Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino medicīna (ars), (arte) del medico].

1) Scienza che si propone la tutela della salute dell'uomo, e quindi lo studio, la prevenzione e la cura delle malattie, nonché l'assistenza agli infermi e la riabilitazione degli invalidi: medicina interna, che cura le malattie con medicamenti e non mediante interventi chirurgici; medicina legale,medicina aerospaziale; reparto medicina, negli ospedali, reparto dove si prestano cure non chirurgiche. In particolare, facoltà universitaria in cui si insegnano discipline mediche: si è iscritto a medicina. Per estensione, la professione del medico: esercitare la medicina.

2) Ogni preparato che serve a curare; medicamento, specialmente per uso orale: bere la medicina; queste medicine sono veramente efficaci. Per estensione, ogni mezzo, ogni rimedio che giovi alla salute: per i tuoi disturbi la miglior medicina è il riposo. Fig., tutto ciò che serve di sollievo ai mali morali: il tempo è la miglior medicina contro il dolore.

Cenni storici: le origini

La cura del corpo, intesa in senso sia medico sia terapeutico, è praticamente connaturata con l'uomo: in origine ebbe, quasi certamente, carattere istintivo e individuale ma ben presto fu oggetto di riflessione e portò alla ricerca delle cause del male. Lo studio scientifico delle conoscenze mediche popolari (etnoiatria) ha messo in luce due filoni tra loro interdipendenti: quello che attribuisce al male un'origine esclusivamente sovrannaturale e quello che considera la malattia un “accidente” più o meno casuale, ma sempre naturale, e solo parzialmente influenzato dal soggetto (il malato) e da interventi estranei, anche sovrannaturali, riuscendo così a stabilire una certa connessione fra malattia e sede di essa; come testimoniato, per esempio, dalla scoperta che vari popoli effettuano (o effettuavano) la trapanazione del cranio quale cura per l'epilessia oltre che quale intervento chirurgico per risolvere traumatismi in seguito a colpi ricevuti. La medicina empirica progredì nel tempo, sia con la continua scoperta del potere farmacologico di determinate sostanze naturali, soprattutto vegetali, sia con il perfezionamento delle tecniche “chirurgiche”. Tutta la medicina popolare è comunque influenzata da un forte senso magico, anche quando la cura con medicamenti e interventi chirurgici assume un carattere specifico: stregoni, sciamani, guaritori, che seguono il primo filone, adottano formule magico-suggestive (purificazioni, esorcismi, controfatture) con la finalità di ristabilire l'armonia fra micro- e macrocosmo, fra malato ed essere sovrannaturale provocatore del male, oppure di contrapporre a una forza negativa una positiva, a una fattura malefica una controfattura benefica. A questa concezione si riallaccia l'uso dell'imposizione delle mani, quale rimedio al male, seguito in epoca romana (dal pater familias) e medievale (da parte del re o del signore) e ancora diffuso presso alcune religioni. Al contrario, il filone naturalistico, i cui più tipici rappresentanti sono gli uomini-medicina africani, i mide dei Chippewa e gli erboristi (noti fra tutti i popoli), si basa sulla diagnosi del male, a volte di sorprendente precisione, e su cure farmacologiche e chirurgiche (per esempio agopuntura, appendicectomia, laparotomia, estrazione e cure dentarie, riduzione di fratture) che si avvalgono di un ricco patrimonio di conoscenze empiriche, tuttora fonte di studio per ricavarne positivi ausili farmacologici (per esempio curaro, coca, digitale, antitossine venenifughe, terramicina, ecc.). Tutte queste cure sono sempre accompagnate da una notevole azione suggestiva (raccomandazioni degli erboristi, manipolazioni-preghiera-canto degli uomini-medicina) che ha la finalità di stimolare le difese organiche del malato (istinto della sopravvivenza) valendosi in senso positivo della magia. Il patrimonio di conoscenze empiriche, arricchitosi col tempo, è alla base del progresso della medicina in epoca classica quando si giunge a una prima codificazione delle malattie e dei rimedi e alla formazione di una casta di medici professionisti più o meno suggestionati dal soprannaturale: in Grecia, Roma, Cina, India, Babilonia, la medicina tese sempre più ad assumere un aspetto rigorosamente scientifico; in Egitto e nell'area messicano-andina cadde, invece, sotto il controllo dei sacerdoti per cui si è potuto registrare un netto prevalere del sovrannaturale sia nelle diagnosi sia nell'indirizzo terapeutico; altrove, soprattutto in Africa, perdurarono (anche fino a tempi recenti) entrambi i filoni tradizionali. La critica scientifico-filosofica si accentuò in periodo ellenistico: nel mondo greco esistevano templi dedicati al dio Asclepio, nei quali gli ammalati, durante la notte, nell'“incubazione”, venivano consigliati e a volte guariti miracolosamente dal dio; ma i sacerdoti, in effetti, praticavano cure termali e anche chirurgiche nei salubri templi di Epidauro, Pergamo, Cos.

