(Republika Hrvatska). Stato dell'Europa centromeridionale (56.594 km²). Capitale: Zagabria. Divisione amministrativa: contee (21). Popolazione: 4.432.000 ab. (stima 2008). Lingua: croato. Religione: cattolici (87,8%), non religiosi (5,2%), ortodossi (4,4%), musulmani sunniti (1,3%), protestanti (0,3%), altre religioni (1%). Unità monetaria: kuna (100 lipa). Indice di sviluppo umano: 0,862 (45° posto). Confini: Slovenia e Ungheria (N), Serbia e Montenegro (E), Bosnia ed Erzegovina (S), Mar Adriatico (W). Membro di: CEFTA, Consiglio d'Europa, EBRD, ONU, OSCE e WTO, stato membro UE.

Generalità

Il territorio dello Stato si configura in due bracci convergenti a W protesi rispettivamente a E verso l'interno del continente e a SE lungo le coste dell'Adriatico. La Croazia è prevalentemente montuosa nelle regioni marittime dell'Istria, della Lika e della Dalmazia, mentre quelle danubiane interne sono perlopiù pianeggianti. Queste ultime comprendono il nucleo storico della Croazia intorno alla capitale Zagabria, oltre alla Slavonia più a E, in cui si possono distinguere la valle della Drava (Podravina) e la Baranya a N e la valle della Sava (Posavina) a S. Completano il territorio numerosissime isole al largo del litorale adriatico. La grande maggioranza della popolazione percepisce un forte senso di appartenenza alla nazione croata, di cui si riconosce l'origine dalle tribù slave che tra i sec. VI e il VII hanno occupato l'angolo dei Balcani in cui si situa la regione di Zagabria. La Croazia dopo un periodo di indipendenza con una dinastia locale nell'alto Medioevo, è diventata un feudo dell'Ungheria, a cui è rimasta legata fino al sec. XX nonostante un lungo intermezzo di dominazione ottomana dal 1526 al 1699. Le regioni dell'Istria e della Dalmazia, invece, fino alla loro occupazione da parte della Francia napoleonica, hanno orbitato entro la sfera economica e culturale della Repubblica di Venezia, tanto che colà la lingua franca utilizzata per secoli da italiani e slavi è stata quella della Serenissima. Le due “anime” della Croazia attuale, vale a dire quella croato-pannonica e quella adriatica, pur comprese nelle medesime istituzioni politiche dal sec. XIX, hanno avuto una unità vera e propria solamente a partire dallo Stato fondato da Tito nel 1945, che le ha associate nella Repubblica di Croazia compresa nella Iugoslaviafederale. Essa ne ha fatto parte fino al 1991, anno in cui ha proclamato l'indipendenza, riconosciuta internazionalmente nel 1992. La Croazia, la cui secessione è avvenuta in nome del diritto all'autodeterminazione della nazione croata, ha dovuto tuttavia confrontarsi con le istanze delle popolazioni di altre nazionalità residenti sul suo territorio, che invece non hanno accettato l'istituzione del nuovo stato a base mononazionale; la nazione croata odierna, oltre che per l'uso dell'alfabeto latino che la differenzia da quella serba che si avvale del cirillico, si identifica anche nella religione cattolica. A rifiutare il nuovo stato-nazione istituito nel 1991, è stata soprattutto la comunità serba radicata da secoli nella regione di frontiera della Krajina, che riconosciuta come nazione costitutiva della Croazia stessa ai tempi della Iugoslavia federale, dopo la proclamazione dell'indipendenza si è ritrovata retrocessa al rango di minoranza etnica. La Croazia prima di proclamare la propria sovranità era tra le Repubbliche della Iugoslavia federale maggiormente avanzate sul piano economico. Infatti poteva contare, oltre che su una moderna produzione industriale, anche sugli ingenti proventi assicurati dal grande afflusso di turisti attratti dalle coste e dalle isole adriatiche. Dopo le crisi dovute al coinvolgimento del Paese nelle guerre iugoslave degli anni Novanta, l'economia, legatasi a quella dei Paesi dell'Europa centrale, ha avuto una nuova fase di crescita grazie ai cospicui investimenti esteri. Sul piano delle relazioni internazionali, la politica croata si è caratterizzata per uno spiccato nazionalismo e un antieuropeismo di fondo fino alla morte di Franjo Tuđjman, considerato il “padre” del nuovo Stato. Infatti, fino ad allora il governo si era rifiutato sia di offrire collaborazione alle istituzioni europee per assicurare al tribunale internazionale dell'Aja i criminali di guerra croati, sia di consentire il rientro dei profughi serbi fuoriusciti per cause belliche. Dal 2000, invece, su questi temi si è avviato un dialogo soprattutto in vista di un ingresso della Croazia nell'UE. L'opinione pubblica croata, tuttavia, ostile a ingerenze in questioni di politica interna e delusa dalla stagnazione economica che negli anni 2000 ha colpito la Croazia come il resto dell'Europa, a partire dal 2004 ha ridimensionato il proprio entusiasmo di fronte a una prossima intergrazione croata nell'UE.

