(Jamhuri ya Muungano wa Tanzania). Stato dell'Africa orientale (947.300 km²). Capitale: Dodoma. Divisione amministrativa: regioni (26). Popolazione: 55.940.747 ab. (stima 2019). Lingua: inglese e swahili (ufficiali). Religione: cristiani 60%, musulmani 36%, altri 4%. Unità monetaria: scellino della Tanzania (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,528 (158° posto). Confini: Uganda e Kenya (N), Oceano Indiano (E), Mozambico, Malawi e Zambia (S), Repubblica Democratica del Congo (W), Burundi e Ruanda (NW). Membro di: Commonwealth, EAC, ONU, SADC, UA e WTO.

Generalità

Deriva dai territori coloniali dell'Africa Orientale Britannica; nella sua attuale configurazione politica e territoriale (è una Repubblica federale) la Tanzania è nata nel 1964 dall'unione del Tanganica, ex colonia britannica che aveva raggiunto l'indipendenza nel 1961, e dell'arcipelago di Zanzibar, comprendente l'isola omonima e quella di Pemba, ex protettorato inglese, indipendente dal 1963; la sezione continentale è pari a ca. il 99% della superficie totale. Il nome della repubblica è stato foggiato per esprimere questa fusione con il richiamo all'ex Tanganica e all'Azania, l'insieme delle terre costiere e insulari, storica unità regionale già nota ai Greci, su cui si incentra la parte più vivace e popolata del Paese. È qui infatti, su questa fascia bagnata dall'Oceano Indiano, che è sempre avvenuta la mediazione culturale tra mondo africano e mondo esterno, a cominciare dalle epoche più remote (già da quelle dell'antico Egitto); ma è soprattutto agli arabi, navigatori e mercanti (qui giunsero però anche numerosi persiani), che si devono gli apporti culturali più incisivi, benché la presenza araba si manifestasse come una pesante soggezione in funzione commerciale e schiavistica. In epoche recenti infine si è avuta la colonizzazione tedesca, anch'essa molto dura, cui è seguita, sino all'indipendenza, quella britannica. Questa molteplicità di esperienze, su un tessuto sociale rimasto essenzialmente africano, ha certamente inciso sulla recente evoluzione del Paese, che, sotto la guida carismatica di uno dei più sensibili e preparati leader africani usciti dalla grande lotta anticoloniale, Julius Nyerere, ha cercato di conciliare le esigenze di uno sviluppo economico in senso moderno con il rispetto dell'africanità. Ancora all'inizio del secondo decennio del XXI secolo, però, la Tanzania soffre di molti problemi: l'indice di sviluppo umano la colloca verso il fondo della graduatoria mondiale, una ristretta élite detiene una quota immensa del potere e della ricchezza, a danno della maggioranza della popolazione. L'avvio dello sviluppo dovrà passare dunque per la soluzione di problemi di integrazione e di equilibrio sociale ed etnico all'interno, e di bilanciamento e cooperazione all'esterno.

Lo Stato

Secondo la Costituzione del 1977, che conferma quella provvisoria dell'8 luglio 1965, la Tanzania è una Repubblica. Capo dello stato e del governo è il presidente della Repubblica, eletto per 5 anni a suffragio diretto, così come l'Assemblea nazionale, a cui è affidato il potere legislativo. Il presidente della Tanzania, cui spetta l'esercizio del potere esecutivo, governa tramite il Gabinetto dei ministri da lui nominati. Le isole di Zanzibar e Pemba sono dotate di larga autonomia e dispongono di un proprio ordinamento con un presidente e una Camera dei rappresentanti. Il sistema giudiziario si basa sulla Common Law britannica. Al vertice della magistratura siede la Corte d'appello della Tanzania che, dal 1979, ha sostituito la Corte d'appello dell'Africa Orientale. Ogni regione ha, poi, un'Alta corte e ogni distretto una Corte distrettuale con giurisdizione limitata che accoglie gli appelli delle corti di primo grado, anch'esse con giurisdizione limitata. A Zanzibar operano corti popolari e, per la prima volta dal 1970, sono stati ammessi, in ambito processuale, nel 1985, un avvocato difensore e il diritto d'appello. È in vigore la pena di morte, ma le esecuzioni non hanno luogo dal 1995. Le forze armate del Paese sono divise nelle tre armi tradizionali. Accanto a questi operano per la sicurezza interna le forze di polizia rurale e la milizia cittadina. Il servizio di leva è obbligatorio e la ferma è di 2 anni. Per quanto riguarda l'istruzione grande è stato l'impegno del governo della Tanzania nella lotta contro l'analfabetismo, per cui si è resa necessaria la diffusione dell'istruzione nelle aree più lontane dai centri urbani. In base a stime del 2018 la percentuale di analfabeti era del 21%. L'istruzione primaria è obbligatoria dai 6 ai 14 anni d'età. L'istruzione secondaria è a pagamento; gli istituti spesso sono privati e i costi per le famiglie sono molto elevati e anche questo spiega perché solo una minima parte degli alunni prosegue negli studi. Essa dura 6 anni, divisa al suo interno in due cicli, il primo quadriennale e il secondo biennale. L'istruzione superiore si svolge nell'Università di Dar es Salaam, nell'Intenational Medical and Technological University, nella Muhimbili University College of Health Sciences tutte con sede a Dar es Saalam, nel Mount Meru University con sede a Arusha e nel Sokoine University of Agriculture con sede a Morogoro.

Territorio: morfologia

Il territorio continentale, quello cioè corrispondente all'ex Tanganica, è incluso nelle alte terre dell'Africa dell'est; più precisamente comprende gran parte dell'altopiano dell'Africa orientale, caratterizzato dai numerosi laghi che occupano la Great Rift Valley, la gigantesca frattura continentale estesa dal lago Malawi (Niassa) al Mar Rosso. Essa è qui ben evidenziata in due rami: quello occidentale, che corrisponde al lago Tanganica e che forma il limite naturale della Tanzania a W, e quello orientale, meno marcato e in cui si situano vari laghi minori (Eyasi, Natron ecc.). Tra i due rami della fossa è compreso il nucleo centrale e più vasto della Tanzania, che include però anche un'ampia sezione del margine orientale dell'altopiano sino all'Oceano Indiano. Le alteterre centrali sono situate in media a un'altezza di 1000 m; in prossimità dei rami della Great Rift Valley si hanno però rilievi spesso imponenti che formano una specie di U, interessando la parte occidentale, meridionale e orientale del Paese: a N invece la continuità montuosa è rotta dall'immensa conca del lago Vittoria. Tali rilievi sono caratterizzati dalla presenza di imponenti apparati vulcanici, la cui origine, così come quella in generale dell'intera orlatura montuosa della Great Rift Valley, è intimamente legata alla nascita stessa della poderosa frattura. Tra i vulcani emerge, in tutta la sua grandiosità, il Kilimangiaro (5895 m), massima cima dell'Africa, che domina l'estrema sezione nordorientale del Paese, al confine col Kenya; più a SW s'innalza il Meru (4565 m). I rilievi raggiungono una notevole elevazione anche nella Tanzania meridionale, in particolare poco a N del lago Malawi, dove i monti Kipengere sfiorano i 3000 metri. Il territorio poggia su un basamento precambriano, il cui sollevamento è avvenuto nel Cenozoico, nuovamente in concomitanza con la formazione della frattura. Penepiano logorato dalla lentissima erosione, non presenta in genere rilevanti asperità, ma tracce residue di antichi rilievi, alternanza di depressioni e altopiani intaccati dai solchi fluviali, più o meno incisi secondo il substrato roccioso. Su vasti tratti affiora lo zoccolo cristallino archeozoico, a rivelare l'antichità delle superfici di erosione; tuttavia in prossimità della fossa vi si sovrappongono ampiamente materiali vulcanici effusivi, più o meno antichi, i quali formano una distesa quasi continua in tutta la Tanzania settentrionale, ai margini del lago Vittoria e del Kilimangiaro (Piana di Serengeti, Steppa dei Masai). Su più limitate aree lo zoccolo è coperto, come nella parte meridionale, da strati sedimentari mesozoici e cenozoici, cui si aggiungono le coltri fluviali e lacustri neozoiche nelle depressioni della fossa e lungo i corsi fluviali. Le alteterre digradano verso la costa, dove però i terreni alluvionali, pianeggianti, formano una fascia piuttosto esigua, per l'approssimarsi al mare dei rilievi interni, con l'eccezione dell'area centrale attraversata dal fiume Rufiji; frequenti sono le lagune e le morfologie dunose. Poco al largo della costa, su lunghi tratti, si hanno affioramenti corallini, a testimonianza dell'estensione della platea continentale, che digrada molto insensibilmente verso l'Oceano Indiano. È su questa platea che sorgono, a 70-80 km dalla costa, le isole di Zanzibar, Pemba e Mafia (quest'ultima già apparteneva al Tanganica prima dell'unione federale con Zanzibar), superfici pianeggianti di materiale madreporico più o meno recente, che si circondano di ampie scogliere coralline.

