Lessico

sf. [sec. XIV; da stampare].

1) Arte e tecnica di riprodurre, in un numero indefinito di copie, scritti, disegni e simili mediante pressione da una matrice: l'invenzione della stampa; l'operazione stessa e il suo risultato: iniziare, curare la stampa di un libro; prove di stampa; stampa chiara, nitida, buona, mal riuscita; dare alle stampe, far pubblicare. Per estensione, l'industria grafica, delle arti grafiche: è in sciopero il settore della stampa. Fig., il pubblicare, il diffondere le proprie idee per mezzo di libri, giornali e simili: libertà di stampa; le leggi sulla stampa. § La stampa è il mezzo che consente la riproduzione di un testo in un numero teoricamente infinito di copie e il vocabolo indica contemporaneamente un veicolo di diffusione di notizie e di informazioni. stampa è pertanto sinonimo di giornale e di periodico. Oggi si parla addirittura di stampa scritta, parlata e filmata, intendendo con ciò tutti i mezzi atti a raggiungere il pubblico con l'informazione. Pur subendo la concorrenza delle nuove tecnologie, la stampa non è tuttavia venuta meno alla sua alta funzione di formatrice dell'opinione, compito oggi passato principalmente alla stampa periodica, stante la trasformazione della grande stampa quotidiana di opinione in stampa di informazione.

2) Opuscolo, giornale e simili, specialmente in quanto spediti per posta; stampato: una stampa pubblicitaria; le stampe si spediscono a tariffa ridotta.

3) L'insieme delle pubblicazioni periodiche (giornali, riviste ecc.) e le cose che in essi si pubblicano: seguire, leggere la stampa; la stampa locale, cittadina; la stampa estera; la stampa di destra, di sinistra; la stampa ufficiale, l'insieme delle pubblicazioni che emanano dal governo; stampa di partito, che emana da un partito; stampa indipendente, che non dipende né dal governo né dai partiti; stampa d'informazione, quella che si propone di informare il lettore senza orientarlo o influenzarlo politicamente; stampa gialla, che falsa le notizie o le presenta in modo tale da produrre effetti scandalistici; ufficio stampa, presso grandi aziende, partiti, enti pubblici e simili, ufficio che ha l'incarico di preparare e trasmettere notizie e comunicati ai giornali, rilasciare dichiarazioni, preparare opuscoli per diffondere determinate notizie ecc. Fig.: avere (o godere di) buona o cattiva stampa, di avvenimenti, spettacoli, libri e anche persone su cui i giornali si sono espressi favorevolmente o sfavorevolmente; di persona che gode buona o cattiva fama. Per estensione, i giornalisti nel loro complesso: le opinioni, le reazioni della stampa; palco riservato alla stampa;conferenza stampa; sala stampa. § Un discorso a sé va fatto per la stampa operaia, i cui primi fogli nacquero poco dopo l'unità d'Italia. Si ricordano tra i tanti: Il giornale delle associazioni operaie di Genova, La campana di Napoli, L'operaio italiano di Catanzaro, La plebe di Lodi, Il Gazzettino rosa di Milano. Redatta in un primo tempo da operai, poi anche da impiegati e professionisti, i quali tutti giunsero a tassarsi per far uscire i loro fogli, la stampa operaia entrò nei circoli dei lavoratori, passò di mano in mano ai contadini, contribuì all'emancipazione delle classi più povere lottando anche contro l'analfabetismo. Colpita da svariate forme di persecuzione (multe, ammonimenti, arresti, distruzione dei modesti impianti), la stampa operaia si fece via via portavoce di ideologie anarchiche, mazziniane, garibaldine, per confluire sempre più ampiamente nella corrente dell'ideologia socialista.

4) Operazione mediante la quale si riproducono, con tecniche varie, disegni, illustrazioni e simili; la riproduzione così ottenuta: la stampa di una incisione;stampe popolari; una stampa dell'Ottocento.

5) Non comune, stampo; impronta. Fig., tempra, carattere: “Quel brav'uomo aveva lasciato un figliuolo di stampa ben diversa” (Manzoni).

6) Operazione mediante la quale si riproducono scritte e disegni su stoffe, cuoio o altro.

7) In informatica, stampa memoria, lo stesso che mappa della memoria.

8) Nella tecnica fotocinematografica, procedimento per ottenere da un negativo fotografico o cinematografico copie positive, spesso dette anch'esse stampe.