Cenni storici: Ippocrate, Galeno e gli epigoni

Padre della medicina, non solo greca ma di molte epoche successive, fu considerato Ippocrate (sec. V-IV a. C.), al quale sono stati attribuiti i preziosi testi della prima elaborazione scientifica della medicina ellenica. L'uomo, concepito come parte dell'armonia dell'universo, deriva salute e malattie dall'influenza di clima, acque e alimentazione del luogo in cui vive. Ippocrate descrive tutti i segni delle malattie con il loro preciso decorso; compito del medico è pronosticarne l'esito e favorire la forza medicatrice della natura con dieta opportuna e blandi rimedi, ricorrendo all'intervento chirurgico solo in casi estremi. Secondo la sua scuola, l'organismo tende a risolvere spontaneamente la malattia, dovuta all'eccesso di uno dei quattro umori che costituiscono l'organismo stesso (sangue, muco, bile gialla e bile nera) maturandolo ed espellendolo per esempio come pus. Nel sec. III a. C. gli alessandrini Erofilo ed Erasistrato precisarono le basi anatomiche e fisiologiche della medicina; Erasistrato, in particolare, contrastò l'idea ippocratica che la malattia, dovuta a uno squilibrio di umori, sia uno stato generale di tutto l'organismo e la considerò invece effetto di un eccessivo afflusso di sangue (pletora) in un punto del corpo, facendosi quindi sostenitore della teoria, rifiutata per secoli, della localizzazione della malattia. A Roma la medicina ebbe per lungo tempo scarsa considerazione e fu professata per lo più da schiavi o immigrati greci; tuttavia le si riconobbe una funzione sociale (mens sana in corpore sano) per cui i Romani ebbero sempre particolare cura del corpo, dell'igiene pubblica e anche dell'assistenza sanitaria, specialmente nell'esercito. Nel sec. I a. C. Asclepiade di Bitinia contrappose a quella umorale di Ippocrate una concezione “solidista” della malattia, sostenendo fosse dovuta all'occlusione di spazi (pori) esistenti fra gli atomi costituenti l'organismo; le cure erano di conseguenza prevalentemente fisiche (bagni, massaggi, acque, ecc.) e conformi alle abitudini dei Romani. Alla scuola di Asclepiade appartenne Sorano di Efeso (sec. I-II d. C.) a cui si deve fra l'altro un trattato di ostetricia che serbò autorità per quattordici secoli. Di un'importante opera enciclopedica, De medicina, divenuta classica a partire dal Rinascimento, fu autore il romano Celso. Una grandiosa sintesi di tutta la medicina antica fu compiuta da Galeno di Pergamo (sec. II), anch'egli medico a Roma. Pur ispirandosi alla teoria degli umori di Ippocrate il suo sistema utilizza ampie conoscenze di anatomia e fisiologia derivate in parte da ricerche su animali (maiali e scimmie): per la sua scuola è essenziale, per la vita dell'organismo, il pneuma, o spirito, principio aereo assunto con la respirazione e trasformato in tre forme specifiche (naturale, vitale e animale) nel fegato, nel cuore e nel cervello. Causa principale delle malattie è lo squilibrio delle opposte qualità caldo e freddo, umido e secco. Gli stessi farmaci agiscono alterando queste qualità e l'opera del medico deve basarsi sul riconoscimento di una generale finalità di tutta la natura. Ciò risultava conforme all'idea cristiana di provvidenza e contribuì al dominio indiscusso della dottrina di Galeno per 1200 anni. Il successivo periodo storico vide il decadere della medicina insieme con la cultura e la vita civile specialmente nei Paesi cristiani dell'Occidente. Le istituzioni monastiche conservarono solo alcuni dei testi medici antichi, molti invece vennero conservati in Persia, nella scuola medica di Gondeshapur, per opera dei nestoriani.

Cenni storici: la medicina nel Medioevo

Con la conquista musulmana dell'impero persiano si ebbero dal sec. VII molte traduzioni dei testi greci in lingua araba ma soprattutto un graduale rifiorire della medicina in tutto il mondo islamico. Il persiano di lingua araba Rhazes (sec. IX-X), fondatore dell'ospedale di Baghdad, scrisse un compendio, il Liber continens, trattando anche della differenza tra morbillo e vaiolo e respingendo la diffusa convinzione che si potesse diagnosticare una malattia col semplice esame delle urine. Prodigiosa fu l'opera di Avicenna (sec. X-XI) che nel suo Canone della medicina, studiato per secoli, ordinò in un sistema logico le conoscenze greche e arabe ed espresse il suo sapere anche in aforismi e consigli utili alla vita quotidiana. Altro illustre filosofo autore di Aforismi galenici fu Mosè Maimonide (sec. XII). A differenza del mondo islamico, in quello cristiano la medicina fu a lungo riservata ai religiosi, che assistevano pellegrini e ammalati in conventi e ospizi. I farmaci erano somministrati con riti e preghiere, con un ritorno quindi agli aspetti magico-religiosi della medicina; i segni dello Zodiaco, che nella tradizione presiedevano ai vari organi, vennero spodestati dalla protezione di santi: San Biagio per la gola, Santa Apollonia per i denti, Santa Lucia per la vista, ecc. Malattie presero il nome di santi, per esempio il ballo di San Vito (corea) o il fuoco di Sant'Antonio (erpete). L'antico patrimonio di conoscenze alimentato dalla medicina monastica e dalle moderne conoscenze arabe contribuì al fiorire della scuola salernitana (sec. X-XII), aperta ai laici di ogni nazione e in cui si prescrisse un curriculum per la professione di medico. A Costantino Africano (sec. XI) si deve la traduzione in latino delle opere dei medici arabi e dei classici greci di medicina che furono i testi letti nella Scuola Salernitana, la cui produzione più famosa nei secoli fu però la raccolta di massime igienico-farmacologiche: il Regimen sanitatis. Dal sec. XII grande centro della medicina occidentale divenne la Scuola di Montpellier fra i cui docenti vi furono Arnaldo di Villanova e Henri de Mondeville. Nelle nuove università medievali di Bologna, Padova e Parigi ci si irrigidì tuttavia in una medicina scolastica il cui problema maggiore fu quello di conciliare l'autorità dei testi antichi con le nuove conoscenze. Scarsa era la possibilità di curare le malattie poiché imperavano magia e superstizione e la conoscenza del corpo, fosse pure per motivi di igiene elementare, era considerata immonda e blasfema; diagnosi e prognosi si basavano sull'esame delle urine e posizione delle stelle mentre le cure si limitavano a salassi, purghe e all'uso di qualche erba. L'igiene pubblica fu ignorata e l'assistenza sanitaria limitata all'isolamento (i lebbrosi venivano benedetti e isolati); ne conseguì il diffondersi delle malattie: la peste di cui ci parla il Boccaccio uccise nel sec. XIV buona parte della popolazione europea. I medici erano impotenti di fronte al flagello e la gente che fuggiva, diffondendo l'epidemia, accusava di maleficio gli ebrei e pregava San Rocco. Analoghi sviluppi ebbe la medicina orientale (Cina e India) che, sebbene più strettamente collegata alle conoscenze e pratiche empiriche, fu permeata dalle concezioni filosofiche che ne intralciarono lo sviluppo rigorosamente scientifico; da ciò la salvaguardia dell'igiene personale e pubblica soprattutto in Cina e il notevole sviluppo della farmacologia e della lotta contro le epidemie, e la modesta elaborazione teorica anche nei secoli a venire.