Territorio: idrografia

Alla conformazione particolare del territorio si connette l'idrografia, che è molto frammentata e varia, anche perché la Tanzania è interessata, sia pure marginalmente, dai tre più vasti laghi africani: il Vittoria, il Tanganica e il Malawi. Il Vittoria, terzo del mondo per superficie (68.100 km²), rientra per metà entro i confini tanzaniani; poco profondo, con coste basse, frastagliatissime, bordate da innumerevoli isole, occupa un'ampia depressione dell'altopiano e, tramite il fiume Nilo, riversa al Mar Mediterraneo parte delle acque della Tanzania settentrionale. Appartiene invece al bacino del fiume Congo il Tanganica, che riceve l'apporto di numerosi fiumi della Tanzania occidentale (data la morfologia dell'altopiano piuttosto incerta è la linea spartiacque), tra cui il Malagarasi, il quale drena un'ampia sezione delle alteterre occidentali. Il lago Tanganica (32.893 km²), con la sua forma lunga e stretta, riflette l'origine tettonica del bacino lacustre, che occupa un lungo tratto della fossa occidentale; in rapporto a ciò, è assai profondo (è la seconda criptodepressione del mondo dopo il lago Bajkal) e ha coste piuttosto precipiti. A SE del lago Tanganica è il lago Malawi (30.800 km²), il più meridionale della Rift Valley, che nella parte settentrionale del suo bacino si appoggia ai monti Kipengere. Tipici laghi endoreici sono il Rukwa, tra il Tanganica e il Malawi, e i vari laghi che occupano il ramo orientale della Rift Valley: l'Eyasi, che ha però un esteso bacino di alimentazione, il Manyara e il Natron. Tutta la sezione orientale della Tanzania versa invece le sue acque nell'Oceano Indiano tramite una serie di fiumi che corrono normali alla costa. I principali, per quanto riguarda l'estensione del bacino, sono al centro il Rufiji, massimo fiume del Paese, che attinge le sue acque sino ai monti Kipengere e svolge il suo corso nella parte centrale dell'altopiano, sfociando poi con un grande apparato deltizio di fronte all'isola di Mafia, a N il Pangani o Ruvu, che ha i suoi rami sorgentiferi nel Kilimangiaro e nel Meru, e all'estremo S il Ruvuma, che segna il confine fra Tanzania e Mozambico. I fiumi che si gettano nell'Oceano Indiano hanno un regime un po' diverso passando da S a N, dato il variare della piovosità; più costante è quello dei fiumi settentrionali, come il Pangani, più irregolari quelli del centrosud, come lo stesso Rufiji, alimentato dalle zone interne non molto piovose.

Territorio: clima

Il clima della Tanzania è di tipo tropicale nonostante il Paese, posto tra 1º e 11º lat. S, si trovi nella fascia equatoriale: se si esclude l'estrema sezione settentrionale, predomina ovunque un clima a stagioni alternate, regolato dagli alisei e dai monsoni provenienti dall'Oceano Indiano. Agli alisei si deve fondamentalmente la stagione piovosa propria dell'inverno australe (con massimi di precipitazioni tra marzo e maggio), mentre i monsoni sono responsabili di una seconda stagione piovosa tra ottobre e dicembre. Asciutte o con minori precipitazioni sono le stagioni intermedie, tra giugno e settembre e tra gennaio e febbraio. Quest'ultimo periodo registra anche i massimi valori termici, che ovviamente variano passando dalla costa alle zone interne più elevate, mitigate dall'altitudine (a Dar es Salaam la media di gennaio è di 28 ºC mentre a Tabora, situata a 1265 m, è di 22 ºC); abbastanza deboli sono su gran parte del Paese le escursioni termiche annue (nelle citate località le medie di luglio, nell'inverno australe, sono di 23 ºC e di 21 ºC), mentre sull'altopiano si può avere una differenza termica tra dì e notte anche di 10 ºC. Le temperature sono naturalmente legate le percentuali di umidità atmosferica, che può essere del 70-75% ai piedi dei rilievi e che rende l'aria soffocante, mentre si attenua sugli altipiani interni (55-60%), tanto che l'aria relativamente secca e ilcielo spesso limpido fanno di queste alteterre una regione tra le più salubri dell'intera Africa. La costa registra piogge abbondanti, che si aggirano sui 1100 mm annui a Dar es Salaam (1500 mm a Zanzibar); sugli altopiani la quantità delle precipitazioni è assai variabile in funzione dell'altitudine e dell'esposizione. Si hanno così contrasti nettissimi tra i versanti montuosi più elevati e meglio esposti a E e le sottostanti depressioni: tipico il caso dei versanti del Kilimangiaro, bene irrorati (qui si hanno naturalmente, oltre alla maggiore piovosità, i valori termici più bassi: al di sopra dei 4000-4300 metri si hanno precipitazioni nevose che alimentano alcuni ghiacciai), tutti verdi di coltivi e lembi forestali, popolatissimi, e la sottostante Steppa dei Masai, savana erbosa, semiarida, sfruttata solo dalla pastorizia: la disparità di precipitazioni sovente molto marcata (tra i versanti irrorati e le piane aride può passare dai 1200 mm ai 600 mm annui) oltre a determinare una netta differenziazione ambientale ha selezionato le attività umane e persino la distribuzione etnica.

