Lessico

sm. [sec. XIII; dall'ant. francese romanz, dalla loc. latina romaníce (loqui), parlare in una lingua romana].

1) In origine, componimento in prosa o in versi, scritto in lingua volgare, che narrava imprese cavalleresche.

2) In epoca moderna, narrazione in prosa, di largo respiro, che racconta fatti reali o immaginari, ma verosimili, di uno o più personaggi. In particolare: romanzo ; romanzo a fumetti, realizzato con la tecnica dei fumetti; romanzo ; romanzo giallo o poliziesco; romanzo rosa, che narra vicende d'amore con finale lieto; romanzo fiume, assai lungo; romanzo sceneggiato, adattamento scenico per la trasmissione televisiva. Fig., di fatti incredibili, che sembrano inventati: la sua vita è un romanzo.

Letteratura: le origini

Il romanzo si identifica con la narrazione di vicende o con l'analisi dei sentimenti e degli stati d'animo di uno o più personaggi su uno sfondo storico o di fantasia. Protagonisti di fatti, o di meditazioni, o di ricordi, o di astrazioni i personaggi vivono o contemplano la loro vita o la considerano in un quadro che attraverso i secoli è stato ascritto al genere romanzo , senza che del romanzo sia possibile dare una definizione in assoluto. Dalle lontane origini il romanzo trova una prima testimonianza in forma di narrazioni approssimative nell'Egitto della XII dinastia (l'esempio maggiore è dato dalla Storia di Sinuhe), in quello stesso Paese che più tardi sarà la culla delle Mille e una notte. Nell'antichità greca, soprattutto in età ellenistica e durante l'Impero romano, il romanzo come genere è già attestato. Alcuni ne collegano l'origine con le storie sentimentali che si trovano per esempio nella Ciropedia di Senofonte; altri con episodi narrati dagli storici e da poeti e drammaturghi, o di biografie romanzate, in cui predominano i casi della fortuna e l'ambiente esotico. I primi romanzi compiutamente definiti di cui si ha notizia si possono datare nel sec. I a. C. (Romanzo di Nino); dei sec. I-III d. C. è però il nucleo più importante: opere di Caritone (sec. I); di Achille Tazio, Giamblico, Luciano, Senofonte di Efeso (sec. II); Eliodoro (sec. III). Caratteristica del romanzo greco è la sua rigidità: si narra di solito la storia di due giovani innamorati che prima di coronare felicemente il loro amore devono passare attraverso una serie di peripezie (tempeste, rapimenti di pirati, fughe); il caso, con capovolgimenti improvvisi di situazioni, riconoscimenti, sospetti e chiarimenti, domina sovrano questi intrecci, non molto dissimili dunque da quelli della commedia nuova di età alessandrina. Non esiste un impegno dell'autore per la delineazione dei caratteri o dell'ambiente sociale; la meraviglia delle vicende prevale anche sui sentimenti e lascia solo il posto a qualche squarcio realistico. Di qui anche lo scarso interesse che questa produzione a lungo andare presenta. Il discorso è diverso solo per i due romanzi latini di Petronio (sec. I) e di Apuleio (sec. II), il Satyricon e Le Metamorfosi o L'asino d'oro, dotati di ben altro impegno e genialità; una tendenza a sé è poi riscontrabile ne Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista (sec. III), sentimentale e arcadico. Se la cultura occidentale appare più raffinata nelle sue creazioni, con una precisa differenziazione in generi che andò sempre più chiarendo le diverse espressioni d'arte, l'Oriente non mancò di offrirci i suoi modelli. Dell'India del sec. VII ca. sono i lunghi racconti di Bāna, nel Giappone del sec. XI nacque il Genji Monogatari, nella Cina dei sec. XIII-XIV il romanzo popolare trovò le sue prime affermazioni ed esplose nel vigore del Chin P'ing Mei (sec. XVI) cui si aggiunse, un secolo dopo, il trionfo del Sogno della camera rossa. Ma se è possibile trovare radici così lontane e così diverse al romanzo va precisato che il termine neolatino romanz fu creato dai Francesi dell'Alto Medioevo per indicare le composizioni letterarie di carattere narrativo con elementi avventurosi, didascalici o morali come i poemi cavallereschi del ciclo bretone. Solo in tempi recenti, all'origine delle moderne letterature europee, il termine definì le composizioni narrative, in prosa o in versi, di largo respiro.