Arte

Con stampe popolari si designa quel vasto e differenziato gruppo di stampe, prodotte tra il sec. XV e il XIX in Europa, di basso pregio artistico e tecnico ma di larga diffusione, che, pur ispirandosi a volte ai soggetti e ai modi dell'arte colta, sono argomento di studio per il folclorista e lo studioso d'arte popolare, piuttosto che per lo storico dell'arte. Dalle prime rozze xilografie di soggetto religioso (sec. XIV-XV), dalle tavole di soggetto cavalleresco, sentimentale, allegorico, moraleggiante (sec. XVI), dai calendari e giochi dell'oca (sec. XVII), dai soggetti esotici e di viaggio, cicli di proverbi, giochi, stagioni (sec. XVIII), tipici della produzione italiana, al vario repertorio degli imagiers francesi (stampe di soggetto religioso, didattico, militare ecc.), alle tavole moraleggianti e grottesche della Germania riformistica (sec. XVI), ai gozos spagnoli illustranti le vite dei santi, ai paesaggi e cacce alla volpe inglesi (sec. XIX), le stampe popolari scelgono i soggetti dalla storia, dal costume, dalla letteratura, dalla vita quotidiana, elaborandoli attraverso il filtro di una cultura e di un umore popolareschi, graditi al pubblico cui erano destinate.

Diritto

In Italia, la libertà di stampa fa parte del più ampio diritto alla libera manifestazione del pensiero e come tale è tutelata dall'art. 21 della Costituzione. Le disposizioni ivi contenute stabiliscono innanzi tutto che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. D'altro canto vari reati possono essere commessi col mezzo della stampa, per cui si è reso necessario poter individuare e punire i responsabili. A questo scopo la legge sulla stampa, oltre a imporre obblighi generali per tutti gli stampati, richiede per i giornali e gli stampati periodici la nomina di un direttore responsabile e la registrazione presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi. Il Codice Penale poi ritiene responsabile per i reati commessi col mezzo della stampa periodica non solo l'autore della pubblicazione, ma anche, sebbene a titolo di colpa, il direttore o il vicedirettore responsabile che ometta di esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario a impedire che siano commessi reati. Per i reati compiuti con stampa non periodica, la responsabilità ricade sull'autore della pubblicazione, ma se questi è ignoto o non imputabile, sull'editore o sullo stampatore. Se poi il reato commesso consiste in “pubblicazione oscena” la responsabilità accomuna autore, editore, stampatore e rivenditore, quando, relativamente a quest'ultimo, la pubblicazione in vendita rivela fin dalle parti esterne (copertina) il suo carattere. Pur vietando autorizzazioni e censure per la stampa l'art. 21 della Costituzione ammette però il sequestro dello stampato prima che sia pronunciata sentenza di condanna. Ciò è stato voluto per evitare che il ritardo nell'intervento repressivo rendesse inutile l'intervento stesso. Il sequestro è ammesso solo nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa autorizzi il sequestro o per violazione delle norme previste per l'individuazione dei responsabili. Il sequestro deve avvenire per atto motivato dell'autorità giudiziaria e, in caso di assoluta urgenza, quando non sia possibile l'intervento dell'autorità giudiziaria, esso può essere eseguito anche da ufficiali di polizia giudiziaria purché sia denunziato entro ventiquattro ore all'autorità giudiziaria. Se essa non lo convalida entro le successive ventiquattro ore, il sequestro è revocato e non ha effetto. Nessuna limitazione è stata stabilita dalla Costituzione alla libertà di stampa per fini di ordine pubblico, mentre vengono esplicitamente vietate le pubblicazioni a stampa contrarie al buon costume e a tale scopo la Costituzione consente, con leggi e provvedimenti adeguati, di prevenire e reprimere le violazioni. L'art. 21 della Costituzione consente poi che, con legge, si possano disporre norme di carattere generale per rendere pubblici i mezzi di finanziamento della stampa periodica. La legge tutela inoltre il diritto di risposta e di rettifica, obbligando il responsabile del periodico a far pubblicare nel loro testo integrale le dichiarazioni delle persone cui nello stesso foglio vennero attribuiti fatti o dichiarazioni da esse reputati falsi e lesivi della loro dignità, purché le dichiarazioni stesse non contrastino con le norme sulla stampa.