Territorio: geografia umana

Il popolamento della Tanzania ha avuto origine in epoche molto remote: ciò appare confermato dall'esistenza nel Paese di un substrato etnico khoisanide (popolazione affine ai boscimani), oggi per gran parte assimilato alle sopraggiunte popolazioni bantu, largamente predominanti, ma ancora rappresentato da alcuni piccoli gruppi residui come i sandawe (sandavi). Secondo alcune ipotesi, scientificamente non confermate, i khoisanidi potrebbero essere i lontani discendenti di quegli uomini paleolitici direttamente derivati dai più antichi ominidi che si conoscano e che ebbero proprio in Tanzania e in Kenya la loro sede; affini ai boscimani ma in parte camitizzati sarebbero gli iraqu (iraku), testimoni anch'essi dell'antico popolamento del Paese. Nella sezione settentrionale si riconosce la presenza di un substrato etiopide o, almeno, con tracce europoidi che nella Tanzania meridionale caratterizzano le cosiddette popolazioni cafre. La penetrazione e la diffusione delle genti bantoidi, avvenute per gradi e a piccoli gruppi, sembrano iniziate già a partire dal primo millennio a. C., ma solo dal sec. IV si può parlare di una cospicua presenza bantoide nel territorio. Essa si rafforza successivamente e nei sec. XV-XVI si ha un definitivo consolidamento di quei grandi e piccoli gruppi umani che ancor oggi formano l'ossatura etnica del Paese (gli africani costituiscono il 97% della popolazione), nel quale tuttavia la fascia costiera ha sue particolari caratteristiche, essendo una regione molto permeabile dall'esterno e quindi soggetta a immigrazioni di genti non africane. L'insediamento bantu è quasi generale sulle alteterre, a esclusione delle steppe settentrionali, al confine con il Kenya, dove, in seguito a una selezione avvenuta sulla base dei generi di vita, attraverso lunghi contrasti con gli agricoltori bantu, si sono stabiliti i gruppi pastorali nilotocamitici, massimamente rappresentati dai masai. Nei secoli successivi, per effetto della colonizzazione e della tratta degli schiavi, l'insediamento ha subito sensibili modificazioni e degradazioni, ma non ha sostanzialmente mutato la distribuzione dei vari gruppi etnici. Sulla costa la penetrazione commerciale araba inizia già nel sec. VIII, ma solo più tardi, tra i sec. X e XI, essa si consolida attraverso la creazione di basi commerciali, tra cui Zanzibar, Tanga, Bagamoyo, Kilwa ecc. Gli arabi si inserirono, in queste terre costiere, su un tessuto umano e culturale africano ma già predisposto ai traffici commerciali, che datavano da parecchi secoli a. C., e condizionarono l'organizzazione della regione, dove si formarono città-stato in stretto rapporto con le zone interne; tale organizzazione promossa dagli arabi si rafforzò, secoli dopo, con la cacciata dei portoghesi e a Zanzibar essa sopravvisse anche con l'arrivo dei tedeschi e degli inglesi. In rapporto a questi diversi svolgimenti della storia politica ed economica, la regione costiera, culturalmente partecipe dell'area dell'Oceano Indiano (con parecchi elementi distintivi, che vanno dalla piroga al bilanciere, all'islamizzazione, allo spirito commerciale, alla lingua franca, il kiswahili), si distinse dalla parte interna, rimasta profondamente africana. Qui si ritrovano ancor oggi, oltre ai masai, allevatori e un tempo guerrieri abilissimi, i grandi gruppi bantu (95% della popolazione), come i sukuma sulle rive meridionali del lago Vittoria, i nyamwezi nella sezione centrale delle alteterre, i konde nelle aree meridionali, gli hage tra i laghi Vittoria e Tanganica, i chaga, coltivatori molto evoluti della zona del Meru e del Kilimangiaro, i gogo nella sezione centrorientale dell'altopiano ecc. Gruppi bantu si trovano però anche nella fascia costiera (kutu o wakutu, mwera ecc.) e a Zanzibar, dove sono per gran parte stati introdotti dagli arabi con il commercio degli schiavi. Tale commercio, che fu completamente eliminato solo agli inizi del Novecento, aveva come centri di raccolta e smistamento le sedi sultanali, verso le quali annualmente venivano dirottati sino a 400.000 individui all'anno, razziati nelle zone interne. Parte di essi erano avviati verso l'Arabia, altri venivano adibiti ai lavori nelle piantagioni che gli arabi avevano impiantato nella regione, specialmente a Zanzibar e Pemba. Gli arabi, un tempo numerosi, sono oggi ridotti di numero a una stretta minoranza: molti hanno lasciato la Tanzania e un numero non indifferente è perito nel corso della rivoluzione che, con la fatalità propria di una nemesi storica, è stata scatenata nel 1964 a Zanzibar dalla popolazione africana. Più numerosi degli arabi sono gli asiatici (0,6%), qui giunti per la prima volta forse 2000 anni fa, poi fatti affluire come manodopera dai portoghesi e soprattutto dagli inglesi; divenuti col tempo una comunità assai potente, sono oggi anch'essi fortemente ridotti di numero e d'importanza in conseguenza della politica di africanizzazione che inTanzania, come nel resto dell'ex Africa Orientale Britannica, è stata avviata dai governi indipendenti. Gli europei (0,1%) sono insediati per lo più nelle zone fertili alle falde del Kilimangiaro e del Meru. A differenza del vicino Kenya, qui l'immigrazione europea non fu mai cospicua. Gli altri gruppi sono il 2% della popolazione. Nel complesso arabi, asiatici ed europei costituiscono il 5% della popolazione. Gli sviluppi demografici della Tanzania non sono bene conosciuti. Tra il 2015 e il 2020 la popolazione della Tanzania  è aumentata secondo un ritmo del 3,1%, non eccessivamente alto rispetto alla natalità (36,7‰ nel 2018), e ciò perché gran parte della popolazione vive ancora in condizioni molto arretrate e la mortalità è assai elevata. Più del 43% della popolazione ha meno di 15 anni; la densità media è di 59 ab./km², ma la distribuzione è molto irregolare. Come fenomeno generale vi è la tendenza, peraltro già sensibile in passato, di un flusso migratorio verso la fascia costiera, più ricca di attività. Ma, se si esclude la zona di Dar es Salaam, non è questa la parte più densamente popolata del Paese; nella regione del Kilimangiaro, piovosa e fertile, si hanno ca. 90 ab./km², che è uno dei valori massimi della Tanzania a livello di regioni amministrative. Generalmente poco popolata invece è tutta la sezione centrale delle alteterre, dove si ha un insediamento tipicamente africano di villaggi che gravitano intorno ai centri posti sulle strade principali, sedi di mercato e, oggi, di ambulatori, uffici governativi, negozi ecc. Villaggi si trovano anche sulla costa, dove è presente anche la casa o l'insediamento familiare sparso; ciò vale anche per Zanzibar. Le abitazioni lungo la costa sono a pianta quadrata, mentre nelle zone savaniche assumono in generale forme circolari; i masai vivono infine nelle loro manyatta, insediamenti che hanno una durata di 6-7 anni, caratterizzati dal recinto centrale per il bestiame. Il Paese è innervato su una rete di centri urbani o comunque commerciali che, nella sua struttura, si è delineata essenzialmente in età coloniale, benché le sedi costiere preesistessero. La popolazione urbana, comunque, nel 2018 era solo il 33,8%. Sino al secolo scorso Zanzibar era la maggior città sulle coste dell'Oceano Indiano: centro commerciale attivo, gestito dagli arabi, essa contava un numero di abitanti non tanto inferiore a quello odierno. Il suo urbanesimo era, come ancora lo è agli inizi del Duemila, quello delle città arabe, con le vie strette, piene di negozi, un porto frequentato da numerosi velieri e barche. Altri centri preesistenti di dimensioni urbane erano Bagamoyo, ormai decaduta, e Tanga, porto vivace con un buon sviluppo in quanto capolinea costiero della ferrovia che conduce alla popolosa zona dominata dal Kilimangiaro. Chiave di volta di tutta l'organizzazione territoriale della Tanzania, principale scalo portuale e aeroportuale, sede di industrie e di attività commerciali, è Dar es Salaam, capitale del Paese sino a quando le relative funzioni amministrative e politiche non furono assunte da Dodoma, situata proprio nel cuore della Tanzania, in un'area essenzialmente rurale e di tipica africanità. Ancor agli inizi del Novecento Dar es Salaam, il “porto della pace”, era un modesto centro, fondato anteriormente dal sultano di Zanzibar; poi essa divenne il principale scalo portuale del Paese, al servizio anche dello Zaire orientale, sbocco di tutto l'altopiano cui è stata collegata con la linea ferroviaria per il Tanganica, cui va aggiunta l'importantissima Tan-Zam, la ferrovia che unisce la Tanzania alla Zambia e grazie alla quale quest'ultima, priva di accesso diretto al mare, ha la propria apertura marittima a Dar es Salaam. Alla costruzione delle ferrovie – tutte linee di penetrazione – si deve la rete urbana della Tanzania che, oltre ai menzionati centri costieri, annovera alcune città imperniate appunto sugli assi ferroviari. Sulla ferrovia da Dar es Salaam al lago Tanganica (con punto di arrivo a Kigoma) sorgono Morogoro, Dodoma e Tabora, nodo centrale dell'altopiano, da dove si dirama una linea per il lago Vittoria, allacciando così l'ex capitale a Mwanza, maggior centro portuale sulle rive del grande lago, mentre la Tan-Zam tocca Mbeya, principale centro della zona dei monti Kipengere. La ferrovia da Tanga alla zona del Kilimangiaro ha infine valorizzato Arusha, mercato di una popolosa regione agricola, frequentata anche dai masai, e Moshi, ai piedi del Kilimangiaro, che è divenuta una rinomata località turistica.