Cenni storici: la medicina nell'età moderna

Con l'umanesimo e il Rinascimento in Europa si ampliò e rinnovò la visione della vita e del mondo classico e ciò ebbe notevoli ripercussioni anche nel campo della medicina. Paracelso, nella prima metà del sec. XVI, bruciò i testi di Galeno e Avicenna e, pur immerso nella magia medievale, proclamò una visione nuova dell'uomo inserito nella totalità della natura. Le ricerche anatomiche svolte da A. Vesalio giunsero a scuotere il prestigio di Galeno mostrando come l'osservazione della natura prevalga sull'autorità dei testi. Con Galilei e Cartesio si precisò nel sec. XVII la nuova visione meccanicistica della natura. Nell'ambito di questo indirizzo W. Harvey confutò la teoria galenica del flusso e riflusso del sangue, dimostrando che questo circola attraverso i polmoni e i vasi periferici spinto dalla pompa del cuore; M. Malpighi scoprì al microscopio i vasi capillari e il sottile apparato che filtra il sangue nei reni. Ad alcuni medici del sec. XVI l'animale e l'uomo apparivano macchine in cui l'anima non è essenziale per la conservazione della vita (iatromeccanici); altri consideravano invece l'organismo un crogiolo di reazioni chimiche, particolarmente di processi fermentativi (iatrochimici). Da queste premesse sorse nel Seicento la nuova fisiologia che con l'anatomia, già iniziata nel sec. XVI, doveva costituire le basi sicure della moderna medicina. Tuttavia, se si prescinde dalla chirurgia, che a partire dal Medioevo si era lentamente evoluta in una non dotta corporazione artigiana, per molto tempo ancora la medicina non sarebbe stata in grado di curare le malattie meglio che nell'antichità. Th. Sydenham (sec. XVII) sostenne, richiamandosi a Ippocrate, che occorreva meglio osservare le malattie al letto del paziente riconoscendole come entità aventi una loro specifica fisionomia. Esperimenti, misurazioni, uso del microscopio, pur apportando utili conoscenze, non diedero risultati concreti per la prassi medica. Di fronte alla molteplicità dei nuovi dati urgeva piuttosto la ricerca di principi generali capaci di spiegare tutta la complessità dei fenomeni: ne risultò la contrapposizione di scuole e sistemi rigidi e astratti. H. Boerhaave, nell'indirizzo meccanicista, sostenne una patologia solidista, riconducendo tutte le malattie a spasmi o ad atonia di muscoli e nervi. In contrapposizione il sistema vitalistico propugnato da G. E. Stahl individuò nell'anima la causa delle funzioni e disfunzioni dell'organismo. La teoria fisiologica dell'irritabilità e della sensibilità, sviluppata verso la metà del sec. XVIII da A. Haller, venne utilizzata da medici che riconducevano ugualmente tutte le malattie a un unico processo causale, per esempio il diminuire o l'accrescersi dello stato di tensione dell'organismo. Tale era la teoria dello scozzese J. Brown che si impose in Europa con molte varianti all'inizio del sec. XIX. All'idea che vi fosse una causa unica delle malattie si contrapponeva di fatto la ricerca empirica mirante a classificare i vari quadri clinici, secondo l'impostazione data da Sydenham affinché la diagnosi precedesse la ricerca della causa e della cura di ogni malattia. Tuttavia, per individuare più esattamente le malattie e per evitare di moltiplicarle all'infinito facendone una di ogni sintomo o gruppi di sintomi, era indispensabile collegare i sintomi alle alterazioni anatomiche che li accompagnavano. Un passo decisivo in questo senso venne compiuto da G. Morgagni con la sua opera De sedibus et causis morborum (1761). Ma occorreva anche compiere molte autopsie su ammalati deceduti e ciò fu reso possibile dalla diffusione degli ospedali e dal superamento, durante la Rivoluzione francese, della distinzione corporativa fra medici e chirurgi. Lo spirito corporativo dei medici sarà tuttavia a lungo un ostacolo al progresso della medicina. Esso si avvaleva di una tradizione dotta che solo nel sec. XVIII cominciò ad affievolirsi; a ciò si accompagnò un interesse per i trattamenti farmacologici ancora diffusi nella medicina popolare di vari Paesi, che portò all'adozione della scorza di china e della digitale e a estendere in Europa la vaccinazione contro il vaiolo già applicata in Cina e in Turchia. Di quest'ultima tecnica ebbero merito lady Montagu ed E. Jenner (sec. XVIII). Durante il secolo dell'illuminismo molte furono le iniziative per migliorare le condizioni sanitarie pubbliche. Infatti, negli agglomerati urbani sorti in Inghilterra a seguito del processo di industrializzazione, altissima era la mortalità infantile e crescente quella per tubercolosi. L'assistenza agli ammalati poveri, come quella ospedaliera, era spesso delegata agli enti ecclesiastici mentre quella ostetrica e la cura dei bambini rimanevano in gran parte compito della medicina popolare. Sorsero così, per iniziativa di privati, vari ospedali specializzati, mentre in Austria J. P. Frank sostenne per primo la necessità di una rigorosa legislazione igienica e sanitaria da parte dello Stato. In Francia l'Assemblea Nazionale repubblicana votò i primi decreti per la protezione delle madri e dei fanciulli, ma l'intervento dello Stato in questo campo fu a lungo contrastato dall'ideologia liberista. Anche la tradizionale