Industria grafica: dalle origini all'avvento della litografia

Il problema di riprodurre in più esemplari scritti e immagini interessò fin da tempi remoti tutti i popoli, ma una soluzione diversa dalla copiatura a mano si ebbe solo in tempi relativamente recenti: in Cina, nel sec. IV, si diffuse la cosiddetta “stampa tabellare”: una lastra, prima di legno poi di rame o bronzo, veniva incisa con il testo (scritti e illustrazioni) da riprodurre impresso al rovescio; i fogli venivano poi stesi uno alla volta sulla lastra inchiostrata e leggermente compressi in modo che su di essi rimanesse l'impronta dei grafismi. Questo metodo (xilotipia), adottato più tardi anche in India e nei Paesi islamici, si diffuse durante il Medioevo in Europa, ma essenzialmente per la produzione di carte da gioco, immagini sacre e, talvolta, orazioni e bandi. Nel sec. X, sempre in Cina, ebbe inizio la stampa con caratteri mobili, prima in legno poi in terracotta; il primo “libro” stampato con caratteri mobili di piombo, mediante un torchio tipografico, venne realizzato in Corea nel 1409. Contemporaneamente, in Europa, si era perfezionata la stampa tabellare su lastre metalliche (metallotipia) soprattutto a opera di stampatori olandesi e tedeschi, ai quali si devono anche i primi tentativi per realizzare caratteri tipografici mobili in metallo e l'uso di nuovi inchiostri a rapida essiccazione. Chi risolse i problemi della produzione di un elevato numero di caratteri tutti uguali, del perfetto allineamento delle righe di stampa composte e di un metodo rapido d'impressione su fogli di carta fu J. Gutenberg, di Magonza, che, in collaborazione con J. Fust e P. Schoeffer, inventò il compositoio e la forma di stampa per caratteri mobili in piombo (tipi) e introdusse il torchio da stampa, derivandolo da quello per vino allora in uso. Gutenberg e soci stamparono, fra 1445 e 1460, in più copie assai nitide, una grammatica, un calendario, alcune “lettere d'indulgenza”, un “salterio” e le famose Bibbie, quella delle “42 linee” (1456) e delle “36 linee” (ca. 1459). Con Gutenberg, il nuovo metodo di stampa, noto in seguito come tipografia, si affermò rapidamente: da Magonza passò via via in tutta l'Europa e alla fine del Quattrocento non esisteva città importante che non avesse una sua tipografia. Pur se la tecnica era primitiva, i torchi a braccio di questi prototipografi diedero opere meravigliose: dai primi incunaboli agli eleganti volumi del sec. XVI fu tutto un fiorire di classici, di opere in volgare, di volumetti spesso impreziositi dalle illustrazioni realizzate a parte col metodo della xilografia e poi inserite nella composizione prima della stampa. Nel sec. XVI ebbe forte sviluppo una tecnica destinata a grande fortuna, la calcografia, che, con il trionfo della grande erudizione settecentesca, acquistò un'importanza maggiore della stessa tipografia per la sua utilità nella pubblicazione di opere tecniche e scientifiche e delle tavole esplicative; si cominciarono a stampare tavole anche a sé stanti, prive di testo. Nel 1727, lo scozzese W. Ged elaborò un metodo per ottenere una o più matrici stampanti da una composizione con caratteri mobili e xilografie: tale metodo, detto stereotipia, fu più volte perfezionato in seguito e permise, nella seconda metà dell'Ottocento, di realizzare le prime matrici curve per rotative. Verso la fine del sec. XVIII, la tendenza a volgarizzare la scienza, favorita dall'illuminismo e dall'enciclopedismo, provocò, soprattutto in Francia, un nuovo impulso nell'arte della stampa, che fino allora aveva seguito metodi e tecniche poco diversi rispetto a quelli elaborati dai prototipografi; ciò fu anche favorito dall'aumento della produzione di carta a basso costo (con l'introduzione, nel 1799, della macchina continua di N.-L. Robert) e dalla comparsa di un nuovo metodo di stampa con matrici in piano, la litografia, elaborato nel 1796 da A. Senefelder.

