le tribù nomadi. In Svizzera inoltre sono molto diffuse le bande e le società filarmoniche. Tra le più importanti di esse, la cui fondazione risale già all'Ottocento, sono la Civica Filarmonica di Lugano, la Musica Cittadina di Chiasso, la Musica Cittadina Locarno, la Filarmonica Airolese, la Filarmonica Ligornetto, la Società Filarmonica Tremona, l'Associazione Svizzera di Bande, la Febati (Federazione Bande Ticinesi e altre ancora). Assai diffusi l'artigianato del rame, del ferro e dell'ottone, lavorati battuti. Di alto livello gli articoli in legno intagliato e intarsiato, famosi i mobili dei Grigioni e le maschere mostruose del Lötschental. Se San Gallo è la capitale del pizzo, da San Gallo a Berneck, a Winterthur, all'Argovia i ceramisti trionfano. Ma quando si dice “made in Switzerland” si parla per eccellenza degli orologi, vanto del Paese, tradizione di lunga durata dalla storia ricca di aneddoti (era di nazionalità svizzera Abraham-Louis Breguet– 1747-1823 – considerato il migliore orologiaio di tutti i tempi), prestigio assoluto dei prodotti elvetici in tutto il mondo e non solo: Speedmaster, celebre cronografo della Omega, è l'unico orologio mai stato sulla Luna, dove arrivò nel 1969, al polso dell'astronauta Buzz Aldrin durante la sua breve passeggiata sul suolo lunare. La NASA lo aveva scelto tra tanti “concorrenti” tutti sottoposti a rigorosi test. § La cucina svizzera è varia come lo sono le lingue e le tradizioni del Paese: ogni Cantone ha le proprie peculiarità anche ai fornelli. Il “fascino culinario” delle regioni confinanti aumenta inoltre la molteplicità delle proposte aggiungendo i sapori di Lombardia, Trentino, Francia e via dicendo, a seconda del territorio che si considera. Ciò nulla togliendo ai piatti e ai prodotti tipici elvetici, come il formaggio e il cioccolato, che hanno reso celebre la tavola svizzera. I primi riferimenti al formaggio svizzero risalgono addirittura al sec. I d. C., quando Plinio il Vecchio citò il Caseus Helveticus, destinato però a divenire famoso solo dopo il sec. XV. Fu allora, infatti, che gli svizzeri cominciarono a utilizzare la tecnica del caglio indispensabile per conservare il formaggio in notevole quantità e per lunghi periodi. Nel sec. XVII, il formaggio svizzero, venduto ormai in tutta Europa, era divenuto una preziosa merce di scambio. Da lì a “esportare” anche i casari il passo fu breve: alcuni approdarono in Russia e nell'Europa orientale, altri in diversi Paesi europei, altri ancora oltre oceano dove giunsero (soprattutto nel sec. XIX negli Stati Uniti) molte migliaia di emigranti esperti nella lavorazione casearia. Ancora adesso il governo svizzero aiuta i Paesi in via di sviluppo garantendo consulenza e sussidi pratici che hanno come obiettivo la produzione del formaggio. Per il cioccolato invece la tradizione svizzera è più recente: benché gli elvetici siano i maggiori consumatori e produttori mondiali di cioccolato, la prima manifattura di esso venne fondata nel 1750 vicino a Berna da due italiani. Solo nel 1828, però, quando un olandese brevettò una nuova pressa idraulica che rese possibile passare dalla bevanda di cioccolato alla forma solida (antesignana delle attuali tavolette), il cioccolato appassionò veramente gli svizzeri. Tra i piatti più noti ricordiamo: la raclette, la fondue e il bernerplatte. La raclette è un piatto vallese fatto con bagnes, un formaggio tenero, rosolato, ammorbidito e cosparso di pepe con aggiunta di patate, peperoni e cipolline sott'aceto. La fondue è un piatto nazionale, un misto di formaggio grattugiato, con aglio, noce moscata e kirsch, fatto cuocere adagio con vino bianco. Il bernerplatte è invece un piatto a base di costata, spalla salata, salame, lardo e prosciutto affogati in crauti e fagioli con contorno di patate lesse. Altri piatti caratteristici a base di carne sono il kalbfilet (filetto di vitello), il rindfilet (filetto di manzo), lo Schweinschnitzel (cotoletta di maiale), il Lederpiessli (fegato alla griglia), mentre la tradizione del pesce vede servire in tavola soprattutto trota alla mugnaia e alle mandorle, oltre che pesce persico. Tutto innaffiato da splendidi vini come il fendant, il dôle e il generoso aigle, per non citare che i più famosi, data la notevole attività enologica del Paese, la cui tradizione viticola, soprattutto del Canton Ticino, ha origini molto antiche, risalendo addirittura all'epoca dei Galli. Infine non va dimenticata la Rivella, bibita divenuta simbolo nazionale, prodotta da un'azienda a gestione familiare fondata nel 1952 da Robert Barth, che tutt'oggi la dirige.