Letteratura: i primi esempi di narrazione in prosa

Il romanzo può essere epistolare, se scritto sotto forma di lettere; storico, quando a episodi storici o comunque posti entro una cornice storicamente probabile s'intreccia una vicenda immaginata dall'autore; psicologico, se la narrazione tende a rivelare soprattutto gli stati d'animo e le vicende interiori dei personaggi; a tesi, a chiave, realistico), veristico, neorealistico. Al genere popolare appartiene il romanzo di cappa e spada, di appendice (pubblicato a puntate su un quotidiano o un periodico), poliziesco, giallo, rosa (per un pubblico femminile), di fantascienza e fantapolitica, a fumetti, satirico, umoristico, nero (gotico o del terrore). Secondo l'ampiezza, il romanzo può essere breve, oppure può distendersi in un ciclo di numerosi volumi: romanzo -fiume è definizione moderna, sull'orma delle antiche saghe. Fino al sec. XVI potrebbero definirsi romanzi molte composizioni narrative: carattere romanzesco hanno per esempio nel Medioevo le opere del francese Chrétien de Troyes (seconda metà del sec. XII), e le altre, di autori noti o ignoti, che hanno per tema le imprese dei cavalieri della Tavola Rotonda, le vicende di Tristano e Isotta, il Santo Graal, ecc. Accanto a questi, compaiono in Francia, sempre nel sec. XII, e quasi contemporanei, i romanzi -poemi del ciclo classico, derivati da elaborazioni di temi e soggetti latini e greci, come il Roman de Thèbes, il Roman de Brut, il Roman d'Alexandre, il Roman de Troie, ecc., che fornirono ampia materia alla stessa letteratura cortese. Il periodo in cui il romanzo , inteso come narrazione in prosa, cominciò a distinguersi dalla narrazione in versi, è il Duecento; quando cioè, perdendo molto del loro substrato cortese, le tradizionali opere destinate al ristretto pubblico delle corti feudali vennero offerte alla molto meno raffinata borghesia mercantile. Se d'altra parte i romanzi di Lancillotto, di Fioravanti, di Buovo di Antona, lo stesso Tristano che si conserva alla Riccardiana di Firenze e altre narrazioni come i Conti di antichi cavalieri, Il libro dei sette savi di Roma, i Fatti dei Romani (e di Cesare) mancano di originalità, per la chiave e le vicende eternamente ripetute, va rilevato che nel sec. XIV il fiorire di una narrativa nuova si osservò in Italia, dove il Boccaccio scrisse gioielli come Filocolo, Ninfale d'Ameto, L'elegia di Madonna Fiammetta). Nel sec. XV, altrettanto vicine al romanzo inteso nel senso moderno, e al poema cavalleresco, comparvero numerose opere anonime, ma sono particolarmente degni di nota i romanzi di Andrea da Barberino, ancora diffusi fino a pochi decenni fa tra il popolo delle campagne (Storie Narbonesi, Ugone d'Alvernia, Reali di Francia, Guerrin Meschino, Rambaldo, ecc.). Tuttavia l'opera di maggior impegno, considerata tra i primi esempi di narrativa moderna, nacque in Francia nel secolo successivo con F. Rabelais, che scrisse il suo Gargantua et Pantagruel con un vigore, una ricchezza di lingua e una serie di avventure intercalate da meditazioni tali da rendere le sue pagine immortali. Toccò invece alla Spagna regalare al mondo uno dei primi e più alti esempi di romanzo popolare con Lazarillo de Tormes, opera attribuita via via a Sebastián de Horozco, Diego Hurtado de Mendoza e a Fray Juan de Ortega. Il breve romanzo, vero e proprio fuoco d'artificio di avventure in cui un ragazzo conquista giorno per giorno l'arte del vivere, è il primo capolavoro di un genere (letteratura picaresca) che ebbe echi straordinari nella Spagna secentesca e che in un certo senso fece da tessuto al Don Chisciotte di Cervantes, romanzo perfetto, uno dei più alti della letteratura mondiale e indubbiamente il capolavoro per eccellenza di quella spagnola. La lezione non conquistò però immediati discepoli. L'ineguagliabile Cervantes, che pur ha fatto vivere con splendida naturalezza e mirabile disinganno popolani e nobili, volse sul finir della vita a temi più leggeri. Sulla storia corposa di una Spagna potente, gonfia di ricchezze e di illusioni, scavata di miseria nel sostrato popolare, lo stesso Cervantes sparse acqua d'arancio nelle sue ultime pagine, e l'Italia, che con Boiardo, Pulci e Ariosto aveva