Lessico

sm. [sec. XIII; latino medievale (caseum) formaticum, (cacio) messo in forma, tramite l'antico francese formage]. Prodotto alimentare, derivato fondamentale del latte, definito dal Congresso internazionale per la repressione delle frodi nei prodotti alimentari “prodotto della maturazione della cagliata, ottenuto mediante coagulazione presamica o acida del latte intero, scremato parzialmente oppure totalmente, con o senza aggiunta di coloranti e di sale, sufficientemente liberato dal siero di latte”.

Processo di lavorazione

Il formaggio si ottiene da una successione di operazioni che comprendono: la cagliatura, l'estrazione, la rottura, la cottura e la compressione della cagliata e infine la salatura e la maturazione o stagionatura. Per la cagliaturasi riscalda il latte in caldaie di diverso tipo secondo il formaggio che si vuole ottenere. Raggiunta la temperatura voluta, il latte viene trattato col caglio, o presame, che produce la coagulazione della caseina. Può rendersi necessaria l'utilizzazione di appositi ceppi batterici selezionati, che facilitino le fasi di caseificazione e la successiva maturazione, soprattutto quando trattamenti di pastorizzazione troppo drastici abbiano impoverito la naturale microflora del latte. Si tratta di batteri lattici (Streptococcus termophilus, Streptococcus lactis, Lactobacillus helveticus, ecc.), propionici (nel caso dell'emmental) o di muffe (Penicillium) per i formaggi a maturazione fungina. Quando il coagulo ha acquistato la consistenza voluta (cagliata) viene tolto dalla caldaia e si passa alla sua rottura che ha lo scopo di accelerare la separazione della parte liquida (siero). Questa operazione permette di ridurre i grumi caseosi alle dimensioni di un fagiolo, o, in altri casi, in fette. Se si vogliono ottenere formaggi cotti, il materiale spurgato si riporta nella caldaia e si scalda lentamente sino a 60 ºC, agitando di continuo: in questo modo si compie lo spurgo dei grumi caseosi. Per ottenere formaggi a pasta gialla a questo punto si aggiunge dello zafferano. Dopo aver ottenuto la cagliata, questa viene messa in forme adatte dove si asciuga per sgocciolamento a pressione ordinaria per 24 ore (formaggi a pasta molle) o per pressione lenta e graduale con piccoli torchi di diverso tipo (formaggi a pasta dura). Queste prime operazioni vengono designate anche come caseificazione. La successiva salatura viene fatta per aumentare la durata di conservazione del formaggio, per conferirgli un miglior sapore, per facilitare la formazione della crosta. Può essere eseguita in pasta, aggiungendo del sale comune alla cagliata sminuzzata, oppure per immersione delle forme in una soluzione di cloruro sodico. È anche utilizzata la salatura superficiale che consiste nello strofinare le facce e lo scalzo del formaggio con sale in polvere. Durante la permanenza nei locali di conservazione, il formaggio matura, cioè si manifestano tutti quei processi che finiscono per conferirgli gusti e odori caratteristici. È durante questa fase, infatti, che hanno origine i numerosi processi di carattere microbiologico che provocano diverse modifiche nella composizione complessiva del formaggio e che possono essere ricondotti prevalentemente alla demolizione della caseina (con produzione di sostanze azotate quali peptidi e amminoacidi), del lattosio in acido lattico (la cui presenza è essenziale per prevenire lo sviluppo di specie batteriche dannose), delle sostanze grasse con produzione di prodotti volatili responsabili del gusto e dell'aroma finali e, infine, alla disidratazione per evaporazione, processo indispensabile che risente delle condizioni di umidità e temperatura dei locali di conservazione e che ha un andamento differente a seconda del tipo di formaggio: più accentuato per i formaggi a pasta dura, meno rilevante per quelli a pasta molle. La maturazione può essere completata in pochi mesi oppure richiedere due o più anni. Alla fine del processo di maturazione, il formaggio è pronto per essere messo in commercio. Accanto ai sistemi tradizionali di caseificazione, esistono dei metodi di moderna ideazione che, applicati a livello industriale, consentono di meccanizzare le diverse fasi dell'intero processo, riducendo il fabbisogno di manodopera, e di ottenere formaggi con caratteristiche qualitative più uniformi e standard.

Classificazione e tipologie

I formaggi vengono ricavati da latte di vacca, di capra, di pecora, di bufala, di cammella e di altri erbivori utilizzati dall'uomo per la produzione di latte; talvolta si usa mescolare insieme varie qualità di latte. Secondo la percentuale di grasso contenuta nel latte utilizzato, in Italia si distinguono i formaggi in grassi (percentuale superiore a 42), semigrassi (tra 20 e 42), magri (meno di 20); altri metodi di classificazione sono basati sulla temperatura di caseificazione, sulla maturazione, sul grado di acidità, sul carattere della pasta oppure su due o più di tali aspetti. I difetti che più frequentemente si verificano nei formaggi sono riconducibili alla formazione di sfoglie all'interno della forma o di screpolature nella crosta (soprattutto per i formaggi a pasta dura); le alterazioni di origine microbiologica più comuni sono invece rappresentate dal gonfiore provocato da batteri butirrici (soprattutto Clostridium tyrobutyricum), dall'amaro (dovuto a più cause) caratterizzato dall'accumulo di sostanze peptidiche, provenienti dalla demolizione della caseina, di sapore amaro e sgradevole, da marciume (tipicamente presente nei formaggi tipo emmental) provocato da batteri anaerobici. Alimento fondamentale, il formaggio è consumato presso quasi tutti i popoli della Terra. Le maggiori nazioni produttrici e consumatrici di formaggio sono la Francia, con 1.655.000 t (celebri il camembert, il roquefort, il brie, il reblochon e molti altri) e l'Italia, con non meno di 250-300 diverse qualità di formaggio ciascuna. Imponente, rispetto all'area di produzione, è il quantitativo di formaggio prodotto nei Paesi Bassi e largamente esportato (gouda). Eccellenti e rinomatissimi i formaggi svizzeri (gruyère, emmental, sbrinz); buona e varia anche la produzione austro-tedesca. La Gran Bretagna vanta poche ma prelibate qualità di formaggi (stilton, cheddar, cheshire). In Italia si può fare una divisione fra i formaggi del Settentrione, quasi tutti di latte di vacca, e quelli del Centro-Sud, dove si fa largo uso del latte ovino e caprino e si producono molti formaggi a pasta filata (mozzarelle, provature, trecce e analoghi). Tra i formaggi più noti, il grana e il parmigiano (lodigiano o parmigiano-reggiano), il gorgonzola, il mascarpone, il taleggio, lo stracchino, la fontina, le “tome” piemontesi nel Nord; gli innumerevoli tipi di pecorino, il provolone, il caciocavallo, il canestrato, i burrini, nel Centro-Sud e nelle Isole. Il formaggio non è soltanto consumato al naturale, generalmente a fine pasto, ma trova impiego anche in molte preparazioni culinarie, dal parmigiano grattugiato alla fontina, all'emmental e al gruyère (come, a esempio, la fonduta), alla mozzarella (pizza, mozzarella in carrozza), alla ricotta (che a rigore, essendo derivata dal siero, non è un vero formaggio), al mascarpone, ecc. Nel 1998 sono stati prodotti in Italia 10.125.000 q di formaggio, una parte delle quali è stata esportata, soprattutto verso la Germania, la Svizzera, la Francia e gli Stati Uniti. Inoltre l'Italia ha importato notevoli quantità di formaggio, specie dalla Germania, dalla Francia, dalla Svizzera, dai Paesi Bassi e dal Belgio.

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