(Islāmi Jamhūrīya-e-Pakistān). Stato dell'Asia meridionale (796.096 km²). Capitale: Islāmābād. Divisione amministrativa: province (6). Popolazione: 163.077.500 ab. (stima 2008). Lingua: urdu (ufficiale), inglese. Religione: musulmani (sunniti 75%, sciiti 20%), cristiani 2%, induisti 1,8%, altri 1,2%. Unità monetaria: rupia pachistana (100 paisa). Indice di sviluppo umano: 0,562 (139° posto). Confini: Cina (NE), India (E e SE), Mar Arabico (S) e Iran (SW), Afghanistan (NW). Membro di: Commonwealth, OCI, ONU e WTO..

Generalità

Situato in uno stretto corridoio di terra affacciato sul Mar Arabico e circondato da imponenti vicini, il Pakistan è nato come Stato per dare una terra politicamente riconosciuta agli indiani di religione musulmana, in un'atmosfera caratterizzata fin dagli esordi da violenti scontri politici e religiosi. La sua creazione, se da un lato ha contribuito alla formazione di una coscienza identitaria tra i musulmani presenti nel Paese (la “terra dei puri”, come sta scritto nel nome stesso dello Stato), dall'altro non è servita a risolvere il problema della loro unitarietà politica. Stanziata in due aree lontane tra loro oltre 1500 km, sottoposta a un flusso di emigrazione identificabile con un vero e proprio esodo, la popolazione musulmana pakistana è rimasta di fatto divisa in due regioni spaziali distinte (il Pakistan Occidentale e il Pakistan Orientale) al di là di ogni logica geografica, divisione che è stata poi ratificata ufficialmente nel corso degli anni Settanta del Novecento con la costituzione in Stato autonomo della sua sezione orientale (il Bangladesh). Da allora, i rapporti tra le diverse componenti religiose ed etniche del Paese e la situazione politica interna sono stati costellati da un susseguirsi di crisi politiche e colpi di stato militari. Su questa difficile trama interna si è innestato anche il condizionamento esercitato dai partner internazionali e dai vicini asiatici, con cui il Pakistan intrattiene da sempre legami di natura antitetica. Ciascuno di questi, per motivi diversi, risulta essere protagonista di un fronte particolarmente caldo: l'India per l'irrisolta questione della rivendicazione del Kashmir; l'Afghanistan per le sue permeabili frontiere, passaggio privilegiato dei traffici illeciti di droga, armi, beni di consumo del mercato clandestino, i cui proventi continuano a influenzare la vita delle deboli economie legali di questi Stati; in ultimo le potenze occidentali che, se da un lato chiamano il Pakistan ad allinearsi nella lotta al terrorismo internazionale e al traffico di droga, dall'altro costituiscono i principali mercati di consumo e smercio di ciò che transita illecitamente dai suoi confini nazionali. Stato fondamentalmente agricolo, ripiegato con il suo carico di popolazione esorbitante sull'unica piana irrigua del territorio, quella costituita dall'Indo che qui scorre dopo essere nato nel Kashmir, il Pakistan è stato, inoltre, per diversi decenni, uno dei principali Paesi produttori di oppio. Nonostante gli sforzi compiuti per ridurre l'incidenza di questo ingombrante sommerso nella vita economica, sociale e politica e nonostante l'impegno per garantire allo Stato piena rispettabilità sul piano internazionale, il Paese sembra ancora sospeso tra interessi e spinte divergenti, lontano dunque da una condizione di stabilità derivante da un forte radicamento democratico delle prassi di governo.

Lo Stato

In base alla Costituzione promulgata il 14 marzo 1973 (emendata più volte e sospesa nel 1999), il Pakistan è una Repubblica di tipo parlamentare. Capo dello Stato è il presidente della Repubblica (che è contestualmente capo supremo delle forze armate), eletto dal Parlamento federale, cui compete l'esercizio del potere legislativo. Il Parlamento si compone di due camere: l'Assemblea Nazionale, i cui membri sono eletti a suffragio universale e diretto, e il Senato, con funzione più che altro consultiva e rinnovato ogni 6 anni dalle Assemblee provinciali. Il potere esecutivo spetta al Gabinetto federale, con a capo il primo ministro. Nel 2004 è stato istituito anche un Consiglio di sicurezza, dotato di un forte potere di controllo e con mandato di intervento in caso di necessità. Il sistema giudiziario del Paese si basa sulla Common Law britannica e sulla legge islamica, che un emendamento costituzionale del 1998 ha reso legge fondamentale dello Stato insieme alla Sūnnah (la tradizione islamica). La giurisdizione della Corte Internazionale è accettata con riserva. La giustizia è amministrata dalla Corte Suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente, e dalla Corte Federale Islamica o Corte della Shari'ah. È in vigore la pena di morte. La difesa dello Stato è organizzata secondo la tripartizione classica: esercito, marina e aviazione. Il Pakistan detiene anche testate nucleari e missili tattici. Il servizio militare è volontario e può essere effettuato dai 16 anni d'età, anche se i militari non possono essere impiegati in azioni di combattimento prima dei 18 anni. A partire dal 2006, anche le donne hanno fatto il loro ingresso nella marina e nell'aviazione. Il Paese ha ereditato il sistema scolastico dell'amministrazione britannica: tuttavia, dall'indipendenza (1947) il governo ha orientato il sistema secondo le caratteristiche e le necessità proprie del Paese conferendogli una più decisa impronta islamica. Uno degli obiettivi fondamentali è comunque diminuire il tasso di analfabetismo ancora oggi molto alto (45,8% nel 2006, benchè negli ultimi anni si sia registrata una significativa diminuzione). Lingua ufficiale d'insegnamento è l'urdu; sono utilizzate anche lingue regionali come il pashtō, il pañjābī e il sindhī. L'insegnamento primario è obbligatorio e gratuito dal 1970 e ha la durata di 5 anni. Nelle scuole religiose, viene impartita un'istruzione biennale di base, che ha come fondamento la lettura e il commento del Corano. La scuola media, triennale, prepara alla scuola secondaria, quadriennale, che in genere è polivalente, ossia comprende alcuni insegnamenti fondamentali obbligatori e altri scelti liberamente dagli studenti. L'istruzione superiore viene impartita in numerose università, tra le quali quelle di Lahore, nel Punjab (1882, la più antica del Paese), di Karachi (1951), di Peshāwar (1950), Hyderābādsi (1947) e di Islāmābād, di più recente istituzione (1996). Le lingue d'istruzione nei corsi universitari sono, generalmente, l'urdu e l'inglese.

Territorio: morfologia

Il territorio del Pakistan occupa, nella sezione nordoccidentale della regione indiana, gran parte della valle dell'Indo, depressione d'origine tettonica simile a quella gangetica; strutturalmente rappresenta la saldatura tra il blocco continentale rigido del Deccan e i fasci montagnosi che orlano l'Asia meridionale. I terreni neozoici delle pianure sono formati dagli apporti detritici dell'Indo e dei suoi affluenti e raggiungono potenze anche superiori ai 1000 m; al di sotto si trovano strati sedimentari del Cenozoico. Aperta a S, sul Mar Arabico, nella fertile regione alluvionale del Sind, la piana dell'Indo è orlata a E dalle modeste alture del Thar, mentre imponenti sistemi la serrano sugli altri lati. A N la depressione dell'Indo lascia il posto ai primi piegamenti montuosi, la Salt Range, basse dorsali formatesi durante l'orogenesi cenozoica himalayana, quindi ai grandiosi corrugamenti dell'Himalaya che culminano nel massiccio del Nanga Parbat (8126 m). L'alta valle dell'Indo delimita a NW il sistema himalayano e lo separa tettonicamente dalle catene del Karakoram e dell'Hindukush, di cui appartengono al Pakistan le sezioni più elevate: del Karakoram il versante esterno che culmina nel K2 (8616 m), dell'Hindukush il tratto sudorientale dominato dai “settemila” della catena, tra cui il Tirich Mīr (7690 m). La valle dell'Indo infine è chiusa a W dai fasci di pieghe che costituiscono l'orlatura orientale dell'altopiano iranico e delle alteterre afghane, rappresentata essenzialmente dai monti Sulaimān e dalle catene del Baluchistan, che si aprono a ventaglio verso il Makrān e la costa (monti Siāhān, Kīrthar ecc.). Queste catene formano un bastione interrotto da pochi passi ben agibili, tra cui quello di Khojak, a N di Quetta, tra i monti Sulaimān (culminanti a 3374 m nel Takht-i Sulaiman) e i monti del Baluchistan; ancor più importante è il passo Khyber, che corrisponde a una profonda incisione del fiume Kabul ai piedi del monte Sikarām (4755 m), al confine con l'Afghanistan, nel massiccio di Safed Koh.