Cultura: letteratura: in francese

Per quanto riguarda la letteratura in lingua francese, due soli nomi illustrano la vita spirituale e letteraria romanda nel Medioevo: quello del cronista Hugues de Pierre nel Quattrocento e del cavaliere e poeta Othon de Granson (1340-ca. 1397), di cui G. Chaucer tradusse tre ballate. La letteratura romanda nasce in realtà solo con la Riforma, per esigenze polemiche, politiche e amministrative, e resta a lungo monopolio di teologi e giuristi, primi in ordine di tempo Pierre Viret (1511-1571) e Calvino (1509-1564), francese di origine e traduttore della propria Institutio della vita cristiana che costituisce un modello di prosa classica francese. L'organizzazione teocratica del governo della città di Ginevra a opera di Calvino e i severi principi della sua dottrina informano, soffocandola, la vita letteraria della regione, che può solo contare sul poeta Théodore de Bèze (1519-1605), successore di Calvino, e sul classico Blaise Hory (1504-1538), più spesso su giuristi e filosofi, tra cui J. J. Burlamaqui (1694-1748) o J. P. de Crousaz (1663-1750). Nel Settecento Ginevra diede i natali a J.-J. Rousseau (1712-1778), la cui opera appartiene alla letteratura francese ma costituisce altresì un punto di partenza nella ricerca dei temi principali della letteratura romanda: amore per la natura, sentimento religioso, gusto dell'introspezione, senso civico. Accanto alla letteratura alpestre, illustrata soprattutto da H. B. de Saussure (1740-1799), si sviluppa a Losanna un movimento culturale intorno a Ph. Sirice Bridel (1757-1845) e a Madame de Charrière (1740-1805), autrice di romanzi, novelle e lettere, e a Neuchâtel intorno a H.-D. de Chaillet (1751-1823) che aprono gli orizzonti romandi verso la cultura italiana e francese, in attesa che la Rivoluzione e Madame de Staël (1766-1817) compiano la mediazione necessaria tra i valori più propriamente elvetici e la cultura europea. Al gruppo di Coppet, riunito intorno a Madame de Staël, fanno capo Ch. Victor de Bonstetten (1745-1832) e Ch.-L. Sismondi (1773-1842), studioso di storia e letteratura del Mezzogiorno d'Europa, e B. Constant (1767-1830), di origine losannese ma francese di adozione. Nel panorama poetico dell'Ottocento Juste Olivier (1807-1876) è l'iniziatore di una poesia regionale di carattere alpestre e religioso, mentre una morte prematura tronca il promettente esordio romantico di F. Monneron (1813-1837), di J.-I. Galloix (1807-1828) e di E. Eggis (1830-1867). Il simbolismo è rappresentato da L. Duchosal (1862-1901) e il parnassianesimo da E. Tavan (1842-1919). Questa scarsità di nomi ben indica come la Svizzera romanda rimanga per tutto il secolo quasi estranea al tumultuoso dibattito in corso nella vicina Francia. Più facile è individuare qualche carattere originale nella prosa, sia che si tratti dei bozzetti di R. Toepffer (1799-1846) o di Ph. Monnier (1864-1911), sia dei racconti alpestri dello storico e moralista E. Rambert (1830-1886) o dei romanzi paesani di U. Olivier (1810-1888). Ma proprio il rigore morale calvinista, responsabile fin dall'origine di tanta mancanza di fantasia, rende possibile lo sconcertante e implacabile monumento di introspezione, in parte ancora inedito, che è il Journal intime di H.-F. Amiel (1821-1881), il cui influsso si estende oltre il secolo. Per altri scrittori si suole usare il termine di déracinés, a indicare la loro scelta della Francia o del cosmopolitismo, quali V. Cherbuliez (1829-1899) ed E. Rod (1857-1910). Anche la critica evolve dal moralismo, per quanto liberale, di un A. Vinet (1797-1847) verso il cosmopolitismo di Marc Monnier (1829-1885), studioso di letterature comparate, verso il fervore di rinnovamento, in senso universalistico, di F. Gonzague de Reynold (1880-1970), fondatore della rivista e del movimento della Voile latine (1904), e infine verso l'esigenza di liberare l'arte dalle strettoie dell'elvetismo e del folclore fatta propria dal gruppo dei Cahiers vaudois (1914-18), comprendente E. Gilliard (1875-1969), P. Budry (1883-1948), i poeti H. Spiess (1876-1940), P.-L. Matthey (1893-1970), F. Chavannes (1868-1936). Su tutti emerge C.-F. Ramuz (1878-1947) che realizza, grazie a una personalissima rivoluzione linguistica, il superamento della dicotomia tra mondo natio e appartenenza alla letteratura francese. Sul suo esempio operano C. F. Landry (1909-1973) e M. Zermatten (n. 1910). Un posto di rilievo occupano anche, nella narrativa recente, R. de Traz (1884-1951), B. Vallotton (1877-1962), L. Savary (1895-1968), J. MerCanton (1910-1996), che è anche saggista, G. de Pourtalès (1881-1941), L. Bopp (1896-1977), il rivelatore di Amiel, il francese di adozione Blaise Cendrars (1887-1961), alcune romanziere come C. Francillon (1899-1976) e M. de Saint-Hélier (1895-1955). Agli autori del nouveau roman viene assimilato R. Pinget (1919-1997), di origine ginevrina, mentre tratti originali rivelano Y. Velan (n. 1925) e J. Chessex (n. 1934), romanziere e saggista. Il romanzo moderno annovera scrittori come J. P. Monnier (1921-1997) e Y. Z'Graggen (n. 1920), A. Kristof (n. 1935), nata in Ungheria, Paese che abbandonò nel 1956 per raggiungere la Svizzera dove risiede da allora; Trilogia della città di K. e Ieri sono i suoi romanzi più famosi. Tra i lirici contemporanei si citano G. Roud (1897-1976), G. Trolliet (1907-1980), Ph. Jaccottet (n. 1925), P. Patocchi (1911-1968). Il teatro conta sui nomi di René Morax (1873-1963), creatore degli spettacoli del Jorat, di J. P. Zimmermann (1889-1952), di A. Gehri (1895-1972). Nel campo della saggistica, forse il più ricco di interesse nella letteratura romanda, ricordiamo A. Béguin (1901-1957), M. Raymond (1897-1981), Denis de Rougemont (1906-1985) e J. Starobinski (n. 1920). Fondamentale, infine, l'opera del linguista Ferdinand de Saussure (1857-1913), fondatore della linguistica strutturale.