imposizione delle quarantene e dell'isolamento nella lotta contro le epidemie si attenuò per il prevalere di interessi commerciali ed economici e parallelamente perse credito la teoria tradizionale del contagio. Si riconobbero invece i vantaggi dell'igiene nelle abitazioni e nella pulizia individuale e pubblica, ma i progressi realizzati alla fine del sec. XVIII nell'assistenza sanitaria non colmarono il vuoto teorico delle contrapposte scuole di medicina e la crisi di incertezza che ne derivava. Ciò favorì la nascita, soprattutto in Germania, della cosiddetta medicina romantica che alla cultura scientifica francese, di impostazione fisico-matematica, oppose una visione della natura in cui il mondo dell'uomo (microcosmo) diveniva la chiave per interpretare la totalità dei processi naturali (macrocosmo). Fondandosi sull'idea che l'unità fra tutte le forze si ritrova nella comune radice di una contrapposizione polare, i più mistici sostennero che il contrasto fra salute e malattia si riconduce a quello più profondo di bene e male, di virtù e colpa e quindi si ritennero essenziali alla guarigione le pratiche religiose. Le incertezze della medicina del Settecento dovevano però essere superate in Francia, dove, seguendo la filosofia empiristica di G. Cabanis e P. Pinel, si fece strada l'idea che, come nella conoscenza i concetti dovevano essere ricondotti alle sensazioni, così nella medicina i sintomi avevano la loro origine negli organi. X. Bichat studiò le alterazioni anatomiche dei tessuti nel corso delle varie malattie mentre J. N. Corvisart e T. H. Laënnec svilupparono una rigorosa analisi clinica dei sintomi mediante la percussione e l'ascoltazione, quest'ultima resa più efficace dall'introduzione di un nuovo strumento, lo stetoscopio. Si venne così formando quella che fu detta medicina d'osservazione, ma questo fondamentale rinnovamento della ricerca medica non si accompagnò a un uguale successo nella cura delle malattie; P. Louis giunse anzi con ricerche statistiche a mostrare la dubbia efficacia di alcuni tradizionali rimedi come il salasso. Ne seguì uno scetticismo quasi completo in campo terapeutico condiviso anche in altri centri della medicina europea come Vienna dove J. Škoda aveva dato contributi importanti all'indagine clinica e K. Rokitansky a quella anatomopatologica. In Germania frattanto, sotto lo stimolo della cultura scientifica francese (in cui era sorta fra l'altro con Lavoisier la nuova chimica), si ponevano le basi della fisiologia di tipo fisico-chimico. Tra i seguaci della scuola di J. Müller spiccano i nomi di E. Du Bois Reymond, che si cimentò nell'elettrofisiologia, e di H. von Helmholtz, che si dedicò all'analisi degli organi visivi e acustici. Decisivi furono gli apporti della chimica organica allo studio dei processi nutritivi e metabolici specialmente per opera di J. Liebig. L'introduzione del microscopio acromatico nella prima metà del sec. XIX permise lo sviluppo della teoria cellulare che R. Virchow applicò alla patologia: l'essenza della malattia veniva quindi individuata nell'alterazione delle cellule costitutive dell'organismo. Lo stesso Virchow era tuttavia consapevole dell'importanza del miglioramento delle condizioni igieniche e alimentari per impedire il diffondersi delle malattie. Verso il 1830 una violenta epidemia di colera abbattutasi sull'Europa evidenziò le condizioni di vita disastrose a Londra e in altri centri industriali. Il medico e giurista Edwin Chadwick, in un rapporto del 1842, rilevò che a Liverpool la vita media era di trentacinque anni per un “borghese” e di quindici per un operaio. Anche F. Engels denunciò nello stesso periodo le miserevoli condizioni della classe lavoratrice inglese e da quel momento uno dei temi di lotta del movimento operaio divenne quello di ottenere insieme a un salario meno basso condizioni meno disumane all'esterno e dentro la fabbrica. Dura fu anche la lotta per proibire il lavoro dei bambini più piccoli nelle industrie. A fatica le pubbliche autorità si convinsero della necessità di un efficace sistema di fognature e di approvvigionamento idrico nelle città. Il programma di riforme sociali elaborato da Bismarck, anche per contrastare il movimento socialista, portò a misure importanti di sanità pubblica e, nel 1883, alla prima legge sull'assicurazione contro le malattie per i lavoratori. In effetti la lotta, condotta spesso da uomini politici più che da medici, a favore del miglioramento di vita della classe operaia e dell'igiene nelle città doveva dimostrarsi la via giusta per combattere molte malattie di fronte alle quali l'umanità era stata sempre impotente. La conferma venne dalle ricerche di microbiologia che portarono alla più grande rivoluzione teorico-pratica della medicina moderna. L'idea che germi invisibili a occhio nudo fossero causa di malattia, già sostenuta da alcuni studiosi del sec. XVII, dopo l'introduzione del microscopio, fu ripresa nel sec. XIX da A. Bassi, il quale dimostrò che una malattia del baco da seta aveva una simile origine. A lungo si discusse anche sulla parte che microrganismi visibili al microscopio, ritenuti da alcuni il prodotto di una generazione spontanea, avevano nei processi di fermentazione del vino e della birra.