Territorio: idrografia

Il territorio, a eccezione per i fiumi del Baluchistan (Dasht, Hingol, ecc.), comprende gran parte del bacino dell'Indo, fatto d'importanza capitale se si considera che l'economia del Pakistan, Paese assai arido, è essenzialmente condizionata dalla disponibilità di acqua che questo fiume e i suoi tributari possono fornire. Superato il settore transhimalayano del suo corso, dove l'Indo riceve importanti affluenti (Shyok, Gilgit ecc.), volge verso S e nella depressione di Peshāwar è raggiunto dal Kabul, che raccoglie le acque dell'Hindukush afghano; quindi, dopo un lungo tratto pressoché parallelo alla catena dei Sulaimān, riceve gli apporti dei fiumi del Punjab. Questa regione, che si può considerare come un unico grande conoide di deiezione ai piedi dell'Himalaya, è una delle parti più ricche e popolose del Pakistan. I “cinque fiumi” che lo attraversano (punch significa appunto cinque) drenano il versante esterno himalayano, da cui fuoriescono dopo corsi tortuosi in valli profonde, trasportando spesso, con furia devastatrice, ingenti quantitativi di detriti. I maggiori fiumi del Punjab sono il Chenāb, il Rāvi e il Sutlej, che è il principale. L'Indo dopo la confluenza con il Sutlej non riceve più consistenti tributi. Il suo regime dipende dalle piogge monsoniche e dallo scioglimento delle nevi e dei ghiacci nel suo tratto più elevato (nel Karakoram, che ha ghiacciai imponenti, il limite delle nevi perenni è a 4500 m) ed è quindi molto irregolare. A Sukkur la sua portata minima (gennaio-marzo) varia tra i 500 e i 1000 m3/s; quella massima (da agosto a settembre) tra 12.000 e 22.000 m3/s. Così come quelle del Gange, le piene dell'Indo conoscono violenze incalcolabili, anche per le loro enormi masse alluvionali (al notevole trasporto detritico del fiume si deve l'ampia pianura deltizia, che comincia praticamente a Hyderābād); per contro l'effetto benefico di queste colossali piene è evidente: esse permettono l'irrigazione delle colture estive e, dove è possibile, lo sbarramento delle acque, anche di quelle invernali.

Territorio: clima

Il Pakistan ha un clima tendenzialmente arido, con alcune caratteristiche simili a quelle mediterranee, ben distinto perciò dal clima tropicale monsonico prevalente in India. Sul territorio gli influssi monsonici dell'Oceano Indiano giungono assai attenuati e si fanno sentire soprattutto sui versanti himalayani (le masse d'aria provenienti da SE hanno ormai scaricato quasi tutta la loro umidità sull'India) mentre il Pakistan è aperto ai venti caldi e asciutti di SW. Praticamente d'estate piove pochissimo, almeno su gran parte del Paese. Più rilevanti sono invece le precipitazioni invernali, determinate dal regime di basse pressioni che si forma ai margini delle alte pressioni continentali, così come nel Mediterraneo. Le precipitazioni annue complessive variano alquanto da zona a zona: in tutta la sezione centrale e meridionale del Paese non superano i 400 mm; si elevano un po' nel Punjab (a Lahore 630 mm) e più considerevolmente sui primi rilievi (Rāwalpindi, 1200 mm). In media però raramente superano i 500 mm annui e in alcune zone non raggiungono neppure i 200 mm (Karachi, 100 mm). Dal punto di vista termico si può parlare per il Pakistan di un clima di tipo continentale, specie nella pianura dell'Indo, dove le temperature sono elevate, con sensibili differenze tra gennaio (quando si fanno sentire le fredde correnti continentali da N) e luglio: rispettivamente a Lahore si passa da 17 a 30 ºC; a Multān, più a S, da 19 a 32 ºC. Nelle zone montuose si hanno le stesse escursioni stagionali, però con valori nettamente più bassi. Diverse sono le condizioni nella fascia costiera: a Karāchi, per l'azione mitigatrice dell'oceano, sono più elevate le temperature dei mesi freddi con medie di 22-23 ºC e assai più basse quelle dei mesi estivi (28 ºC).

Territorio: geografia umana

Grazie alla posizione geografica, il Pakistan, naturale regione di transito fra gli altopiani iranici e la fertile valle del Gange, ha attratto l'uomo fin dalle epoche più remote. Nel Paleolitico superiore esso fu lo sfondo di brillanti civiltà di cacciatori, testimoniate tra l'altro dai reperti della valle di Sohan, in prossimità di Rāwalpindi; nel Neolitico il bacino dell'Indo, al pari della Mesopotamia, fu teatro di un'antichissima civiltà a base urbana dedita all'agricoltura, che ha lasciato le sue maggiori testimonianze a Mohenjo Daro e ad Harappā (vedi civiltà dell'Indo). In epoca storica le maggiori invasioni che contribuirono a determinare le caratteristiche antropiche della regione pachistana avvennero attraverso i più facili passi occidentali ed ebbero per protagonisti gli Indoari, la cui discesa portò al popolamento dell'intera India. La pianura dell'Indo fu però aperta anche ad altre invasioni, alcune violente, altre costruttive, da parte di popoli diversi provenienti per lo più da quella fucina di genti che è sempre stata l'Asia centrale: vennero di là, tra gli altri, Arabi, Iraniani, i Mongoli di Gengis Khān e Tamerlano, per lo più attraverso il famoso passo Khyber. Fondamentalmente la popolazione pachistana, formatasi da questo straordinario amalgama, è abbastanza simile all'indiana, pur con più spiccate componenti indoarie e più modeste tracce dravidiche, che invece sono rilevanti in India. Tuttavia ai margini della pianura dell'Indo si trovano gruppi etnici che rappresentano ceppi più antichi, rimasti isolati nei loro ambienti particolari. Così nel Baluchistan, dove predominano popolazioni d'origine iranica, si parla un idioma dravidico; ma è nelle montagne del Nord che il tessuto etnico presenta sorprendenti varietà e cristallizzazioni dovute a un ambiente rimasto isolato (che tra l'altro ha anche sempre reso queste genti ribelli al potere centrale). Vi si trovano antiche popolazioni indoarie; altre, come le genti del Dardistan, rappresentano una commistione fra indoari e iranici; altre ancora, come i popoli del Baltistan, sono di origine tibetana. La dinamica demografica si presenta molto attiva e rispecchia un modello generalmente comune ai Paesi asiatici con uno sviluppo economico recente. La popolazione è cresciuta rapidamente fino alla fine del sec. XX per poi stabilizzarsi nei primi anni del Duemila su tassi di crescita più bassi. A partire dagli anni Ottanta del Novecento sono giunti in Pakistan ca 5 milioni di rifugiati afghani, soprattutto nella provincia North West Frontier e, in minor numero, nel Punjab e nel Baluchistan; secondo l'UNHCR, che ha collaborato con il governo pakistano per la gestione sul territorio e il rimpatrio dei rifugiati, nel 2002 ne restavano poco più di 2 milioni. Inoltre il Pakistan conta un alto numero di emigrati: in seguito allo sviluppo delle relazioni commerciali con i Paesi produttori di petrolio si è verificata una forte corrente migratoria pakistana verso il Medio Oriente, in particolare verso l'Iran, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Nonostante le campagne per il controllo delle nascite promosse dal governo, la crescita demografica rappresenta il problema più grave, suscettibile di vanificare ogni sforzo economico: il Paese è giovane e più di un terzo della popolazione ha meno di 15 anni. Inoltre gli indicatori socio-economici denunciano un basso indice di sviluppo umano: la speranza di vita si attesta su valori molto bassi anche per il continente asiatico. La densità della popolazione appare relativamente contenuta (205 ab./km²), ma il Pakistan si colloca nel panorama asiatico al quarto posto per numero di abitanti. Inoltre il dato non tiene conto della distribuzione assai diversa e dipendente – più che altrove – da dati fisici e da avvenimenti storici antichi e recenti. Così, mentre il velo demografico di zone desertiche e semidesertiche, quali il Baluchistan e il Sind, è rimasto pressoché invariato, altrove si è registrato un intenso dinamismo, accompagnato da una grossa mobilità. Nel Punjab e nella valle di Peshāwar l'estesa irrigazione ha favorito elevate densità agricole, cui si è aggiunto un consistente flusso di rifugiati all'indomani della separazione dell'India. Complessivamente la provincia del Punjab ospita più della metà della popolazione, mentre le province occidentali del Baluchistan, le Aree tribali e il North-West Frontier, che coprono insieme una superficie pari a più del doppio del territorio del Punjab, ne accolgono appena un quinto. Gli abitanti vivono soprattutto nelle campagne (poco meno di due terzi della popolazione), anche se masse di contadini si sono trasferite nelle maggiori città. Il villaggio tradizionale più diffuso è costituito da un nucleo compatto di case d'argilla racchiuse entro alte recinzioni pure d'argilla, secondo concezioni che risalgono alle più antiche civiltà dell'Indo. Da questo tipo di villaggio si allontanano i nuovi centri rurali specialmente nel Punjab, dove la valorizzazione dell'agricoltura irrigua ha fatto nascere una forma d'insediamento regolare, funzionale, sul tessuto geometrico dei campi. Nel Baluchistan è molto diffuso il nomadismo: su di esso vivono anche le grosse tribù paṭhāne che migrano con le loro tende nere di tipo arabo tra la piana dell'Indo e le alteterre afghane (la divisione politica ha rotto l'unità di questo tradizionale territorio di migrazione pastorale, il cosiddetto Pashturistan). Nel Nord le tribù montanare vivono in villaggi sui fondivalle o sui bassi versanti, con case di legno o di pietra secondo le condizioni ambientali. Più che una vera e propria trama urbana, sostenuta da un'organica rete di rapporti economici, il Pakistan presenta alcune popolose città, sviluppatesi specialmente nel corso del XX secolo. Tipica creazione inglese, per il cui impero coloniale costituiva un importante sbocco portuale, è Karāchi, capoluogo della provincia del Sind. Tra le maggiori metropoli asiatiche, Karāchi ha conservato la funzione di unica grande apertura marittima del Paese; è, soprattutto, centro economico importantissimo, vitalizzato dal ruolo di capitale, che ha svolto dall'indipendenza sino al 1959, e dalla sua funzione di scalo aereo internazionale. Le altre principali città in genere seguono il corso dell'Indo o dei suoi affluenti. Seconda metropoli è Lahore, situata sul fiume Rāvi quasi al confine con l'India. Capoluogo del Punjab, è città antichissima, già capitale dei grandi regni musulmani e tuttora massimo centro della regione; oggi è sede di industrie varie (materiale ferroviario, elettrotecnico, ecc.) ed è un mercato agricolo, cui fanno corona vari grossi centri agricoli come Gujrānwāla, Sargodha e soprattutto Faisalābād, sviluppatasi dopo i grandi lavori di valorizzazione agricola della zona. Nel corso di questo secolo una funzione importante ha assunto, nell'alto Punjab, Rāwalpindi, situata in una posizione chiave della geografia pakistana, munita di una base militare dagli inglesi e oggi centro industriale; vicino a essa è stata fondata la nuova capitale, Islāmābād, città meno caotica degli altri grossi centri e ancora in via di forte espansione. Sullo stesso asse pedemontano si trova anche Peshāwar, capoluogo della North-West Frontier, città commerciale antica e sempre attiva, al centro di una conca sulla via che porta al passo Khyber e per secoli vivacissimo centro di traffico carovaniero. Altro centro di frontiera con l'Afghanistan è Quetta, città-oasi capoluogo del Baluchistan, una delle più desolate terre dell'Asia meridionale; è una creazione essenzialmente amministrativa, la sola di una certa importanza in mezzo alle montagne, punto di partenza delle carovane di autotrasportatori che attraversano il territorio afgano spesso in direzione dei Paesi centroasiatici. Scendendo invece nella valle dell'Indo, troviamo le altre maggiori città del Pakistan: Multān, presso il fiume Chenāb, di recente sviluppo al centro di una vasta area di valorizzazione irrigua e agricola, e soprattutto, all'inizio della piana deltizia dell'Indo, Hyderābād, l'antica capitale del Sind, con varie attività industriali.