offerto storie rutilanti in poesia, cantato fatti d'arme e d'amore facendosene schermo per avventurarsi nei labirinti dell'inverosimile, con sottilissimo intento parodistico satirico, si preparava ad accogliere la lezione francese, con la moda del racconto lungo in cui la tradizionale materia cavalleresca cedeva il campo alle forme del sentimentalismo moderno: il romanzo eroico-galante, inaugurato da Gomberville, da La Calprenède e da M.lle de Scudéry, trovò eco nel Calloandro (1641) di G. A. Marini, e in altri, che hanno l'unico merito di aprire la strada al romanzo settecentesco e ottocentesco europeo, superando definitivamente il poema cavalleresco. Un prodotto evoluto dal romanzo pastorale, con evidenti influssi italiani, è la Diana dello spagnolo Jorge de Montemayor, in cui domina il tema neoplatonico della bellezza irraggiungibile. L'Inghilterra dal canto suo oscillava tra gli influssi italiani, francesi e iberici. Il primo tentativo di romanzo è apparso, nel Cinquecento, col didascalico Euphues di J. Lyly, ispirato a Boccaccio e ai trattati d'amore italiani, anticipazione di quel barocchismo letterario che in Inghilterra prese il nome di eufuismo e che altrove si chiamò preziosismo, marinismo e gongorismo. Gli ideali pastorali e cavallereschi tornarono in un'originale veste alessandrina nell'Arcadia di Philip Sidney, ispirata anch'essa all'Arcadia del Sannazzaro e alla Diana di J. de Montemayor: ma la letteratura inglese dovette attendere quasi un secolo prima di arricchirsi di due capolavori: i Gulliver's Travels di J. Swift – romanzo di satira sociale – e il Robinson Crusoe di D. De Foe, vero esempio di romanzo moderno così come, dello stesso autore, Moll Flanders fu una precisa apertura al realismo per audacia e spregiudicatezza, rivelatrice di un certo tipo di moderna letteratura. Intanto in Francia, il sec. XVII si inaugurava con l'Astrea (in 5 vol.) di H. d'Urfé, un tipo di romanzo pastorale in cui l'ideale di preziosismo e di mondanità caratterizzò il gusto del Paese per una cinquantina di anni, analogo agli altri movimenti letterari europei dove la raffinatezza di immagini si tradusse in barocche metafore, il ridondante purismo sconfinò nel lezioso, l'artificiosità del contenuto creò un ricercato quanto irreale mondo di sogno. Nel 1678 apparve il capolavoro della narrativa francese del Seicento, il primo romanzo psicologico che esprime con perfetto equilibrio e semplicità una vicenda d'amore e di sacrificio: La principessa di Clèves di M.me de La Fayette. In Germania, nei primi anni del secolo, comparvero alcuni romanzi di avventura ed eroico-galanti a imitazione dei modelli francesi, spagnoli e italiani (Philipp von Zesen, A. U. von Braunschweig, ecc.), contemporaneamente nasceva il cosiddetto Schelmenroman, corrispettivo del romanzo picaresco, che ha il suo capolavoro nell'Avventuroso Simplicissimus di H. J. Ch. Grimmelshausen, trasferimento nella letteratura picaresca di un sentimento generoso di giustizia che la lotta per la vita non soffoca. Ma la grande fioritura del romanzo settecentesco avveniva ancora una volta in Francia. Il romanzo non si affidava più a un solo genere: diventò satira, utopia, critica sociale, analisi di costume, ricerca dell'esotico, indagine filosofica. Superato il racconto sentimentale di Richardson (Pamela), presa coscienza del vigoroso, vivace, esplosivo Tom Jones di Fielding, la Francia si espresse in un gioco d'artificio di straordinaria lucidità, dalla Vita di Marianna al Villan rifatto di Marivaux, dalla Manon Lescaut di Prévost al Paolo e Virginia di Bernardin de Saint-Pierre, dalle Relazioni pericolose di Choderlos de Laclos al Candide di Voltaire, dal bizzarro Giacomo l'idealista di Diderot alla conturbante La monaca dello stesso. La Germania, alla vena del Simplicissimus, rimasto capolavoro isolato, fece seguire i romanzi storico-filosofici volterriani dell'illuminista Wieland, che aprì la strada al Bildungsroman, cioè al romanzo autobiografico intimista e filosofico (il cui esempio più classico è stato nel secolo successivo il Wilhelm Meister di Goethe), e soprattutto la fantasiosa, sovrabbondante opera narrativa di Jean Paul, che elevò il romanzo a genere letterario privilegiato.