Industria grafica: i moderni sistemi di stampa

Il progresso nell'arte della stampa fu notevole nell'Ottocento, secolo in cui furono introdotti, e in gran parte sviluppati, i sistemi di stampa ancora oggi in uso, che permisero le tirature necessarie e a basso costo perché i prodotti di stampa fossero accessibili a un vasto pubblico. La stampa di libri, giornali, riviste ebbe, e ha, un'importanza primaria non solo nella divulgazione della cultura, ma anche nella formazione sociale e civile dei popoli e nel progresso stesso della tecnica. Il primo, importante passo fu la meccanizzazione delle operazioni di stampa vere e proprie: nel 1812, il tedesco I. Koenig costruì la prima macchina da stampa piano-cilindrica, che fu, nel 1822, perfezionata dall'americano Robert Hoe il quale costruì macchine a 1 e a 2 cilindri in grado di stampare fino a 4000 copie all'ora. Nel 1846, Richard Hoe, figlio di Robert, realizzò la prima rotativa. Il secondo passo decisivo fu la meccanizzazione della composizione tipografica con l'invenzione della linotype (1886), a opera del tedesco O. Mergenthaler, e della monotype (1887), a opera dell'americano T. Lanston: la prima consente di comporre, fondendole direttamente in macchina, intere righe di caratteri di stampa, secondo la giustezza richiesta dal testo; la seconda fonde in macchina caratteri singoli che poi allinea sul compositoio a formare la riga nella giustezza richiesta. Entrambe le macchine sono azionate da un operatore tramite una tastiera; oggi vengono comandate elettronicamente utilizzando un nastro perforato in codice con produzione di migliaia di caratteri all'ora. Sempre nel sec. XIX furono studiati e introdotti nuovi sistemi per la stampa di illustrazioni e disegni che sostituirono la xilografia e la litografia aprendo la strada a nuovi sistemi di stampa quali la rotocalcografia e l'offset. Basandosi sulle possibilità offerte dalla fotografia, F. Gillot nel 1850 riprodusse immagini al tratto su lastre di zinco (cliché) per azione chimica (morsura) di un negativo fotografico su di esse impresso; nel 1852 F. Talbot ottenne risultati migliori utilizzando lastre di rame; nel 1856 A. Poitevin perfezionò questi metodi applicandoli alla pietra litografica (fotolitografia). Con A. F. Berchtold (1857), che introdusse il retino (perfezionato nel 1885 da F. E. Ives) e L. E. Levy (1890) si affermò definitivamente il metodo di preparazione delle matrici attraverso copia fotografica e successiva incisione su lastra metallica noto come fotomeccanica o fotoformatura. Questo metodo favorì non solo la stampa a colori, ma anche l'affermarsi di nuovi sistemi di stampa rotativa, quale la rotocalcografia, ideata dal boemo K. Klietsch (1875) e portata su piano industriale dai tedeschi E. Rollfs e D. Merteus (1895-1902), e l'offset, proposto nel 1905 dall'americano W. Rubel. Nel sec. XX questi due ultimi sistemi hanno raggiunto una notevole perfezione non solo per la grande diffusione delle pubblicazioni illustrate (giornali, riviste, cataloghi ecc.), ma anche per la richiesta di prodotti stampati (etichette, contenitori, involucri, astucci ecc.) da parte dell'industria; il vantaggio di questi sistemi è, infatti, l'elevata produttività, dovuta anche al fatto di utilizzare matrici comprensive di testo e illustrazioni come nella stampa tabellare.