Territorio: ambiente

L'aridità del clima condiziona il paesaggio vegetale, caratterizzato quasi ovunque dalla steppa dalla quale, eccetto le zone irrigate, si passa nella regione del basso Indo a un vero e proprio deserto di dune; nei fondivalle settentrionali appare una vegetazione riparia di pioppi e olmi. Al di sopra dei 3000 m si estende la steppa alpina, caratterizzata dalla Caragana spinosa e da diverse specie di artemisie, e, sui versanti più meridionali, limitate aree forestali. La varietà degli ecosistemi che contraddistinguono il territorio vedono la presenza di una fauna differenziata, tipica sia della regione paleartica sia di quella orientale: leopardi delle nevi, cervi, orsi, stambecchi, volpi, pecore selvatiche, cinghiali, coccodrilli, serpenti ma anche asini, gazzelle del deserto e cammelli oltre a un gran numero di specie di uccelli. Gli ecosistemi fluviali e marini ospitano specie interessanti e a rischio di estinzione tra cui il delfino di fiume. Il Ministero dell'ambiente ha predisposto nel 1997 la creazione di un'agenzia che si occupa della promozione e della salvaguardia del patrimonio naturalistico; la desertificazione, la deforestazione per far posto all'agricoltura e ai pascoli, l'erosione del terreno nonché l'inquinamento dei suoli, acque e aria sono tra i maggiori problemi ambientali. Esistono in Pakistan numerose aree protette, che coprono il 8,7% del territorio, fra cui 15 parchi nazionali.

Economia: generalità

Paese stretto nella morsa di povertà e sottosviluppo propria di tutto il cosiddetto “subcontinente indiano”, il Pakistan presenta dai primi anni del XXI secolo un'economia dinamica, con elevati tassi di crescita a cui però non corrisponde un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione: il PIL pro capite è di 1.044 $ USA (2008) e il PIL di 167.640 ml $ USA. Il Pakistan è stato e continua a essere pesantemente coinvolto in una complessa serie di vicende politiche, le quali incidono in modo determinante sulle possibilità e gli orientamenti generali dell'economia nazionale. Dapprima il distacco nel 1947 dall'India privò il Pakistan di quasi tutto il potenziale industriale, seppur scarso; da qui la scelta praticamente obbligata di rafforzare le attività manifatturiere, che hanno effettivamente registrato un certo sviluppo. Per contro l'agricoltura, che negli anni Cinquanta poteva apparire meno instabile soprattutto per l'avvenuta realizzazione di importanti opere di irrigazione, è andata tramutandosi in un settore sempre più arretrato, registrando una situazione di grave ristagno degli incrementi produttivi, che a mala pena tengono il passo con i forti aumenti demografici. A partire dagli anni Sessanta la cronica ostilità nei confronti dell'India sfociò in una guerra logorante, che condizionò a lungo l'economia e la politica interna ed estera del Pakistan, giacché le ingenti spese militari rallentarono gli investimenti industriali (se si escludono taluni settori destinati a consolidare l'apparato bellico) e i pur modesti interventi a favore dell'agricoltura. La situazione, già estremamente critica, andò ulteriormente aggravandosi nel 1971, quando la secessione del Pakistan Orientale (Bangladesh) determinò, da un lato, il distacco della sezione più misera e popolosa del territorio pakistano ma, dall'altro privò il Pakistan di buona parte della iuta grezza, da cui traevano il principale sostegno le industrie tessili nazionali. In ogni caso tale distacco provocò l'abbandono degli arcaici schemi economici e sociali, e lasciò intatte vaste aree di privilegio, cui via via se ne aggiunsero altre, proprio a opera di un effimero processo di rinnovamento avviato nel 1972. Sotto il segno di un vago “socialismo islamico”, che si avvantaggiò soprattutto dell'apporto finanziario dei Paesi arabi produttori di petrolio, nel nome appunto dell'unità del mondo islamico, fu varata difatti una politica di blande riforme agrarie (senza intaccare l'effettivo potere dei grandi proprietari terrieri); nello stesso tempo venivano nazionalizzate le banche e le industrie di base e prendeva avvio un timido tentativo di ridurre i forti squilibri economici e le disuguaglianze sociali mediante interventi pubblici, volti a combattere le più gravi forme di povertà. Il colpo di stato del 1977 ha comunque arrestato questo processo e provocato una radicale inversione di tendenza negli indirizzi governativi: è stata adottata una “politica di austerità” comportante ampi tagli nelle spese sociali e assistenziali, ed è stata altresì assunta una posizione di netto sostegno nei confronti dell'iniziativa privata e degli investimenti stranieri. In tale ambito di rapido riavvicinamento ai Paesi occidentali e in particolare agli Stati Uniti, tradizionali sostenitori dei governi pakistani, ha anche influito l'appoggio concesso dal Paese alla guerriglia antisovietica durante l'occupazione (dicembre 1979 - febbraio 1989) del vicino Afghanistan. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento con il ritorno a forme di governo meno centraliste è risultato accelerato il processo di liberalizzazione: attraverso interventi di privatizzazione e l'abolizione di barriere che limitavano gli investimenti stranieri e una buona parte del commercio con l'estero, si è inteso stimolare l'economia nazionale e in particolare l'allargamento del settore secondario, senza trascurare il rinnovamento delle infrastrutture agricole né l'obiettivo dell'innalzamento della qualificazione professionale dei lavoratori pakistani diretti all'estero. Finanziamenti cospicui sono giunti dal Giappone, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale ecc. I conflitti etnico-religiosi e la continua tensione politica hanno avuto però pesanti ripercusioni sulla situazione economica, che ha registrato negli anni Novanta un certo regresso e soprattutto ha scoraggiato gli investitori stranieri e indotto alcune industrie pakistane a rilocalizzare i propri impianti all'estero. Il colpo di stato del 1999 e la situazione di relativa stabilità che ne è scaturita, pur minata da continui episodi di terrorismo, hanno permesso un progressivo consolidamento dell'economica, con tassi di crescita che si aggirano intorno al 6-7% annuo (con punte del 9% nel 2004-2005). L'incremento del PIL si è osservato in tutti i settori, anche se quelli che hanno contribuito maggiormente sono il secondario e il terziario, grazie soprattutto agli investimenti privati. Ad aumentare nettamente nel nuovo millennio sono stati gli scambi commerciali, che hanno visto, da un lato, l'incremento delle esportazioni di vari prodotti (anche se è da segnalare la concorrenza dei nuovi mercati asiatici rispetto ad alcune merci), dall'altro, l'espansione dell'import di manufatti necessari all'industria (petrolio e macchinari). Le riforme varate dal governo Musharraf riguardano la privatizzazione del settore bancario, nuovi incentivi al settore primario (anche se insufficienti), la ristrutturazione delle imprese statali, una politica monetaria restrittiva. Tuttavia l'inflazione è elevata e le rimesse fornite dall''emigrazione (particolarmente concentrata nei Paesi del Golfo Persico) equivalgono ancora a una parte significativa del reddito nazionale.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