Letteratura: il Romanticismo

L'Ottocento fu il grande secolo del romanzo europeo. Il romanticismo, la rivoluzione industriale, un sempre crescente predominio della borghesia in tutti i campi sociali, favorirono l'invenzione di nuove tematiche e la ricchezza di autori e opere in questo genere che meglio si prestava a indagini e a narrazioni realistiche e problematiche, a sempre nuove esperienze stilistiche delle quali vennero a partecipare in maniera originale anche letterature, come quella russa e quella nordamericana, che fin ad allora non erano uscite dall'ombra. Intanto il romanzo sentimentale goethiano (Werther) influì, anche contro ogni sua negazione, sul nostro Foscolo (Ultime lettere di Jacopo Ortis), sul Constant dell'Adolfo, sul Musset della Confessione di un figlio del secolo. E fu questo un punto di partenza cui seguì il momento felice del romanzo storico con Walter Scott in Inghilterra, Manzoni, i suoi seguaci e Nievo in Italia, e i capiscuola del romanticismo francese, Vigny e Victor Hugo, fino al romanzo di vita contemporanea, che ebbe in Stendhal col suo Rosso e Nero e con la Certosa di Parma un cronista e uno psicologo finissimo nel far vivere personaggi e atmosfera di un preciso momento storico, in Balzac, col suo ciclo della Commedia umana e col Flaubert di Madame Bovary i creatori insuperati del romanzo realista, sia pur ancora carico di romanticismo. Nasceva in quel momento il romanzo moderno, che esalta l'ascesa della borghesia urbana e contadina dopo la dissoluzione dell'aristocrazia e il manifestarsi della potenza dell'economia sulle passioni individuali e sociali. Realistici fino alla nudezza furono risolutamente Maupassant e Zola, oltre ai fratelli de Goncourt, creatori del romanzo “naturalistico”. Sulla problematica di questi artisti influirono le teorie scientifiche del tempo, la filosofia positivistica e in particolare il determinismo di Taine. In Inghilterra, il pessimismo naturalistico, dopo le esperienze umanitarie di Dickens e il calcolato umorismo di Thackeray, ebbe caratteri assai diversi da quello francese, a causa della lunga tradizione nazionale di realismo narrativo. Th. Hardy superò i termini del naturalismo col suo fosco senso del destino, mentre A. Bennett fu più vicino a Zola e al romanzo russo, R. L. Stevenson e R. Kipling ricrearono il romanzo di avventure col gusto lirico della leggenda e della fiaba, e Conrad fu il rinnovatore del romanzo marinaresco. Al verismo francese fece riscontro in Italia il verismo di Verga, con I Malavoglia e Mastro don Gesualdo, di Capuana, in un filone che continuò nella prosa densa della Deledda, nella dialettica sofisticata di Pirandello. Nel panorama europeo, con peso determinante, si pongono invece i russi. Dostoevskij occupa uno dei primi posti fra i grandi della letteratura mondiale per la complessa profondità della sua problematica, l'analisi psicologica finissima e la conoscenza dell'anima umana, l'intuizione geniale dei motivi primordiali e metafisici della vita. Alla tragicità della sua arte si oppone Lev Tolstoj che in un tono quasi sempre epico, per cui la sua narrazione appare pacata e oggettiva perfino dove egli tratta delle tormentose e assillanti esperienze personali, va alla ricerca del reale significato della vita; senza questa soluzione nulla potrebbe avere per lui alcun valore, mentre Turgenev e Gogol riferiscono sul dolore cupo, immenso della loro terra, disperando della salvezza. Il realismo russo ricevette nuovi fermenti anche dopo la rivoluzione e dette nuovi straordinari narratori, da Gorkij a Šolochov, Babel, Pilnjak, Erenburg, Pasternak, Bulgakov e Solženicyn. Alla grande perdurante tradizione realistica russa si oppose in Francia un altro momento fondamentale del romanzo, il rifiuto del realismo da parte di alcune figure di primo piano della narrativa: A. Gide fece confluire tutti i motivi spirituali del suo tempo, accettati nelle loro contraddizioni, nel suo “immoralismo” aristocratico e appassionato. Assertore della gratuità dell'atto umano, del non-conformismo, dell'avventura perpetua fuori di ogni tradizione e di ogni norma morale, Gide venne presto in conflitto coi dettami calvinisti e col rigido ambiente in cui era stato allevato. L'intuizionismo filosofico di Bergson, gli studi di psicologia e di psicanalisi cooperarono inoltre al sorgere di una letteratura che abbandonò l'oggettivismo realistico e creò un nuovo “tempo”, quello della memoria. Massimo tra gli autori di questa tendenza, col grandioso recupero del proprio passato e la raffigurazione di un'intera società, fu M. Proust col ciclo in 7 vol. Alla ricerca del tempo perduto.