Cultura: letteratura: in italiano

Alquanto modesto rispetto alle altre letterature elvetiche è lo sviluppo della letteratura in lingua italiana, troppo strettamente legata alla vicina cultura lombarda. Un'insigne figura di umanista è quella di Francesco Cicereio, di Lugano (1521-1596), che insegnò latino e greco a Milano e lasciò dotti commenti ai classici, da Euripide a Terenzio. Instancabile poligrafo fu Paganino Gaudenzi, di Poschiavo (1595-1648), pastore protestante, poi convertitosi al cattolicesimo. Il Settecento è dominato dalle personalità di due luganesi, entrambi appartenenti alla Congregazione dei somaschi: Giampietro Riva (1696-1785), assiduo frequentatore dei ritrovi di Arcadia, chiamato dal Frugoni “sublime elvetico cigno” per le sue poesie, non prive, pur nella loro "svenevolezza", di un'esile grazia; e Francesco Soave (1743-1806), divulgatore del sensismo e maestro di Alessandro Manzoni. La costituzione del Cantone ticinese ebbe come conseguenza il distacco dalla letteratura italiana e il prevalere di interessi provinciali e di tematiche politiche. Il primo cantore ticinese della democrazia elvetica fu Pietro Peri (1794-1869), al quale si può accostare Angelo Somazzi (1802-1892), celebratore del traforo del San Gottardo, mentre all'evocazione di avvenimenti del passato si volsero Gian Battista Buzzi (1825-1896) e Alberto Pedrazzini (1852-1930). Autori di romanzi storici di ambiente medievale furono Antonio Caccia (1806-1875) e Daniele Marchioli (1818-1900), accanto ai quali va ricordato Giovanni Maurizio (1815-1885), autore de La Strìa, dramma nazionale della Bregaglia grigionese, tuttora recitato all'aperto nelle feste della valle. Alla storia s'ispirò anche il poeta Rodolfo Mengotti (1828-1906), mentre vivaci cronache di vita contemporanea ticinese si debbono a Giovanni Airoldi (1827-1894) e ad Alfredo Pioda (1848-1909). Nei Grigioni, gli studi di letteratura italiana ebbero un eccezionale cultore in Giovanni Andrea Scartazzini (1837-1901), uno tra i maggiori “dantisti” dell'Ottocento. Completano il quadro della cultura ottocentesca della Svizzera italiana i politici, tra i quali sono da ricordare soprattutto Stefano Franscini (1796-1857), appassionato autore degli Annali del Ticino, Romeo Manzoni (1847-1912), efficace divulgatore della filosofia positivistica, Brenno Bertoni (1860-1945), campione del nazionalismo elvetico, e Giuseppe Motta (1871-1940), tenace difensore dell'italianità del Ticino; e gli storiografi, come Emilio Motta (1855-1920) ed Eligio Pometta (1865-1950). Dal provincialismo dell'Ottocento la Svizzera italiana si risolleva, ritrovando la misura dell'arte con Angelo Nessi (1873-1932), sensibile all'influsso della scapigliatura lombarda, con Giuseppe Zoppi (1896-1952), autore del Libro dell'Alpe, lirica celebrazione delle solitudini montane, e soprattutto con Francesco Chiesa (1871-1973), una delle più singolari personalità non del Ticino soltanto ma della narrativa italiana contemporanea: poeta, in Tempo di marzo, dell'inquieta adolescenza, Chiesa congiunge un'ispirazione romantica, di ascendenza manzoniana e crepuscolare, a modi austeramente classici. Uno dei motivi centrali di Chiesa, la contemplazione della natura, viene ripreso dal poeta Valerio Abbondio (1891-1958), i cui versi sono percorsi da un'autentica ansia religiosa, mentre la lirica di Giorgio Orelli (n. 1921), rifiutando il discorso poetico tradizionale, si colloca autorevolmente nell'ambito della poesia postermetica. Poeti di spiccata sensibilità sono Plinio Martini (1923-1979), Angelo Casè (1936-2005) e Amleto Pedroli (n. 1922). Raffinati prosatori sono Piero Bianconi (1899-1984), Adolfo Jenni (1911-1997), Reto Roedel (1898-1991), Tarcisio Poma (1916-1995), Giovanni Bonalumi (1920-2001); e numerosi sono i narratori, tra i quali Piero Scanziani (1908-1993), Orlando Spreng (1908-1951), Carlo Castelli (1909-1982), Felice Filippini (1917-1988), Giovanni Orelli (n. 1928) e Alberto Nessi (n. 1940).

Cultura: letteratura: in tedesco

Le origini della letteratura svizzera in lingua tedesca si confondono in età medievale con quelle della letteratura tedesca e austriaca. Il primo centro di diffusione fu l'abbazia di San Gallo, in cui vide la luce il Vocabularius Sancti Galli (770-790), primo dizionario tedesco della storia, e in cui operarono Notker Balbulus (ca. 840-912), autore di sequenze in latino, e poi Notker III Labeo (ca. 950-1022), traduttore in tedesco di parti della Bibbia, di Virgilio e di Boezio. Dal cenobio di San Gallo, dotato di una biblioteca di fama allora europea, proviene anche il poema epico Waltharius Manu Fortis (sec. IX-X). Il Minnesang fu rappresentato in area svizzera da Steinmar von Klingenau e da Konrad von Würzburg e dal grande lirico ed epico Hartmann von Aue (ca. 1160-1215). Il tardo Medioevo vede il fiorire della prosa in una serie di opere didascaliche e di testi mistici e nelle prime sacre rappresentazioni, tra cui l'Osterspiel di Muri, di anonimo. Ma è soltanto con l'umanesimo che la giovane Confederazione prende coscienza della propria identità e originalità: l'umanesimo svizzero, segnato dalla vasta produzione di Niklas von Wyle (ca. 1410-1478), Joachim von Watt (ca. 1484-1551) e altri, dà all'Europa un innovatore nel campo della medicina e della filosofia nella persona di Paracelso (1493-1541) e uno dei protagonisti della Riforma protestante nella persona di Zwingli (1484-1531). Mentre da un lato fiorisce il teatro popolare, in particolare col bernese Niklaus Mane, dall'altro si hanno validi esempi di prosa erudita nell'opera di Konrad Gessner (1516-1565), validi storiografi come J. Stumpf (1500-ca. 1578), V. Audhelm e Aegidius Tschudi (1505-1572), autore del Chronikon Helveticum, biografi come Thomas (1499-1582) e Felix Platter (1534-1614). Nel primo Seicento l'evento culturale più importante è invece il trionfo del teatro dei gesuiti, trionfo comune all'Austria e alla Baviera. Verso la metà del Settecento la Svizzera diventa, dopo un secolo quasi privo di eventi, il centro propulsore della cultura tedesca moderna che reagisce al classicismo illuminista francesizzante, e la culla dell'estetica irrazionalistica preromantica. I critici Bodmer (1698-1783) e Breitinger (1701-1776), riscopritori della poesia medievale, di J. Milton, di W. Shakespeare, sostenitori dei diritti del fantastico e del meraviglioso, il loro allievo J. G. Sulzer (1720-1779), A. von Haller (1708-1777) col suo poema Die Alpen (1732), celebrazione rousseauiana della natura intatta, lo stesso S. Gessner (1730-1788) con i suoi celeberrimi idilli (1756) attirano su di sé l'attenzione di tutta la Germania intenta alla ricerca della propria identità culturale fuori dei modelli antichi e neolatini. Goethe stesso si reca in visita da Lavater (1741-1801) che combatte, contemporaneamente al grande pedagogo Pestalozzi (1746-1827), la battaglia per lo svecchiamento dell'Europa, mentre gli spiriti di Rousseau animano la singolare autobiografia, tra le più belle del Settecento, di U. Bräker(1735-1798). Nell'età successiva, la letteratura svizzera, che fornisce al romanticismo i fondamenti estetici, non ha avuto alcun grande poeta o narratore: il maggior prosatore del periodo è stato lo storiografo H. Zschokke (1771-1848), i cui romanzi storici hanno una prevalente tinta pedagogica. Il maggior lirico, G. G. de Salis-Seewis (1762-1834), è un mite elegiaco. Si tende a scorgere il motivo di questa battuta d'arresto in un forte senso comunitario da cui si escludono ogni spinto individualismo, ogni vera spregiudicatezza della fantasia, incompatibili con la socialità, e in un'istanza morale-pedagogica insopprimibile: è stato osservato che il genio bizzarro e tenebroso del pittore Füssli prese la via dell'Inghilterra. Ma di questo terreno si sono nutriti, nell'età successiva, due fra i maggiori narratori moderni in lingua tedesca: i realisti J. Gotthelf (1797-1854), portavoce del mondo contadino e di una visione cristiano-patriarcale-feudale del mondo, e G. Keller (1819-1890), portavoce della nuova borghesia progressista. Il secondo Ottocento ha dato un altro grande narratore in C. F. Meyer (1825-1898), poeta lirico e nostalgico autore di racconti ambientati nel passato e quasi corrispettivo epico dell'opera storica di J. Burckhardt (1818-1897) sulla civiltà del Rinascimento. Con C. Spitteler (1845-1924), premio Nobel nel 1919, la Svizzera tedesca ha trovato un possente decadentista, aristocratico, schopenhaueriano, che risuscita il poema eroico. Coi narratori H. Federer (1866-1928), J. Schaffner (1875-1944), R. Walser (1878-1956), ammiratissimo da Kafka, la Svizzera ha dato degli importanti narratori che spaziano al di là dell'orizzonte elvetico. Più recentemente si sono affermati scrittori come O. F. Walter (1928-1994), U. Widmer(n. 1938), W. Schmidli (n. 1939) e H. Burger (n. 1942). La poesia contemporanea conta autori d'avanguardia come E. Gomringer (n. 1925) e il tradizionalista A. Ehrismann (1908-1998). Il dopoguerra ha visto una brillantissima ripresa del teatro col bernese F. Dürrenmatt (1921-1990) e con lo zurighese M. Frisch (1911-1991), attivi entrambi anche come narratori. Il panorama letterario, per anni corroborato dalla felice vena di questi due scrittori di livello mondiale, ha cominciato a segnare un po' il passo dopo la loro scomparsa, che ha creato un buco non facilmente colmabile. Rimane da sottolineare la presenza di sicuro valore morale di Peter Bichsel (n. 1935), che si è confermato uno degli scrittori più apprezzati e amati. Nei primi anni Novanta, sebbene il mercato letterario di lingua tedesca si sia orientato quasi esclusivamente verso i narratori dell'Est, dopo la caduta del muro di Berlino, discreta diffusione europea hanno conosciuto L. Hohl (1904-1980) ed E. Pedretti (n. 1930), mentre maggior attenzione meriterebbero i lavori di N. Meienberg (1940-1993) e H. Burger (1942-1989). La Svizzera conta inoltre una serie di critici letterari di prim'ordine, quali M. Rychner (1897-1965), E. Staiger (1908-1987), W. Muschg (1898-1965).