Quasi la metà della popolazione attiva è tuttora occupata nell'agricoltura, che interessa il 28,5% della superficie territoriale (ca. il 60% è incolto e improduttivo) e vede tra le colture dominanti il riso, il cotone, il frumento e la canna da zucchero. La produzione agricola si basa essenzialmente sull'alternarsi di due raccolti nel corso dell'anno: quello delle colture estive o kharif, praticabili solo mediante irrigazione, e il raccolto delle colture rabi, anch'esse effettuate in misura sempre crescente tramite l'irrigazione, ma favorite dalle piogge monsoniche e quindi maggiormente diffuse. Quello agricolo è un settore, come si è detto, rimasto arretrato con prevalente diffusione dei microfondi poco o nulla meccanizzati; tuttavia la realizzazione di vasti bacini artificiali, specie sull'Indo e sullo Jhelum, e la conseguente utilizzazione delle acque fluviali mediante una complessa rete di canali di derivazione hanno permesso di aumentare i rendimenti dei terreni, che hanno le loro aree migliori nel Punjab e nel Sind. Buona parte dell'arativo è riservato al frumento (di cui è il terzo produttore asiatico), tipica coltura rabi, cui fa seguito per importanza il riso, che è invece una coltura kharif e che riscontra condizioni particolarmente favorevoli nelle pianure inondabili del Sind; minor rilievo hanno gli altri cereali, come il mais, profdotto soprattutto nelle zone pedemontane, il miglio e il sorgo, che sono invece limitati alle regioni asciutte e non irrigabili. Fondamentali colture alimentari sono anche le patate, numerosi ortaggi (cipolle, fagioli, ceci, lenticchie ecc.), gli agrumi (arance, mandarini e limoni), i manghi, le banane e i datteri. Cereali e leguminose sono coltivati in forma quasi esclusivamente sussistenziale, a parziale eccezione del frumento; il riso dà invece origine a una discreta esportazione, anche se l'aumento del fabbisogno interno, dovuto all'incremento demografico, ha ridimensionato negli anni la portata di queste esportazioni. Notevoli sono anche le colture industriali; di particolare importanza è quella del cotone (il Pakistan è al quarto posto su scala mondiale per la produzione di fibre di cotone e il terzo per quella di filati), diffusa sopratutto nelle zone irrigate della valle dell'Indo, dove trova condizioni ambientali eccellenti, simili a quelle riscontrabili in Egitto. Il Pakistan è altresì un rilevante produttore di oleaginose, come sesamo, lino, ricino, colza e arachidi, mentre tra le piante tessili annovera la canapa; ben rappresentati sono inoltre il tabacco e la canna da zucchero che, grazie agli incentivi governativi, ha registrato un notevole incremento tanto che il Paese ne è divenuto il quinto produttore mondiale. Poco estese sono le foreste, che occupano appena il 3,1% del territorio nazionale, mentre prioritaria appare, invece, per il futuro la questione della deforestazione crescente. L'allevamento dispone di un patrimonio zootecnico considerevole e contribuisce alla metà del PIL del settore agricolo. Prevalgono gli ovini e i caprini, il cui allevamento è comunemente di tipo pastorale, basato sulla transumanza tra le steppe della pianura dell'Indo e i versanti montuosi; elevato è anche il numero dei bovini (buoi e bufali), largamente adibiti ai lavori agricoli; si allevano anche asini, cammelli e cavalli, nonché volatili da cortile. Oltre a essere ai primi posti nel mondo per numero di capi di bestiame, il Pakistan è tra i maggiori produttori in Asia e nel mondo di latte e burro. Ha registrato un buon incremento il settore della pesca, che alimenta una discreta esportazione. L'intervento pressante delle organizzazioni internazionali e degli Stati Uniti sulle autorità ha portato, inoltre, nei primi anni del Duemila a una riduzione delle aree destinate alla coltivazione del papavero da oppio che sostiene il traffico internazionale di stupefacenti; tuttavia questa produzione è ancora diffusa, specie in alcuni distretti delle Aree tribali, al confine con l'Afghanistan.

Economia: industria e risorse minerarie

L'industria pakistana è stata rivolta in modo nettamente alla lavorazione dei prodotti agricoli locali; tuttavia, hanno registrato una certa espansione taluni settori di base, come il siderurgico, il chimico (produzione di fertilizzanti azotati, acido solforico, soda caustica ecc.), il petrolchimico e il meccanico, presente con industrie sia di montaggio sia di riparazione (stabilimenti automobilistici, officine ferroviarie e aeronautiche, ecc.). Come già sottolineato l'industria più importante del Paese è comunque quella cotoniera, che consente una buona esportazione e alimenta un diffuso artigianato. Le industrie tessili pakistane, i cui prodotti sono fondamentali per le esportazioni, sono state, invece, colpite negli ultimi anni dalla concorrenza di altri Paesi asiatici emergenti. Svolge un ruolo di rilievo anche l'industria alimentare (zuccherifici, oleifici, conservifici, complessi molitori, birrifici ecc.) affiancata da varie manifatture legate alle produzioni agricole e zootecniche locali: lanifici, tabacchifici, calzaturifici, ecc. Si ricordano infine i cementifici (in crescita grazie all'aumento della domanda interna ed estera), le cartiere, i saponifici, nonché le svariate attività artigianali, come la tessitura a mano della seta, la produzione di tappeti, la lavorazione artistica delle ceramiche, delle pelli e del cuoio ecc. Nel complesso il settore secondario occupa un quinto della popolazione attiva e contribuisce a un quarto del PIL; il Paese è ai primi posti a livello continentale per alcune produzioni: zucchero, sigari e sigarette ecc. Abbastanza ampia è la varietà di risorse minerarie, anche se in genere presenti in modesti quantitativi e il cui sfruttamento è penalizzato dalla carenza delle infrastrutture; si estraggono cromite, sale, aragonite e marmo, gesso, uranio, barite, feldspati ecc. Meglio rappresentato è invece il settore energetico, specie per quanto riguarda il gas naturale (i giacimenti sono ubicati nel Baluchistan e collegati con gasdotti a Karāchi, Faisalābād e Islāmābād), il petrolio (principale area di estrazione è il Baluchistan), carbon fossile e lignite, comunque insufficienti al fabbisogno interno. Importante fonte di energia elettrica è quella idrica prodotta in buona parte dalle centrali della diga di Tarbela, sull'Indo. Una piccola parte dell'energia prodotta proviene, infine, dalla centrale nucleare in funzione nei pressi di Karāchi.