Cenni storici: Pasteur, Koch e le grandi scoperte scientifiche

Nel 1860 la dimostrazione data da L. Pasteur che i germi erano causa delle fermentazioni e di alcune infezioni e non il contrario aprì la strada alla ricerca degli agenti patogeni di tutte le infezioni. Nel 1882 R. Koch scoprì il bacillo responsabile della tubercolosi, la più grave malattia allora diffusa, e nei decenni successivi analoghe scoperte avvennero per molte malattie come colera, difterite, febbre tifoide, tetano, peste e sifilide. Vantaggi immediati vennero con la sistematica applicazione dell'antisepsi, introdotta da J. Lister, che diminuì fortemente la mortalità ospedaliera e quella conseguente a interventi chirurgici. La chirurgia, che già da alcuni anni poteva avvalersi dell'anestesia, riuscì così a compiere passi decisivi anche grazie alla successiva introduzione della sterilizzazione (asepsi). Gli sviluppi della fisiologia e della chimica biologica nel sec. XX hanno permesso l'estensione delle vaccinazioni e della cura mediante sieri, nonché la ricerca di sostanze capaci di colpire i germi dentro l'organismo stesso. Nel 1909 si usò contro la sifilide un composto a base di mercurio e arsenico, nel 1935 si introdussero i sulfamidici e pochi anni dopo la penicillina. I risultati terapeutici furono enormi e innalzarono notevolmente l'età media in numerosi Paesi. Dall'inizio del sec. XX l'analisi radiologica e quella chimica divennero strumenti fondamentali della medicina. Con la scoperta degli ormoni e delle vitamine si rilevò la causa di altre importanti malattie come il diabete, la pellagra, lo scorbuto. Anche le prospettive teoriche della medicina si allargarono mettendo in evidenza la complessità dei processi di regolazione già studiati nel secolo precedente da C. Bernard mediante sperimentazione su animali viventi, che si rivelarono non limitati alla struttura nervosa ma dotati anche di una base biochimica. I progressi sorprendenti compiuti dalla medicina nel sec. XX in tutti i campi di indagine e di intervento terapeutico si sono accompagnati però all'insorgere di gravi ostacoli alla tutela della salute, derivanti dall'aver trascurato gli aspetti organizzativi, sociali e politici che sono essenziali nella medicina odierna, dimostratasi sempre più come prodotto del lavoro di gruppo di specialisti, non solo del campo medico ma anche di altri settori scientifici non strettamente collegati alle discipline mediche (per esempio ingegneria).

Cenni storici: le specializzazioni

La medicina moderna si fonda sullo studio della struttura dell'organismo umano (anatomia, istologia, citologia), sui processi organici (fisiologia), sulle norme per la difesa dello stato di benessere fisico-psichico (igiene), sulle cause, manifestazioni cliniche e anatomiche, decorso e prognosi delle forme morbose (patologia, anatomia patologica, semeiotica) nonché sulla loro cura (clinica medica e chirurgica, farmacologia). Nella sua attività pratica inoltre, la medicina si avvale delle possibilità offerte da altre discipline e tecniche (radiologia, medicina riabilitativa, ecc.). Sono così sorte diverse specializzazioni che hanno per oggetto lo studio di singoli apparati o singole malattie (medicina interna, neurologia, psichiatria, cardiologia, tisiologia, otorinolaringoiatria, oftalmologia, stomatologia, urologia, ostetricia, dermatologia, ginecologia, pediatria, geriatria, chirurgia, ortopedia, traumatologia, ecc.), specializzazioni che a loro volta ne hanno generate altre (neurochirurgia, nipiologia, reumatologia, ecc.). Così la medicina, un tempo scienza unitaria, è andata suddividendosi, a volte frammentandosi eccessivamente e artificiosamente; i possibili danni derivanti da una tale situazione sono oggi in fase di correzione, con l'organizzazione di équipe di medici specializzati che integrano le rispettive conoscenze. Numerose sono poi le branche mediche che si dedicano a particolari aspetti; fra le altre meritano d'esser ricordate: la medicina del lavoro, che studia la prevenzione e la cura delle malattie professionali nonché l'influenza che l'attività lavorativa può avere sulla salute dell'uomo; la medicina mutualistica, che ha per oggetto la pratica attività medica erogata dagli enti assistenziali di malattia; la medicina preventiva, che si dedica alla prevenzione primaria delle malattie e quindi alla salvaguardia della salute del singolo e della collettività (per esempio mediante vaccinazioni di massa); la medicina psicosomatica, che studia i rapporti intercorrenti fra stati psichici, funzioni organiche e forme morbose; la medicina sportiva, che ricerca le relazioni fra salute e attività sportiva, agonistica o meno; la medicina scolastica, che si rivolge, nella ricerca teorica e nella sfera dell'intervento, alla difesa della salute mentale e fisica della popolazione scolastica. Al medico scolastico, che nei comuni inferiori a 30.000 ab. è sostituito dal medico condotto, viene affidato l'espletamento di tutto il servizio relativo all'igiene e alla medicina scolastica.