Territorio: ambiente

La copertura vegetale della Tanzania è molto varia, così come appunto sono le precipitazioni e le condizioni ambientali generali da zona a zona. La fascia costiera e le isole erano un tempo ricoperte dalla foresta tropicale umida, oggi quasi ovunque sostituita dalle colture di piantagione, tra cui la palma da cocco che forma lussureggianti palmeti in vicinanza del mare; lembi forestali sussistono, per esempio, presso le foci dei fiumi, spesso con tipici aspetti a mangrovia. Anche nelle isole, specie a Zanzibar e Pemba, l'antica e profonda antropizzazione del territorio ha radicalmente trasformato i paesaggi naturali, distruggendo la foresta originaria a favore delle colture di piantagione, qui soprattutto rappresentate da piante essenziali proprie delle fasce tropicali umide, autoctone o d'importazione; viene dalle Molucche, per esempio, quella pianta dei chiodi di garofano (Eugenia caryophyllata) che ha fatto la ricchezza di Zanzibar. Nel suo insieme però la Tanzania, Paese relativamente poco popolato, è ancora in gran parte coperta da associazioni vegetali spontanee, che hanno nella savana la più diffusa e tipica espressione. Essa infatti domina sugli altopiani, a partire già dall'immediato retroterra costiero, assumendo, secondo il variare dei suoli e delle precipitazioni, forme diverse: la savana arborata, rada, piuttosto arida, diffusa su gran parte del Paese; la savana arbustiva, dominante nella sezione centrale; la savana erbosa a Graminacee, nelle depressioni meno irrorate dalle piogge; la savana "parco", presente invece nelle fasce più umide, specie in vicinanza dei corsi d'acqua, dove si hanno formazioni di foresta a galleria. Aspetti peculiari assume la vegetazione sui grandi rilievi vulcanici, e in particolare sul Kilimangiaro, con le sue successioni altitudinali, che iniziano, sopra le savane, con la densa foresta equatoriale sino ai 3000 m, ricca di ginepri, podocarpi, cedri e altre essenze pregiate, bambù (sino a 2400 m); verso i 3000 m cominciano le brughiere arborescenti e tra i 3600 e i 4600 m si ha una prateria alpina con Graminacee tra le quali si elevano seneci e lobelie giganti. La fauna della Tanzania è altrettanto ricca della sua flora: vi si incontrano numerosi mammiferi di grandi dimensioni, come antilopi, zebre, elefanti, ippopotami, rinoceronti, giraffe, leopardi, bufali e scimpanzé. L'eccezionale varietà di animali che popolano questo territorio è dovuta soprattutto alla presenta di 14 parchi nazionali e numerose riserve sia naturali che marine. Complessivamente le aree protette sono il 30,9% e includono quattro siti dichiarati patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO: la Riserva naturale di Ngorongoro (1979), il Parco nazionale del Serengeti (1981), la Riserva del Selous (1982) e il Parco nazionale del Kilimanjaro (1987). La deforestazione causata dalla continua richiesta di terre da coltivare e legname da combustione ha prodotto in questi anni l'aumento dell'erosione del suolo e l'avanzare della desertificazione. Inoltre la pesca con la dinamite sta mettendo in grave pericolo le barriere coralline e gli habitat marini.

Economia: generalità

Al pari di quanto si è verificato in tanti altri Paesi africani, anche in Tanzania l'economia subì profonde trasformazioni nel periodo di dominazione coloniale, che tra l'altro fu duplice, tedesca prima, inglese poi. Durante questi anni venne introdotta e successivamente potenziata l'economia di piantagione (affidata però a stranieri, europei e indiani); agli africani rimase, completamente trascurata, l'economia di villaggio basata su un'agricoltura di sussistenza. Divenuta indipendente nel 1964, la Tanzania scelse una via di sviluppo socialista e fortemente basata sulle comunità locali, mirante alla creazione di una società senza classi e più vicina possibile a quella esistente negli antichi villaggi tribali. Il Paese avviò programmi ambiziosi: affrancandosi dalle ingerenze straniere e potenziando le proprie strutture produttive, esso intese elevare, con cospicui interventi pubblici, il livello di vita della popolazione, soprattutto di quella rurale, che rappresentava la stragrande maggioranza dei tanzaniani; nello stesso tempo il governo mirò a incrementare la produzione agricola e a far decollare l'industria nazionale. Lo strumento scelto per rendere operativa questa politica economica fu l'istituzione delle Ujamaa: cooperative di villaggio affini alle comuni cinesi, dotate di scuole, di dispensari, talune anche di piccole industrie che lavoravano i prodotti locali e nelle quali venne man mano avviata la popolazione. Il governo nazionalizzò gran parte delle piccole e medie aziende agricole senza però mai interamente abolire la proprietà privata. Il settore minerario, le principali industrie, le banche, i trasporti, il commercio estero rimasero sotto l'esclusiva direzione di enti statali o parastatali. Quando però dal 1973 alla crisi economica mondiale si aggiunsero ripetute calamità naturali (la terribile siccità che ha devastato gran parte dell'Africa, distruggendo pascoli e decimando i capi di bestiame), il governo si trovò nella necessità di ridimensionare i propri iniziali progetti e nello stesso tempo di ricorrere in crescente misura ai finanziamenti esteri, che si tradussero con il tempo in una forma più o meno larvata di dipendenza. La fine della politica socialista fu ufficializzata nel 1986 quando l'economia tanzaniana ebbe una svolta liberista accogliendo finanziamenti dalla Banca Mondiale e, successivamente negli anni Novanta del Novecento, aprendo all'intervento privato anche settori come quello commerciale e bancario. L'economia del Paese diveniva così fortemente dipendente dagli aiuti internazionali e, nonostante il clima di fiducia del mercato nazionale, la Tanzania rimane uno dei paesi più poveri del continente africano. Negli anni Dieci del XXI secolo la Tanzania ha conosciuto una fase di crescita economica sostenuta, con il PIL che si attesta nel 2019 a 62224 ml $ USA e il PIL pro capite a 1017 $ USA (2018). l paese resta particolarmente sensibile all’andamento degli investimenti stranieri e delle esportazioni, soprattutto dei prodotti agricoli e dell’oro, il cui prezzo sul mercato internazionale influenza pesantemente l’economia.  Un difficile problema politico-economico della Tanzania rimane il fenomeno della corruzione, presente in forma endemica negli apparati amministrativi dello stato. La crescita dell'ultimo decennio è stata bruscamente interrotta dalla pandemia globale di Covid-19. 