Economia: commercio e comunicazioni

Di recente sviluppo, il settore terziario occupa ormai oltre un terzo della forza lavoro e contribuisce a più della metà del PIL. Il Pakistan esporta soprattutto cotone grezzo e lavorato (filati e tessuti), riso, cuoio e pellame, prodotti petroliferi, fibre e filati artificiali, attrezzi per lo sport e tappeti, mentre importa eminentemente combustibili, prodotti chimici, macchinari e mezzi di trasporto, manufatti vari. Nell'interscambio hanno un ruolo fondamentale i Paesi produttori di petrolio, come gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita e il Kuwait, e quelli fornitori di prodotti industriali, specie il Giappone e gli Stati Uniti; partner commerciali sono altresì la Germania e altri Paesi dell'Unione Europea, l'Afghanistan (terza destinazione delle esportazioni nel 2006), mentre è recente l'intensificarsi degli scambi con la Cina. La bilancia commerciale è deficitaria: le importazioni continuano a prevalere largamente sulle esportazioni. Il settore delle vie di comunicazione denuncia gravi insufficienze rispetto alle necessità del Paese; ciò anche perché sia la rete ferroviaria (ca. 7800 km nel 2005) sia quella stradale furono ideate dagli Inglesi in funzione strategica e come complemento delle reti indiane, in quanto il Pakistan ha storicamente sempre rappresentato un'area di transito tra l'altopiano iranico e la pianura gangetica. Il fondamentale asse ferroviario, che da Karāchi volge verso N attraversando il Paese, si appoggia al corso dell'Indo e si dirama, nel Punjab, verso Peshāwar e Lahore. A Hyderābād si allaccia la linea per l'India, mentre sul lato opposto da Sukkur si dirama il tronco che, toccando Quetta e il Baluchistan, giunge al confine dell'Iran. La rete stradale è meglio sviluppata (oltre 259.758 km, asfaltati per più della metà); all'asse principale lungo l'Indo si innestano le strade che provengono dall'Iran e dall'Afghanistan dirette a Peshāwar (attraverso il passo Khyber) e a Quetta; nel 1978 è stata ultimata, dopo vent'anni di lavori, la cosiddetta “superstrada dell'amicizia” o del Karakoram, che collega il Pakistan settentrionale con il Xinjiang Uygur (Cina). Sempre più rilevante è il ruolo delle comunicazioni aeree; il principale aeroporto è quello internazionale di Karāchi, ottimamente situato sulla rotta che collega l'Europa con l'Estremo Oriente; la città è altresì il maggior scalo marittimo pakistano, per il quale passa quasi tutto il commercio estero.

Storia: dalla sua formazione all’indipendenza del Bangladesh

Fin dal XIII secolo, il territorio del Pakistan fu governato da diverse dinastie fino a quella dei moghūl e l'identità e il potere musulmano si diffuse ampiamente durante la colonizzazione inglese. Nel 1906 venne fondata la All India Muslim League (Lega Musulmana Indiana), che poneva le basi per la creazione di un'identità territoriale all'interno dell'India britannica. Il Pakistan (stan, paese; pak, puro; oppure PAKS, Punjab+Afghani+Kashmir+Sind, denominazioni ideate nel 1933 dal visionario Rahmat ʽAlī nel suo pamphlet Ora o mai) si formò nell'agosto 1947 in contrapposizione all'Unione Indiana (India), quando fu proclamata l'indipendenza dell'India dalla Gran Bretagna. Immaginato per la prima volta dal poeta Muḥammad Iqbāl (1873 o 1877-1938) e perseguito politicamente dalla Lega Musulmana a partire dal 1940, il Pakistan fondava la sua ragione d'essere sulla profonda frattura esistente in tutti i campi tra indù e musulmani indiani, frattura inaspritasi dopo la fine dell'impero Moghūl (1857). Dopo lunghe lotte il governo britannico accettò la divisione dell'impero indiano e nel 1947 nacque il Pakistan indipendente, costituito da una regione occidentale (Sind, Punjab, Baluchistan ecc.) e da una orientale (Bengala Orientale), divise fra loro da migliaia di chilometri. Appena creato, il Pakistan si trovò davanti una serie di gravissimi problemi da risolvere, tra cui: la Costituzione, la formazione ex novo di una classe politica e di un'amministrazione statale, la scelta della città capitale (non solo nel Pakistan Occidentale, ma anche in quello Orientale, divenuto poi Bangladesh), le difficoltà di comunicazioni e di solidi legami organizzativi tra Pakistan Occidentale e Pakistan Orientale, la sistemazione di milioni di profughi (per lo più pañjābī) e la ristrutturazione dell'industria, dopo la divisione dei territori con l'India. Le ultime due questioni, inoltre, resero particolarmente difficili i rapporti con l'Unione Indiana, aggravati anche dai problemi dell'attribuzione del Kashmir e dei pagamenti della Reserve Bank of India. Nel 1948 morì Muḥammad ʽAlī Jinnah, creatore del Pakistan e suo primo governatore generale, e nel 1951 il suo braccio destro, Liyāquat ʽAlī Khan, venne assassinato, lasciando il Paese senza una valida guida politica. La serie dei governi che si succedettero confermarono il carattere piuttosto accentratore e di non larga partecipazione democratica della linea politica interna e a farne le spese fu specialmente l'Assemblea Costituente, i cui lavori subirono molti ritardi e incontrarono parecchie difficoltà. Nel 1956 entrò in vigore una Costituzione, con cui si dava vita a una confederazione ad amministrazione piuttosto decentrata e a un sistema parlamentare bicamerale. Questa, però, il 7 ottobre 1958 fu abrogata da Iskander Mīrzā e, dopo essere stata promulgata la legge marziale, venti giorni più tardi il generale Muḥammad Ayub Khan divenne presidente del Pakistan. Ayub Khan, nel 1962, varò una nuova Costituzione, che introduceva un sistema presidenziale di governo, seguendo una linea di tipo “ gollista ”. Il regime di Ayub Khan durò fino al marzo 1969, quando i continui malcontenti e disordini portarono di nuovo alla proclamazione della legge marziale e alla presidenza di un altro generale, Muḥammad Yaḥyā Khan. Questi indisse le elezioni generali per il dicembre 1970, elezioni in cui l'Awami League (con a capo Mujibur Rahman) ottenne la maggioranza nel Pakistan Orientale e il Pakistan People's Party (PPP) – guidato da Zulfikar ʽAlì Bhutto – in quello Occidentale. Tale risultato generò preoccupazione e malcontento nelle alte sfere di potere e il 6 marzo 1971 Yaḥyā Khan aggiornò la riunione dell'Assemblea Nazionale, nella quale aveva la maggioranza l'Awami League. Da ciò prese l'avvio tutta una serie di disordini nel Pakistan Orientale, con conseguenti repressioni: arresto di Mujibur Rahman, proclamazione della Repubblica Popolare del Bangladesh nell'aprile, e infine guerra aperta tra Pakistan e India, accorsa in aiuto dei secessionisti. Nel dicembre dello stesso anno veniva ufficialmente riconosciuto il Bangladesh come Stato indipendente.