Industria grafica: tipi di stampa

Ogni procedimento di stampa è caratterizzato non solo dalla forma di stampa, ma anche dal tipo di supporto sul quale viene riprodotto l'originale, dal modo in cui si realizza la stampa, dalla produttività e dalla convenienza economica. Questi fattori determinano anche la scelta del procedimento da adottare in relazione al tipo di stampato, alla quantità e qualità delle copie e anche alla fedeltà con gli originali. I principali procedimenti sono quelli rilievografico, planografico, incavografico e permeografico. § Stampa rilievografica. Comprende tutti i procedimenti di stampa che utilizzano forme con i grafismi in rilievo, cioè la stampa tipografica diretta e indiretta e la stampa flessografica. La stampa tipografica diretta è storicamente il primo procedimento di stampa, sviluppatosi con l'invenzione dei caratteri mobili e del torchio da stampa nel sec. XV. Le forme di stampa usate sono piane o cilindriche, sempre rigide; l'inchiostro, con legante a base di oli vegetali per la stampa in piano, a base di oli minerali più fluidi per la stampa rotativa, è trasferito dalla forma al supporto portando a contatto (in pressione) direttamente questi due elementi. Quando i grafismi sono trasferiti dalla forma su un rullo di gomma e da questo al supporto di stampa si realizza la stampa tipografica indiretta, detta anche offset a secco o tipografia offset. La stampa tipografica è largamente adottata per lavori editoriali (soprattutto libri e giornali) e commerciali; in particolare la rotativa è di uso corrente per la stampa dei quotidiani. La stampa flessografica è caratterizzata, invece, dall'uso di forme rilievografiche in gomma, incise direttamente od ottenute per duplicazione, e di inchiostri molto liquidi che contengono coloranti solubili o pigmenti coprenti, in soluzione o dispersi in alcol: questo procedimento, indicato anche come stampa all'anilina, è molto usato per la sua economicità per la stampa di prodotti per imballaggi in carta e in materie plastiche. § Stampa planografica. Comprende tutti i procedimenti di stampa che utilizzano forme piane, ossia con i grafismi non in rilievo rispetto al piano di stampa: può essere diretta, nel qual caso si ha trasferimento diretto dell'inchiostro dalla forma al supporto (litografia), oppure indiretta, nel qual caso i grafismi inchiostrati vengono trasferiti dalla forma a un cilindro intermedio rivestito con materiale elastico e successivamente al supporto di stampa (offset). La litografia viene ancora oggi raramente utilizzata per la stampa d'arte; l'offset praticamente per tutti i tipi di pubblicazione. § Stampa incavografica. Comprende tutti i procedimenti che utilizzano forme di stampa con i grafismi incisi in incavo, cioè la calcografia e la rotocalcografia: la prima viene oggi adottata soprattutto per la stampa dei francobolli, la seconda per le riviste illustrate a grande tiratura, per i giornali a più colori e illustrati, per cataloghi e dépliant illustrati. § Stampa permeografica. È il procedimento che impiega le forme permeografiche, che permettono di trasferire su qualsiasi supporto l'inchiostro che passa attraverso le zone stampanti della forma (serigrafia); viene utilizzata soprattutto per stampa su vetro, materie plastiche, metalli. § Vi sono poi procedimenti compositi o speciali che non possono rientrare nelle categorie sopraindicate per le tecniche e le modalità adottate, quali la fototipia e l'elettrografia. La stampa tridimensionale è un procedimento di stampa che realizza i grafismi in leggero rilievo sul supporto di stampa. La forma è incavorilievografica in quanto composta da uno stampo spesso ca. 15 mm e da una controforma in cartone spessa 3 mm. I grafismi sono incisi manualmente o chimicamente e gli inchiostri usati sono lacche sintetiche coloranti in un veicolo consistente. Con questo sistema (in cui la stampa può essere ottenuta anche a secco, cioè per semplice rilievo senza inchiostro) si realizzano francobolli, carte valori, etichette ecc. Ogni procedimento di stampa richiede tecniche e metodi diversi per la preparazione delle forme, nonché idonee macchine da stampa. Queste sono macchine operatrici per la riproduzione in serie dei grafismi, incisi sulla forma di stampa, su una superficie determinata (supporto), sia con trasferimento di sostanze coloranti (inchiostri) dalla forma al supporto, sia con la formazione di rilievi e incavi sul supporto stesso (stampa a secco). Gli elementi considerati per la classificazione delle macchine da stampa (norma UNI 3228, 1967) sono: procedimento di stampa secondo il tipo di forma stampante (in rilievo, in incavo, con forma permeabile, con procedimenti multipli); tipo del dispositivo di inchiostrazione (per inchiostri a base grassa, a base di solventi, per inchiostri speciali); sistema di trasferimento dell'inchiostro (stampa diretta, stampa indiretta); principio di funzionamento: platina (piano/piano), piano-cilindrica (portaforma piano/porta-supporto cilindrico), cilindrico-piana (denominazione teorica, in quanto non esistono macchine di questo tipo), rotativa (cilindro/cilindro), macchina a funzioni multiple; tipo di supporto stampabile (foglio, bobina, nastro continuo, oggetto qualunque). In base a quanto sopra indicato le macchine da stampa si possono raggruppare secondo il procedimento di stampa, oppure il principio di funzionamento, oppure il tipo di supporto che stampano. Le macchine per la stampa rilievografica si dividono in macchine a platina, macchine piano-cilindriche e rotative; le macchine per la stampa planografica comprendono i torchi litografici, le litografiche pianocilindriche, le rotative offset; le macchine per la stampa incavografica comprendono il torchio calcografico e le rotocalco da foglio e da bobina.