Cultura: letteratura: in romancio

L'impiego del romancio come lingua scritta comincia verso la metà del sec. XVI e i primi esempi si hanno nei testi religiosi, giuridici e storiografici. Oggi si parla di tre diverse lingue scritte, il romancio dell'Engadina o rumantschladin (v. ladino), il romancio dei Grigioni centrali o sursilvan e quello della valle del Reno anteriore o sutsilvan. Dai primi autori come Gian Travers (sec. XVI), Jon Martini (sec. XVII), che si staccano dai temi religiosi, per incontrare altri autori di buon livello bisogna arrivare fino quasi alla metà dell'Ottocento con Conradin de Flugi, autore delle splendide Alcunas rimas romaunschas, tenero e appassionato canto alle bellezze della natura, tema che si ritrova con lo stesso tono malinconico in Zaccharia Pallioppi (1820-1873) e in Gian Fadri Caderas (1830-1891). Accanto a questi vanno ricordati Simeon Caratsch (1826-1891), Giovannes Mathis (1824-1912), Andrea Bezzola (1840-1897), poeti di vena popolare, evocatori dei costumi e delle feste della gente d'Engadina, cui si aggiunsero studiosi e autori come Peider Lansel (1863-1942), nato a Pisa, rinnovatore della poesia romancia, con opere come Primulas (1907), La cullana d'ambras (1912) e Versuins veglias e nouvas (1940), aperte non più solo al tema patetico dell'amore per la natura, ma a valori nazionali, che Lansel esaltò anche con la narrativa e soprattutto con la saggistica. Fu, la sua, un'apertura al realismo che gli raccolse intorno autori come Chasper Pult, Eduard Bezzola, Gian Gianetti Cloetta, realismo che soprattutto trionfò nel suo contemporaneo Schimun Vonmoos (1868-1940). L'amore per questa lingua, se pur non ha dato opere di valore internazionale, ha tuttavia approfondito, ovunque essa è parlata, temi umanissimi di vita. Se ne hanno esempi anche nel teatro di J. Semadeni, in cui sono affrontati i temi della vita contadina e delle tentazioni distraenti della vita di città. Gli stessi temi tornano anche negli autori della valle del Reno anteriore, come Gion Antoni Huonder (1824-1867) che con il suo Il paur suveran (Il contadino sovrano) realizzò un canto sulla vita libera, dura ma di alto valore del contadino e del montanaro. Con Giachen Caspar Muoth (1844-1906) la poesia in sursilvan ha raggiunto addirittura toni epici rimasti insuperati (Tiran Victor, Gion Caldar, Las valeruesas femmas de Lumnezia). Gli sta a fianco nella narrativa Gian Fontana (1897-1935) con una problematica sottile sui valori esistenziali. Accanto ad autori già affermati, in tutti e tre gli aspetti del romancio, vanno citati per il sutsilvan almeno Staafen Loringett e Curo Mani.