Storia: da ʽAlì Bhutto a Pervez Musharraf

A seguito dell'indipendenza del Bangladesh, naturalmente ci fu un cambiamento generale anche nel governo del Pakistan, dove Zulfikar ʽAlì Bhutto, già ministro degli Esteri e capo del PPP, diventò presidente. Per prima cosa il nuovo presidente cercò di chiudere le vertenze, nuove e antiche, con l'India: raggiunse infatti un accordo di compromesso a Simla (luglio 1972) sia per il ritorno in patria delle truppe e dei prigionieri in conseguenza della guerra del Bangladesh, sia per la sovranità sul Kashmir (oggetto nel 1947 e nel 1965 di sanguinose guerre e di complesse ma inconcludenti trattative diplomatiche), che rimase fissata allo statu quo. L'accordo pose quindi la premessa per l'avvio di normali relazioni diplomatiche fra i due Paesi, concretizzatesi nel 1975. Decisa l'uscita (1972) del Pakistan dalla SEATO e raggiunti poi accordi di buon vicinato anche con la Cina Popolare, Zulfikar ʽAlì Bhutto si dedicò soprattutto alla ricostruzione interna, varando una nuova Costituzione (1973) che ampliava i poteri del primo ministro. Ciò provocò la reazione dell'Awami League che sfociò nel 1975 in disordini e nell'uccisione di uomini politici. Zulfikar ʽAlì Bhutto rispose mettendo fuorilegge l'Awami, arrestando i suoi capi e sospendendo la Costituzione in alcune province. L'agitazione non si calmò: aumentò anzi di tono dopo le elezioni del 1977, quando la vittoria del partito di governo parve viziata da gravi brogli elettorali. Nel settembre dello stesso anno i militari, guidati dal generale Mohammed Zia Ul-Haq, attuarono un colpo di stato, rovesciando Zulfikar ʽAlì Bhutto, che fu poi giustiziato nell'aprile 1979. Assunta la carica di presidente della Repubblica, Zia Ul-Haq instaurò un regime ancor più autoritario del precedente, rimettendo in vigore la legislazione musulmana più ortodossa. La situazione politica era, intanto, iinfluenzata anche dagli avvenimenti afghani, in particolare dopo l'invasione sovietica dell'Afghanistan nel dicembre del 1979. Numerosi erano i campi profughi afghani sorti in territorio pakistano e per tale motivo si ebbe un avvicinamento del Pakistan agli USA, che inviò aiuti economici e militari: ciò non ebbe comunque significative implicazioni sul regime, rimasto particolarmente rigido ancora per la prima metà degli anni Ottanta. Le promesse di un graduale ritorno alla democrazia non si concretizzarono infatti se non, in misura limitata, a partire dal 1986. Nel maggio 1988 venne sciolto il Parlamento e, in seguito alla morte di Zia Ul-Haq (agosto 1988) in un incidente aereo – probabilmente un attentato –, nel novembre dello stesso anno si tennero nuove elezioni. Queste, svoltesi regolarmente, nonostante tentativi di restrizione da parte del regime retto ad interim da Ghulam Ishaq Khan, videro l'affermazione del PPP guidato da Benazir Bhutto (figlia del presidente condannato a morte), divenuta la prima donna assurta alla carica di primo ministro (dicembre 1988) in un Paese islamico. Il contrasto istituzionale con il capo dello Stato, l'opposizione di parte dei religiosi, le resistenze opposte dall'esercito e le lotte razziali indebolirono presto la posizione della Bhutto; le accuse di corruzione al partito e d'incapacità di gestione dei contrasti fra le etnie, infine, ne decretarono la destituzione (agosto 1990). Le elezioni dell'ottobre successivo, vinte dall'Alleanza Democratica Islamica, già sostenitrice di Zia Ul-Haq, segnarono l'ascesa di Mian Nawaz Sharif, artefice di una politica liberista che trovava tuttavia una certa opposizione nei gruppi sociali a più forte identità confessionale. Il conflitto di poteri tra il capo del governo e il capo dello Stato diede subito origine a un duro scontro tra Nawaz Sharif e il presidente Ishaq Khan, sfociato nel luglio 1993 nelle dimissioni di entrambi. Indette le elezioni politiche per l'ottobre dello stesso anno, queste venivano vinte di stretta misura da Benazir Bhutto e le successive consultazioni presidenziali (novembre 1993) segnavano l'affermazione di Farooq Leghari, candidato del PPP. Intanto, l'acuirsi della violenza etnica, politica e religiosa, con continui scontri sia nel Sind, tra sunniti e sciiti e tra militanti del PPP e del partito MQM (Mohajir Qaumi Mahaz), sia nel Nord dell'Pakistan tra esercito e integralisti islamici, costituiva per il Paese una minaccia continua alla stabilità politica. Il governo, indebolito poi ulteriormente, nell'ottobre 1995, dall'arresto di alcuni militari accusati di preparare un golpe con l'appoggio dei musulmani indipendentisti del Kashmir, nell'ottobre 1996 cadeva con la destituzione della Bhutto. Questa, accusata di abuso di potere e cattiva amministrazione, veniva messa per breve tempo agli arresti domiciliari; la stessa sorte toccava anche al marito, ministro per gli investimenti, e ad altri esponenti del PPP. Le elezioni anticipate (febbraio 1997) decretavano la vittoria dell'Alleanza Democratica Islamica e la guida del governo veniva nuovamente affidata a Nawaz Sharif, che rimaneva in carica con alterne vicende fino al 1999. Nel frattempo la tradizionale tensione con l'India, sempre latente a causa degli irrisolti problemi del Kashmir, si manifestava in più occasioni. Nel maggio 1998, a seguito di alcuni esperimenti nucleari effettuati dall'India nel deserto del Rajasthan, il governo del Pakistan decideva di realizzare, in tutta risposta, dei propri test nucleari al confine tra i due Paesi. Condannato a sanzioni internazionali per gli esperimenti atomici, nel settembre dello stesso anno il Paese si dichiarava disponibile a concordare, insieme all'India, la ripresa del dialogo sul Kashmir, ma i colloqui tra le due parti non approdavano a nessun risultato. Determinatasi una nuova situazione di instabilità, i militari, nell'ottobre 1999, si impossessavano del governo con un colpo di stato, mostrando ancora una volta di essere l'unica forza determinante in Pakistan. Arrestato il premier Nawaz Sharif, il generale Pervez Musharraf decretava lo stato d'emergenza, sospendeva la Costituzione e il Parlamento e si autoproclamava capo del governo, senza esitare a usare le maniere forti per reprimere sul nascere ogni manifestazione di dissidenza interna. Il nuovo regime che si instaurava, comunque, non riusciva ad arginare gli incessanti scontri etnici, che per tutto il 2000 continuavano a provocare numerose vittime. Sul fronte estero, intanto, si complicavano le relazioni con l'Afghanistan, dove i Taliban avevano preso il potere (1994) e al cui regime si rinnovava il sostegno, ma si rifiutava l'asilo ai numerosi profughi; continuavano i contrasti con l'India, con scontri armati nel Kashmir. In vista di un vertice con le autorità indiane, nel giugno 2001 il generale Musharraf, per consolidare maggiormente la sua posizione politica, veniva nominato anche presidente del Pakistan, restando pur sempre a capo delle forze armate. Ormai detentore unico del potere, qualche mese più tardi il generale Musharraf doveva assumere un ruolo cruciale nell'ambito del conflitto che aveva inizio in Afghanistan il 7 ottobre 2001. A seguito degli attentati dell'11 settembre gli Stati Uniti chiedevano al Pakistan di collaborare alla lotta contro il terrorismo islamico e di prendere posizione contro il regime dei Taliban, che in Afghanistan dava asilo al ricercato Osama Bin Laden. La risposta positiva del regime provocava una serie di manifestazioni di protesta da parte dei filotalibani, rendendo incadescente la situazione interna e spingendo Musharraf a epurare una parte dei vertici militari ritenuti vicini ai Taliban. Nel maggio 2002 il presidente veniva riconfermato al potere per altri cinque anni grazie alla schiacciante vittoria ottenuta in un referendum appositamente indetto, sul quale gravavano però le accuse di pesanti irregolarità mosse da parte dell'opposizione. Nell'agosto dello stesso anno Musharraf si autoattribuiva la possibilità di sciogliere il Parlamento in qualsiasi momento e il compito di nominare i capi dell'esercito e dell'aviazione. Il presidente creava inoltre un Consiglio di sicurezza nazionale, composto dai suoi fedelissimi all'interno dell'esercito e della pubblica amministrazione. La situazione interna continuava però a rimanere instabile: nel 2003 una serie di attentati, in località al confine con l'Afghanistan, riproponeva il problema della convivenza tra sunniti e sciiti. Nel 2004 il Parlamento votava la fiducia al presidente, legittimandolo a mantenere la carica fino al 2007 e nello stesso anno il Pakistan veniva riammesso nel Commonwealth, da cui era stato sospeso nel 1999, in seguito al golpe che aveva portato Musharraf al potere. Riprendevano i negoziati con l'India, per arrivare a una soluzione relativamente al conflitto nel Kashmir e i due Paesi decidevano di riallacciare le normali relazioni diplomatiche. Nel 2007 Musharraf otteneva il terzo mandato presidenziale, che doveva però essere confermato dalla Corte Costituzionale, imponena la legge marziale, sospendendo la Costituzione, ma in seguito alle proteste internazionali, confermava la volontà di tenere le elezioni legislative e lasciava la carica di capo delle forze armate insediandosi da civile alla presidenza. In dicembre un attentato kamikaze uccideva Benazir Bhutto durante la campagna elettorale, provocando scontri e disordini in tutto il Paese. Le elezioni, del febbraio 2008 venivano vinte dal partito della Bhutto, il PPPP (Parlamentari del partito del popolo pakistano) e dalla Lega Musulmana, registrando così la sconfitta di Musharraf, che si dimetteva in agosto. In settembre il parlamento eleggeva Asif Ali Zardari nuovo presidente. Nel 2013 diventava presidente Mamnoon Hussain.