Particolari settori di ricerca: medicina aerospaziale

Disciplina che studia il comportamento del fisico umano e i mezzi per prevenirne e curarne i disturbi in condizioni ambientali che, come quelle del volo di aeromobili e di veicoli spaziali, non gli sono naturali. Tra i disturbi tipici del volo con aeromobili si possono annoverare il mal d'aria, gli effetti delle accelerazioni e quelli della quota. Il mal d'aria, sostanzialmente analogo al mal d'auto e al mal di mare, deriva in massima parte, oltre che da cause psichiche, dagli effetti di accelerazioni generalmente di modesta entità e durata, e nella quasi totalità dei casi può essere combattuto con farmaci adeguati. Gli effetti delle accelerazioni di notevole entità, che si verificano nel corso dell'esecuzione di evoluzioni, provocano invece un eccessivo afflusso di sangue agli arti inferiori (nel caso di accelerazioni dirette secondo la verticale discendente) o alla testa (nel caso contrario). Mentre in quest'ultimo caso possono verificarsi emorragie dalle orecchie, dagli occhi e dal naso, la ridotta irrorazione dei vasi del cervello che si ha nel primo può portare a momentanei annebbiamenti della vista (vista nera) o, nei casi più gravi, a perdite di conoscenza, sì da giustificare il ricorso alla tecnica della tuta antigravità, che fasciando strettamente le gambe e l'addome grazie all'azione di aria compressa (il cui afflusso è regolato da un'apposita valvola sensibile alle accelerazioni) riduce l'afflusso del sangue a queste parti del corpo. Gli effetti delle accelerazioni possono anche venir considerevolmente ridotti facendo assumere al corpo una posizione il più possibile sdraiata. La diminuzione della densità e della pressione dell'aria che si riscontra al crescere della quota, oltre che provocare dolorosi “barotraumi” dovuti alle differenze di pressione che si verificano, nelle rapide discese da alte quote, tra le cavità dell'orecchio medio e l'ambiente (specie quando le trombe di Eustachio siano ostruite), o tra i seni facciali e l'ambiente, ha l'effetto di ridurre progressivamente (e in misura considerevole se la quota è elevata) la quantità di ossigeno inspirata, con il conseguente pericolo di perdite di conoscenza e, quando l'organismo permane lungamente a quote troppo elevate, anche di morte. Mentre l'adozione di cabine pressurizzate fornisce una soluzione completa ai problemi del volo ad alta quota (per cui occorre peraltro anche provvedere a un adeguato riscaldamento della cabina stessa, dato che le temperature ambiente possono essere inferiori ai -50 ºC), una tecnica più semplice è quella basata su dispositivi per l'inalazione d'ossigeno. Questi ultimi risultano peraltro sostanzialmente inadatti a un impiego a quote stratosferiche, non offrendo all'organismo alcuna protezione dagli altri effetti delle ridotte pressioni atmosferiche che possono causare emorragie, emboli gassosi e liberazione di gas dai tessuti. Una serie di fenomeni di particolare importanza è poi quella in cui entra in gioco il comportamento dei canali semicircolari e dell'otricolo dell'orecchio interno, organi dell'equilibrio, dato che la mancanza di riferimenti visivi, tipici del volo cieco, e le false indicazioni che in tale caso provengono dall'orecchio interno portano rapidamente a uno stato di confusione e quindi a una totale perdita dell'orientamento, con conseguenze fatali. L'organismo presenta inoltre reazioni diverse al variare della frequenza delle accelerazioni cui è sottoposto, con rilevanti conseguenze sulle percezioni e sulle reazioni dei piloti di aerei in volo in atmosfera agitata, o soggetti a fenomeni vibratori anche di non eccessiva intensità. Il volo spaziale, se di durata relativamente breve, non pone problemi sostanzialmente diversi da quelli del volo entro l'atmosfera. Missioni spaziali e orbitali di lunga durata, con prolungata permanenza dell'organismo in condizioni di assenza di gravità, possono invece determinare notevoli alterazioni del metabolismo, provocare fenomeni di decalcificazione dei tessuti ossei e di indebolimento di quelli muscolari, e alterare il ritmo cardiaco. La casistica disponibile sembra confermare la necessità di un certo esercizio fisico e di opportune diete dato il verificarsi di un'accentuata inappetenza dopo un certo tempo di soggiorno a gravità zero. È infine certo che la prolungata esposizione ai raggi cosmici dell'organismo, privo dello schermo protettivo dell'atmosfera, costituisce un complesso problema che dovrà essere risolto soddisfacentemente se si vorranno eseguire missioni spaziali di portata maggiore di quelle finora compiute .

Particolari settori di ricerca: medicina legale

Branca della medicina che si occupa dei problemi biologici e medico-chirurgici aventi rapporto con l'amministrazione della giustizia e con le scienze sociali. Se in senso stretto la medicina legale ha per lungo tempo studiato soprattutto le cause di morte presunta non naturale, ha poi esteso il suo campo d'interesse a più vasti e sempre maggiori settori (identificazione, in genere, delle cause di morte, accertamento dei fatti avvenuti prima di una malattia o di un ferimento e con questi in rapporto di causa-effetto, valutazione di un'invalidità conseguente a infortunio o malattia, ricerca della paternità, ecc.). Ispirandosi al diritto e alla scienza, la medicina legale può essere sollecitata a intervenire dall'autorità giudiziaria, dagli organi di polizia, da enti mutuo-previdenziali e da assicurazioni private, con il compito di esaminare non solo le cause di morte e i meccanismi di un ferimento, ma anche di valutare il momento di un decesso, le cause di un avvelenamento (tossicologia forense), di denunciare malattie infettive, ecc. Necroscopie, perizie, visite fiscali, accertamenti su viventi, su cadaveri o su preparati anatomici, sono i mezzi e gli interventi pratici con cui si realizza la medicina legale. Tale disciplina può essere suddivisa in altre branche: la medicina assicurativa, che si occupa dei problemi medici connessi con le assicurazioni pubbliche o private; la medicina forense, che si occupa dell'attività medico-legale pratica; la medicina giuridica, che si dedica all'elaborazione teorica e dottrinale; la medicina infortunistica, che si occupa della valutazione delle invalidità derivanti da infortuni sul lavoro.