Cultura: arte

Dell'epoca romana restano alcuni avanzi di costruzioni monumentali (teatro di Augst, teatro, anfiteatro e mura di Avenches ecc.), mosaici e frammenti di sculture (busto aureo di Marco Aurelio da Avenches). Il più antico monumento religioso interamente conservato è il battistero di Riva San Vitale (Canton Ticino, sec. V), mentre vi sono resti di chiese paleocristiane a St.-Maurice (Vallese) e nelle sedi vescovili di Ginevra, Coira ecc. Nei sec. VI-VII, caratterizzati dalla fondazione di conventi (Romainmôtier, St.-Maurice, San Gallo, 612), l'attività artistica fu modesta. Le più interessanti testimonianze sono fornite dall'artigianato dei metalli e dall'oreficeria religiosa (cassette-reliquiari a St.-Maurice e a Beromünster, sec. VII). Sul finire del sec. VIII si nota una generale ripresa, con la costruzione, per volontà di Carlo Magno, del convento di San Giovanni a Münster (780-786), a pianta di derivazione orientale, che influenzò largamente l'architettura dei secoli seguenti. Degne di menzione inoltre la basilica di St.-Maurice (787), a cori contrapposti, e la cattedrale di Zurigo (853), peraltro ricostruita in seguito. Mentre pochi esempi di scultura (in prevalenza decorativa) sono giunti fino a noi, più numerose sono le testimonianze pittoriche, soprattutto della scuola irlandese di San Gallo. Oltre ai codici miniati, è da ricordare l'opera di Tutilo, primo artista svizzero del quale sia citato il nome. A maestri dell'Italia settentrionale è invece dovuta la decorazione ad affresco della chiesa di Münster (sec. IX), il maggior esempio di pittura carolingia in Svizzera. Dopo un lungo periodo di stasi, con il sec. XI anche in Svizzera si sviluppò l'arte romanica. Sorsero varie basiliche di derivazione lombarda, senza transetto, a una o tre absidi (Spiez, Biasca, Schönenwerd); chiese con due torri in facciata (Einsiedeln); chiese cluniacensi (Romainmôtier, Sciaffusa); chiese episcopali (Basilea, Coira, collegiata di Zurigo). Nel campo della scultura, oltre al diffondersi delle statue lignee, va ricordata la decorazione architettonica, che raggiunge notevoli livelli nel portale del duomo di Basilea, nelle cattedrali di Ginevra e Neuchâtel. Singolare il soffitto di legno (metà sec. XII) di Zillis (Grigioni), con 153 pannelli dipinti. Tra i capolavori di oreficeria romanica sono il paliotto di Enrico II (sec. XI, Parigi, Musée de Cluny) e la croce del monastero di Engelberg (ca. 1200). La prima grande cattedrale gotica, di influsso borgognone, è quella di Notre-Dame a Losanna, iniziata nel 1173. Di stile analogo sono alcune parti della cattedrale di Ginevra, peraltro sensibile a influssi cistercensi. Delle chiese cistercensi sorte in territorio svizzero restano quelle di Bonmont, Hauterive, Kappel e Wettingen, mentre la facciata del duomo di Basilea (sec. XIII-XIV) riflette modi tardogotici francesi. Notevole il gruppo di chiese dei sec. XIII-XIV di stile molto austero, erette dai francescani e dai domenicani, mentre capolavori del tardogotico, durato fino al sec. XVI, sono la chiesa di Sant'Osvaldo a Zug (sec. XV), la Wasserkirche di Zurigo (sec. XV) e la chiesa di San Leonardo a Basilea (1490), quest'ultima ad Hallenkirche. Del periodo gotico sono anche numerosi castelli (Thun, Chillon, Neuchâtel, Aigle), opere di fortificazione urbana, i palazzi municipali di Basilea, Berna e Friburgo e i famosi ponti di legno (Lucerna). La scultura gotica sviluppò notevoli complessi decorativi nelle cattedrali di Losanna, Basilea e Friburgo, mentre continuò una vasta produzione lignea, che ebbe il suo centro più importante a Costanza. Nei sec. XV-XVI Basilea fu il centro di maggior prestigio, vicino allo stile alto-renano. Di elevato livello l'arte vetraria (rosone di Notre-Dame a Losanna, vetrate di Königsfelden, vetrate della cattedrale di Berna), la miniatura e l'oreficeria. Vasta la produzione pittorica, soprattutto cicli di affreschi, nei quali eccelsero Konrad Witz, pittore di vigoroso realismo, e Hans Fries, artista già rinascimentaleggiante. L'architettura rinascimentale, che riflette i caratteri del Rinascimento italiano, ebbe le sue prime manifestazioni nel Canton Ticino al principio del sec. XVI (facciata di San Lorenzo a Lugano, dal 1517; chiesa di San Lorenzo a Locarno, 1528-38), ma verso la metà del secolo il nuovo stile raggiunse Lucerna (Palazzo Ritter, Municipio) e la Svizzera centrale, dove continuò a diffondersi fino ai primi decenni del Seicento. Nei Cantoni francesi invece dominò un'architettura rinascimentale francese goticizzante (Prefettura di Friburgo, Municipio di Ginevra). La scultura conservò un prevalente carattere decorativo, sia di edifici religiosi (San Lorenzo a Lugano, San Agostino a Friburgo, collegiata di Lucerna) sia di case borghesi (Palazzo Ritter a Lucerna). Caratteristiche le fontane (Berna, Friburgo, seconda metà del sec. XVI) con colonne figurate manieristiche. Nella pittura furono artisti stranieri a introdurre in Svizzera i nuovi motivi rinascimentali: B. Luini (affreschi in Santa Maria degli Angeli a Lugano, 1529) nel Canton Ticino, Holbein il Giovane nella Svizzera tedesca. Ai modi del Luini si lega il ciclo di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona, mentre vicini all'arte tedesca sono Manuel Nikolaus Deutsch, Urs Graf, Hans Leu e il miglior pittore svizzero del tempo, Tobias Stimmer di Sciaffusa. Il barocco penetrò in Svizzera tardivamente, intorno al 1650, e fu introdotto da maestri della Germania meridionale, provenienti in gran parte dal Vorarlberg. I primi esempi di costruzioni barocche sono offerti dalle chiese dei Gesuiti a Lucerna (dal 1666) e a Solothurn (1680-88), mentre più tarde sono la