Cultura: generalità

Il Pakistan ha fatto parte del territorio indiano fino alla metà del XX secolo, e nella scia della cultura indiana, e di tutte quelle civiltà che abitano o hanno abitato le regioni condivise, quali Baluchistan, Kashmir, Indostan, Punjab, Thar, si collocano la cultura e il patrimonio artistico e folclorico che gli appartengono. Proprio il motivo alla base della separazione, la dimensione religiosa e musulmana in particolare, è quindi una componente importante della società e della cultura nazionali, benché in queste terre siano nati anche induismo e buddhismo. Nel Paese si trovano edifici e templi di tutte le religioni, e non secondaria è la comunità cristiana con i propri valori, simboli e costumi. Il panorama culturale è quindi ravvivato da tradizioni diverse che, in numerosi ambiti, si tramutano in una ricca e colorata miscellanea di colori, sapori, profumi e suoni. Di argomento religioso e popolare sono le principali opere letterarie, nelle diverse lingue parlate nel Paese, e quelle artistiche, dalla preistoria all'epoca contemporanea; imponenti e maestose sono invece molte delle costruzioni militari e civili erette da arabi e moghūl. Arte e architettura hanno trovato massima valorizzazione nella selezione dei siti dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: le rovine archeologiche di Moen-jo Daro (1980); le rovine buddhiste di Takht-i-Bahi e Sahr-i-Bahlol (1980); Taxila (1980); il forte e i giardini di Shalimār a Lahore (1981); i monumenti storici di Thatta (1981); il forte di Rohtas (1997). Da ricordare sono anche le istituzione preposte alla tutela di tale straordinaria eredità storico-artistica, quali, a titolo di esempio, il Museo nazionale del Pakistan, a Karāchi, e il Lahore Museum. Anche nella musica, quella tradizionale (cantanti dello stile Ghazal sono Mehdi Ḥassān, Ghulam Ali), popolare, devozionale (qawwali) e moderna, confluiscono elementi delle tradizioni tribali, ascendenze letterarie e religiose, suggestioni occidentali. Nusrat Fateh Ali Khan (1948-1947) è uno dei migliori rappresentanti del genere che unisce tradizione e modernità. Va infine detto che proprio la modernità ha raggiunto il Pakistan in modo evidente anche in più di un aspetto legato alle realtà urbane: la famiglia (nucleare invece che allargata), l'architettura di molte zone dei centri principali, la nascita di una sorta di nuova borghesia.

Cultura: tradizioni

Gli usi e i costumi del Pakistan, se si fa eccezione per le regioni confinarie esterne, sono assai simili a quelli delle pianure settentrionali e occidentali dell'India. Verso occidente sono stanziati i Kāfir, osservanti una loro religione basata sul culto degli antenati. Indossano costumi tipici, le donne portano il kupass, un copricapo fatto di panno nero adorno di conchiglie. Sotto il kupass portano il shushut, una papalina anch'essa adorna di conchiglie. Abitano in case di pietra, sovrapposte le une alle altre, senza finestre. Si riuniscono spesso per bere e danzare: animatissime le feste della vendemmia e la festa del Chitr Mast, in cui le tribù scelgono fra i giovani colui che avrà cura del bestiame di tutta la comunità. Al suo ritorno dal pascolo in primavera, si celebrerà la più grande festa dell'anno: il Chirangash. Anche i funerali sono occasioni per feste e canti, secondo l'uso di molti popoli orientali, e in tali circostanze si beve il vino. Presso i Dardi, popolazione montanara dell'alto Himalaya, si ritrova il sistema delle caste: rono (aristocrazia storica), cin (guerrieri), yachkum (agricoltori e pastori), krenis (artigiani). Nelle vallate dell'Hunza vivono i Burishki, che si nutrono quasi esclusivamente di frutta, di latte fermentato e di poca carne bollita. Gli alberi da frutto vengono dati in dote alle fanciulle. Nelle campagne di tutto il Pakistan la vita è regolata dalle tradizioni. Ancora oggi le ragazze si sposano intorno ai dieci anni, raramente oltre i quattordici. L'età media dello sposo è intorno ai 16 anni, raramente oltre i 24. I matrimoni sono combinati dal ghatak che contratta anche la dote. Le nozze danno occasione a banchetti e a canti articolati in nenie lunghissime, spesso satiriche verso gli sposi e i parenti. Fiere, feste e mercati sono numerosi. Tra le fiere più importanti è nota quella tenuta presso Rāwalpindi e conosciuta come il Mēlā-Barī-Shāt-Latīf. Dura sette giorni e comprende gare di lotta e spettacoli teatrali. Famose ancora le due feste che hanno luogo annualmente presso Lahore, una nei giardini Shalimār, l'altra nella frazione di Mian Mir. Ma fra tutte le feste trionfa quella a celebrazione della fine del ramḍā‘n. Si chiama Eid-ul-Fitr. Sono tre giorni di gioia in tutto il mondo islamico, in cui si scambiano i doni. All'Eid segue il Mēlā, fiera dell'allegria in cui si balla in circolo il kathak, espressione del grande amore per la danza diffuso in tutto il Paese. Il kathak è una danza di origine guerriera e ha i suoi maggiori esperti nelle tribù dei paṭhāni. Alle danze si accomuna, presso i giovani, la passione per lo sport, in particolar modo per il polo, l'hockey e il cricket, che pare abbiano avuto origine qui. Molto praticato è l'artigianato: tappeti, babbucce di seta, armi (delle quali tutti fanno ostentazione), ceramiche. La cucina del Pakistan, piuttosto modesta, è pressoché uniforme in tutto il Paese; il piatto nazionale è il riso fritto con montone e spezie.

Cultura: letteratura

È soprattutto espressione della lingua urdu; nel XX secolo, il principale esponente della poesia è stato senz'altro Muḥammad Iqbāl (1873-1938), considerato poeta nazionale e sostenitore, nei propri scritti, dei valori più tipici dell'islamismo oltre che della causa pakistana; viceversa nella prosa si è distinto Mīrzā Muḥammad Hadi "Rusva" (1857-1931). Nella parte occidentale del Paese una certa tradizione letteraria si ritrova nelle quattro lingue più diffuse: pashtō, pañjābī, sindhī e balūcī. La prima, parlata dalle tribù paṭhāne, ebbe il maggior cantore in Khushḥāl-Khan (1613-1689), considerato il padre del pashtō, ed è sommamente dedicata, come le altre del resto, a temi popolari. Più ricca la letteratura pañjābī, cui egualmente si rimanda, citando fra i più recenti autori Sufi Tabassum (1899-1978), poeta che ha scritto in urdu, persiano e, appunto, pañjābī. La letteratura sindhī si configura principalmente intorno alla figura di Shāh ʽAbdu'l Latīf Bhitā'i (1689-1752) e alla sua opera il Risālō (Trattato), raccolta di versi sulla vita del Sind sotto la dinastia dei Kalhōrā (sec. XVIII), a cui si è accostato, per eccellenza di scrittura Shaik Ayāz (1923-1997). Tuttora vitale, la letteratura sindhī ha ritrovato purezza di accenti in ʽĀrif Ghīlānī. Per lo più affidata alla tradizione orale è la letteratura balūcī, imperniata sulle vicende tra le tribù dei Rind e dei Lashārī. Tra gli altri autori di origine pakistana: Zulfikar Ghose (n. 1935) critico, romanziere, poeta e Alamgir Hashmi (n. 1951).