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

L'agricoltura occupa la maggioranza della popolazione attiva (65,3% nel 2019), partecipando per  il 30,5% alla formazione del reddito nazionale. Arativo e colture arborescenti hanno tuttavia a loro disposizione una porzione molto esigua della superficie territoriale (5,6%). I terreni migliori sono destinati alle colture d'esportazione. Assai richiesto è il caffè, divenuto la principale merce d'esportazione. Esso viene coltivato nelle aree di montagna, in particolare alle falde del Kilimangiaro (specie nella regione di Moshi) e nella zona di Bukoba, a W del lago Vittoria. Ugualmente importante è la cotonicoltura, che fu introdotta in Tanzania dal Sudan ed è praticata anche in piccoli appezzamenti; tra le aree di maggior diffusione sono quelle di Mwanza, presso il lago Vittoria, e più nell'interno di Shinyanga, quindi le zone di Morogoro, nell'entroterra di Dar es Salaam, di Kilwa Kivinje e di Lindi, nella sezione meridionale della costa. Altre produzioni di rilievo sono il sisal, le arachidi, gli agrumi, gli ananas e in tutta la regione costiera; a Zanzibar è presente la palma da cocco. I chiodi di garofano sono la principale risorsa delle isole di Zanzibar e Pemba, che ne detengono pressoché il monopolio mondiale. L'agricoltura di sussistenza si fonda sui cereali, in specie sul mais, che è diffuso specialmente sui versanti umidi del Nord; seguono il miglio e il sorgo, il riso, presente soprattutto nelle aree prossime al lago Vittoria, e il frumento; vengono quasi ovunque praticate le coltivazioni della manioca e della batata; per il consumo locale si coltivano infine vari prodotti orticoli (fagioli, patate, cipolle ecc.) e ancor più frutticoli, che trovano il loro ambiente ideale nella regione costiera. § Ca. il 52% del territorio nazionale è ricoperto da foreste e boscaglie; le più rigogliose distese forestali ammantano i versanti del Kilimangiaro e del Meru, ben irrorati dalle piogge, nonché più a S i monti Uluguru. Lo sfruttamento forestale è rappresentato in buona misura da essenze di gran pregio, come ebano e cedro, e dal bambù. § L'allevamento dispone di vaste aree a prato e pascolo permanente e, per alcune popolazioni, specie per i masai, costituisce la principale, se non l'unica risorsa economica; si tratta però in genere di un'attività condotta con sistemi antiquati, poco produttivi, che punta sul numero dei capi di bestiame piuttosto che sulla loro qualità. § Un certo peso economico ha la pesca, attività molto diffusa lungo le coste ma ancor più largamente praticata nelle acque interne, specie nel lago Vittoria. Si tratta però di un settore nel suo insieme scarsamente organizzato, privo soprattutto di idonei impianti conservieri; la maggior parte del pescato viene subito venduta nei vari mercati locali.

Economia: industria e risorse minerarie

Il settore industriale occupa ca. il 6,8% della popolazione attiva (2019); l'attività manifatturiera è rivolta soprattutto alla trasformazione dei prodotti locali ed è rappresentata perciò da zuccherifici, complessi molitori, oleifici, birrifici, stabilimenti tessili (cotonifici in netta prevalenza); si hanno inoltre manifatture di tabacchi, mobilifici, cementifici, alcuni stabilimenti chimici (fertilizzanti azotati a Dar es Salaam e Tanga) e della gomma. Un oleodotto collega dal 1966 Dar es Salaam, sede di un'importante raffineria, a Ndola (Zambia). § Nonostante le risorse minerarie non siano abbondanti, dall'inizio del nuovo millennio si registra un diffuso interesse degli operatori stranieri in questo settore. Si estraggono soprattutto diamanti (provenienti dalla regione di Shinyanga), oro (oggetto, insieme all'argento, di un intenso contrabbando), salmarino (ottenuto da saline presso Dar es Salaam), sale di sorgente (Uvinza), gemme (Arusha) e fosfati (Minjingu). Al largo dell'isola di Songo-Songo si estraggono petrolio e gas naturale. Sono state potenziate le centrali idroelettriche (la più importante è quella sul fiume Pangani); le dighe di Kidatu e Mtera assicurano gran parte della produzione di energia eletrica.

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Il commercio interno, un tempo in gran parte svolto dagli indiani, non è certo molto intenso, limitato com'è dal modestissimo reddito percepito dalla stragrande maggioranza della popolazione. Gli scambi con l'estero hanno caratteristiche simili a quelle di molti Paesi africani in via di sviluppo: esportazione di materie prime e minerarie (caffè, tè, cotone, diamanti ecc) e importazione di macchinari e mezzi di trasporto, combustibili, prodotti industriali e alimentari in genere. La bilancia commerciale denuncia passivi molto pesanti; l'interscambio si svolge principalmente con la Gran Bretagna, la Germania, l'Italia, l'India, il Giappone e la Malaysia. § La rete delle vie di comunicazione è ancora piuttosto carente, benché quella ferroviaria, nata come via di penetrazione dalla costa verso le piantagioni dell'interno, abbia un discreto sviluppo, almeno su scala continentale. Fondamentale è stata la realizzazione, attuata con l'assistenza tecnica e finanziaria della Cina, della Tan-Zam (cioè Tanzania-Zambia), entrata in funzione nel 1975 e che congiunge Dar es Salaam con Kapiri Mposhi, nella Zambia; l'altro principale tronco ferroviario (2200 km) del Paese raccorda Dar es Salaam con Kigoma, sul lago Tanganica, passando per la nuova capitale Dodoma, mentre una diramazione porta a Mwanza, sul lago Vittoria. La rete stradale comprendeva (2017) complessivamente 145.205 km, per lo più tuttavia non transitabili durante la stagione delle piogge; fra le principali arterie è la strada tra Dar es Salaam e la Zambia centrale, realizzata, a integrazione della ferrovia, con finanziamenti della Svezia, degli Stati Uniti e della Banca Mondiale. Abbastanza vivaci sono le attività portuali, che fanno capo eminentemente al porto di Dar es Salaam, seguito da quelli di Tanga, di Mtwara e di Zanzibar. La navigazione interna riveste tuttora un ruolo rilevante; sui laghi Vittoria, Tanganica e Niana battelli di linea collegano la Tanzania con quasi tutti i Paesi confinanti. La Tanzania dispone. all'inizio del Duemila, di un discreto numero di aeroporti, ma il principale scalo resta naturalmente quello internazionale di Dar es Salaam. § Una buona fonte di reddito è il turismo, un settore in continua crescita dalla metà degli anni Ottanta del Novecento. La Tanzania continua ad investire per adeguare la capacità ricettiva alla richiesta internazionale alimentata dalle straordinarie bellezze naturali del Paese.

Preistoria

Alcuni siti della Tanzania presentano un particolare interesse per il periodo delle origini dell'uomo, grazie a spettacolari e numerosi ritrovamenti di resti di Australopitecine molto arcaiche. Il più importante è la località di Laetoli dove, in livelli datati a oltre 3,5 milioni di anni, è stata messa in luce una serie di orme di individui (forse Australopithecus afarensis) che camminavano con andatura già perfettamente eretta. Il sito certamente più significativo è la Gola di Olduvai che taglia la piana del Serengeti, dove oltre 50 anni di ricerche condotte da M. D. Leakey hanno permesso di esplorare la lunga sequenza olduvaiana e acheuleana presente in questo giacimento; industrie microlitiche datate a ca. 17.000 anni sono presenti alla sommità dei depositi conservati in questa gola. Resti di Australopithecus boisei, di Homo habilis e di Homo erectus sono stati rinvenuti in diversi siti dei Livelli 1, 2 e 3 di Olduvai. Diversi altri siti con industrie di varie fasi dell'Acheuleano sono presenti in Tanzania (Isimila, Peninj, Isenya). Fossili umani attribuiti a Homo erectus o a una forma di transizione verso Homo sapiens, con un'età di ca. 400.000 anni, sono stati rinvenuti nei pressi del lago Ndutu, mentre resti molto più recenti, associati a industrie del Middle Stone Age, provengono da un sito sulle sponde del lago Eyasi. Industrie del Middle Stone Age e del Late Stone Age sono note in diverse località tra cui ricordiamo il riparo Nasera sulla piana del Serengeti. Numerose sono le manifestazioni d'arte rupestre, di cui le più arcaiche sembrano risalire al Paleolitico superiore, mentre le più recenti presentano figure zoomorfe naturalistiche. Alcune di esse sono databili al Neolitico; materiali di questo periodo, collocabili tra il VI e il III millennio a. C., sono presenti in ripari sotto roccia. Dalla fine del II e nel corso del I millennio a. C. si diffondono, in Tanzania, oltre ai primi elementi di cultura bantu, la ceramica, le pratiche agricole e la lavorazione del ferro. Particolarmente sviluppate sono le installazioni metallurgiche degli inizi del I millennio a. C., con materiali ceramici di tipo Urewe. Durante la fioritura del regno di Zimbabwe si sviluppa un fiorente commercio del sale, estratto in alcune miniere della Tanzania e in alcuni centri appaiono complessi sistemi di irrigazione; il centro costiero più importante della Tanzania era, in questo periodo, Kilwa.