Particolari settori di ricerca: medicina del lavoro

Disciplina medica che si occupa della tutela dello stato di salute nell'ambiente di lavoro. In passato, branca specialistica per la valutazione delle sole malattie professionali, oggi vasto campo di studio interdisciplinare del complesso insieme delle variabili implicate nel benessere fisico e psichico del lavoratore, in senso sempre più volto alla prevenzione primaria della patologia da lavoro attraverso la strutturazione di condizioni lavorative ottimali. Si possono distinguere diversi settori di interesse. La fisiologia del lavoro, che studia l'influenza del lavoro fisico e psichico sui vari organi e apparati e la valutazione del rapporto uomo-macchina e uomo-ambiente di lavoro, allo scopo di creare le migliori condizioni di esecuzione di una singola lavorazione. L'igiene del lavoro, che si occupa più specificamente degli aspetti ambientali (analisi dell'aria e dei sistemi di aerazione e riciclo, illuminazione, rumore, microclima, dispersione di sostanze potenzialmente patogene, come gas, polveri o vapori, eventuale presenza di radiazioni, ecc.), al fine di mettere in atto nell'ambiente di lavoro tutti gli accorgimenti necessari a renderlo meno nocivo possibile. La fisiopatologia del lavoro, infine, che indaga gli effetti delle varie lavorazioni sulla salute, predisponendo il monitoraggio di variabili cliniche che permettono la precoce identificazione delle malattie professionali, in fase preclinica, a scopo preventivo. La multidisciplinarità della medicina del lavoro richiede un'équipe composita che vede, accanto al medico del lavoro, gli igienisti ambientali e gli stessi addetti alle lavorazioni i quali possono fornire informazioni fondamentali per la valutazione dell'idoneità delle condizioni nelle quali svolgono il proprio lavoro. Le strutture di medicina del lavoro svolgono inoltre un'importante funzione nel campo della sensibilizzazione ai problemi della prevenzione, sia presso i lavoratori, sia presso il datore di lavoro, soprattutto perché vengano adottati, per le lavorazioni “a rischio”, tutti i sistemi di prevenzione primaria (silenziosità degli ambienti e degli apparati, schermature, sistemi di riciclo dell'aria, di aspirazione delle sostanze tossiche, ecc.) e secondaria (mascherine, mezzi di protezione acustica individuale – per esempio cuffie insonorizzate – scarpe antinfortunistiche, ecc.).

Particolari settori di ricerca: medicina nucleare

Disciplina medica che utilizza i radioisotopi (cioè sostanze marcate con radioattivi) a scopi diagnostici o terapeutici. In ambito diagnostico la medicina nucleare si avvale della somministrazione di radioisotopi, in genere per via endovenosa, la cui distribuzione viene successivamente rilevata dall'esterno mediante apparecchi capaci di registrarne le radiazioni emesse. Le informazioni ottenibili con questa metodica sono sia di ordine morfologico, per la ricostruzione della forma e dell'aspetto degli organi indagati, sia di ordine funzionale, per la valutazione dell'efficienza di un sistema, come per esempio nello studio dell'irrorazione di un tessuto (scintigrafia). Perché sia possibile lo studio di un determinato organo, è necessario che il radioisotopo, o “tracciante”, sia elettivamente accumulato al suo interno: a questo scopo si “marca” (cioè si rende radioattiva) una sostanza scelta secondo la fisiologia dell'organo da studiare (per esempio, dato che la tiroide capta lo iodio per la sintesi ormonale, gli esami scintigrafici di questa ghiandola vengono eseguiti dopo somministrazione di iodio radioattivo; analogamente, si procede con isotopi fosfonati per il tessuto osseo, con isotopi di sali di mercurio per i reni, ecc.). Per quanto riguarda le applicazioni della medicina nucleare in campo terapeutico, si sfruttano gli effetti delle radiazioni ionizzanti sull'organismo (effetti radiobiologici), anche in questo caso marcando e successivamente iniettando sostanze che si accumulino selettivamente nel tessuto da trattare (terapia di alcune forme tumorali, del dolore da metastasi ossee, ecc.). Un problema collaterale alla medicina nucleare, ma di estrema importanza socio-sanitaria, è quello della protezione dagli effetti delle radiazioni del personale addetto e degli individui comunque esposti. Sul piano legislativo, sono prestabiliti i limiti massimi di concentrazione di radionuclidi nell'ambiente, nell'acqua, ecc. Sul piano operativo, ci si deve attenere a norme specifiche per ciascuna sorgente di radiazioni, in termini di distanza dalla sorgente stessa che gli addetti devono mantenere, di adozione di schermature, di rispetto di tempi di esposizione “sicuri”. Inoltre, chiunque venga sottoposto a indagini strumentali o a protocolli terapeutici che espongano a radiazioni, deve essere tutelato da eventuali effetti indesiderati, anche attraverso una severa valutazione dei rapporti “rischio-beneficio” di certe procedure.

Particolari settori di ricerca: medicina sociale

Branca della medicina caratterizzata da una spiccata polidisciplinarietà, anche per una difficile delimitazione dei suoi campi d'intervento. La medicina sociale si interessa particolarmente, ma non esclusivamente, della prevenzione e della cura delle forme morbose che interessano la collettività o una determinata comunità, e intrattiene stretti rapporti con altre discipline mediche, fra le quali soprattutto la medicina legale, l'igiene e la medicina del lavoro; inoltre si occupa dei problemi di organizzazione e di programmazione sanitaria, in collegamento spesso con le attività di assistenza sociale. La medicina sociale ha precisato le sue finalità con l'affermarsi delle teorie che fanno risalire le cause di molte malattie a fattori socio-ambientali; con l'aumento delle forme morbose che colpiscono individui in età lavorativa provocando riduzione delle capacità di guadagno e negative conseguenze sulle possibilità produttive di una società; con il riconoscimento della funzione primaria della prevenzione nel campo della tutela del benessere psico-fisico dei cittadini; con il riconoscimento che la salute è un bene della comunità e la sua tutela un dovere dello Stato.