Industria grafica: la stampa a colori

La stampa a colori consente la riproduzione di originali (illustrazioni) a colori; si realizza a partire dai tre (tricromia) o quattro (quadricromia, la più usata) negativi ottenuti per selezione. Con i metodi della fotoformatura, dai negativi si ottengono le lastre da stampa che saranno inchiostrate con inchiostri di colore complementare a quelli dei tre filtri usati nella selezione; per avere una fedele riproduzione dei colori bisogna, però, che nei punti corrispondenti dell'originale e della stampa siano riflesse le stesse quantità di luce rossa, verde e blu (esprimibili in termini matematici). Dato che la parte di luce incidente non riflessa viene assorbita, vuol dire che ogni zona della riproduzione deve assorbire le stesse quantità di luce rossa, verde e blu della corrispondente zona dell'originale. Ciò si ottiene stampando su fondo bianco in ciascuna zona quantità esatte (proporzionali) di inchiostri dei tre colori complementari che assorbano rispettivamente le radiazioni rosse, verdi e blu; le quantità esatte vengono determinate preventivamente per mezzo dell'annerimento di strati fotosensibili o dell'eccitazione del materiale fotoconduttore di una cellula fotoelettrica. Con i procedimenti normalmente in uso, una riproduzione perfetta dei colori dell'originale, se è possibile in teoria, non lo è in pratica, perché non esistono pigmenti colorati così puri da avere la curva di assorbimento della luce richiesta e anche perché la retinatura, per quanto curata, non potrà mai dare tutti gli intervalli di densità ottica dell'originale. Per ovviare a ciò si procede al ritocco manuale o alla mascheratura fotografica, oppure si utilizzano apparecchiature elettroniche di correzione dei colori. Importante, infine, è la messa a registro delle lastre al fine di ottenere l'esatta sovrapposizione dei colori, senza sbavature o creazione di false tonalità intermedie.

Industria grafica: la stampa dei francobolli

Per la produzione dei francobolli sono stati utilizzati tutti i procedimenti di stampa, nelle loro molteplici varianti; alcuni hanno avuto un uso limitato (l'impressione in rilievo e la litografia), mentre altri (la stampa tipografica e la calcografia) sono stati utilizzati per la produzione della maggior parte dei francobolli del mondo per oltre ottant'anni; solo nella seconda metà del XX sec. hanno ceduto il campo al rotocalco e, successivamente, all'offset. L'evoluzione dei procedimenti e delle tecniche di stampa non ha intaccato la supremazia della stampa calcografica, che resta tuttora il procedimento principe per la stampa dei francobolli e di altre carte valori. Con tale procedimento sono stati stampati i primi francobolli e praticamente tutti i francobolli più belli emessi fino ai giorni nostri. Tra i francobolli del sec. XIX basterà citare i primi francobolli inglesi (1 penny e 2 pence emessi il 6 maggio 1840), i primi belgi e quelli di Sicilia; tra i più recenti gli elegantissimi francobolli cecoslovacchi, quelli austriaci, quelli svedesi, quelli italiani. Degno di nota il fatto che la Francia, rimasta fedele fino al 1966 alla stampa tipografica per la produzione di francobolli di largo consumo, dal 1928 ha emesso francobolli calcografici di eccellente fattura. Le tendenze più recenti per la produzione dei francobolli a tiratura limitata sono rivolte da un lato verso la calcografia policroma, dall'altro verso la combinazione della stampa calcografica (per il disegno) con quella in rotocalco e in offset (per i fondini).