Letteratura: il Novecento

Anche dall'esistenzialismo nacque una letteratura molto ricca nel periodo che precedette e che seguì la II guerra mondiale: essa cercò di dimostrare l'assurdità della condizione umana con le opere di A. Camus, l'ambiguità di ogni morale con quelle di S. de Beauvoir, la libertà angosciosa e la tragica necessità di una scelta con quelle di J.-P. Sartre. Tali esperienze forse non sarebbero state possibili senza l'influsso di narratori come Kafka, che nel suo Processo, come nei Racconti, ha dato dimensioni e volumi soffocanti al tema dell'angoscia generata dall'assurda condizione dell'uomo, o come Malraux, che ha teorizzato l'azione come mezzo risolutivo per cambiare la Condizione umana, o come Lawrence, il cui sperimentalismo ha aperto nuove finestre nelle passioni nascoste, o come Joyce in cui confluiscono sentimenti e passioni nel gioco complementare delle sovrapposizioni di esperienze. A Joyce in Italia si ispirò, almeno su un piano esterno, I. Svevo in La coscienza di Zeno, che per altri aspetti si muove tra verismo e decadentismo, come, in tutt'altra dimensione, D'Annunzio, autore anche di romanzi psicologici, mentre l'influenza del simbolismo francese e dell'estetismo inglese si riflette sul romanzo spiritualistico della borghesia cattolica e agraria dell'Italia settentrionale, in particolare sulle opere di A. Fogazzaro. In Spagna, dopo l'esperienza del costumbrismo, ispirato a una critica della vita sociale e a una ricerca di elementi pittoreschi del costume popolare e regionale, dopo il passaggio sensibile di P. A. de Alarcón e di J. Valera, il massimo realista dell'Ottocento spagnolo è B. Pérez Galdós, che è stato paragonato a Balzac per la gigantesca opera narrativa, in cui rivive tutta la storia spagnola del sec. XIX. La tradizione del moderno romanzo spagnolo fu continuata soprattutto da A. Palacio Valdés e ricevette nuove linfe dal movimento della Generazione del '98 (Unamuno). Le varie esperienze europee avevano risvegliato, tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento, l'interesse e la vitalità di numerosi narratori nordamericani, da Hawthorne con la sua Lettera scarlatta a Melville con Moby Dick a Poe con Le avventure di Gordon Pym. La grande generazione dei narratori statunitensi è quella, che si suole chiamare “perduta”, degli scrittori anarcoidi che, disillusi e amareggiati, vennero in Europa dopo la I guerra mondiale, particolarmente a Parigi, dove la scrittrice Gertrude Stein li introdusse alle più avanzate forme di prosa contemporanea. Un acuto pessimismo, unito alla coscienza della crisi della cultura, ispirò a molti di loro romanzi e racconti di un amaro lirismo (letteratura della sconfitta): ironici come quelli di F. Scott Fitzgerald (Il grande Gatsby), o stoici, come quelli di E. Hemingway. Le stesse esperienze vissero J. Dos Passos, W. Faulkner e altri. Una linea ininterrotta lega il naturalismo della fine del secolo con il neorealismo della vita provinciale (Sherwood Anderson), coi ritratti di vita contemporanea (Sinclair Lewis), coi romanzieri del periodo del New Deal e persino con quegli autori che vorrebbero essere di rottura, la generazione dei beatniks dal padre putativo H. Miller a Kerouac, a Burroughs, ecc. Altri fermenti vivificano la letteratura europea del nuovo secolo. In Germania, fino a quel momento chiusa e provinciale, Th. Mann aprì un discorso a livello mondiale assurgendo improvvisamente alla celebrità nel 1901 con un'opera improntata al realismo ottocentesco, I Buddenbrook. Accanto a lui va ricordato l'eccezionale gruppo di romanzieri di lingua tedesca che caratterizzò la prima metà del secolo: A. Döblin, H. Hesse, F. Kafka, F. Werfel, H. Carossa, E. Wiechert, R. Musil, H. Broch, E. Canetti, e alcuni fra gli aderenti al Gruppo 47 formatosi nel secondo dopoguerra (A. Andersch, H. Böll, G. Grass). Meno ricca la fioritura nei Paesi scandinavi, ma altrettanto valida per la presenza di autori come la svedese S. Lagerlöf, del danese J. P. Jacobsen, dei norvegesi K. Hamsun e S. Undset. Nel secondo dopoguerra, anche l'Italia è presente con autori di livello europeo, con fisionomie assai diverse, ma tutti tendenti alla riscoperta del reale, da Pavese a Moravia, da Vittorini a C. E. Gadda, a Pratolini, a Calvino, alla Morante, a Volponi, ecc. Una tendenza, questa, che ha investito tutto il romanzo europeo: superata la tematica della denuncia, la narrativa contemporanea si è inserita nel campo più complesso e meditato del “realismo storico” e ha tentato nuovi esperimenti come ha fatto per esempio l'École du regard, o del Nouveau Roman, proponendosi di superare le esperienze della neoavanguardia per ottenere una rappresentazione “oggettuale” della realtà secondo una tecnica che è propria del cinematografo. Hanno fatto riscontro ai beatniks americani e agli innovatori francesi i giovani arrabbiati inglesi con alla testa Osborne, mentre la narrativa sudamericana si è imposta con i capolavori realisti poetici, intellettuali astratti o di rutilante sanguigna fantasia di Icaza, Borges e García Márquez. Dopo il boom del romanzo latino-americano, negli anni Settanta del sec. XX nuovi autori hanno mantenuto viva in Sudamerica una narrativa che sembra aver superato la fase del localismo e della polemica per farsi esistenzialista e intimista, al pari della narrativa universale. Così, negli USA, la società dei consumi con le sue nuove mitologie e la civiltà dei mass-media, insieme a una rilettura del pensiero filosofico europeo, sono i materiali di cui si compone il romanzo postmoderno che, nella scomposizione della struttura tradizionale del genere, esprime la nuova alienazione dell'uomo nella società postindustriale. Il disagio dell'intellettuale in un mondo ormai privo di punti di riferimento si esprime, agli inizi degli anni Ottanta del sec. XX, in un ritorno alla narrativa realistica nella corrente minimalista, che ha in Carver il suo caposcuola. In Gran Bretagna la reazione al clima neovittoriano provocato dal tatcherismo è stata scatenata da un drappello di narratori politicamente impegnati e progressisti, affiancati dai rappresentanti del filone anglo-indiano e delle ex colonie. Autori tra loro diversi ma accomunati dall'interesse per le tematiche dell'emarginazione e della povertà. Il crollo del Muro di Berlino ha comportato per la Germania la scoperta di un mondo letterario, quello dell'Est e del dissenso, vissuto per anni autonomamente al di fuori del riconoscimento internazionale, che ha recuperato l'interesse per il romanzo di lingua tedesca. Nel nostro Paese il senso di incertezza e di vuoto lasciato dalla neoavanguardia ha determinato, a partire dagli anni Settanta del sec. XX, l'assenza di tendenze facilmente classificabili. Si individuano piuttosto percorsi caratterizzati da una più vasta libertà di scelta, che va dal ritorno al romanzo storico di ampio respiro all'accentuazione della violenza contenutistica, spesso accompagnata da una totale indifferenza per la forma e per la stessa grammatica, all'attribuzione di un ruolo da protagonista al linguaggio stesso.

Bibliografia

Per il romanzo in Italia

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Per il romanzo in America

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Per il romanzo in Russia

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