ricostruzione della basilica romanica di Muri (1694) in forme barocche esuberanti, la ricostruzione della chiesa dell'abbazia di San Gallo (1755) e la cattedrale dei Santi Orso e Vittore a Solothurn (1763-74), vicina ai modi classicistici. Tra i maggiori architetti barocchi si ricordano Franz Beer e Caspar Moosbrugger nel sec. XVII, i Singer e i Purtschert nel XVIII. I numerosi palazzi e ville sorti soprattutto a Berna, Basilea e Zurigo testimoniano invece l'influsso dei modelli francesi sull'architettura civile, che si caratterizza per le ricche decorazioni a stucco degli interni. La scultura fu diffusa quasi esclusivamente nei Cantoni cattolici ed ebbe caratteri popolari, sul tipo di quella austriaca e bavarese, mantenendosi in genere a un livello artigianale. Sostanzialmente modesta anche la pittura, caratterizzata da decorazioni ad affresco delle chiese, dovute spesso ad artisti tedeschi o italiani. Il maggior pittore ticinese del primo Seicento fu Giovanni Serodine, cui può affiancarsi una serie di buoni ritrattisti del sec. XVIII (J. E. Liotard, A. Graff, e altri). Il neoclassicismo, già preannunciato nella cattedrale di Solothurn, si sviluppò nell'ultimo quarto del sec. XVIII con il Municipio di Neuchâtel e il Kirschgarten (1777) di Basilea. Esso conobbe il suo maggior sviluppo nella prima metà del secolo successivo, specie a opera di Melchior Berri. Vasta fu anche la produzione scultorea, influenzata dalla presenza di Thorwaldsen a Lucerna (A. Trippel, J. J. Pradier). Nel sec. XIX l'architettura seguì, come nel resto d'Europa, varie tendenze eclettiche, rafforzate dal recupero della tradizione medievale locale. Fra i maggiori architetti possono ricordarsi Gottfried Semper, autore di edifici neorinascimentali, e Ferdinand Stadler, caposcuola del movimento neogotico. Interessante la produzione pittorica romantica, anche se il suo maggior esponente, Heinrich Füssli, fu attivo in Inghilterra. Oltre a numerosi paesaggisti (K. Wolf, A. Calame) e a pittori di storia, va ricordata l'opera di due pittori simbolisti, Arnold Böcklin e Ferdinand Hodler, che esercitarono un notevole influsso sulla pittura moderna svizzera. Personalità profondamente rinnovatrice in campo architettonico è stata, nel nostro secolo, quella di Karl Moser, autore di chiese (Sant'Antonio a Basilea) realizzate con strutture in cemento armato, di notevole audacia sperimentale. L'edilizia profana subì, dal 1930, influenze del Bauhaus e dell'opera dello svizzero (ma attivo all'estero) Le Corbusier, nonché dell'architetto Hannes Meyer. Durante la seconda guerra mondiale la contrazione edilizia privilegiò la costruzione in legno (complesso Gwad di Hans Fischli e le case unifamiliari di Max Bill, Paul Artaria ed Ernst Egeler). Nel dopoguerra, con la ripresa economica, è prevalso il modello funzionalista di Werner M. Moser, Senn e Rudolf Steiger. Negli anni Sessanta l'attività architettonica ha avuto come referenti due diverse scuole: una guidata dall'Atelier 5, vicino al Nuovo Brutalismo, l'altra guidata da Franz Füeg che si ispira al purismo miesiano. Negli anni Settanta è nata la scuola ticinese che ha aperto la strada a una revisione critica del linguaggio architettonico rifacendosi alla necessità di una maggiore consapevolezza storica e di un più fedele legame con il classicismo modernista (Luigi Snozzi, Mario Botta, B. Reichlin, F. Reinhart). Successivamente alcuni architetti hanno proposto soluzioni semplificate in cui gli elementi costruttivi si rifanno a forme archetipe primitive. Ne sono esempio gli edifici residenziali di Michael Alder (Ziefen, 1969-70, e Gempen, 1979) e di Ivano Gianola (Novazzano, 1973-74; Castel San Pietro, 1979-80). Dagli anni Novanta architetti di calibro internazionale come R. Piano, P. Zumthor e gli elvetici Herzog & De Meuron, Mario Botta, di Lugano, hanno progettato molti musei in Svizzera e all'estero, oltre a banche, chiese e altri edifici. Lo svizzero Cristian Menn è l'autore del Charles River Bridge di Boston, mentre Peter Zumthor ha progettato le Terme di Vals, e Annette Gigin e Mike Guyer il Kirchner Museum di Davos. Nelle arti figurative si sono registrate diverse correnti vicine alle varie avanguardie europee. Significativo il fatto che proprio a Zurigo, nel 1916, sorse per opera di Arp e altri il movimento Dada. Tra i maggiori artisti svizzeri dei sec. XIX e del XX vanno citati Albert Anker, Arnold Boecklin, Ferdinand Jodler, Paul Klee, che ha determinato gli orientamenti astratti di molta pittura svizzera, e il grafico pubblicitario Hans Erni, attivo in un settore che in Svizzera ha raggiunto un altissimo livello qualitativo. Senza dimenticare gli scultori Alberto Giacometti, Sergio Brignoni, Jean Tinguely autore di installazioni creative con l'utilizzo di rottami, Bernhard Luginbühl celebre per le sue imponenti sculture in ferro realizzate con parti di macchinari e residui industriali. Negli anni Cinquanta, inoltre, Max Bill, ideatore di strutture in metallo e plexiglas, sviluppò, in contrapposizione all'astrattismo, lo stile dell'“arte concreta”, da egli definita “l'espressione pura della misura e della legge armonica”. In Svizzera, inoltre, è nata anche Meret Oppenheim, celebre surrealista, famosa per l'impronta giocosa delle sue opere, dal carattere assurdo e gaio che caratterizza parte dell'arte svizzera contemporanea. Ne è un esempio Cow Parade, una mostra nata nel 1998 da un'idea dello scultuore svizzero P. Knapp e composta da decine di mucche colorate in vetroresina esposte nel centro commerciale di Zurigo; dato l'enorme successo la mostra è stata emulate in seguito in altre città del mondo, quali Chicago, New York, Londra, Sidney e Firenze.