Storia

La regione costiera, già vagamente nota al mondo egizio e a quello ellenico, poi descritta nel Periplo del Mare Eritreo (di anonimo navigatore greco del sec. I-II) e indicata col nome di Azania, fu già in epoca remota meta di traffici con la Penisola Arabica e l'Oriente. Essa divenne, forse dalla fine del sec. VII, sede di insediamento di arabi islamizzati e poi di persiani di Shirāz che fondarono, nel sec. X, il fiorente impero degli Zengi (cioè dei Neri), protrattosi fino all'avvento dei portoghesi. Arabi e persiani, amalgamatisi con le popolazioni autoctone del litorale e dell'entroterra (bantu, zulu), dettero vita a quella lingua e a quella cultura swahili che ha caratterizzato poi tutte le società di quell'area geografica. Nella prima metà del sec. XV le coste orientali dell'Africa furono visitate anche da flotte cinesi inviate dai primi imperatori Ming e guidate dall'eunuco Cheng Ho. I portoghesi, alla ricerca di basi di appoggio e commerciali sulla via delle Indie, comparvero su quel litorale nel 1498, insediandosi poi nei principali centri costieri e a Kilwa, Pemba e Zanzibar. Con la rivolta araba di Mombasa del 1631 ebbe inizio per il Portogallo una lotta susseguitasi fino alla caduta di Fort Jesus (1698), di Pemba e di Kilwa. All'inizio del sec. XVIII il dominio di tutto il litorale a nord di Mozambico passò nelle mani del sultano di Oman che affidò i vari centri a membri della sua famiglia, i quali cercarono però di rendersi autonomi. Nel 1828 Seyd Sa'īd riaffermò la sua autorità e da Mombasa trasferì la sede del principato a Zanzibar. Sa'īd trovò un sostanziale appoggio nella Gran Bretagna con la quale stipulò un trattato che prevedeva come contropartita l'abolizione della tratta. Sa'īd Bargash (1870-88) estese il suo controllo alle regioni interne della Tanzania, raggiungendo la regione dei Grandi Laghi nell'intento di scoraggiare i mercanti di schiavi, e, sempre in collaborazione con l'Inghilterra, cercò di aprire il Paese al mondo esterno. Le grandi esplorazioni intraprese nella seconda metà del sec. XIX anche da missionari e agenti tedeschi, e in particolare l'azione svolta da K. Peters attraverso la Società Tedesca dell'Africa Orientale, portarono nel 1884 alla firma d'una serie di trattati che assicurarono vantaggiose condizioni alla predetta Società e portarono nel 1885 il territorio sotto il protettorato della Germania con la separazione giuridica del Tanganica (settore continentale) da Zanzibar e Pemba. A nulla valse l'opposizione di Sa'īd Bargash: gli accordi del 1886 e del 1890 definirono le zone d'influenza di Germania e Inghilterra nei confronti del sultano di Zanzibar. I tedeschi dovettero però fronteggiare numerose rivolte (fomentate dall'elemento arabo e dalle irriducibili popolazioni autoctone), protrattesi fino al 1907. La politica della Germania per dare un'organizzazione e uno sviluppo al Tanganica fu assai efficace ma ben presto interrotta dallo scoppio del primo conflitto mondiale. Il generale von Lettow Vorbeck riuscì, coi suoi modesti effettivi, a tener testa alle forze inglesi e belghe fino al novembre 1918, data della firma dell'armistizio che sanzionava la sconfitta della Germania. Il territorio dell'Africa Orientale Tedesca fu dal Consiglio supremo alleato affidato come mandato B (legittimato poi dalla Società delle nazioni) alla Gran Bretagna (Tanganica) e al Belgio (Ruanda-Urundi). Nel 1920 e nel 1926 furono istituiti nel Tanganica rispettivamente il primo Consiglio esecutivo e il primo Consiglio legislativo. Dopo il secondo conflitto mondiale, il mandato fu trasformato in Amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite (13 dicembre 1946). Le riforme costituzionali del 1948 e del 1954 favorirono l'evoluzione politica del Tanganica e la nascita di un nazionalismo che trovò in J. Nyerere e nella Tanganyika African National Union (TANU) un supporto moderato ma efficace. D'intesa con l'ONU l'Inghilterra concesse al Tanganica prima l'autonomia interna (1º maggio 1961) e poi la piena indipendenza (9 dicembre 1961). Il Tanganica, entrato in seno al Commonwealth come monarchia legata alla corona britannica, optò il 9 dicembre 1962 per la forma di governo repubblicana con Nyerere come presidente. Nel dicembre 1963 anche Zanzibar e Pemba raggiunsero l'indipendenza e nell'aprile 1964 si realizzò l'integrazione dei due Paesi a seguito di un accordo tra i due presidenti, Nyerere e Abeid Karume, divenuti rispettivamente presidente e vicepresidente della Repubblica Unita di Tanzania. Il 1º ottobre 1964 venne promulgata la Costituzione ad interim della Repubblica Unita di Tanzania, completata da un allegato riproducente lo Statuto della TANU, cioè del partito unico che costituì la base del socialismo tanzaniano. Quest'ultimo trovò la sua formulazione programmatica nella dichiarazione di Arusha del 1967. Negli anni Settanta del Novecento i contrasti fra Tanzania, Uganda e Kenya provocarono lo scioglimento della Comunità africana orientale (1977), che era stata base comune economica e politica dei suddetti Paesi. I contrasti successivamente si aggravarono fra Tanzania e Uganda, fino a sfociare in un vero conflitto (1978-79) conclusosi con la disfatta dell'esercito ugandese da parte delle forze tanzaniane. Nel 1985 J. Nyerere si dimise dalla presidenza della Repubblica (dopo essere rimasto in carica 24 anni) ma restò alla guida del Chama Cha Mapinduzi (CCM, Partito della Rivoluzione), partito unico nato nel 1977 dalla fusione della TANU e dell'ASP (Afro-Shirazi Party, operante a Zanzibar). Il nuovo capo dello stato, Ali Hassan Mwinyi, sollecito promotore di misure di liberalizzazione economica e di un piano di risanamento, fu aspramente criticato da J. Nyerere che, riconfermato nel 1987 alla guida del CCM con mandato quinquennale, nel 1990 rassegnò le dimissioni. La transizione politica (ed economica in senso liberista) avviata nel 1985 si concluse con la riunificazione delle due cariche nelle mani di A. H. Mwinyi che nel 1990 vinse le elezioni presidenziali e portò ai vertici delle istituzioni statali i suoi sostenitori. L'inizio degli anni Novanta vide l'estensione della liberalizzazione dal piano economico anche a quello politico, sancita dal riconoscimento formale del sistema multipartitico da parte della conferenza straordinaria del CCM (febbraio 1992), altresì impegnatosi in uno sforzo di democratizzazione interna. Ciò non portò, comunque, a nuove elezioni: l'opposizione rimase divisa e non riuscì a organizzarsi in una coalizione che includesse i movimenti attivi nelle isole di Pemba e Zanzibar, dove continuavano a manifestarsi tendenze separatiste. Per attenuare i fermenti autonomisti l'Assemblea nazionale approvò (1993) una risoluzione che estendeva anche al Tanganica l'ampia autonomia già prevista per Zanzibar. Nel novembre 1994 il CCM ottenne una schiacciante vittoria alle prime elezioni amministrative multipartitiche: il presidente A. H. Mwinyi nominò primo ministro Cleopa Msuya, ricevendo il voto favorevole dell'Assemblea Nazionale. Nell'ottobre 1995 si tennero finalmente le prime elezioni presidenziali e legislative multipartitiche, di cui però l'opposizione chiedeva subito l'annullamento, denunciando brogli e irregolarità a favore dei candidati governativi. Alla presidenza della repubblica venne comunque eletto Benjamin Mkapa (CCM); il CCM riuscì anche ad aggiudicarsi la maggioranza assoluta dei seggi all'Assemblea Nazionale, mentre assai meno netta risultò la sua vittoria alle elezioni della Camera dei Rappresentanti svoltesi contemporaneamente a Zanzibar: questo provocò le ampie proteste del leader del partito d'opposizione CUF (Fronte Civico Unito). In novembre il presidente B. Mkapa potè formare il nuovo governo, affidando la carica di primo ministro a Frederick Sumaye. Il CCM si affermò anche nelle elezioni del 2000, che confermarono nuovamente B. Mkapa alla presidenza. A Zanzibar, invece, le elezioni vennero annullate per gravi irregolarità; una manifestazione indetta dal CUF e dichiarata illegale dal CCM si svolse sull'isola nel 2001 per chiedere la ripetizione delle elezioni e causò violenti scontri con ca. 200 morti e numerosissimi feriti. Allo scopo di porre fine alle violenze politiche CCM e CUF firmarono un accordo negoziando una soluzione a lungo termine della crisi. Sempre nel 2001 la Tanzania firmò un accordo con il Malawi per risolvere un lungo contenzioso riguardante il confine sul fiume Songwe e sempre sul piano internazionale, nel marzo 2004, il governo tanzaniano firmò un accordo preliminare con Kenya e Uganda per la creazione di un'unione doganale. Nel 2005 si svolsero elezioni legislative: B. Mkapa aveva già ricoperto due mandati e costituzionalmente non poteva più essere rieletto, così, come candidato del CCM, si presentò alle elezioni il ministro degli esteri Jakaya Kikwete che con l'80% dei voti venne nominato presidente. Il CCM continuava quindi a controllare con una schiacciante maggioranza la vita politica del Paese garantendo comunque il rispetto delle regole democratiche. Nell'ottobre del 2010 il presidente uscente vinceva le elezioni presidenziali con oltre il 60% delle preferenze. Nel 2015 gli è subentrato un altro esponente del CCM, John Magufuli, riconfermato nella carica nel 2020. Il seguito alla morte di John Magufuli, avvenuta il 17 marzo 2021, la presidenza è stata assunta dal 19 marzo dello stesso anno da Samia Suluhu, già vicepresidente di Magafuli. 