Industria tessile

La stampa dei tessuti può essere considerata un particolare sistema di tintura eseguito solo su zone delimitate del tessuto per poter realizzare disegni o effetti ben definiti di colore. Si ottiene facendo depositare nei punti voluti il colorante sotto forma pastosa, così che non si possa espandere sulle zone che non debbono essere stampate. La pasta da stampa, oltre ai coloranti e ai prodotti ausiliari normalmente impiegati per bagni di tintura, deve contenere l'addensante o inspessente, che le conferisce la consistenza voluta senza renderla troppo secca per evitare danni alle fibre. Gli addensanti, naturali o sintetici, più usati sono alginati di sodio (ricavati dalle alghe), amido di frumento o di mais, fecola di patate, farina di semi di carrube, farina di semi di tamarindo, gomma arabica, gomma adragante. Industrialmente la stampa può essere eseguita con due tecniche differenti: il colore può essere depositato sul tessuto per mezzo di organi in rilievo riproducenti in negativo il disegno da imprimere (stampa a cilindri) oppure facendo estrudere la pasta attraverso una maschera, in parte porosa e in parte no, secondo il disegno voluto (stampa a quadro). Nella stampa a cilindri le parti essenziali del macchinario sono il tamburo, sopra il quale passa ben aderente il tessuto da stampare, e i cilindri stampatori, nel numero desiderato secondo il disegno da ottenere, in metallo cromato e con la superficie incisa, i quali premono sulla stoffa da stampare. Ogni cilindro riceve la pasta da stampa da un altro cilindro gommato, il quale pesca in una vaschetta situata al di sotto del secondo cilindro. Nella stampa a quadro la lavorazione avviene su lunghi tavoli dove viene fatto scorrere il tessuto al di sopra del quale sono situati tanti quadri quanti sono i colori del disegno voluto; i quadri sono formati da un telaio di profilato metallico sul fondo del quale si trova una fitta rete, metallica o di nylon, con i fori parzialmente otturati secondo il disegno in modo che solo quelli liberi lascino passare la pasta da stampa. La stampa viene ottenuta facendo abbassare a scatti i vari quadri sul tessuto che scorre sotto di essi. Dopo l'operazione di stampa, sia a cilindri sia a quadro, il tessuto viene vaporizzato per fissare il colore depositato su di esso e quindi lavato e stirato. La “stampa transfer” è un particolare metodo di stampa: consiste nello stampare preventivamente su rotoli di carta, e con particolari inchiostri, il disegno che viene trasferito per pressione sul tessuto quando viene fatto passare, contemporaneamente alla carta, in una speciale calandra. § L'applicazione locale di colori su tessuti di solito monocromi, eseguita in origine col pennello (sec. VI-V a. C.), venne presto perfezionata con l'adozione di “stampi”, blocchi di legno incisi e spalmati di colore che venivano quindi compressi sul tessuto e battuti con apposite mazze. Un altro procedimento adottato era quello delle “riserve”: il disegno, ricoperto di creta, veniva risparmiato dagli acidi durante la tintura. Un altro metodo artigianale per la tintura di stoffe a disegni è la tintura a nodi, di origine giapponese, che consiste nell'avvolgere intorno a ciocche di tessuto del filo incerato; dopo l'immersione del tessuto nella tintura si tolgono i cordoncini e si ottengono zone “risparmiate” di forma più o meno regolare. Un altro sistema di tintura per riserve è il batìk.

Industria fotocinematografica: generalità

La stampa può essere effettuata per contatto o per ingrandimento: nel primo caso il negativo viene posto a contatto con la superficie emulsionata del materiale positivo e l'operazione di stampa viene effettuata generalmente con un bromografo. Per ottenere immagini di dimensioni diverse da quelle del negativo si effettua invece la stampa per ingrandimento mediante un ingranditore. In cinematografia si fa uso in entrambi i casi di una stampatrice.