Cultura: musica

Per molti secoli è impossibile parlare di una musica specificamente svizzera: si può solo rilevare come nelle regioni oggi segnate dai confini di questo Paese si sviluppa una vita musicale genericamente partecipe dei caratteri della vita musicale europea, in particolare di quella francese e tedesca. Bisogna ricordare che hanno sede nell'attuale Svizzera i monasteri di San Gallo e di Einsiedeln, importanti nella storia della tradizione gregoriana e in quella della sequenza, e che di origine svizzera erano il troviere Rudolf von Fenis, l'organista H. Kotter e soprattutto un compositore di prima grandezza come L. Senfl (ca. 1488-ca. 1542), attivo in Germania, e un teorico come Glareano (1488-1563). Autonomi sviluppi nell'ambito della musica sacra sono determinati dall'influsso del pensiero di Calvino e di Zwingli. Nei secoli successivi non si trovano che figure minori, tra cui J. M. Gletle (1626-ca. 1684). Come musicista resta un personaggio di limitato rilievo anche J.-J. Rousseau. Il sec. XIX è caratterizzato da una vasta diffusione dell'educazione musicale e del canto corale (grazie anche all'attività di un allievo di Pestalozzi, H. G. Nägeli, 1773-1836) e da una corrispondente crescita della vita musicale, in cui elemento specificamente svizzero sono i numerosi festival (Festspiele) delle associazioni corali. Contemporaneamente si cominciano a delineare tendenze nazionali nell'opera e nella musica sinfonica, con compositori come H. Huber (1852-1921), H. Suter (1870-1926), K. Attenhofer (1837-1914), F. Hegar (1841-1927), É. Jaques-Dalcroze (1865-1950), G. Doret (1866-1943), O. Schoeck (1886-1957). Più vasta notorietà internazionale raggiunsero i maggiori musicisti della generazione successiva, caratterizzati da una fusione tipicamente svizzera di influenze francesi e tedesche: accanto ai più insigni A. Honegger (1892-1955) e F. Martin (1890-1974) si ricordano C. Beck (1901-1989), W. Burkhard (1900-1955), H. Sutermeister (1910-1995) e R. Liebermann (1910-1999). Si devono infine ricordare gli insigni direttori d'orchestra E. Ansermet (1883-1969) e P. Sacher (1906-1999) e il pianista E. Fischer (1886-1960). Non mancano appuntamenti con festival e concerti, tra cui quelli annuali di musica classica come quelli pasquali di Lucerna (che videro 12 mila presenze nel 2003), il Menuhin Festival di Gstaad e lo Snow and Symphony a Sankt Moritz.

Cultura: teatro

Gli antecedenti si possono trovare in remote tradizioni popolari di cui restano tracce in processioni e altre feste del Vallese, del Cantone di Berna e dei Grigioni e nella fioritura teatrale dell'epoca romana, documentata da ruderi di teatri e anfiteatri, tra i quali ha particolare rilievo quello di Basilea. Sono le due linee sulle quali si sviluppa il teatro in Svizzera, e la prima, quella dello spettacolo popolare, è certo la più rilevante. Essa si manifesta nel teatro religioso medievale (nell'abbazia benedettina di San Gallo sono stati trovati i più antichi esempi di dramma liturgico, compresa la prima versione del celebre tropoQuem quaeritis?): l'Osterspiel di Muri e il Weihnachtspiel di Gallo (sec. XIII) sono le prime sacre rappresentazioni in lingua tedesca, ma altrettanto importanti sono la Passione di Lucerna e il ciclo dell'Epifania di Friburgo che risalgono al Cinquecento. Allo stesso secolo appartengono anche i Fastnachtspiele, simili a quelli tedeschi, i primi Tellspiele che evocano le imprese dell'eroe nazionale elvetico, nonché alcuni esperimenti di teatro umanistico legati alla scuola e troncati dal trionfo della predicazione di Calvino. A Ginevra e a Zurigo si emanarono leggi che proibivano ogni forma di spettacolo, ma altrove la situazione era meno negativa, specie nei Cantoni cattolici dove fioriva il teatro gesuitico e si rappresentavano non solo testi religiosi ma anche epopee patriottiche. Dalla fine del sec. XVI cominciarono ad affluire compagnie straniere in tournée che trovarono ospitalità in sedi di fortuna prima che si costruissero teatri permanenti (a Baden nel 1673, a Lucerna nel 1741 ecc.), mentre la tradizione popolare venne accantonata sino al Settecento, quando Rousseau a Ginevra e Sulzer a Zurigo ne esaltarono i valori e ci fu una rinascita dei Tellspiele e di altri generi analoghi. Questa tendenza continuò anche nei secoli successivi con recite del Guglielmo Tell di F. Schiller un po' dappertutto e con spettacoli a carattere storico o religioso, che ancora si ripetono a intervalli irregolari in varie località. Ma l'Ottocento vide anche la nascita di teatri municipali a Berna, Zurigo e Basilea e di sale destinate a ospitare commedie, opere e operette anche nei maggiori centri della Svizzera francese. Questi teatri, e soprattutto lo Schauspielhaus di Zurigo, acquistarono particolare rilievo nel periodo nazista, quando diedero ospitalità ad attori fuggiti dalla Germania e a testi di scrittori tedeschi non rappresentabili in patria. Alle sale municipali si sono affiancati negli ultimi decenni significativi gruppi d'alternativa come l'Atelier di Berna, il Komödie di Basilea, il Theater am Neumarkt di Zurigo, il Théâtre des Faux Nez di Losanna, il Théâtre du Carouge di Ginevra, a testimonianza di una singolare vitalità.

Cultura: danza

Patria di È. Jaques-Dalcroze, riformatore che da Ginevra iniziò la sua opera di elaborazione e diffusione della ritmica, la Svizzera vide anche, negli anni precedenti il primo conflitto mondiale, la nascita ad Ascona, sul Monte Verità, di un'originale colonia di artisti, filosofi, naturisti, dove R. Laban, operando in stretta collaborazione con M. Wigman, già allieva di Jaques-Dalcroze, costituì, dal 1913 al 1919, una comunità di lavoro e di studio delle arti del movimento che stabilì regolari contatti con i dadaisti del Cabaret Voltaire. Attualmente, oltre a una serie di gruppi e piccole compagnie seguaci del modernismo e variamente influenzate da stilemi europei e americani, esistono in Svizzera compagnie di balletto annesse ai principali teatri d'opera a Zurigo, Ginevra, Basilea, Berna, Lucerna, San Gallo. Alcune fra queste hanno raggiunto periodicamente fama e prestigio a livello europeo. A Zurigo ha operato, dal 1964 al 1971, N. Beriosoff, che ha avvicinato la compagnia alla moderna tradizione britannica. A Ginevra la direzione della compagnia fu affidata da G. Balanchine a Patricia Neary (1973-78), che introdusse stile e virtuosismo russo-americani, passando successivamente a dirigere la compagnia di Zurigo (1978-85). A Basilea, lo svizzero Hans Spoerli, direttore dal 1973 al 1991, ha straordinariamente elevato il livello tecnico e artistico della compagnia facendone un complesso di prestigio internazionale. Un caso a parte è Losanna, sede dal 1973 del prestigioso Prix de Lausanne e dove, dal 1988, si è trasferito da Bruxelles Maurice Béjart, dando vita al Béjart Ballet Lausanne, sciolto nel 1992 per fondare, sempre a Losanna, il centro di formazione interdisciplinare Rudra.