Cultura: generalità

Il villaggio, che sorge al centro delle aree di sfruttamento agricolo e pastorale, sempre isolato da un recinto di siepi e da una palizzata, è una forma dominante dell'insediamento; la sua struttura è legata all'organizzazione sociale e all'attività economica. In generale è costituito da capanne circolari con il tetto conico, che possono essere abitazione singola di un gruppo familiare, il quale però è spesso dotato di due o più edifici in rapporto anche alla struttura poligamica. Poiché gran parte delle popolazioni della Tanzania è al tempo stesso costituita da agricoltori e da allevatori (l'allevamento si ritrova anche presso le popolazioni bantu che l'hanno mutuato soprattutto dai masai), il villaggio ha spesso un recinto per il bestiame (kraal). La struttura più tipica del villaggio pastorale la si ritrova appunto presso i masai, con il kraal (boma) ricavato nella parte interna del villaggio (manyatta) e circondato dalle capanne, che sono basse, con una struttura a botte e con l'ingresso, angusto, in posizione eccentrica rispetto all'edificio, costituito da un telaio di bastoni ricoperto di fango e sterco. Caratteristica dei wanyamwesi (ma ritrovabile anche presso altre tribù) è la capanna (tembe) posta in pendio, con i tetti a terrazza, e all'interno divisa in scomparti. Anche accanto a questo tipo di villaggio non manca mai il kraal. Il piatto più diffuso è l'ugali, una sorta di polenta di farina di granturco accompagnata da salse, carne o verdure. Altri alimenti molto diffusi sono il riso di ottima qualità insaporito talvolta con latte di cocco e il matoke (banane cotte). Molti tanzaniani iniziano la loro giornata con l'uji, un porridge leggero a base di fagioli, miglio o altra farina. I siti culturali UNESCO patrimonio dell'umanità sono tre: la città di pietra di Zanzibar (2000), tipico porto commerciale dove si fondono gli stili architettonici africano, europeo, indiano e arabo; le incisioni rupestri di Kondoa (2006), non lontano dalla Rift Valley; le rovine di Kilwa Kisiwani e di Songo Mnara (1981). Si tratta di due grandi porti dell'Africa orientale situati su due piccole isole vicino alla costa. Dal XIII al XVI secolo i mercanti di Kilwa commerciavano in oro, argento, perle, profumi, vasellame arabo, tappeti persiani e porcellana cinese, gestendo così gran parte del commercio dell'Oceano Indiano. Nel 2004 il luogo è stato inscritto tra i siti in pericolo.