Cultura: arte. Dalla protostoria all’antichità

Il Pakistan, favorito dalla sua particolare configurazione geografica, svolse un'importante funzione di tramite tra le civiltà dell'Asia occidentale e quelle dell'Asia orientale (soprattutto quella indiana). Il Pakistan costituì, fin dal suo periodo protostorico (culture del Baluchistan e del Sind) documentato dal III millennio a. C., terreno di manifestazioni culturali affini a quelle dell'Iran; più decisi riferimenti con l'area mesopotamica sono invece attestati dalle molteplici attività che nitidamente delineano la civiltà fiorita in vari centri della valle dell'Indo dal 2500 al 1500 a. C., epoca dell'invasione degli Arii. I contatti con l'impero persiano degli Achemenidi ripresero nel sec. VI a. C. attraverso la loro invasione dei territori del Pakistan occidentale e orientale, soggetti più tardi (sec. IV a. C.) alla conquista degli eserciti di Alessandro il Macedone. Con l'instaurazione dell'unità nazionale indiana, realizzata dall'impero Maurya (sec. IV-II a. C.), anche questi territori furono toccati dal buddhismo, che tanta importanza ebbe nel campo dell'arte. Del periodo protostorico connesso alla fioritura della civiltà dell'Indo testimoniano numerose stazioni archeologiche, la cui importanza, sullo studio dei reperti ceramici e di altro materiale di scavo, ha dato il nome ad altrettante culture, come quelle, risalenti alla metà del IV millennio a. C., di Amrī-Nāl (che raggruppano insieme la ceramica di Amrī nel Sind con fasi affini di quella di Nāl nel Baluchistan). Altre importanti culture connesse con lo sviluppo dei centri di Mohenjo- Daro e di Harappā (nel Punjab) sono quelle di Kulli (Baluchistan), con le stazioni di Mehi, Sāhi Tume, e della già citata Nāl, oltre a quella più antica di Quetta. A queste seguono per importanza quella di Kot Diji e la più lontana Sutkagen Dor, che offre interessanti legami con Harappā. Posteriore alla fioritura della civiltà dell'Indo è la cultura di Jhukar documentata a Chanu-Daro e a Lohumjo-Daro. Importante ruolo svolsero in questi territori le fasi culturali manifestatesi nella valle dello Zhob. Vestigia dell'età buddhistica sono documentate a Taxila, a Cārsadda (l'antica Puṣkalavatī, capitale del Gandhāra), a Jamālgarhī, a Peshāwar e i vari centri della valle dello Swāt.

Cultura: arte. Dall’invasione araba all’età contemporanea

Il territorio pakistano fu il primo del subcontinente indiano a subire l'invasione araba (711). Essa diede luogo alla formazione di due principati indipendenti, con capitali rispettivamente a Mansūra (l'antica Brahmaṇābād), nel Sind, e a Multān, nel Punjab. Scarsi sono i resti della prima dominazione musulmana, documentati soltanto a Banbhore, presso Tatta, dai resti di una moschea e dalle fortificazioni della cittadella, con una ricca produzione ceramica, e a Mansūra dalle rovine di tre piccole moschee del tipo arabo a navate. Gli scavi hanno rivelato anche vasellame, fra cui dei céladon di origine cinese, e un gran numero di monete. A Multān la prima attività edilizia musulmana risale all'epoca selgiuchide, ma si tratta tuttavia di costruzioni molto rimaneggiate in epoca posteriore. Tra il 1152 e il 1324 furono costruite cinque tombe monumentali per altrettanti santi sciiti, di cui la più importante è quella di Rukn-i ʽAlam, commissionata dal sultano di Delhi tra il 1320 e il 1324. Dell'epoca Moghūl numerose costruzioni si ritrovano a Tatta, nel Sind, a Rothas (il forte costruito nel sec. XVI), ma soprattutto a Lahore che con i Moghūl divenne un importante centro commerciale e dinastico. Akbar vi eresse la cinta muraria, che venne poi ricostruita nel 1812. Nell'angolo nordoccidentale della cinta fu costruito il forte, i cui edifici più antichi, in mattoni e arenaria rossa, si debbono ad Akbar e Jahāngīr, gli altri, in marmo bianco, spesso sontuosamente decorati all'interno, a Shāh Jahān. Aurangzeb costruì invece la porta che reca il suo nome e conduce dal forte alla moschea Bādshāhī, che costituisce il monumento più importante della sua epoca. Nei dintorni di Lahore si trovano anche numerosi mausolei, fra cui quello, semplice e splendido, di Jahāngīr, eretto al centro di un grande giardino che costeggia il fiume Rāvi. Al 1637 risale la costruzione del parco di Shalimār, disegnato a terrazze, con numerosi padiglioni d'arenaria rossa e marmo bianco sparsi nel verde, fra giochi d'acqua e fontane. Le moderne espressioni artistiche del Pakistan si rifanno, da un lato, agli indirizzi dell'arte indiana contemporanea (orientata a sua volta verso i movimenti dell'arte occidentale), dall'altro all'eredità islamica, che ha tuttora un peso enorme nella produzione artistica pakistana, nonché alla reinterpretazione in termini attuali della tradizione Moghūl. Come nel caso di ‘Abd ur Raḥmān Chughtai (1894-1975), considerato artista nazionale e autore di opere in cui vivoi sono è il sincretismo e la commistione tra storia, religione e contemporaneità occidentale; Anwar Jalal Shemza (1929-1985) dedito ad arti diverse, dalla pittura alla scrittura, dalla miniatura al lavoro con i tessuti, Ahmed Parvez (n. 1926), Shahzia Sikander (n. 1969).

Cultura: cinema

Da una decina di film ogni anno intorno al 1950, una cinquantina nei primi anni Sessanta, il Pakistan ne produceva oltre un centinaio prima della scissione del Bangladesh nel 1971 (che gli costò tra l'altro la perdita del centro di produzione di Dacca e del suo Istituto del Cinema). Comunque né l'avvento della televisione nelle aree urbane né l'elevatissima tassa sui biglietti di cinema hanno arrestato lo sviluppo di uno spettacolo che rimane il più popolare, anche se ancora non ha raggiunto che in minima parte il pubblico delle campagne. I temi prevalenti e ormai stereotipati riguardano vicende d'amore, fantasie religiose e mitologiche, un folclore addomesticato. Raramente ci si è avventurati in un terreno più realistico, anche perché la censura ha sempre vigilato non consentendo denunce sociali o satira politica, mentre i produttori disprezzano il “film d'arte” e i documentari sono monopolio governativo e quindi risolti in propaganda e turismo. Nonostante tali condizionamenti, un cinema di qualità si fece strada a suo tempo sotto il duplice influsso del lirismo bengalese di Satyajit Ray e del neorealismo italiano. A entrambi fu debitore, nel 1958, Quando nascerà il giorno di A. J. Kardar (1926-2002), primo capolavoro della nuova tendenza poi illustrata da Uno tra un milione (1967) di Raza Mir, Scandalo (1969) di Iqbal Shahzad, Non c’è gloria più grande (1971) dello stesso Kardar. Il migliore dei registi di questa generazione, Zahir Raihan, già affermatosi nel 1963 con Il muro di vetro, giunse nel 1970 a simboleggiare in Lampi di vita, attraverso la figura di una madre autoritaria, il decennio tirannico (1958-68) di Ayub Khan e a dare al cinema nazionale il primo film politico. Negli anni Settanta la produzione si è ristretta al centro di Karachi, con film parlati in urdū, sindhī e pañjābī. Nel 1980, al Festival delle Nazioni di Taormina, è stato premiato Il sangue di Hussain di Jamil Dehlavi, che ha poi diretto Jinnah (1998) e Infinite Justice (2006). La fine del XX secolo ha segnato un periodo di crisi per il cinema pakistano, dovuta a fattori quali l'aumento dei prezzi dei biglietti causato da provvedimenti di deregolamentazione, la riconversione di molte sale in teatri, i cui spettacoli rendono ai proprietari guadagni decisamente più alti, la diffusione della tv via cavo, oltre alla diffusa percezione di una bassa qualità del prodotto-film, sotto molti punti di vista e soprattutto in confronto alle fervide produzioni della vicina India. Tra i registi attivi si segnalano comunque Shoaib Mansoor, Syed Noor (n. 1951), Mehreen Jabbar (n. 1971).

Bibliografia

Per l’economia

S. Mohammad, Pakistan’s Economic Growth 1958 to 1965, Rawalpindi, 1965; M. A. Chaudri, The Emergence of Pakistan, New York, 1967; K. Griffin, A. R. Khan (a cura di), Growth and Inequality in Pakistan, Londra, 1972; H. Gardezi, J. Rashid (a cura di), Pakistan: the Roots of Dictatorship. The Political Economy of a Praetorian State, Londra, 1983; G. Etienne, Le Pakistan, don de l’Indus: économie et politique, Parigi, 1989.

Per la storia

A. H. Alberuni, Makers of Pakistan, Lahore, 1950; P. Spear, Storia dell’India, Milano, 1970; S. J. Burki, Pakistan Under Bhutto, 1971-1977, Londra, 1980; A. H. Syed, Pakistan: Islam, Politics and National Solidarity, New York, 1982; D. Gilmartin, Empire and Islam: Punjab and the Making of Pakistan, Londra, 1988.

Per l’arte

R. E. M. Wheeler, Five Thousand Years of Pakistan, Londra, 1950; A. L. Basham, The Wonder that Was India, Londra, 1954; H. Ingholt, The Gandhāra Art in Pakistan, New York, 1957; R. E. M. Wheeler, Early India and Pakistan, Londra, 1959.

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