Cultura: cinema

Sulle origini del cinema a Losanna e Ginevra dal 1895 al 1914, prima avvolte nella nebbia, ha fatto qualche luce uno studio del 1964 della Cinémathèque Suisse, fondata a Losanna nel 1948 e, sotto la guida di F. Bauche, votata al recupero del patrimonio nazionale. Le riesumazioni e le scoperte fino al 1940 riguardano il cinema d'animazione (il cortometraggio Monsieur Vieux-Bois, 1921, di Lortac e Calvé, l'opera di J. Pinschewer), il primo film di ambizione internazionale (Les origines de la Confédération, 1924, di É. Harder), La vocation d'André Carrel (1925) di J. Choux con M. Simon, Rapt (1933) di D. Kirsanoff musicato da A. Honegger e L'or dans la montagne (1939) di M. Haufler, l'esistenza di una Revue suisse du cinéma dal 1919 al 1927 e il congresso di cineasti a La Sarraz nel 1929, cui parteciparono Ejzenštejn e Tissé, Richter e Ruttmann, Moussinac e Balázs. Nel periodo sonoro le difficoltà si accentuarono a causa del trilinguismo, mentre la soggezione culturale alla Francia e alla Germania, per non dire all'Italia, mantenevano il cinema svizzero in una situazione di immobilismo. Solo la seconda guerra mondiale provocò un primo risveglio, specialmente a opera del viennese L. Lindtberg con Lettere d'amore smarrite (1940) e L'ultima speranza (1945), e di V. Schmidely e H. Trommer con la loro bella riduzione per lo schermo del racconto di G. KellerRomeo e Giulietta al villaggio (1941). Ma la nascita di un cinema elvetico di qualità, reclamato invano per decenni, è fenomeno preparato negli anni Sessanta e verificatosi negli anni Settanta. I maggiori incentivi si dovettero non tanto alla “legge d'aiuto” federale (1962-64), quanto all'influsso positivo della televisione, dei suoi metodi d'inchiesta e della sua apertura culturale, allo stimolo annuale del Festival di Locarno, nato nel 1947, tra più importanti appuntamenti cinematografici internazionali che dà spazio alle produzioni di tutto il mondo, alla presenza di una nuova generazione e dei lavoratori immigrati che favorirono una presa di coscienza sociale. Tra gli anticipatori del movimento vanno annoverati, nel 1964, i film-inchiesta La Svizzera s'interroga di H. Brandt e Siamo italiani di A. J. Seiler. Nel 1970 Blackout di J.-L. Roy fu un'opera-chiave sul filisteismo piccolo-borghese, mentre l'immigrato italiano A. Bizzarri iniziava con Il treno del Sud una trilogia proseguita con Lo stagionale (1972) e Il rovescio della medaglia (1973). Lanciati intanto da un lavoro televisivo di notevole livello, a Ginevra C. Goretta, M. Soutter e A. Tanner davano vita a un cinema romando d'autore: il primo con Le fou (1970) e con L'invito (1973), il secondo con Les Arpenteurs (1972), il terzo con La salamandra (1971). Del cinema svizzero tedesco i principali esponenti furono D. Schmid (Stanotte o mai più, 1972; La Paloma, 1974), Th. Koerfer (La morte del direttore del circo delle pulci, 1973; L'aiutante, 1975), M. Imhoof (Rischio di evasione, 1974), P. von Gunten (L'estradizione, 1973), R. Lyssy (Confronto, 1975) autore anche di Die Schweizermacher (1978), commedia satirica sulle difficoltà che gli stranieri incontrano per acquisire la cittadinanza svizzera, considerato uno dei maggiori successi del cinema locale. Quanto al cinema ticinese, oltre ad aver dato con R. Berta un operatore di primissimo piano, fu quello che, sull'esempio di Bizzarri, più direttamente affrontò i temi del lavoro. Questa corrente si sarebbe poi approfondita, in lingua tedesca, nei documentari a lungometraggio di carattere storico-politico. Aprendosi alla collaborazione con la Francia, i tre “padri” del cinema romando hanno continuato tuttavia il loro percorso peculiare: Goretta con La merlettaia (1977) e La morte di Mario Ricci (1983); Soutter con Repérages (1977) e L'amour des femmes (1981); Tanner con Jonas che avrà 20 anni nel 2000 (1976) e Dans la ville blanche (1983), Fredy Murer, con Höhenfeuer (1985), che tratta il tema delicato dell'incesto in uno sperduto paese di montagna, e Les Petites Fugues (1979), storia di un garzone di fattoria che scopre il mondo e se stesso nel corso di un viaggio in motocicletta, eletto nel 2001 il miglior film svizzero di tutti i tempi. Va ricordato, infine, R. Dembo, che nel 1985 ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero con La diagonale du fou (Mosse pericolose). Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, un altro film svizzero vince l'Oscar per il miglior film straniero (1991). Si tratta di Journey of Hope, diretto da Xavier Koller, che racconta le vicissitudini di una famiglia curda emigrata in Svizzera. Tanner conferma la sua felicità creativa con No Man's Land (1985), Una fiamma nel mio cuore (1987), La femmina di Rose Hill (1989) e si registra l'affermazione comunque all'interno del cinema italiano del ticinese S. Soldini (L'aria serena dell'Ovest, 1987; Un'anima divisa in due, 1993). Meno felice diviene invece il percorso creativo di Goretta con Si le soleil ne revenait pas (1987) e Le courage de parler (1988) e di Schmid con Fuori stagione (1992), che però ottiene un successo maggiore oltre confine con Gli ultimi giorni della Svizzera (1999). La produzione cinematografica svizzera resta comunque ancora minore rispetto a quella di altri Paesi dell'Europa, forse a causa del suo dipendere dai sussidi statali, non sufficienti per una filmografia che presuppone opere in francese, tedesco e italiano. Ciò però non sembra penalizzare la creatività, anche quella emergente, premiata al Festival Internazionale di Locarno dal concorso Nuovi Talenti Svizzeri, dedicato alle scuole cinematografiche di Ginevra, Losanna e Zurigo.

Bibliografia

Per la geografia

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Per la preistoria

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Per la letteratura

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Sulla letteratura romanda: M. Gsteiger, La nouvelle littérature romande, Zurigo, 1972; D. Bevan, Ecrivains d'aujourd'hui. La littérature romande en vingt entretiens, Losanna, 1986. Sulla letteratura italiana: P. Bianconi, La Suisse italienne, in “Panorama des littératures contemporaines de Suisse”, Losanna, 1938; P. Fontana, Francesco Chiesa, in “I contemporanei”, IV, Milano, 1974; idem, Arte e mito della piccola patria, Milano, 1974.

Per l'arte

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