Particolari settori di ricerca: medicina preventiva

Questo indirizzo operativo della medicina moderna ha avuto un notevole impulso e si articola in prevenzione primaria, secondaria e terziaria, con il compito, rispettivamente, di tendere a eliminare le cause di malattia, formulare una diagnosi precoce, svolgere un'adeguata terapia riabilitativa. La necessità di una prevenzione primaria coinvolge non solo la scienza medica ma anche altri settori quali la sociologia, l'economia, la politica, l'industria, l'urbanistica, la tecnologia. Infatti, se molte forme patologiche riconoscono una causa e conseguenti iniziative preventive nelle quali l'aspetto di competenza medica è prevalente, per molte forme patologiche vi sono condizioni sociali e strutturali che esercitano un forte peso nel determinarle. Ne sono esempio malattie infettive quali il tifo e l'epatite virale, favorite da un'inadeguata rete fognaria e da un approvvigionamento idrico spesso privo di sufficienti garanzie igieniche; le malattie professionali, di sovente causate da inadatte condizioni di lavoro; le malattie cardiovascolari, favorite dagli stress lavorativi, dall'alimentazione errata, dal fumo, dalla vita sedentaria; i danni causati alla salute dalla carenza di educazione sanitaria che tuttora sussiste. L'impostazione di un intervento di medicina preventiva primaria non può dunque prescindere dall'esistenza di questa problematica e dall'affrontarla con un'ottica sociale, politica, multidisciplinare e non esclusivamente medica. Debbono pertanto essere considerate misure di medicina preventiva primaria non solo le iniziative tradizionali (vaccinazioni, educazione alimentare, propaganda contro il fumo, ecc.), ma anche lo sviluppo di misure contro l'inquinamento, la bonifica degli ambienti di lavoro, il risanamento igienico delle città. La medicina preventiva secondaria ha il compito di giungere a una diagnosi il più precoce possibile. In questo senso operano la medicina dell'età evolutiva, la medicina del lavoro, le diagnosi precoci delle forme cardiovascolari e dei tumori, in definitiva tutte le iniziative di screening di massa. La ricerca medica, inoltre, contribuisce a questo scopo con metodi di diagnosi in stadio preclinico, quando cioè la malattia, pur già presente, non si è ancora manifestata.

Particolari settori di ricerca: medicina alternativa

Insieme di numerose pratiche terapeutiche che si contrappongono alla medicina ortodossa o allopatica (fondata sui principi ippocratici), e che si discostano dalla dottrina scientifica tradizionale. Molte forme di medicina alternativa sono basate su substrati filosofici, più che sperimentali, e hanno origine prevalentemente dalla cultura orientale o sono tratte dalla medicina popolare. Tra le principali prestazioni di medicina alternativa oggi maggiormente utilizzate sono da ricordare l'agopuntura, basata sull'applicazione di aghi in specifici punti considerati centri delle energie dell'organismo: tale metodica è oggi interpretata secondo teorie neurologiche quali quella del gate control e della liberazione di neuromediatori come le endorfine; l'erbalismo (fitoterapia, erboristeria, aromatoterapia, florealterapia) che si basa sugli effetti sull'organismo di sostanze vegetali; l'omeopatia; l'isoterapia, in cui si preparano diluizioni e dinamizzazioni come per l'omeopatia ma partendo da liquidi biologici estratti dallo stesso soggetto; le terapie locali con effetto a distanza quali la neuralterapia, in cui si iniettano sostanze a distanza dall'origine della patologia, e la auricoloterapia in cui si va a stimolare l'orecchio esterno con metodica simile all'agopuntura; le terapie della manipolazione (osteopatia e chiroprassi con cui si agisce sulle strutture osteoarticolari); le terapie a effetto cinetico (yoga, danza, aikido); le terapie a effetto sensoriale (cromoterapia, terapia pittorica, terapia musicale con cui si stimolano gli organi di senso per ottenere un effetto sistemico); le terapie a effetto psicologico (quali la psicoanalisi, l'autosuggestione, il training autogeno, la meditazione trascendentale, il biofitback); le cure naturali (per esempio la macrobiotica e la terapia ionizzante); le terapie paranormali (per esempio la pranoterapia e la radioestesia in cui l'operatore per mezzo di fluidi immateriali va a correggere situazioni alterate). Spesso tali metodiche vengono applicate in associazione, utilizzando diagnostiche differenti da quelle usate nella medicina ortodossa (per esempio lo studio dei bioritmi e l'iridologia). Attualmente sono in corso tentativi di interpretazione su base scientifica di alcune di queste metodiche e vi è il ricorso anche da parte di diverse strutture pubbliche ad alcune forme di medicina alternativa quali l'agopuntura e l'omeopatia. Quest'ultima in particolare sta riscuotendo un progressivo interesse tra i pazienti e gli operatori sanitari. Una recente indagine ha infatti rilevato che nel nostro Paese ben 5 milioni di cittadini ricorrono ai medicinali omoepatici e che circa 8 mila di medici li prescrivono.

Bibliografia

R. H. Shyrock, The Development of Modern Medicine, New York, 1947; T. Meyer Steineg, C. Sudhoff, Geschichte der Medizin im Uberblick, Jena, 1950; E. H. Sigerist, A History of Medicine, 2 voll., New York, 1951-61; M. R. Major, Storia della medicina, Firenze, 1959; B. L. Gordon, Medieval and Renaissance Medicine, Londra, 1960; J. Schumacher, Antike Medizin, die Naturphil. Grundlagen der Medizin in der griechischen Antike, Berlino, 1963; A. Bodner, Medicina, Milano, 1991.

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