Industria fotocinematografica: cenni storici

Il primo procedimento di stampa è stato quello inventato da W. H. F. Talbot (calotipia), che faceva uso di una carta impregnata di ioduro d'argento; successivamente vennero sperimentati vari sali d'argento e si fece uso di diverse sostanze rivelatrici: per esempio nella fluorotipia si faceva uso di una miscela di fluoruro e bromuro d'argento. J. F. W. Herschel nel 1842 introdusse la cianotipia, che, al posto di un sale d'argento, utilizzava una miscela di ferricianuro di potassio e citrato ferrico ammoniacale; lo stesso Herschel propose contemporaneamente l'argentotipia, nella quale un sale ferrico, ridotto a ferroso dall'azione della luce, reagiva con del nitrato d'argento precipitando un'immagine metallica. Dopo il 1850 si diffuse il processo all'albumina, proposto da L. D. Blanquart-Evrard nel 1847, nel quale il sale d'argento sensibile alla luce veniva precipitato entro un sottile strato di albume d'uovo che ricopriva il supporto di carta. Per ottenere un'immagine più vigorosa si trasformava l'immagine d'argento in solfuro d'argento con un procedimento di viraggio; successivamente vennero proposti dei viraggi con sali d'oro, platino o palladio. La stampa all'albumina con viraggio all'oro rimase la tecnica più diffusa fin verso la fine del sec. XIX; nel frattempo si diffondeva un procedimento di stampa basato sull'effetto print-out (vedi fotografia), che finì per soppiantare il processo all'albumina. Nel 1879 J. W. Swan brevettò il prototipo dei moderni materiali da stampa al bromuro d'argento, che però divennero di uso corrente solo dopo il lancio commerciale da parte di G. Eastman. Parallelamente si svilupparono altri processi di stampa che non facevano uso di sali d'argento. Tra questi il processo al pigmento, introdotto da A. L. Poitevin nel 1855 e perfezionato da Swan nel 1864 e da T. Manly nel 1899, che si basava sul fatto che la gelatina sensibilizzata con bicromato veniva resa insolubile in seguito a esposizione alla luce: la gelatina veniva caricata con un pigmento colorato e la parte non esposta si scioglieva con acqua. La stampa alla gomma, introdotta da M. Artigue, è sostanzialmente identica alla stampa al pigmento, salvo che per l'impiego di gomma arabica al posto della gelatina. In seguito all'introduzione dei materiali con emulsione al bromuro d'argento si scoprì che la gelatina poteva essere indurita in corrispondenza dell'immagine mediante bagni di sviluppo induritori oppure di sbianca. Questa proprietà venne utilizzata per un procedimento di stampa al pigmento con emulsione al bromuro (ozobrom), più rapido del processo classico e caratterizzato da una notevole gamma di toni: un procedimento perfezionato (carbro) è usato ancora oggi. Sfruttando la proprietà delle stampe al pigmento di assorbire acqua in proporzione inversa all'indurimento della gelatina, G. E. Rawlins le utilizzò nel 1904 come matrici per stampa litografica con inchiostri grassi. Un ulteriore perfezionamento di questo procedimento, introdotto nel 1907 da C. W. Piper e E. J. Wall con il nome di bromolio, è ancora oggi in uso. Oggi i materiali per stampa fotografica utilizzano emulsioni al cloruro d'argento (per stampa a contatto), al bromuro oppure al clorobromuro per toni caldi. L'emulsione può essere stesa su carta di vario peso, vetro, pellicola, tela o alluminio. Vi sono poi carte “pellicolabili”, che consentono il trasporto dell'emulsione sviluppata su un supporto qualsiasi. Questi materiali vengono forniti in vari formati e generalmente in varie gradazioni di contrasto, per adattarli al contrasto del negativo. Esistono materiali a contrasto variabile, nei quali il contrasto viene modificato in funzione del colore della luce di stampa. Esistono inoltre materiali con caratteristiche particolari per riproduzione di documenti, autopositivi o per procedimenti a stabilizzazione.Con l'avvento della tecnologia digitale anche la stampa ha subito una evoluzione abbandonando il sistema chimico per passare a quello degli inchiostri. Speciali stampanti spruzzano minuscole gocce di inchiostro su carta patinata con risoluzioni talmente elevate da essere quasi indistinguibili dalle stampe eseguite con il processo chimico; la differenza però si nota con il tempo perché gli inchiostri sono meno stabili e i colori tendono a virare molto più rapidamente di quanto non accada alle carte chimiche.

Industria fotocinematografica: stampa in bianco e nero e a colori

Nella stampa in bianco e nero i soli problemi da risolvere sono la scelta del contrasto della carta in accordo con il contrasto del negativo e la determinazione dell'esposizione. Nella stampa a colori non esiste il problema della scelta del contrasto della carta, in quanto il negativo viene sviluppato in maniera standardizzata, ma occorre bilanciare le esposizioni ricevute dai tre strati di emulsione del materiale positivo in modo da ottenere una riproduzione corretta dei colori. Ciò si può ottenere con due diversi metodi di stampa, denominati additivo e sottrattivo. Nel metodo additivo i tre strati vengono esposti, uno dopo l'altro, separando con filtri per selezione i tre fasci di luce blu, verde e rossa trasmessi dal negativo e regolando opportunamente le esposizioni per ciascuno di essi. Nel sistema sottrattivo, usato più frequentemente, i tre strati del positivo vengono esposti contemporaneamente e la composizione della luce trasmessa dal negativo viene modificata con filtri di colore giallo, porpora e blu-verde, complementare a quello delle luci primarie. Per facilitare la determinazione dell'esposizione e della filtratura necessarie per una stampa corretta si usano gli analizzatori di colore. Questi si basano sull'ipotesi che il negativo medio registri praticamente tutti i colori dello spettro con densità equivalente e che quindi la luce trasmessa sia pressoché bianca: l'analizzatore segnala ogni scostamento dal bianco e fornisce indicazioni per l'opportuna filtratura. Il sistema cade ovviamente in difetto quando l'immagine è pressoché monocromatica. Nei laboratori industriali tutte queste operazioni vengono effettuate automaticamente mediante apposite stampatrici.

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