Cultura: letteratura. Lingue bantu

Le varie lingue bantu ebbero e hanno una produzione letteraria orale per la cui conoscenza è fondamentale l'opera Three Solid Stones (1975) di Martha Muungi. Solo il swahili ha una letteratura scritta, le cui prime testimonianze, risalenti al sec. XVII, sono in lettere arabe. A partire dal sec. XIX tale letteratura fu scritta in lettere latine. I generi più antichi sono esclusivamente poetici, chiusi in forme rigide, e destinati alla recitazione. Fra questi, il più importante è l'utenzi, usato per soggetti epico celebrativi e, durante il periodo classico (prima del sec. XX) solo per scopi religiosi. Oggi, questo genere tende a diventare narrativo e a trattare fatti di cronaca. Formalmente influenzata dalla poesia epica persiana e classica araba, questa produzione esprime una cultura più orientale che africana. Gli scrittori classici più notevoli appartengono al sec. XIX; sono i poeti Sayh Muhyi d'Dīn (1789-1869), di Zanzibar, Hamed bin' Abdallah el Buhri (ca. 1850-1928), ʽAbd al-Karim bin Jamaliddini e Mzee bin ʽAlī. Per la prosa, rappresentata da antiche cronache, o Habari, e da racconti autobiografici o di viaggi segnaliamo: Amur bin Nasūr, Sulaymān bin Mwenye Chande, Sālim bin Abukari, e il famoso commerciante negriero Hamed bin Muḥammed el-Murgebi detto Tippu-Tip, tutti dell'Ottocento. Questa letteratura fu però pienamente valorizzata solo a partire dagli anni Cinquanta, con l'affermarsi dei movimenti nazionalistici ed è oggi una forza viva: parecchi poemi antichi sono stati pubblicati, anche in giornali, suscitando vibrate polemiche fra i tradizionalisti e i fautori di uno sganciamento da formule troppo rigide. Fra questi ultimi si citano i poeti K. H. A. Akilimali “Snow-White”, K. Amri Abedi (1924-1964), Abdullah Saleh Farsy (1912-1982), M. E. Mnyampala (1917-1969), B. Soprassasson e Z. M. S. Zani. Il periodo che va dal 1948 al 1960 è dominato dal maggior poeta swahili moderno, e non solo in Tanzania, Shaaban Robert (1909-1962), che ha arricchito e aggiornato la lingua, creando modelli stilistici, tanto in prosa che in poesia, più consoni ai temi attuali. Autore vario e profondo, ha dato il suo capolavoro con Poema sulla lotta per la libertà (postumo, 1967). Quanto alla narrativa, rappresentata dalla novella (D. E. Diva, J. P. Mbonde, M. E. Mnyampala, D. M. Ndimbo, H. Nyngine, Omar C. A. Shariff, Omari K. Cuthbert, N. L. Riwa) e dal romanzo breve, tratta temi che vanno dalla descrizione della vita rurale (Muḥammad Saleh Farsy) al genere poliziesco (Faraji H. H. Katalambulo, Hasani ben Ismail, Muḥammad Saʽīd Abdullah). In campo teatrale, alla fine degli anni Sessanta nacque, nell'ambito dell'Università di Dar es Salaam, l'impegno di creare un teatro swahili moderno: fra i commediografi più significativi vi sono Ebrahim Hussein, Ngahyoma e Penina Muhando. Il saggio ha il suo massimo esponente in Julius Nyerere, autore di tre opere capitali per la conoscenza della via tanzaniana al socialismo: Libertà e unità (1967), Libertà e socialismo (1972) e Libertà e sviluppo (1974). Negli anni Settanta la letteratura in lingua swahili acquista un'importanza sempre maggiore. Fra i poeti sono da menzionare E. Hussein (n. 1943) e E. M. Mahimbi, e fra i narratori M. Lemki, H. Mwakyembe e C. K. Omari. Di grande rilievo è lo sviluppo del teatro, che ha trovato i suoi maggiori rappresentanti in Ebrhim N. Hussein, Faruk Topan (n. 1940) e Peninah Muhando (n. 1948). Negli anni Ottanta vi è un ulteriore sviluppo della letteratura con i romanzi di E. Kezilahabi, S. A. Mohamed (n. 1947) e M. S. Abbdulla, e con la poesia di M. Mulokozi. Il teatro, pur mobilitato per la propaganda politica, si rifà alle origini africane della poesia swahili con gli spettacoli ngonjera.

Cultura: letteratura. Lingua inglese

La letteratura in lingua inglese, timidamente apparsa verso gli anni Cinquanta come reazione alle forme troppo rigide della letteratura swahili, ha trovato un incentivo in giornali e riviste, come Darlite, legata all'Università di Dar es Salaam, e Transition (pubblicata a Kampala), e antologie che, come quelle di D. Cook, hanno fatto conoscere i poeti H. Temba (n. 1951), Y. O. Kassam (n. 1943), M. Mnampala (1917-1969) e M. N. Haji, e i narratori tradizionali, come I. K. Kayembo, Tom Chacha, Ben Mkapa, Valentina Eyakuze, N. G. Ngulukululu. Quanto al romanzo, esso conta opere autobiografiche (A. Kajerere, che però scrive in tedesco), un buon studio psicologico del conflitto fra generazioni (Dying in the Sun, 1968) di P. K. Palangyo, descrizioni della vita di villaggio (G. Ruhumbika), temi polizieschi (F. Kawegere). Il saggio è ben rappresentato da Sophia Muṣṭafā, e da Semei Nyanzi. Negli anni Settanta e Ottanta la letteratura in inglese è scarsa ma non priva di valore. Fra i poeti sono da menzionare B. R. Nchimbi, W. D. Kamera (n. 1942), noto anche per i suoi Tales of the Wairaqw of Tanzania, e soprattutto F. E. M. K. Senkoro (n. 1953) autori di una poesia fortemente politicizzata e spesso propagandistica. Più importanti i romanzieri, che prediligono il genere autobiografico, il romanzo storico e la cronaca familiare, e analizzano i conflitti psicologici e sociali, senza idealizzare il passato o cadere in sentimentalismi, ma rivelando un certo pessimismo e l'amarezza per le speranze deluse. Anche il teatro, che acquista una certa importanza, si fa critico della vita sociale con i drammi naturalistici di Mukotani Rugyendo e Blandina Mhando. La saggistica comprende studi storici (M. H. Kaniki e Israel Katoka), politici (T. Avirgan, A. M. Babu, P. Kagwema, L. Khamis e J. Nsekela) e letterari (C. S. Mwakasaka). Fra i più recenti autori contemporanei si può citare anche Tolowa Marti Mollel (n. 1952), abile narratore e rielaboratore di antiche leggende (The Orphan Boy).

Cultura: arte

La statuaria, di qualità modesta, consiste per lo più nel genere detto dei “pali scolpiti” rappresentanti antenati e figure tombali; se ne possono rinvenire esemplari fra vari gruppi di bantu orientali. Interessanti le figurine di terracotta che presso i wanyamwezi servivano come materiale didattico per la scuola iniziatica, e le grandi statue ritenute in possesso di virtù terapeutiche prodotte dai washambala. Sono infine da menzionare i prodotti artigianali dei masai. Per quanto riguarda la pittura, è senz'altro da menzionare il pittore autodidatta E. S. Tingatinga, che a partire dagli anni Sessanta del Novecento iniziò a dipingere per seguire le richieste del mercato occidentale. I suoi quadri sono di solito quadrati: i soggetti sono animali vivacemente colorati su sfondo monocromo. Questo stile fu poi seguito da altri pittori.

Bibliografia

Per la geografia

G. L. Rutman, The Economy of Tanganyika, New York, 1968; C. R. Ingle, From Village to State in Tanzania, Londra, 1973; R. H. Sabot, Economic Development and Urban Migration: Tanzania 1900-1971, Oxford, 1979; A. Coulson, Tanzania: a Political Economy, Oxford, 1982; R. Mustapha, O'Neill, Capitalism, Socialism and the Development Crisis in Tanzania, Aldershot, 1990.

Per la storia

R. F. Hopkins, Political Roles in a New State. Tanzania’s First Decade, Londra, 1971; J. Hatch, Tanzania. A Profile, Londra, 1972; J. R. Nellis, A Theory of Ideology. The Tanzanian Example, Nairobi, 1972; G. P. Cotti Cometti, La Tanzania verso il socialismo, Milano, 1973; J. Samoff, Tanzania Local Politics. and the Structures of Power, 1974; L. S. Kurtz, Historical Dictionary of Tanzania, Metuchen, 1978; M. H. Y. Kaniki, Tanzania under Colonial Rula, Londra, 1980; N. R. Bennett, The Arab State of Zanzibar: a Bibliography, Boston, 1984; D.-C. Martin, Tanzanie: l’invention d’une culture politique, Parigi, 1988. T. Waters, The Persistence of Subsistence Agriculture: Life beneath the level of the marketplace, 2007. 

Per la letteratura

J. Knappert, Swahili Islamic Poetry, Leida, 1971; R. Ohly, Aggressive Prose. A Case Study in Kiswahili Prose of the Seventies, Dar es Salaam, 1975; J. Knappert, Four Centuries of Swahili Verse, Londra, 1979; U. Schild, The East African Experience: Essays on English and Swahili Literature, Berlino, 1980; A. Gérard, African Language Literatures, Washington, 1981; J. Knappert, Epic Poetry in Swahili and other African Languages, Leida, 1983; E. Bertoncini Zubkova, Outline of Swahili Literature: Prose Fiction and Drama, Leida, 1989.

Per l’arte

E. Leuzinger, Africa Nera, Milano, 1960; J. Maquet, Les civilisations noires, Parigi, 1962; P. Meauze, L’art nègre, Parigi, 1967; E. Cossa, Arte africana, Firenze, 1989.

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora