(Công Hòa Xa Hôi Chu' Nghiã Viêt Nam). Stato dell'Asia sudorientale (331.212 km²). Capitale: Hanoi. Divisione amministrativa: province (61), municipalità (2), città (1). Popolazione: 86.211.000 ab. (stima 2008). Lingua: vietnamita. Religione: buddhisti 66,7%, cattolici 7,7%, religioni sincretiche 5,6%, altri 20%. Unità monetaria: dong (10 hao=100 xu). Indice di sviluppo umano: 0,718 (114° posto). Confini: Cina (N), Mar Cinese Meridionale (E e S), golfo del Siam (SE), Cambogia e Laos (W). Membro di: ASEAN e ONU.

Generalità

Situato nella penisola indocinese, il Viet Nam ha il suo centro d'origine nella pianura del Tonchino irrigata dalle acque del Fiume Rosso, un territorio che si inserisce fisicamente nel grande contorno dell'area cinese, sia pure in una posizione marginale definita dal nome stesso degli abitanti del Paese, i Viêt (dal cinese Yüeh, con cui genericamente nell'antica Cina erano chiamati gli stati “barbari” periferici). Il rapporto con la Cina e la sua millenaria civiltà contribuì a rendere gli abitanti del Tonchino una delle popolazioni più organizzate dell'Indocina: l'espansione progressiva della nazione portò in seguito all'annessione del'Annam, la regione costiera ai piedi della Catena Annamitica, fino a inglobare il delta del Mekong e la Cocincina, unite in quello che è successivamente diventatolo lo Stato del Viet Nam. Culturalmente unitario, caratterizzato da radici profonde che si perdono nell'eredità sinica, il Paese ha imposto ovunque le proprie istituzioni e la propria matrice culturale, favorito da una notevole coscienza nazionale, soprattutto in confronto agli altri popoli indocinesi. Questo tratto contribuisce forse a spiegare anche il diverso rapporto che si è stabilito nel Paese con il fenomeno del colonialismo e, successivamente, il carattere radicale assunto dalle lotte per l'indipendenza contro la Francia prima e gli Stati Uniti poi. Nonostante la vittoria vietnamita, il ritiro delle truppe francesi e americane non fu indolore: il Viet Nam, alla fine degli anni Sessanta del XX secolo, fu colpita da un numero spaventoso di bombe, comprese le armi chimiche. Tutto questo ha compromesso le possibilità di ripresa a breve termine della fragile economia nazionale, devastata dai combattimenti e dalla resistenza. A partire dal Duemila, dopo decenni caratterizzati da delicati rapporti internazionali (non solo con l'Occidente, ma anche con la vicina Cambogia e con la Cina, per il possesso di alcuni territori posti lungo i confini), il Paese ha intrapreso un cammino di distensione e di maggiore apertura, i cui punti salienti hanno coinciso con la firma di accordi bilaterali per la normalizzazione delle relazioni commerciali, Stati Uniti in testa.

Lo Stato

Il 2 luglio 1976 è stata proclamata ufficialmente la Repubblica Socialista del Viet Nam, nata dall'unificazione dell'ex Repubblica del Viet Nam (o Viet Nam del Sud) e dell'ex Repubblica Democratica del Viet Nam (o Viet Nam del Nord). Ruolo guida è mantenuto comunque dal partito comunista anche secondo la nuova Costituzione del 15 aprile 1992 che sancisce la rinuncia al marxismo-leninismo e la tutela della proprietà; in base a essa il potere legislativo spetta all'Assemblea Nazionale, eletta ogni 5 anni a suffragio universale e diretto. L'Assemblea Nazionale elegge nel proprio ambito il capo dello Stato e nomina il Consiglio dei ministri, cui compete l'esercizio del potere esecutivo. Il sistema giuridico si basa sul codice francese e sulla dottrina marxista. La giustizia è amministrata dalle Corti del Popolo, la cui ultima istanza è rappresentata dalla Corte Suprema del Popolo. Nel Paese è in vigore la pena di morte. Le forze armate comprendono le tre armi tradizionali; sono presenti inoltre diverse formazioni paramilitari, come le Forze per l'autodifesa, la Milizia e le Forze di pubblica sicurezza del Popolo. Il servizio di leva è obbligatorio per gli uomini e si effettua a partire dai 18 anni d'età. Anche le donne possono svolgere un servizio militare, con compiti operativi e su base volontaria. La durata della leva varia a seconda dell'arma in cui viene effettuata: 2 anni nell'esercito, da 3 a 4 anni nella marina. Dalla proclamazione ufficiale della Repubblica Socialista del Viet Nam il sistema scolastico è stato unificato in tutto il territorio, le scuole private e religiose sono state statalizzate e sono state avviate campagne di educazione per gli adulti per combattere l'analfabetismo, ancora oggi significativo (9,7% nel 2006). L'istruzione primaria è gratuita e obbligatoria, dura dai 6 ai 10 anni d'età. La scuola secondaria si conclude dopo 7 ed è divisa in un primo ciclo di 4 anni e in un secondo di 3. L'insegnamento superiore è impartito in diversi istituti, che forniscono specializzazioni tecniche, e nelle università del Paese, tra cui si ricordano quelle di Hanoi (1956), Thanh Phô Hô Chí Minh e Buon Me Thuot.

Territorio: morfologia

La particolare configurazione del Viet Nam si suole indicare con l'immagine di “due panieri di riso sostenuti da un bastone” (la Catena Annamitica). Le due pianure del Tonchino e della Cocincina sono in realtà due aree di eguale peso geografico: sono le due ampie pianure del Paese, entrambe formate dai depositi alluvionali di due grandi fiumi. La prima, il Tonchino, si apre in una depressione tettonica compresa tra l'allineamento montuoso annamita e i rilievi antichi della Cina meridionale. In essa confluiscono le valli che si dipartono dai rilievi dello Yunnan, dapprima anguste, poi con ampi fondi alluvionali; quella del Fiume Rosso, che ha un andamento rettilineo e una lunghezza complessiva di 1183 km (di cui meno di 500 in territorio vietnamita), comincia ad aprirsi dopo il passaggio detto Lao Cai (la “porta della Cina”) e a ca. 200 km dalla costa sbocca nella grande pianura del Tonchino. Nel complesso questa regione si presenta come una grande conca ad anfiteatro rivolta verso il mare (golfo del Tonchino). La parte pianeggiante, alluvionale, tutta sistemata dall'uomo, è popolatissima; i fiumi sono pensili e da essi deriva tutta una fitta rete di canali. La costa è bassa, pianeggiante, centrata sul delta del Fiume Rosso, a E frammentata in basse formazioni insulari. Tutt'intorno la pianura è orlata da rilievi costituiti da rocce archeozoiche sottoposte a formazioni del Paleozoico e del Mesozoico, era durante la quale si ebbe la nascita della depressione, coeva all'emersione della Catena Annamitica. Questa fa parte infatti del grande arco di corrugamenti che precedettero l'orogenesi cenozoica e che si estende dal Kunlun, attraverso lo Yunnan, sino all'Indocina; è però sostanzialmente il risultato di fratture e sollevamenti compatti di antichi massicci granitici e scistosi, con blocchi sedimentari mesozoici sovrapposti: da ciò l'assenza di forme montuose aspre. Tuttavia la catena raggiunge altitudini abbastanza pronunciate, specialmente a W del Tonchino, nei massicci che si elevano tra la valle del Fiume Rosso e quella del Fiume Nero, dove il Fan Si Pan tocca i 3143 m. La catena, che nella sezione centrale rientra per lo più in territorio laotiano, si amplia verso S in un'area interessata da grandi fratture che hanno suscitato un'intensa attività magmatica, responsabile delle formazioni basaltiche degli altopiani centrale (di Kon Tum) e di quelli meridionale (o dei Moi), alti in media 1000-1500 m, che sovrastano la Cocincina. Terra deltizia in cui si depositano gli apporti detritici del maggior fiume indocinese, anche la Cocincina corrisponde a una depressione occupata un tempo dalle acque marine; ha una superficie molto più estesa del Tonchino e in larga misura è occupata dall'area deltizia del Mekong. Verso N è orlata da basse scarpate e morfologicamente alterna lievi intumescenze sabbiose a zone basse soggette alle periodiche inondazioni. Tuttavia, diversamente dal Tonchino, le cui pianure sono tutte intensamente modellate e controllate dall'uomo (data la pensilità dei fiumi), la Cocincina è più naturalmente stabilizzata, manca la pensilità e le piene sono meno minacciose che nel Tonchino, dato che esse trovano sfogo nel Tonle Sap, il grande lago delle pianure cambogiane. Tutto il lungo contorno costiero che congiunge il Nambo al Bacbo (sono questi i veri termini vietnamiti, mentre i corrispondenti Cocincina e Tonchino sono d'origine francese) presenta una morfologia varia: ai promontori rocciosi, appendici della fascia collinare che domina la costa, si alternano piccole pianure alluvionali originate dai fiumi che scendono dalla Catena Annamitica.

Territorio: idrografia

Idrograficamente il territorio vietnamita è molto frammentato. La sua appartenenza ai bacini dei suoi due fiumi maggiori, il Fiume Rosso (Song Coi o Song Hong) e il Mekong, è molto marginale in quanto entrambi svolgono il maggior tratto del loro corso fuori del Viet Nam; specie per quanto riguarda la Cocincina, essa rientra nel bacino del Mekong solo con l'estrema parte terminale e deltizia. Il grande fiume indocinese, entrando nel Viet Nam (dove il suo corso si sviluppa per soli 220 km, su complessivi 4500), si divide in due bracci principali, il Tien Giang e il Hau Giang, a loro volta suddivisi in rami minori: l'insieme delle bocche è chiamato Cuu Long (i “nove dragoni”). Tipico fiume a regime pluviale-monsonico, il Mekong presenta variazioni di portata imponentissime; le piene si verificano a partire dai mesi estivi (quando iniziano le piogge monsoniche) e raggiungono il loro massimo in ottobre-dicembre, tuttavia l'accrescimento è abbastanza graduale e le acque si sfogano, oltre che nel Tonle Sap, in alcune aree anfibie del delta. Anche per il Fiume Rosso le piene sono spesso vigorose (la portata può variare da 1000 m3/s nella stagione secca a 55.000 m3/s in quella piovosa) e non di rado rompono gli argini, allagando le pianure tonchinesi. Il Fiume Rosso ha come maggiori affluenti il Fiume Nero (Song Da) e, un po' più a monte, il Fiume Chiaro (Song Lo). Tutta l'ampia sezione territoriale dominata dalla Catena Annamitica è idrograficamente frammentata in numerosi e piccoli bacini; i più ampi sono quelli dei fiumi meridionali, tra cui il Song Be che scorre verso le pianure del Mekong e il Song Ba che attinge le acque dall'altopiano di Kon Tum e sfocia sulla costa sudorientale.

Territorio: clima

Paese molto esteso in latitudine (dal Tropico del Cancro a quasi 8º latitudine N), il Viet Nam presenta variazioni climatiche passando da S a N, tuttavia è in generale sottoposto al clima monsonico, con estati piovose e inverni asciutti. D'inverno però nel Tonchino si determinano depressioni cicloniche che sono causa di precipitazioni, sia pur lievi; sulle coste meridionali invece si abbattono frequentemente, d'estate, i tifoni da SE. La presenza del rilievo crea inoltre aree differenziate per quanto riguarda piovosità e regime termico. Ma a parte queste incidenze particolari e di portata locale, il fondamentale elemento climatico sono le due stagioni monsoniche, quella piovosa estiva e quella secca invernale, con un periodo caldo e afoso che precede la stagione delle piogge. Questa inizia tra giugno e luglio e si protrae sino ai mesi autunnali; si manifesta dapprima nel N, poi, con lo spostarsi delle basse pressioni verso S, nella parte meridionale (dove si verificano subito i tifoni). Quasi ovunque la quantità delle precipitazioni è superiore ai 1500 mm annui, con valori massimi sino a 4000 mm annui sugli altopiani centrale e meridionale e minimi di 1500 mm nel delta del Mekong. Questa zona è anche la più calda del Paese con valori che oscillano nell'arco annuale tra i 25 ºC e i 28 ºC; nel Tonchino invece in gennaio si hanno 16 ºC, in luglio 29 ºC, valori che si spiegano con i maggiori influssi continentali.

Territorio: geografia umana

Il gruppo vietnamita rappresenta complessivamente l'86,2% della popolazione del Paese; essi occupano le terre pianeggianti del Tonchino, delle zone costiere e della Cocincina. Sui rilievi settentrionali e centrosettentrionali vivono, in posizione marginale, i gruppi etnici minori, i tay (1,7%), gli hoa (1,7%), i thai (1,7%), i nung (1,1%), i muong (1,5%), i meo (1%) ecc., mentre nel Sud un gruppo importante è quello dei moi, insediato negli altopiani centromeridionali. Sono tutte popolazioni che praticano l'agricoltura itinerante e rappresentano lo stadio colturale anteriore a quello prodotto dall'agricoltura fondata sulla risicoltura irrigua. Nonostante i sempre più profondi contatti con i vietnamiti, essi hanno in generale conservato la loro peculiarità etnica, riconosciuta e rispettata anche dal governo centrale. Nel Nord in particolare sono state create delle regioni autonome che raccolgono le principali minoranze delle zone montuose. Cospicuo è anche il numero di cinesi, entrati nel Viet Nam a seguito di un processo immigratorio iniziato in secoli lontani ma divenuto massiccio nel sec. XIX con l'imporsi delle attività commerciali indotte dall'espansione coloniale europea. I cinesi, che a lungo svolsero una funzione economica di primo piano, sono concentrati nei centri urbani, soprattutto a Thanh Phô Hô Chí Minh. La comunità cinese conta oggi circa 500.000 membri, benché siano tuttavia fortemente diminuiti negli anni immediatamente seguiti all'istituzione della repubblica unificata, giacché si stima che ca. 300.000 cinesi siano fuggiti dal Viet Nam nel solo periodo 1978-79. La popolazione del Viet Nam era di ca. 22,6 milioni nel 1943: fino al 2000 si è avuto un incremento demografico annuo del 4% che però, tra il 1960 e il 1970, si è ridotto, specie nel Nord, in seguito alle gravi perdite di vite umane causate dalla guerra, non ben calcolate ma di consistenza numerica certo assai elevata; a partire dal 2000 la crescita si è assestata intorno all'1,3%. Il saldo migratorio interno ed esterno è difficile da stabilire con certezza poiché ingente fu lo spostamento di vietnamiti dal N al S, e nel 1975 fuggirono in altri Paesi del Sudest asiatico e dell'Occidente centinaia di migliaia di cittadini, la cui regolarizzazione e il successivo rimpatrio hanno seguito un percorso tormentato. Cina, Stati Uniti, Francia e Germania nel 2005 ospitavano ancora un alto numero di rifugiati vietnamiti (300.000 nella sola Cina). Nel 2006 proseguiva inoltre, con il sostegno dell'UNHCR, il rimpatrio dei “montagnard” (secondo la definizione dei francesi), genti degli altopiani centrali in conflitto con il governo sin dagli anni Settanta del Novecento e rifugiati in Cambogia. Solo il 27% dei vietnamiti vive in città ma fino agli anni Ottanta del Novecento la percentuale è stata ancora più bassa; l'abbandono delle campagne per raggiungere le città è un fenomeno recente, legato al nuovo corso economico intrapreso dal Paese alla fine del XX sec. La popolazione vive per gran parte in villaggi raccolti lungo i fiumi o tra le risaie, cingendosi di macchie alberate. La struttura degli abitati è più simile a quella del mondo rurale cinese che a quella indocinese; le case sono raggruppate, talora congiunte lungo le strade e non sono mai su palafitte; sono prevalentemente costruite di legno con il tetto di paglia. La struttura sociale dei villaggi è basata sui clan familiari, che si distinguono tra loro anche per le attività svolte (agricole, artigianali). Ma il villaggio vive di stretti rapporti tra i vari gruppi familiari, rapporti che valgono per tutte le attività che tornano a beneficio della comunità. Su questa base sociale si è facilmente imposta nel Nord l'organizzazione collettivistica di tipo comunista, che ha raccolto i numerosi piccoli proprietari (pochi erano i grossi proprietari). Nel Sud si aveva invece la situazione inversa, con predominio di veri e propri latifondi, specie nelle aree ad agricoltura di piantagione. La densità abitativa del Viet Nam è di 260 ab./km², ma i valori più alti si registrano nel Tonchino, dove i villaggi si susseguono nella pianura uno dopo l'altro: qui si hanno le densità umane tra le più alte dell'Asia monsonica, pari persino a 1000 ab./km². Valori elevati si registrano anche nelle aree pianeggianti della fascia costiera del Viet Nam centrale e nelle zone deltizie della Cocincina, in relazione anche al regime fondiario in vigore sino alla fine della guerra. Sui rilievi invece si scende a valori inferiori a 50 ab./km². Questa distribuzione è ovviamente legata alle forme di conquista del suolo e alle vicende storiche relative. Vi si collega perciò anche l'urbanesimo, che però in antico assumeva gli stessi caratteri che in Cina, dove la città era appunto sede del potere regale, centro simbolico e culturale più che centro animatore di vita economica. Questo è il caso di Hue, che con la sua pianta quadrata, all'interno della quale si collocava la città imperiale come nelle vecchie città cinesi, è la testimonianza più viva di tale antico urbanesimo. Essa è stata la capitale annamita, ruolo che ha presto perduto con la valorizzazione dei centri commercialmente più favoriti, come appunto Thanh Phô Hô Chí Minh e Hanoi, entrambe sviluppatesi in epoca coloniale allo sbocco delle due principali aree del Paese ed entrambe collegate ai traffici marittimi: Thanh Phô Hô Chí Minh si trova su un ramo del Mekong, mentre Hanoi è quasi congiunta con Haiphong, attivo porto situato su un braccio terminale del Fiume Rosso, al centro del golfo del Tonchino. Hanoi, capitale della nuova repubblica unificata, fu sede in antico delle dinastie che dominarono sul Tonchino (Thang Long è il suo nome originario) ed è pertanto una città storica; però il suo sviluppo è tutto recente, in rapporto alle sue funzioni economiche (è tra l'altro sede di numerose industrie) e culturali, oltre che politiche e amministrative. Haiphong, sua città satellite, quasi interamente ricostruita, ha buone attrezzature portuali oltre a essere il massimo centro industriale del Viet Nam del Nord. Thanh Phô Hô Chí Minh, la vecchia Saigon, è la più popolosa città del Viet Nam, nonché uno dei maggiori agglomerati urbani asiatici; il suo porto, fluviale, è accessibile alle navi oceaniche. Fondata nel 1859, si è sviluppata grazie alla politica coloniale, la quale ne fece un centro amministrativo, metropoli dell'intera Indocina francese. È quindi una città povera di storia, mentre più antica è la vicina Cholon, fondata dai cinesi, centro di vita commerciale e industriale. Le due città, che formano un'unica conurbazione, hanno conosciuto durante la guerra un accrescimento impressionante, fungendo da asilo per i contadini che fuggivano le campagne insicure, e prima ancora per i profughi, cattolici e anticomunisti, provenienti dal Viet Nam del Nord. Nel Viet Nam centrale la città principale è il centro portuale di Đa Nang valorizzato dagli americani durante la guerra, nei pressi dell'antica città di Hue. Gli altri centri, i maggiori dei quali si trovano sulla costa allo sbocco delle valli o dei bacini interni, hanno tutti funzioni locali e sono sedi di attività commerciali e amministrative nei confronti dei territori rurali circostanti.

Territorio: ambiente

Il clima caldo-umido è all'origine di una foresta tropicale sempreverde che è ricca e prosperosa nel Sud, mentre nel Nord essa assume carattere deciduo. Dominano i bambù, le palme, gli alberi dal legno duro e pregiato. Lungo le coste meridionali si hanno formazioni di mangrovie; sui rilievi più elevati compaiono le conifere. Il manto forestale è stato comunque largamente ridotto con l'espansione della risicoltura tranne che sui rilievi, dove esso è ancora relativamente esteso. Il Viet Nam ospita una ricca fauna, composta di oltre 7000 specie. Le foreste sono abitate da grandi mammiferi (elefanti, cervi, tigri ecc.), mentre in tutto il Paese si trova un gran numero di piccoli animali (scimmie, lepri, lontre ecc.), rettili e uccelli. Soltanto agli inizi del nuovo millennio, gli scienziati hanno individuato nel territorio due nuove specie: il muntjac, un piccolo cervide, e il saola, un bovide tra i mammiferi più rari al mondo. Molte sono le questioni ambientali da risolvere: i metodi agricoli “taglia e brucia” hanno provocato deforestazione e impoverimento del suolo, mentre l'inquinamento e lo sfruttamento eccessivo della pesca minacciano la vita marina. La disponibilità di acqua potabile è limitata a causa della contaminazione delle falde acquifere; l'industrializzazione e la conseguente migrazione verso le città danneggiano l'ambiente, soprattutto ad Hanoi e a Thanh Phô Hô Chí Minh. Inoltre, nel corso della guerra, specie negli ultimi tempi del conflitto e nel N del Paese, le foreste vietnamite hanno conosciuto una colossale distruzione (si parla di almeno 2 milioni di ha di foreste), unica nella storia della Terra, attuata per motivi bellici con mezzi chimici (defolianti ecc.) che hanno indotto squilibri ecologici assorbibili solo in tempi lunghi; la ricostituzione del manto forestale rappresenta senza dubbio uno dei maggiori problemi economici del Paese. Il 3,6% del territorio è protetto: sono presenti, tra gli altri, due parchi nazionali, due parchi nazionali - zone cuscinetto, aree marine protette, oasi naturali e siti culturali e storici. L'UNESCO ha dichiarato patrimonio mondiale dell'umanità la Baia di Ha Long (1994, 2000), che conta circa 1600 isolette, e il Parco nazionale Phong Nha-Ke Bhang (2003).

Economia: generalità

Il Viet Nam è un Paese tradizionalmente agricolo , al pari degli altri Stati della penisola indocinese; le sue strutture economiche prima della forzata e lunghissima divisione politica presentavano una sostanziale unità, legate com'erano sia alla comune matrice di un mondo tipicamente rurale sia ai medesimi interventi operati dal regime coloniale, anche se la presenza francese era stata più marcata nel Sud del Paese. Gli effetti più rilevanti del dominio coloniale furono l'introduzione delle colture di piantagione (le principali furono quelle di Hevea, tè, caffè), la realizzazione di strade e ferrovie, la nascita delle prime industrie, il potenziamento delle attività estrattive, l'apertura del Paese al commercio estero: con ripercussioni però solo parzialmente positive per l'economia vietnamita. La massiccia importazione di manufatti, massimamente dalla Francia, provocò la crisi del fiorente artigianato locale, solo in parte rimpiazzato dalle produzioni delle nuove industrie, i cui proventi avvantaggiavano comunque gruppi finanziari esteri. Il Paese d'altronde trasse ben pochi profitti dall'agricoltura di piantagione, mentre si verificò un diffuso decadimento di quella alimentare. Contemporaneamente si venne formando, in specie nell'allora Saigon, sede dell'amministrazione francese, una classe di funzionari apertamente corrotta e totalmente subordinata agli interessi stranieri: francesi prima, statunitensi poi. Con la divisione del Paese e l'instaurarsi di due regimi politici nettamente contrapposti, anche le rispettive strutture economiche subirono radicali cambiamenti, benché tanto nel Viet Nam del Sud quanto nel Viet Nam del Nord il protrarsi di una guerra di immani proporzioni impedisse ogni vero sviluppo e condizionasse alle proprie esigenze gran parte dell'attività produttiva. Nel Nord comunque, sin dai primi anni dell'indipendenza, furono poste le basi della trasformazione dell'economia in senso socialista. Essa interessò innanzitutto il regime agricolo, che fu sottoposto a riforme rivolte all'eliminazione della grande proprietà privata e alla creazione di aziende statali e ancor più di cooperative, facilitate dal tradizionale spirito comunitario del popolo vietnamita. Anche il settore industriale ricevette notevoli impulsi, per diretto intervento del governo per quanto riguarda le aziende maggiori, ma altresì per via indiretta sollecitando la formazione di cooperative artigianali e di piccole industrie sovvenzionate dallo Stato, decentrate e in genere non disgiunte dalla vita rurale: ciò come soluzione ai problemi dell'industrializzazione in un Paese di forti tradizioni agricole, un po' come si era verificato in Cina nel periodo del “grande balzo in avanti”. Durante i vent'anni di divisione nel Sud fu per contro seguita, in modo intensivo, una linea di sviluppo capitalistico: un orientamento facilitato dal fatto, cui si è già accennato, che in questa parte del Paese la presenza coloniale aveva operato in modo più profondo, suscitando una mentalità e situazioni economiche più sollecitate in senso occidentale. La guerra naturalmente condizionò ogni successivo sviluppo, sia per l'azione statunitense tesa a creare infrastrutture militari sia per i gravissimi squilibri economici e sociali derivati dalla situazione bellica; in particolare la fuga delle popolazioni contadine verso Saigon contribuì a impoverire ulteriormente la già precaria agricoltura, mentre la città si ingigantiva oltre misura, creando classi sociali prive di una vera identificazione e di una vera attività. Si può dire che in linea di massima le strutture produttive nordvietnamite, semplici e duttili, abbiano retto sufficientemente bene all'urto tremendo della guerra, facilitando al termine del conflitto lo sforzo, peraltro poderoso, per la riedificazione del Paese; per contro il Viet Nam meridionale si è ritrovato con un quadro economico confuso, appesantito da malgoverno e corruzione, gravato dal fenomeno della fortissima urbanizzazione, mentre le masse rurali, spostandosi nelle città, avevano ormai interrotto ogni legame con il tradizionale ambiente di vita e di lavoro. La differenziazione fra le due sezioni del Paese cresceva tuttavia in conseguenza dei nuovi indirizzi di politica economica introdotti fin dal 1986. Accertati i modesti risultati della collettivizzazione forzata, veniva avviato infatti un processo di liberalizzazione finalizzato a incrementare la produttività di un sistema che appariva largamente oberato dall'inefficienza dei settori statalizzati, aprendo il Paese agli investimenti stranieri, tutelati dalla stessa nuova Costituzione del 1992 e a un'economia socialista orientata al mercato. Al Nord collettivizzato si andava così contrapponendo un Sud a bassissima collettivizzazione agricola, nell'ambito del quale era stato concesso lo sviluppo di piccole libere imprese e di società miste (privati-municipalità), ovvero un'area che godeva del sensibile afflusso di rimesse dall'estero e capace di attrarre fino all'80% dei capitali stranieri impiegati nell'intero Viet Nam (nel 1992 pari complessivamente al 45% del prodotto materiale netto): si trattava di un dualismo che malgrado l'estesa privatizzazione delle imprese pubbliche (annunciata nel 1992) e le varie resistenze opposte dagli apparati politico-amministrativi, andava consolidandosi ulteriormente. All'inizio degli anni Novanta tale evoluzione dell'economia vietnamita ha trovato motivo di riaffermazione nello sconvolgimento dei rapporti di scambio internazionali determinato dal dissolvimento del COMECON e dell'URSS, principali partner commerciali fino ad allora del Viet Nam: la notevole riduzione degli aiuti provenienti da Mosca e delle tariffe preferenziali, rilevante soprattutto in campo energetico, ha indotto alla ricerca di legami commerciali più saldi con i Paesi a economia di mercato del Sud-Est asiatico, nonché alla normalizzazione dei rapporti con la Cina. Un profondo riassetto è stato avviato nella struttura economica del Viet Nam a partire dal 1994, anno in cui gli Stati Uniti hanno deciso la fine di un embargo commerciale che durava (con effetti non particolarmente severi) dai tempi della guerra. Oltre a una serie di provvedimenti organizzativi, come la modifica dell'assetto amministrativo del Paese, il principale mutamento ha riguardato la crescente liberalizzazione in campo economico, realizzata essenzialmente dalle regioni meridionali e assai meno da quelle settentrionali (più a lungo organizzate in sistemi produttivi collettivistici). Perdura ancora, quindi, la differenziazione regionale del Viet Nam causata dalla lunga divisione del Paese e che è senz'altro tra le cause del suo precario sviluppo. Il momento di apertura a una più intensa trasformazione si è avuto fra 1993 e 1994, quando il Viet Nam ha ottenuto da organismi internazionali, banche private e singoli Paesi un insieme di crediti che hanno fatto a loro volta affluire investimenti diretti da parte di imprese straniere (anche statunitensi e giapponesi, che si andavano ad aggiungere a quelle europee e asiatiche già presenti). Nello stesso periodo, si è intensificata anche l'attività politica e diplomatica tendente a inserire il Paese nel contesto regionale, con l'ingresso, nel 1995, nell'ASEAN (Association of South East Asian Nations), con l'ammissione all'APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) nel 1998 e con una serie di accordi bilaterali e multilaterali con moltissimi Paesi asiatici e non, a cominciare dalla Cina e dagli Stati Uniti. Sono stati tuttavia i Paesi emergenti dell'area estremo-orientale a rappresentare per il Viet Nam i principali investitori e i migliori clienti: Taiwan, Hong Kong e Corea del Sud assommavano insieme (1995) poco meno della metà degli investimenti stranieri nel Paese, seguiti dai Paesi dell'ASEAN (ma il Giappone ha rapidamente recuperato posizioni). In seguito a questi sviluppi, la crescita economica è proseguita, anche se a costo di un nuovo temporaneo aumento dell'inflazione e un ulteriore sbilanciamento dell'import/export. Un sostegno consistente in direzione del contenimento del deficit commerciale arrivava anche dall'entrata in produzione di giacimenti off shore di idrocarburi. La presenza di petrolio e gas è stata, al tempo stesso, la causa del riacutizzarsi del contenzioso riguardante la sovranità sulle isole del Mar Cinese Meridionale (Xisha Qundao e Nansha Qundao in particolare), che contrappone il Viet Nam a Cina, Malaysia, Brunei, Indonesia e Filippine. Colpita dalla crisi dei mercati asiatici, nel 1998 l''economia vietnamita ha subito un calo della crescita annua notevole, seppur non drastico, in seguito alle misure di svalutazione della moneta varate dal governo a prezzo però di una significativa diminuzione degli investimenti stranieri. L'accordo commerciale con gli USA (luglio 2000), prevedendo l'abbattimento delle tariffe doganali e nuovi investimenti, ha contribuito a rilanciare l'economia vietnamita interessata negli ultimi mesi del 1999 da una serie di devastanti inondazioni con centinaia di vittime e senzatetto. Ulteriore elemento a sostegno dell'economia è stata l'approvazione di una legge che sottrae gli investimenti stranieri al controllo del potere politico locale. Inoltre le autorità hanno cominciato ad affrontare il problema della corruzione. Il sistema produttivo vietnamita presenta dai primi anni del Duemila caratteri di stabilità, con una sempre maggiore apertura al settore privato, che presenta un'incidenza sul PIL superiore a quella delle imprese statali, e continua ad avere potenzialità di espansione. Anche il settore pubblico è stato oggetto di ristrutturazioni poiché in molti casi lo Stato deteneva monopoli, precedenze e opzioni preferenziali rispetto ai privati. A spingere ulteriormente l'acceleratore sul tasto delle riforme in questa direzione è stata poi la volontà di accedere al WTO, avvenuta effettivamente nel 2007. Gli indicatori sono favorevoli: sono state potenziate le produzioni agricole e industriali, gli introiti turistici sono cresciuti progressivamente poiché lo Stato si è adoperato per incentivare il settore e rilevanti sono state le rimesse (spesso sotto forma di investimenti produttivi) da parte dei vietnamiti all'estero. Le esportazioni sono in aumento, anche se la bilancia commerciale resta in passivo, e la moneta locale ha raggiunto una certa stabilità. Nel 2006 la crescita è stata elevata (8,2%), con un'inflazione però ancora alta e un bilancio dello Stato deficitario, che rendono i risultati delle ristrutturazioni ancora insoddisfacenti. Nel 2008 il PIL pro capite era di 1.040 $ USA, mentre quello nazionale di 89.829 ml $ USA.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

Poco più della metà della popolazione attiva è occupata nell'agricoltura, che è tuttora per lo più praticata con tecniche arretrate. Arativo e colture arborescenti coprono il 28,9% della superficie territoriale, vi prevale in modo netto la risicoltura, che tradizionalmente è praticata con la tecnica dell'inondazione stagionale dovuta alle variazioni di portata dei fiumi; grazie però alla realizzazione di opere di sbarramento e di canalizzazione esistono oggi ampi comprensori a irrigazione controllata, dove vengono ottenuti due raccolti all'anno. La pianura del Tonchino e quella della Cocincina sono le due principali aree agricole del Paese, fittamente intersecate da dighe e canali. Si producono annualmente notevoli quantità di riso, elemento base dell'alimentazione vietnamita, come di tutto il Sudest asiatico. La politica, volta a rendere autosufficiente il Paese da questo punto di vista, ha portato all'incremento di coltivazione, tanto che il Viet Nam risulta essere il quinto produttore mondiale di riso. Tra gli altri cereali ha un certo rilievo, ma a grande distanza, solo il mais, coltivato nelle zone di montagna. Altre colture alimentari di qualche importanza, praticate naturalmente sui terreni che restano all'asciutto, sono quelle della manioca, della patata dolce (di cui è il terzo produttore asiatico), della patata e di vari prodotti orticoli, come cavoli, cipolle e fagioli, nonché frutticoli, quali banane, ananas, agrumi. Non mancano le colture industriali, che svolgono un discreto ruolo ai fini dell'esportazione; una certa diffusione hanno la canna da zucchero, alcune oleaginose come arachidi e soia, piante tessili quali cotone e iuta, quindi tè, caffè, tabacco. Rispetto ad alcune di queste produzioni il Paese si colloca tra i maggiori produttori in Asia e nel mondo; è il caso delle arachidi, del tè e soprattutto del caffè, di cui è il secondo produttore del pianeta. Nonostante le ingentissime distruzioni operate nel corso della guerra, in particolare per l'uso dei defolianti e in genere per la “guerra chimica”, il Viet Nam può contare tuttora su un considerevole patrimonio forestale, a protezione del quale nel 1992 è stata decretata la sospensione dell'esportazione di legname non lavorato, estesa nel 1997 a tutto il legname. Esso fornisce pregevoli essenze da ebanisteria, ma soprattutto bambù, che viene utilizzato per fabbricare abitazioni, mobili, utensili vari, carta ecc. Ben rappresentata è anche l'hevea, che fornisce annualmente buoni quantitativi di caucciù. § L'allevamento è nel suo complesso un settore poco sviluppato, anche per la limitatezza delle aree a pascolo e per la scarsità dei foraggi; ciò incide in modo determinante sul numero dei bovini, che è piuttosto modesto. Decisamente alto è invece il numero dei suini, che sono per così dire un “complemento” del villaggio; ancor più rilevante è quello dei volatili da cortile. Nei primi anni del Duemila il settore avicolo è stato colpito duramente dalla diffusione dell'influenza aviaria che ha costretto all'abbattimento forzato dei capi, alla chiusura degli allevamenti e, di conseguenza, a una riduzione delle esportazioni. Nel lavoro dei campi sono ancora largamente utilizzati i bufali. § Dati il notevole sviluppo costiero e il forte addensamento della popolazione nella fascia litoranea, la pesca – in particolare quella marittima – riveste notevole importanza nell'economia vietnamita (la pesca nelle acque interne è effettuata in prevalenza nelle risaie allagate), impegnando sovente gli abitanti di interi villaggi. I prodotti ittici entrano nel regime alimentare locale, cui assicurano un cospicuo contributo proteico, sia sotto forma di consumo diretto sia attraverso la preparazione del nuoc-mam, che è il condimento più usato nella cucina del Viet Nam e che è ottenuto dalla fermentazione del pesce. Inoltre alimentano le esportazioni sia di pesce surgelato sia di prodotti lavorati.

Economia: industria e risorse minerarie

Si stima che negli anni tra il 1965 e il 1973, nella fase cioè più drammatica del conflitto, le aziende abbiano perso ca. il 70% della loro capacità produttiva; comunque già negli anni successivi in taluni settori erano stati recuperati i precedenti valori. La presenza di giacimenti sia di carbone sia di vari minerali metallici ha consentito il nascere di una pur modesta industria di base potenziata dalla metà degli anni Ottanta del XX sec., specie nelle regioni meridionali. Si hanno perciò stabilimenti siderurgici (acciaio e ghisa), metallurgici (in particolare un certo rilievo ha la metallurgia dello zinco, a Quang Yen), meccanici (fabbriche di biciclette e altri veicoli, macchine agricole e materiale ferroviario, utensili vari ecc., alle quali si sono aggiunte aziende per il montaggio di apparecchi radiofonici e televisivi, con fabbriche essenzialmente ubicate ad Hanoi, Haiphong, Thanh Phô Hô Chí Minh), infine complessi cantieristici (a Haiphong). Discretamente rappresentata è anche l'industria chimica, che fornisce fertilizzanti azotati, acido solforico e cloridrico, soda caustica ecc. Conservano la loro importanza i settori tradizionali e di più antica istituzione, come il tessile (che produce soprattutto tessuti e filati di cotone) e quello alimentare, comprendente zuccherifici, oleifici, riserie, birrifici, conservifici del pesce, stabilimenti per la lavorazione del tè ecc. Si hanno inoltre cementifici e fabbriche di materiale da costruzione, cartiere, segherie, mobilifici, fabbriche di gomma, vetrerie, manifatture di tabacchi (il Paese è il secondo produttore asiatico di sigari e sigarette), porcellane ecc. I calzaturifici hanno incrementato progressivamente la produzione e l'incidenza sul PIL di settore. § Il Viet Nam appare abbastanza favorito quanto a risorse del sottosuolo; si estrae annualmente dai giacimenti di Quang Yen, presso Haiphong, un quantitativo sempre maggiore di carbone. Una buona consistenza hanno i fosfati (presenti a Lao Cai e Long Cuong), il sale e vari minerali metallici come oro, ferro, zinco e stagno. La recente scoperta e il successivo sfruttamento dei giacimenti petroliferi ha ravvivato il settore e alimenta le esportazioni anche se, dato lo scarso potenziale di raffinazione, la maggior parte dell'export riguarda il petrolio greggio. Il Viet Nam possiede riserve di gas naturale il cui potenziale non è ancora del tutto impiegato. Per far fronte al fabbisogno energetico, sono in funzione centraline termiche alimentate a carbone e un impianto idroelettrico (Hoa Binh), attivato nel 1994, che fornisce quasi la metà dell'energia necessaria.

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Il terziario ha visto aumentare progressivamente la sua quota all'interno del prodotto interno lordo, giungendo al secondo posto dopo il secondario, contribuendo a più di un terzo del PIL e occupando un quarto della popolazione attiva. Il comparto finanziario, la cui ristrutturazione è cominciata alla fine degli anni Ottanta del Novecento, è stato adeguato alle necessità di un'economia di mercato in espansione: la State Bank of Vietnam, che fino al 1988 aveva il monopolio del settore bancario, è stata affiancata da banche commerciali e istituzioni straniere, in cui la partecipazione statale si è fatta via via più contenuta e l'offerta di servizi più ampia. La riunificazione del Paese ha dato nuovo impulso al commercio interno anche per la diversità di risorse tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. Gli scambi con l'estero si sono rivitalizzati; il Viet Nam importa prevalentemente macchinari (specie apparecchiature agricole e per l'industria mineraria), combustibili, fertilizzanti, mentre le esportazioni sono rappresentate soprattutto da petrolio, carbone, tessuti, oltre che dai tradizionali prodotti dell'artigianato. L'interscambio si svolge soprattutto con Singapore, Giappone e Hong Kong, Taiwan, Corea del Nord. La bilancia commerciale è diventata attiva nel 1999. § La configurazione territoriale del Viet Nam, con la presenza della lunga Catena Annamita, ha per così dire “spinto” le vie di comunicazione a seguire la costa per strutturare vere e proprie reti solo nelle grandi pianure. I sistemi ferroviario e stradale, sanati in linea di massima gli enormi danni causati dalla guerra, hanno conosciuto un grande potenziamento, specie naturalmente per quanto riguarda i collegamenti tra il Nord e il Sud del Paese. Nodi principali delle comunicazioni sono Hanoi, cui fanno capo tra l'altro le linee ferroviarie che si spingono verso Nord (congiungendo il Viet Nam con la Cina attraverso Lao Cai e lo Yunnan e lungo la valle del Fiume delle Perle), e Thanh Phô Hô Chí Minh, donde si dipartono a ventaglio importanti strade verso Sud e verso la Cambogia. La rete stradale si sviluppa complessivamente per 137.359 km, (meno della metà asfaltata) quella ferroviaria per 2671 km (2005): la linea principale è naturalmente la Hanoi-Thanh Phô Hô Chí Minh. Per i collegamenti internazionali il Paese può contare su vari porti modernamente attrezzati, in particolare su quelli di Haiphong, il maggiore scalo marittimo del Viet Nam raccordato per ferrovia e superstrada con la capitale, di Đa Nang e di Thanh Phô Hô Chí Minh. Minore sviluppo hanno le comunicazioni aeree, gestite dalla Hang Khong Viet-Nam (Linee Aeree Vietnamite); oltre ad alcuni aeroporti minori – Đa Nang, Hue, Nha Trang ecc. – il Viet Nam dispone degli scali internazionali di Hanoi e a Thanh Phô Hô Chí Minh. § Il settore turistico è in crescita già dalla fine degli anni Novanta, grazie anche a politiche mirate al miglioramento delle infrastrutture.

Storia: dalle origini all’occupazione giapponese del 1944

Abitato fin dal Paleolitico, iniziò la sua ascesa culturale nel Neolitico, saldandosi più tardi con la cultura delle genti Viêt, che iniziarono l'opera di sistematica trasformazione delle zone deltizie in aree agricole regolarmente coltivate, attraverso l'insediamento di villaggi (xa), la cui popolazione lavorava collettivamente, possedeva le terre bonificate ed era unita da pratiche e culti comuni. Tra il sec. III e il II a. C. su questa civiltà già relativamente individuata si fece sensibile l'influenza cinese, che divenne poi occupazione. Il Viet Nam riuscì tuttavia a conservare una sua identità etnica e culturale e una sua caratterizzazione anche dal punto di vista economico e agricolo. La dominazione cinese costituì comunque un fattore positivo per lo sviluppo della civiltà del Viet Nam, in quanto apportò il modello politico dello stato cinese che, nonostante le sue caratteristiche conservatrici, garantiva tuttavia una grande e razionale espansione alla produttività. D'altra parte il rapporto tra Cina e Viet Nam non fu a senso unico, in quanto se il Viet Nam ricevette l'apporto della superiore cultura cinese, la Cina ricevette dal Viet Nam molte tecniche agronomiche e in particolare le tecniche per la coltivazione del riso e la lavorazione del bambù. Nel sec. X gli aristocratici del Viet Nam riuscirono a rendersi indipendenti: iniziò allora la vita di un'entità statale minacciata da periodiche invasioni cinesi che i sovrani vietnamiti cercavano di contenere facendo appello alle comunità di contadini-soldati che lavoravano la terra e costruivano i canali. Questa estesa resistenza popolare costituì la base della formazione di una coscienza unitaria vietnamita. Da questo punto di vista ebbero particolare importanza la dinastia dei Ly (1010-1225) e poi quella dei Trân (1225-1400), che elaborarono una vera tradizione strategica vietnamita, fondata soprattutto sull'utilizzazione del clima, sulla compattezza delle comunità rurali e sulla pratica generalizzata della guerriglia: in particolare Tran Hung Dao seppe mobilitare l'intero popolo in una resistenza totale, durata alcuni decenni, contro le invasioni predatorie dei Mongoli. Ma mentre resisteva ai tentativi di conquista cinesi, lo stato vietnamita si veniva gradualmente estendendo verso il Sud lungo la stretta zona costiera, abitata in epoca storica dai Cham, di religione induista e organizzati secondo un labile apparato castale. La conquista di questa zona (quello che poi sarebbe diventato il Viet Nam centrale) fu completata dalla dinastia dei (1428-1788), sorta all'inizio del sec. XV da una grande vittoria sugli invasori cinesi e destinata a rivelarsi, soprattutto sotto il re Lê Thanh Tong, la più splendida delle dinastie vietnamite. La conquista del Viet Nam proseguì subito con il graduale insediamento di comunità di soldati-contadini vietnamiti nel delta del Mekong e nel Viet Nam meridionale, in un'area geografica che consentiva un'agricoltura intensiva in una certa misura affine a quella esistente da secoli nel delta del Fiume Rosso: questa espansione territoriale in aree piane e fertili consentiva di tenere controllate le tensioni sociali che altrimenti sarebbero esplose nel Nord per l'accumulazione delle terre da parte della classe dirigente e per i gravi oneri di fitti, corvées, servizio militare e tasse cui erano sottoposte le comunità contadine. Contemporaneamente questa possibilità di una “marcia verso il Sud” consentiva alle genti vietnamite di mantenere rapporti relativamente pacifici con le popolazioni (Thai, Meo, Mom), provenienti in genere dalla Cina, che si venivano insediando nella zona montana. Con il sec. XVII tuttavia le tensioni sociali vennero crescendo in concomitanza con le tendenze centrifughe degli aristocratici. Si giunse così a due dinastie contemporanee: i Trinh al Nord e gli Nguyên nel Sud. Alla fine del sec. XVIII una grande rivolta popolare appoggiata all'elemento mercantile nascente pose termine a questa frattura e riunificò il Paese sotto un regime che avrebbe potuto portare al superamento della carenza di coordinamento economico tra i villaggi e di una economia in sviluppo nel quadro di un mercato nazionale, ma ne fu impedito dalle spinte conservatrici e dagli interessi stranieri, che ormai premevano sul Viet Nam, portando alla restaurazione conservatrice sotto la dinastia degli Nguyên. Nonostante l'efficienza dell'apparato statale, soprattutto sotto il sovrano Gia-Long (1802-20), le tensioni sociali ripresero ad aggravarsi e indebolirono l'apparato statale vietnamita proprio nel momento in cui la Francia entrava nel Viet Nam con il pretesto di difendere la numerosa colonia di cattolici formatasi nel sec. XVIII per la penetrazione missionaria e considerata un pericolo sociale e ideologico dalla monarchia e dai burocrati confuciani, ma in realtà per assicurare alla marina francese un sicuro punto d'appoggio strategico e agli interessi economici francesi una base di partenza per la penetrazione sui mercati estremo-orientali. Dopo la guerra del 1858-62 il re aveva ceduto alla Francia parte del Viet Nam meridionale; altre province furono conquistate dai francesi nel 1867: nonostante l'arrendevolezza delle supreme autorità vietnamite, la resistenza popolare in queste zone, che la Francia trasformò nella colonia diretta della Cocincina, fu intensa, sostenuta anche da una parte della burocrazia confuciana locale. Per la mancata collaborazione della classe dirigente intellettuale indigena, i francesi ricorsero per appoggio alla comunità cattolica, che si trovò in tal modo in contrasto con la resistenza dei patrioti vietnamiti. La difficoltà di conquistare il Viet Nam fu ancora più chiara ai francesi quando nel 1882 la marina francese intraprese la conquista del Viet Nam settentrionale. Anche qui la resistenza popolare e il rifiuto a collaborare da parte della classe dirigente resero difficile, onerosa, incerta ogni avanzata francese, nonostante la violenza sistematicamente impiegata contro gli indigeni e nonostante la firma nel 1882 di un trattato che imponeva il protettorato francese sul Viet Nam settentrionale. Il prezzo per la conquista del Viet Nam aumentò notevolmente per la Francia dopo il 1885, quando il re fece appello alla resistenza generalizzata contro i francesi: numerosi furono i funzionari confuciani che si diedero alla macchia e cercarono di organizzare la lotta popolare. La guerriglia fu vinta dopo un decennio, ma il prezzo pagato dai francesi fu altissimo. Le motivazioni di questa resistenza si approfondirono quando – con la formazione dell'Indocina francese alla fine del sec. XIX e poi con l'azione del governatore Paul Doumer – le autorità francesi riuscirono a far “rendere” l'Indocina dal punto di vista economico, con il risultato di ridurre ulteriormente il già basso tenore di vita delle masse rurali vietnamite e di accelerare la concentrazione della terra nelle mani di pochi grandi proprietari francesi o anche vietnamiti. Fino al 1930, tuttavia, bastarono a imporre il mantenimento dell'ordine coloniale i soliti mezzi repressivi, nonostante l'organizzazione di gruppi a orientamento nazionalista come quelli suscitati senza posa da Phan Boi Chau e da Phan Chu Trinh e sostenuti soprattutto da intellettuali, ma non privi di appoggio popolare. La rivoluzione cinese del 1925-27, la crisi mondiale e le sue gravi ripercussioni in un Paese già travolto da un rapido processo d'immiserimento accelerarono il manifestarsi aperto di forme di resistenza: nel 1930 alcuni gruppi nazionalisti tentarono un colpo di mano nel Nord con l'aiuto di ausiliari vietnamiti delle truppe francesi ma furono sanguinosamente sbaragliati. Poco dopo i numerosi gruppi socialisti e comunisti che si andavano formando tra gli studenti confluirono nella formazione di un Partito comunista indocinese del quale fu fin da allora infaticabile animatore un intellettuale figlio di funzionari confuciani resistenti, Nguyên Ai Quoc, noto poi come Ho Chi Minh. L'influenza comunista era destinata ad accrescersi grandemente nel corso della seconda guerra mondiale: schierandosi contemporaneamente contro gli invasori giapponesi e contro i colonizzatori francesi (che avevano affidato al latifondista cattolico Ngô Dinh Diem una parvenza di potere), riuscirono a catalizzare la volontà di resistenza anticoloniale del popolo vietnamita e a costituire (1941) il Fronte per l'indipendenza del Viet Nam, noto come Vietminh, che soppiantò totalmente ogni altro raggruppamento anticolonialista e, con l'occupazione giapponese (1944), diede vita alle prime formazioni partigiane sotto il comando del comunista Giap. In questo senso il Partito comunista vietnamita riuscì a svolgere anche la funzione storica esercitata in tutti gli altri Paesi ex coloniali da forze di orientamento nazionalista.

Storia: dalla sconfitta del Giappone ai giorni nostri

Al momento della caduta del Giappone nel 1945 i comunisti vietnamiti alla testa della lega del Vietminh riuscirono a prendere il potere in tutto il Paese, a ottenere l'abdicazione nelle loro mani del sovrano vietnamita e a costituire il 2 settembre la Repubblica democratica del Viet Nam presieduta da Hô Chi Minh. Le elezioni (6 gennaio 1946) confermarono la legittimità del potere Vietminh. Ma, fallito un tentativo diplomatico, la Francia non accettò la situazione di fatto e con il bombardamento di Haiphong aprì le ostilità restaurando sul trono l'imperatore Bao Dai. Dilagò la guerriglia, sanguinosa e indomabile. La Francia fu presto in difficoltà e, tra il 1949 e il 1950, dovette sgombrare il Tonchino e a fatica resistette nel delta del Fiume Rosso. L'esigenza di non disperdere le forze portò nel 1953 lo Stato Maggiore francese a costituire il campo-fortezza di Dien Bien Phu, difeso da paracadutisti e truppe scelte; ma il 7 maggio 1954, sconfitte dai guerriglieri del comandante Giap, le forze francesi dovettero capitolare. Poteva essere la pace, ma prevalsero altre considerazioni politiche e il Viet Nam rimase diviso in due: comunisti a Nord, “filo-occidentali” a Sud e qui ai francesi subentrarono (1955) gli americani che vi impegnarono ingenti forze belliche. Ebbe inizio così l'ultima fase (1955-75) della lunga lotta del popolo vietnamita per l'indipendenza e l'unità del Paese. A Saigon, capitale del Sud, riapparve Ngô Dinh Diem; l'imperatore fu messo da parte; furono poste in atto misure draconiane contro il pericolo comunista, l'esercito venne istruito e armato con metodi e armi modernissimi. Ma la guerriglia riprese implacabile: anzi, nel 1960 nacque il Fronte di liberazione del Sud Viet Nam, formato da tutte le opposizioni. Nel novembre 1963 Diem fu rovesciato da un colpo di stato, mentre si accresceva progressivamente l'apporto militare statunitense e iniziavano i bombardamenti sistematici sul Nord (1965). Nel giugno 1965 salì al potere a Saigon il generale Nguyên Van Thieu, fedelissimo agli USA, che istituì un potere dittatoriale e sanguinario. La guerriglia allora s'intensificò, nonostante l'uso dei mezzi chimici e delle armi più sofisticate da parte degli statunitensi. Nel gennaio 1968 i guerriglieri lanciarono una grande offensiva (l'offensiva del Têt) che mise in grave difficoltà i governativi e gli stessi statunitensi. Intanto, nel mondo e negli USA, si andava allargando straordinariamente la protesta per l'intervento americano, contribuendo così a mettere in crisi la politica di Washington. Per uscirne il presidente Johnson avviò (maggio 1968) negoziati di pace a Parigi, continuando però nel contempo l'aiuto a Saigon. Nel 1970-71 il conflitto si allargò al Laos e alla Cambogia nell'intento d'interrompere i rifornimenti ai guerriglieri. Le due operazioni portarono alla disfatta degli invasori e attizzarono, specie in Cambogia, un altro temibile focolaio di guerra. Si aprirono allora colloqui a Parigi con la partecipazione del Governo rivoluzionario provvisorio (GRP), sorto nel Sud in opposizione a quello di Saigon e comprendente le vaste zone liberate, e fu annunciata la politica di “vietnamizzazione”, cioè il ritiro progressivo delle forze armate statunitensi, previo rafforzamento dell'esercito sudvietnamita. Il 27 gennaio 1973 gli estenuanti colloqui parigini giunsero alla conclusione, ma gli accordi si arenarono di fronte all'intransigenza politica di Saigon e al conseguente irrigidimento del Nord. La tregua venne così sempre più spesso violata, finché nel dicembre 1974 il GRP lanciò un'offensiva generale che si concluse il 30 aprile 1975 con l'occupazione di Saigon e la definitiva liberazione del Paese. La guerra di liberazione vietnamita nei suoi ultimi quindici anni costò, secondo calcoli americani, più di sette milioni e trecentomila tra morti e feriti. Il 2 luglio 1976 veniva ufficialmente proclamata la Repubblica Socialista del Viet Nam, comprensiva dei due stati. Nel 1977 scoppiò una grave crisi con la Cambogia, la quale aveva adottato una linea filocinese, e vi furono aspri scontri nella regione del “Becco d'anatra”. Nel dicembre 1978 il Viet Nam invase la Cambogia e nel gennaio successivo, deposto Pol Pot, installò al potere il filosovietico Hen Samrin. Nel febbraio 1979 la Cina lanciò un attacco punitivo contro il Viet Nam. Le ostilità durarono circa un mese: i colloqui di pace iniziarono in aprile, ma non produssero risultati di rilievo. Nel 1986 le truppe di Hanoi non erano ancora state ritirate dalla Cambogia, dove infuriava più che mai la resistenza khmer. In pessimi rapporti con la Cina e con tutti i Paesi dell'ASEAN, il Viet Nam restava strettamente legato all'URSS, con la quale nel novembre 1978 aveva firmato un trattato di amicizia e cooperazione. Dal giugno 1978 il Viet Nam diveniva anche membro del COMECON, organizzazione intergovernativa scioltasi il 28 giugno 1991. Sin dalla costituzione della Repubblica Socialista del Viet Nam (1976), la figura politica più importante del Paese è stato Le Duan, segretario generale del Dan Cong san Viet-Nam (il locale Partito comunista). Alla sua morte (1986), sono stati effettuati importanti cambiamenti con la nomina di Nguyên Van Linh a segretario generale del partito, di Pham Hung a primo ministro e di Vo Chi Cong a capo dello stato. Significativamente preceduto da una preconsultazione popolare per la scelta dei candidati alle stesse elezioni politiche del 1987, tale rinnovamento ha presto avuto rilevanti conseguenze quali il riavvicinamento nei confronti della chiesa, una graduale liberalizzazione economica e aperture politiche ed economiche verso la Cina, gli Stati Uniti e il Giappone, destinate a consolidarsi negli anni seguenti in parallelo al disimpegno in Cambogia, completato alla fine del 1989 e perfezionato con l'accordo di pace dell'ottobre 1991. In questo medesimo anno il Partito comunista, durante il VII Congresso Nazionale, eleggeva a proprio segretario generale Du Muoi (giugno), determinando quindi indirettamente il passaggio della carica di primo ministro a Vo Van Kiet (agosto). Ciò riconfermava l'orientamento riformista che nell'aprile 1992 sfociava nella promulgazione di una nuova Costituzione (con affidamento di maggiori poteri al presidente), così come in una più decisa liberalizzazione economica e nella più determinata ricerca di forme di cooperazione regionale. Sempre nello stesso anno il Viet Nam otteneva dall'ASEAN lo status di osservatore. Ancora in un sistema monopartitico, conservato pure dal nuovo documento costituzionale, sono state effettuate le consultazioni politiche del luglio 1992: la neoeletta Assemblea nazionale, in gran parte rinnovata, per la prima volta ha scelto direttamente il capo dello stato, indicato nel generale Lê Duc Anh (23 settembre), già ministro della difesa. Il luglio 1995 ha portato alcuni importanti cambiamenti nella storia del Vietnam: l'entrata del paese a pieno titolo nell'ASEAN e il ristabilimento di buone relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. La consapevolezza di un profondo mutamento generazionale in corso nel Paese, con oltre la metà della popolazione nata dopo la riunificazione (1975), portava il gruppo dirigente a caute aperture, sia pure alternate a strette repressive, che si concretizzavano nelle elezioni del 1997, in cui il gruppo dirigente (Le Duc Anh, presidente della Repubblica; Vo Van Kiet, primo ministro; Do Muoi, segretario del partito) non si ripresentava. Al loro posto venivano eletti rispettivamente Tran Duc Luong, Phan Van Khai e Le Kha Phieu.

Storia: il XXI secolo

Nel novembre 2000, a testimoniare il disgelo con gli USA, l'allora presidente B. Clinton compì la prima visita ufficiale di un presidente americano nello stato vietnamita, dopo la fine della guerra fra i due Paesi. Oltre a consolidare i rapporti in campo economico, la visita ebbe motivazioni politiche: la comunità vietnamita negli USA contava infatti circa un milione di persone. Nell'aprile 2001 veniva eletto segretario del Partito comunista il riformista Nong Duc Manh, ritenuto figlio naturale di Hô Chi Minh. Nel 2002 la Federazione russa chiudeva definitivamente la base navale di Cam Ranh Bay, la più grande istallazione militare sovietica al di fuori del Patto di Varsavia. Nel luglio dello stesso anno il Parlamento, a larghissima maggioranza, riconfermava Tran Duc Luong presidente. Nel corso del 2003 il processo di normalizzazione dei rapporti economici e politici con gli USA faceva passi avanti. In occasione delle celebrazioni per il trentennale della fine della guerra nell'aprile del 2005 ci fu un'amnistia che liberò migliaia di detenuti, tra cui molti prigionieri politici. Nel giugno 2006 il Parlamento eleggeva il nuovo presidente della Repubblica: Nguyen Minh Triet, il quale nominava premier Nguyen Tan Dung. In novembre il Paese entrava nella WTO, maggiore garanzia per gli investitori stranieri i cui capitali sono necessari per sostenere la crescita economica del Paese. Nelle elezioni legislative del maggio 2007 il Partito comunista conquistava 450 seggi e 43 andavano agli indipendenti. Nel 2011 veniva eletto presidente Tru'o'ng Tàn Sang. Nel 2014 gli attriti con la Cina per il controllo delle isole Paracel facevano da innesco a violente manifestazioni contro le imprese cinesi, obbligando migliaia di cittadini cinesi a lasciare il Paese.

Cultura: generalità

Storicamente sul Viet Nam è sempre stata molto forte l'influenza cinese, con il suo bagaglio di tradizioni sacre e secolari, a cui, solo nel sec. XX, si sono aggiunte tendenze di origine occidentale, riscontrabili in diversi aspetti della cultura e della società odierne. Il mosaico culturale è quindi il risultato di influssi religiosi del confucianesimo, del taoismo, del buddhismo e del cristianesimo, che si sono fusi con precedenti credenze animistiche e pratiche, quali lo sciamanesimo. Molto forte è il senso della famiglia, indipendentemente dalla dimensione rurale o urbana della vita, e la figura della donna è in molti ambiti paritetica rispetto all'uomo. Il XX secolo è stato segnato in maniera forte dalla fine del colonialismo, dalla guerra, dal regime socialista, che hanno imposto condizioni di vita durissime e poca possibilità di apertura e sviluppo culturale. Gli ultimi anni del secolo hanno viceversa visto una situazione migliore, e un minor controllo statale sulla cultura, di cui arte, letteratura e ogni altra espressione hanno beneficiato. Il Viet Nam è a tutti gli effetti inserito nei circuiti internazionali cinematografici, artistici, musicali e teatrali, e le produzioni nazionali sono in grado di unire sempre meglio motivi tradizionali e spinte innovative, sia dal punto di vista dei temi che delle forme. Nel Paese sono presenti oltre 120 istituzioni museali, tra cui cinque Musei Nazionali; numerosi i siti di interesse storico-architettonico, tra cui quelli inseriti dall'UNESCO nel patrimonio dell'umanità: il complesso monumentale di Hue (1993); il centro storico Hoi An (1999); il santuario di Mi-sön (1999). Anche nello sport passato e presente (vale a dire Oriente e Occidente) coesistono in uno scenario multiforme: alle tradizionali arti marziali e a discipline “storiche” quali tennis tavolo o sepak takraw (una sorta di pallavolo giocata con i piedi), si sono aggiunti il calcio, il badminton, gli scacchi, la canoa, praticati in tutti i parchi del Paese, non solo dai più giovani.

Cultura: tradizioni

Al centro delle sue tradizioni i vietnamiti ponegono il culto degli antenati, della famiglia, del villaggio, della terra. Antenati, famiglia, morti sono i tre poli attorno ai quali gira la festa del Capodanno, che si protrae per tre giorni con speciali riti all'altare degli antenati e con solenni processioni nell'abitato. Altra festa solenne è il Têt del solstizio d'estate, in cui vengono bruciati immagini di carta o manichini in legno di alti personaggi per tenere lontane le epidemie estive e ogni altro male di stagione. Assai gioiosa è la festa dell'autunno, in cui si stringono i nodi dei nuovi fidanzamenti, celebrati con cibi conditi di afrodisiaci. La cucina è caratterizzata dalla salsa nuoc-mam (salamoia di pesce), alimento ricco di vitamine. Il riso è il piatto fondamentale; la carne più consumata è quella di maiale e frequente è l'uso del pesce fresco o seccato; di largo consumo sono i pomodori, le insalate, i cavoli. L'abbigliamento tradizionale varia da zona a zona, anche in relazione ai differenti gruppi etnici e sociali distribuiti sul territorio. Gli indumenti più diffusi sono, in ogni caso, pantaloni e tuniche o bluse di foggia diversa a seconda dell'occasione o dell'utilizzo. Sempre più comuni i capi di vestiario occidentali.

Cultura: letteratura

La letteratura nasce sotto l'influenza culturale cinese e si alimenta di quella cultura, ne assorbe le tendenze ideologiche confuciane e buddhiste e si manifesta con gli stessi segni ideografici lungo tutto il millennio della dominazione diretta cinese (sec. III a. C.-X d. C.) e ancora per alcuni secoli dopo la fine della dominazione. In cinese sono scritte la prima opera storica, composta da Lê Vân-Hüu (1272), e la Raccolta di storie di spiriti del tempio Viêt, opera fiabesca composta nel 1329 da Ly Tê-Xuyên. Alla fine del sec. XIII compaiono intanto i primi testi scritti in chu-nôm, la lingua demotica che avviò il processo d'indipendenza della letteratura vietnamita da quella cinese. Del 1282 è il brevissimo componimento in versi nôm Invocazione rituale rivolta al coccodrillo, scritto da Nguyên Thyên. Tra il sec. XIV e il XV si trovano scritte in nôm una lunga favola in versi, Il topo virtuoso di Hô Huyên Qui (fine sec. XIV), e le poesie di Nguyên Trai (1380-1442). Nel sec. XVI, periodo oscuro della storia vietnamita, la letteratura trovò poco spazio. Il secolo è marcato da un solo grande nome, quello di Nguyên Binh-Khiem (1492-1587), che esprime il tormento di un uomo diviso tra la cura dei problemi dello stato, propria del letterato confuciano, e la tendenza taoista alla rinuncia del mondo, rappresentando appieno il periodo in cui visse. Durante i sec. XVII e XVIII progredisce la letteratura nôm soprattutto in composizioni poetiche e sentimentali, particolarmente gradite al gusto popolare. Due celebri romanzi d'amore, La carta a fiori di Nguyên Huy Tü (1743-1790) e Phan e Trân di anonimo, sono scritti in nôm e illustrano l'influenza reciproca tra letteratura aulica e letteratura popolare. Un poema in versi, scritto in cinese nella prima metà del sec. XVIII da Dâng Trân Côn (1710-1745), Lamento della moglie del guerriero, fu tradotto in nôm. Il sec. XVIII produce un altro capolavoro in versi nôm, Il compianto di una concubina reale di Nguyên Gia-Thiêu (1741-1798), mentre Lê Qui Dôn (1726-1784) conferisce ancora lustro alla letteratura scritta in cinese con un'opera enciclopedica, consistente nel commento di classici cinesi e in ricerche biografiche, storiche, religiose. Il sec. XIX si apre con il romanzo in versi nôm di Pham Thai (1777-1813) Il pettine e lo specchio, immediatamente seguito dal capolavoro della letteratura vietnamita, il romanzo Kim Vân Kiêu scritto in versi nôm da Nguyên Du (1765-1820). I motivi del successo straordinario di quest'opera sono diversi: la lingua, attinta dalla parlata popolare e raffinata sino a farne uno strumento ricco di toni e di forza espressiva; il dominio del mênh, il destino, che detta le vicende di chi ama; il senso di rivolta e il conflitto col dovere confuciano di fedeltà all'imperatore. Della produzione letteraria del sec. XIX, molto ricca, si ricordano le opere di rilievo o di grande diffusione popolare, come il Luc Vân Tiên di Nguyên Dinh Chiêu (1822-1888); una poetessa che rimane avvolta nel mistero (tanto che di lei non si conoscono dati anagrafici) è Hô Xuân Hüöng, nelle cui poesie audaci e scabrose si combatte la battaglia per la liberazione della donna dalla soggezione al maschio e per la sua parità di diritti, attraverso la lotta contro le convenzioni sociali e morali: Hô Xuân Hüöng va considerata una femminista ante litteram, pugnace e scanzonata. L'ultimo grande nôm della fine del sec. XIX è Nguyên Ouyên (1835-1909), autore dell'antologia poetica Raccolta di poesie di Tam-Nguyên Yêndô, ricca di lirismo. Ma il sec. XIX è marcato anche dalla lotta contro l'invasione francese, che trova una voce potente nell'opera di alcuni autori. Tra questi, Nguyên Dinh Chieu (1822-1888), il poeta cieco del Sud, che celebra gli eroi della resistenza antifrancese in orazioni funebri di grande forza lirica; Nguyên Khuyên (1835-1909), mandarino integro fino alla povertà, che attacca colonialisti e profittatori; Phan Dinh Phung (1847-1895), in cui, pur nella trama della tradizione, si intravedono i segni della coscienza nazionale moderna. Nel sec. XX tramonta il nôm e s'impone il quoc-ngu, la scrittura latina. Inizia una frenetica attività letteraria che si muove su tre direzioni: una consistente nella traduzione in scrittura latina delle opere classiche cinesi e francesi, per trasferire al popolo il patrimonio culturale che era appartenuto prima alla classe dei letterati; una romantica e apolitica; la terza di carattere nazionalista e patriottico, con contenuti politici. La grande novità fu proprio il dibattito politico, che metteva in discussione quanto restava delle strutture dello stato tradizionale, la monarchia e il mandarinato, e trattava i modi e le forme della rinascita nazionale. Lo sviluppo del giornalismo in quoc-ngu, promosso dalla stessa amministrazione coloniale che cercava così di formarsi una propria “base” culturale, fece nascere alcune riviste assai importanti anche dal punto di vista letterario, come Nam Phong (1917). La maggiore espressione letteraria di questo periodo è dovuta a Tan Da (1888-1939), autore che possedeva a fondo sia la cultura sino-vietnamita sia quella francese moderna. Ma fu un altro letterato classico, Pham Koi (1887-1959), a promuovere quel movimento Nuova Poesia che, rompendo con gli schemi del passato, contribuì a rendere definitivamente moderna la cultura vietnamita. Nuova Poesia fu un movimento breve ma assai incisivo, di stampo romantico con una componente esistenzialista. Nella narrativa predomina l'analisi psicologica dell'individuo, in un contesto sociale marcato dallo sfruttamento e dalla miseria. Bisogna poi ricordare la nutrita schiera di militanti, comunisti e non, che nella clandestinità e nelle galere coloniali ricorsero alla poesia per esprimere idee, sentimenti e specialmente i motivi della loro lotta, attingendo ai modi e alla lingua della letteratura popolare. Su tutti ricordiamo Hô Chi-Minh (1890-1969), autore di un Diario dal carcere, scritto in cinese della dinastia Tang. Tra gli anni Trenta e l'inizio della lotta armata (1941) che preparò la rivoluzione del 1945, vi fu una svolta nella letteratura, ovviamente influenzata dal cambiamento di regime e dalle lunghe guerre per l'indipendenza e l'unità del Paese. L'evoluzione verso la modernità fu comunque segnata da conflitti di idee e di tendenze. Negli anni Cinquanta si delineò una frattura culturale fra Nord e Sud: mentre nel Nord si affermavano gli scrittori di indirizzo marxista, nel Sud accanto alle correnti tradizionali faceva la sua apparizione una nuova ondata di scrittori sensibili alle esperienze europee e americane. Dopo l'unificazione (1975) la cultura filoccidentale del Sud ha cessato di esistere. Tra gli scrittori di tendenza marxista ricordiamo Ngo Tat Tô (1892-1954), autore del libro Quando la lampada si spegne (1939), che può essere considerato il padre del nuovo romanzo vietnamita, gli scrittori Tô Hoai (n. 1920), Nguyên Hong (n. 1918), Nam Cao (1917-1951) e Nguyên Cong Hoan (1903-1977), nonché i poeti Xuân Diêu (n. 1917) e Tô Hüu (n. 1920), autore di raccolte in cui dominano temi legati alla guerra contro gli americani. Tra le voci più interessanti della scena letteraria vietnamita del secondo Novecento e successiva, nelle cui opere centrali restano le istanze della guerra, del regime, del desiderio di emancipazione sociale e politica, si segnalano Doan Minh Phuong, che con Va Khi Tro Bui (And When the Ashes Crumble), ha vinto nel 2007 il Viet Nam Writers’ Association Awards; Nguyên Huy Thiêp, drammaturgo e autore di racconti, il cui romanzo Il generale in pensione, con la sua particolare lettura della guerra, è apparso nel 1987 sulla rivista Van Nghe suscitando molto scalpore; Duong Thu Huong (n. 1947) che, sopravvissuta alla guerra del Viet Nam e in costante conflitto con le autorità comuniste, nel 1987 ha pubblicato il suo primo romanzo, Oltre ogni illusione, premio Grinzane Cavour nel 2005, ma costretta poi a pubblicare i suoi romanzi successivi solo all'estero; Bao Ninh (n. 1952), autore di Nôi buôn chiên tranh (1991; Le chagrin de la guerre); Phạm Thị Hoài (n. 1960), il cui romanzo Il messaggero celeste (1991), non ha avuto circolazione in Viet Nam in quanto vittima della censura politica.

Cultura: arte

Prima che l'influsso della civiltà indiana penetrasse nel sec. II d. C. nel Viet Nam centromeridionale originando la grande fioritura artistica nell'antico Champa, elementi della cultura cinese avevano già raggiunto il Viet Nam settentrionale nel sec. IV a C. con l'introduzione della cultura dei metalli, che segnò l'inizio dell'Età del Bronzo e la fioritura della cosiddetta civiltà di Dong Son, e si accentuarono poi con la dominazione cinese. Le prime espressioni di un'arte propriamente vietnamita si delinearono tra il sec. IX e il XIII sotto la dinastia dei Ly (1010-1225) in quella fase artistica “sino-vietnamita” detta di Daila (regione di Hanoi), perché lì furono trovate testimonianze di decorazione plastica di architetture ed esempi di ceramica (l'influenza cinese nella produzione dei vari tipi di ceramica durò nel Viet Nam fino al sec. XVII e oltre). La piena affermazione della civiltà artistica vietnamita si attuò dal sec. XV al XIX durante le dinastie dei Lê e dei Nguyên (quella precedente dei Trân fu caratterizzata da un'arte segnata dalle influenze Cham, dell'India e della Cina), documentate rispettivamente la prima con i monumenti di Hoa-lai, la seconda con quelli di Hue, i maggiori centri artistici di questi secoli. Dalla fine del sec. XVIII l'architettura nel Viet Nam subì influenze occidentali attraverso la costruzione da parte di ingegneri francesi, su incarico di Nguyên, di numerose piccole città. Dopo la partenza dei francesi fu fondata l'associazione delle Belle Arti (1957), che cercò di rinnovare l'arte vietnamita pur restando fedele alla tradizione nazionale. Gli anni che seguirono non consentirono un adeguato sviluppo alle arti figurative, ma con la riunificazione (1975) sono stati fondati nuovi musei ed è stata restaurata l'antica capitale imperiale di Hue. L'arte è sottoposta, almeno fino agli anni Novanta del Novecento, ai condizionamenti tipici di un regime socialista (statuaria monumentale di ispirazione patriottica e celebrativa, mentre la pittura ha seguito i canoni del realismo socialista. Sul finire del secolo si è viceversa avuto uno sviluppo multidirezionale e molto più aperto alle suggestioni occidentali, e alcuni artisti sono saliti sulla ribalta mondiale, invitati in diverse kermesse internazionali anche grazie alle sempre più numerose mostre dedicate al Viet Nam. Tra questi Do Xuan Doan, Truong Dinh Hao, Nguyên Van Hai, la cui arte testimonia anche un progressivo distacco dai temi politico-rivoluzionari, per lasciare spazio a visioni e riflessioni individuali. Sul fronte della sperimentazione tecnica gli artisti più attivi sono Tran Hậu Yên The (n. 1970), Phạm Hà Hài (n. 1974), Nguyên Minh Ph'oc (n. 1973), che utilizzano installazioni, video e performance. La moderna architettura vietnamita ha uno stile sobrio e povero e non si segnalano edifici di particolare pregio. L'artigianato (tappeti, legni laccati, ceramiche smaltate, statue in avorio, oggetti in giunco ecc.) continua ad avere un peso particolare anche nel Viet Nam moderno.

Cultura: teatro

Originariamente era chiamato Hât Bô (Canti con gesti) ed era collegato ai canti e alle danze delle antiche feste di primavera. Nuova linfa ricevette dal teatro cinese, quando nel 1285 una compagnia di attori cinesi fu catturata dai vietnamiti. La prima opera, frutto dell'esperienza delle due scuole, fu L’offerta della pesca divina. Il teatro andò poi evolvendosi verso la tragicommedia o l'opera comica e assunse una raffinatezza espressiva ottenuta dalla sintesi del canto con la danza, da una recitazione essenziale, gesti stilizzati, allusivi, studiati in ogni minimo movimento. La presenza sulla scena di un oggetto implicava significati ben precisi: un ramo d'albero richiamava l'idea della foresta, una sedia rovesciata un colle, una tenda di seta tra due aste di bambù una muraglia invalicabile ecc. Gli attori non indossavano maschere, salvo uno: il dio del Sole. Gli altri si truccavano il viso con colori vivaci, indicativi del carattere del personaggio e del ruolo che intendeva svolgere. La finalità dell'opera era sempre pedagogica. L'orchestra comprendeva un violino verticale, una chitarra a corde di seta, un flauto, un clarinetto, una tromba, un tamburello. Se dissentiva, il pubblico fischiava, ma per manifestare la propria approvazione gettava monete sulla scena. Celebre compositore di drammi fu Dâo Duy-Tü (1572-1634) che scrisse La collina del drago disteso. Altro famoso e fertile autore di teatro fu Dâo-Tân (1846-1908) che compose Quan Công valica i Cinque Passi, Le tre sorelle, Il padiglione di legno di aloe. Nel sec. XX il teatro classico cedette il posto al Cai-Luong (Teatro riformato) che nacque nel Sud Viet Nam nel 1918 con il rilancio dell'operetta Luc Vân Tiên (di Nguyên Dinh Chiêu): questa si affermò negli anni intercorrenti tra il 1923 e il 1945 e ha resistito a lungo. Luc Vân Tiên è il nome di un giovane eroe popolare, simbolo del bene e della virtù, che si batte vittoriosamente contro l'aristocrazia mandarinale e la borghesia, simboli del male e del vizio. Successivamente il teatro ha perseguito ancora i suoi compiti educativi, trasportati però in campo patriottico e politico. Nel 1954 è stato fondato il Viet Nam Drama Theatre divenuto la Compagnia Nazionale di teatro. Suoi obiettivi principali sono stati la ricerca e lo sviluppo di un'identità artistica nazionale, raccogliendo da un lato la forte e proficua tradizione e dall'altro le influenze del teatro moderno di stampo europeo. Tra gli artisti più famosi si ricordano The Lu e Dinh Quang. Il Viet Nam Opera Ballet Theatre è sorto nel 1959 insieme alla Viet Nam Dance School. Nel corso della seconda metà del Novecento numerosi artisti stranieri hanno contribuito alla sua crescita, attraverso progetti originali e opere della tradizione occidentale.

Cultura: musica

Su un fondo arcaico di tipo melanide sono avvertibili un influsso indiano (evidente soprattutto nel Sud) e una fortissima impronta di tipo cinese (in particolare esplicatasi nelle regioni settentrionali e lungo le coste). Nella musica tradizionale del Viet Nam si utilizzavano due sistemi modali, di cui il più diffuso, Bac, è di origine inequivocabilmente cinese, mentre il secondo, Nam, è di ascendenza indiana e di carattere arcaico. Oltre a strumenti assai simili a quelli cinesi, sono in uso flauti, oboi, un tipo di doppio clarinetto (kên doi); cetre, liuti e strumenti ad arco; tamburi a membrana e di legno e un curioso tam-tam costruito con corna di bufalo (mo sung trâu); campane, gong, cembali.

Cultura: cinema

Trascurando il periodo coloniale, dove le leve di comando produttive erano interamente in mani straniere, il cinema vietnamita nacque dalla prima équipe mobile che l'8 agosto 1945 a Hanoi filmò Hô Chi Minh proclamante l'indipendenza. Mentre al Sud, in condizioni estremamente precarie, sorgeva in Cocincina il primo nucleo di cinema resistenziale, il Nord era in grado di offrire i primi documentari: La battaglia delle frontiere (1950), Il Vietnam combattente (1952), girato con assistenza cinese, La vittoria di Dien Bien Phu (1954), firmato da quattro cineoperatori-autori. Risale al 1953 la firma del decreto per la creazione di un'industria del cinema e il primo film a soggetto: il lungometraggio Uno stesso fiume bagna le nostre rive, firmato da due registi secondo una consuetudine prevalente anche in seguito. Negli anni Sessanta la produzione si allargò anche al disegno animato e si creò una rivista specializzata. Un aiuto allo sviluppo del cinema vietnamita fu portato dal regista olandese J. Ivens che con troupe vietnamite girò Il cielo, la terra nel 1965 e 17º parallelo nel 1967. Al Sud, sotto gli americani, i cineasti clandestini s'ispirarono sia alle tradizioni di cinema militante sotto i francesi sia ai film del Nord, fondando il gruppo Giai-Phong (Liberazione) che realizzò decine di cineattualità. Tra i film a soggetto prodotti al Nord, si citano alcuni tra i più importanti: Gli sposi a Phu (1961), ambientato nella regione di una minoranza nazionale, Lo scricciolo (1962) di Nguyên Van Thong e Trân Vu, sul sacrificio d'una bambina nella guerra contro i francesi, La quarta signorina Hau, premiato a Mosca nel 1963. Una seconda fase (1964-75) coincide con la guerra antiamericana e, nonostante le difficoltà, produce una media di 3-5 film all'anno. Tra essi si possono ricordare: Il villaggio galleggiante (1964) di Trân Vu, sulle relazioni di vicinato e la lotta contro le inondazioni, Le fiamme di Nge Tinh (1965), film balletto a colori di soggetto rivoluzionario, Nguyên Van Troi (1966), sull'eroe vietnamita e il suo sacrificio evocato dalla giovane vedova, A casa degli sposi Luc (1971) di Trân Vu, che analizza la vita in campagna, in cooperativa e in famiglia, La ragazzina di Hanoi (1974) di Hai Ninh. Due altri film, Sulla strada per il villaggio natale di Bui Dinh Hac e Arrivederci al prossimo incontro di Trân Vu, vinsero i primi premi a Karlovy Vary nel 1974 e nel 1976. La terza fase (dal 1975 in poi) è quella ancora aperta del Viet Nam indipendente e riunito. Allo studio di Hanoi si sono aggiunti i due di Thanh Phô Hô Chí Minh (ex Saigon). La produzione ha toccato nel 1982 i 20 film. In essa non mancano le evocazioni storiche, come La stella d’agosto (1976) di Trân Dak o La sposa di Dau (1981) di Pham Van Khoa, ma in genere prevalgono i temi contemporanei: come in Primo amore (1978), uno dei film di maggior successo, o come in Regione di cicloni di Hong Sen (1982), sulla collettivizzazione dell'agricoltura, che ha colpito per la vivace satira della burocrazia di partito e per il riferimento ai grossi problemi d'attualità (boat people e guerra nel Kampuchea). Nel 1995 il cinema vietnamita consegue un importante riconoscimento: il film Cyclo, del regista Tran Anh Hung vince il Leone d'oro al festival del cinema di Venezia. Successivamente nuovi volti emergono nella cinematografia vietnamita. Tran Anh Hung, autore di Mua he chieu thang dung (2000; The Vertical Ray of the Sun); Pham Nhue Giang, regista di Thung lung hoang vang (2000; The Deserted Valley) con riconoscimenti ricevuti al Melbourne International Film Festival e al Singapore International Film Festival; Viet Linh, che dopo aver fatto parte dei Vietcong a 16 anni è diventato scrittore e regista; tra le sue opere Chung cu (1999; The building) e Mê thao - Thoi vang bong (2002; Mê thao: there was a time when). Dal 1970 in Viet Nam si svolge il National Film Festival.

Bibliografia

Per la geografia

C. Palazzoli, Vietnam entre deux mythes, Parigi, 1981; P. Fale, Précis de géographie du Viet-Nam, Parigi, 1984; M. Beresford, National Unification and Economic Development in Vietnam, Londra, 1989.

Per la storia

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Per la letteratura

Nguyên Du, Kiêu, Hanoi, 1965; Züöng Dinh Khuê, Les chefs d’oeuvre de la Littérature vietnamienne, Saigon, 1966; Durand, Maurice M., Nguyên Trân-Huan, Introduction à la Litterature Vietnamienne, Parigi, 1969; A. Bausani, Le letterature del Sud-Est asiatico, Milano, 1970; G. Butler, History of Vietnamese Literature, Londra, 1984.

Per il cinema

F. Motet, Quelques étages du cinéma vietnamien, Parigi, 1985.

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