Lo Stato

In base alla Costituzione del 1990, emendata nel 1992, nel 1997 e nel 2000, il presidente della repubblica è dotato di ampi poteri ed è eletto a suffragio diretto per 5 anni, mentre il Parlamento, monocamerale dopo una modifica alla Costituzione nel 2001 che ha abolito la Camera delle contee, è formato dall'Assemblea nazionale (Sabor) di 151 membri, di cui 6 sono i rappresentanti delle comunità croate all'estero e 5 quelli delle minoranze. Esso, rinnovato ogni 4 anni, accorda la fiducia all'esecutivo, costituito da 15 ministeri, il cui capo viene designato dal presidente della Repubblica. Sul piano amministrativo, il territorio è ripartito in 21 županije (contee), tra le quali una è quella della capitale e un'altra corrisponde alla sua regione. L'ordinamento giudiziario, basato sul sistema europeo continentale e autonomo rispetto agli altri poteri dello Stato, è costituito da tribunali su cui sovrasta una Corte suprema. Non è in vigore la pena di morte. L'istruzione primaria e secondaria comprende tre cicli quadriennali, dei quali i primi due sono obbligatori e gratuiti. Compiuto il 15° anno di età, si possono frequentare le scuole superiori che constano di quattro indirizzi: letterario, scientifico, tecnico e artistico. Alle minoranze vengono garantiti corsi tenuti in madrelingua. L'analfabetismo riguarda l'1,3% della popolazione croata (2007).

Territorio: geografia fisica

Il territorio , morfologicamente assai vario, comprende a E, tra la Drava e la Sava, l'estremo lembo del bassopiano pannonico (Slavonia, Podravina e Posavina). La Slavonia è prevalentemente pianeggiante, anche se nella sua parte occidentale presenta una serie di modesti poggi marnosi (Pozeska, Gora) che raggiungono al massimo i 984 m (Psuni). A W del Paese, si innalzano invece i rilievi calcarei delle Dinaridi, con estesi altopiani carsici (Gorski Kotar, Lika) incisi da valli profonde, terminanti a strapiombo sul mare sul versante adriatico, dove scendono a picco con ripide scarpate, mentre verso l'interno digradano più dolcemente con una serie di ripiani. Lungo la costa appartengono alla Croazia quasi tutta la Dalmazia, fino alle Bocche di Cattaro, e l'Istria. La costa della Dalmazia è alta e frastagliata, con poco spazio per pianure costiere. La fronteggiano numerose isole, separate da bracci di mare longitudinali, che corrispondono a valli fluviali oggi invase dalle acque marine. I rilievi calcarei montenegrini e delle Alpi Dinariche, che incombono quasi ovunque sul mare sia sulla costa sia sulle isole, proteggono la Dalmazia dai venti freddi dell'entroterra, ma ne rendono difficoltosa la comunicazione con il resto del Paese. Anche l'Istria ha coste molto articolate per la presenza di profondi valloni sommersi; di forma triangolare, si divide in Istria bianca (parte settentrionale), Istria gialla (parte orientale) e Istria rossa (parte centrale e occidentale) a seconda della composizione chimica delle rocce (costituite soprattutto da calcari e da arenarie) che conferisce un diverso colore al paesaggio. La Croazia, ricca di corsi d'acqua, tributa gran parte di essi al Danubio tramite la Drava e la Sava ed è attraversata da alcuni fiumi, di dimensioni più modeste, che sfociano nell'Adriatico (Zrmanja, Krka, Cetina, Narenta). Lo spartiacque tra il bacino danubiano e quello dell'Adriatico va dal Monte Nevoso (1796 m) a NW, attraversa gli altopiani carsici a W e prosegue verso SE lungo la sommità delle Alpi Dinariche. Molti fiumi provengono o raggiungono il territorio di altri Paesi. La Culpa, che si origina da una ricca sorgente carsica negli altopiani occidentali, segue per lungo tratto il confine con la Slovenia. La Sava, che percorre la Croazia centrale e forma la pianura alluvionale intorno a Zagabria, marca per molti chilometri il confine con la Bosnia. Il Drava e la Mura, provenienti dalla Slovenia, attraversano la Croazia e prima di riversarsi nel Danubio percorrono il confine ungherese. I maggiori fiumi dell'Istria sono il Quieto (Mirna) e l'Arsa, della Dalmazia la Zrmanja e la Krka: essi hanno foci a estuario, a causa dei fenomeni di sommersione marina del recente passato geologico di queste regioni. Il clima è di tipo continentale nella Croazia centrale: d'inverno nelle depressioni interne si registrano spesso temperature di diversi gradi sotto lo zero, quando sugli altopiani domina violentissima la bora. Anche le caratteristiche climatiche della Slavonia sono nettamente continentali, mentre l'Istria è interessata da un clima mite e marittimo lungo la coste, ma alquanto rigido all'interno. In Dalmazia, infine, si hanno condizioni tipicamente mediterranee, che si accentuano da N a S che si manifestano nell'andamento stagionale delle temperature (con inverni mite ed estati calde) e delle piogge (valori massimi invernali e marcata siccità estiva).

Territorio: geografia umana

La popolazione è costituita per la maggior parte da croati (89,6%), in misura di molto inferiore da serbi (4,5%), bosniaci (0,5%), italiani (0,4%), magiari (0,4%), albanesi (0,3%), sloveni (0,3%) oltre ad altre nazionalità ancor più minoritarie e a persone che non hanno indicato la nazione di appartenenza, per un totale pari a ca. il 4%. Dal punto di vista demografico, la popolazione complessiva della Croazia, con 4.437.460 ab. censiti nel 2001, si è ridimensionata rispetto a quella registrata con il censimento del 1991, che contava 4.784.265 abitanti. Tale calo vistoso è dovuto all'abbassamento del tasso di natalità non compensato integralmente dall'allungamento della vita media, e all'uscita dal Paese della maggior parte dei serbi e di altre minoranze nazionali dopo la proclamazione dell'indipendenza e la guerra degli anni Novanta. I serbi, infatti, che nel 1991 formavano ca. il 12% della popolazione della Croazia ed erano riconosciuti come nazione costitutiva della repubblica, ritrovandosi relegati, dopo l'indipendenza, al rango di minoranza etnica e non accettando la secessione della Croazia, hanno costituito a loro volta una “repubblica indipendente” serba entro il territorio croato, non riconosciuta internazionalmente. Essa, in guerra con la Croazia, è stata eliminata dal governo di Zagabria nel 1995 con un'azione militare che ha provocato alcune migliaia di morti tra la popolazione serba e ca. 200.000 profughi che hanno abbandonato il Paese e che successivamente non hanno più voluto, o potuto, rientrare in Croazia. Il saldo positivo tra i dati censitari del 2001 e le stime relative al 2003, è dovuto prevalentemente ai ritorni degli emigranti croati espatriati per lavoro soprattutto in Germania e in altri stati dell'Europa occidentale. Il nazionalismo croato, unitamente alla storica rivalità con la Serbia e alle differenze di religione (i croati sono cattolici), hanno contribuito non poco alla risolutezza con cui la Croazia difese la scelta di uscire dalla Federazione Iugoslava (appoggiata, peraltro, da Germania e Austria, che vi hanno consistenti interessi economici), come anche alla decisione di abbandonare il Paese da parte di molti abitanti di nazionalità non croata. La comunità italiana, in controtendenza rispetto alle altre minoranze, ha fatto registrare una crescita arrivando a contare ca. 30.000 persone; il suo status, già concordato tra il governo italiano e quello iugoslavo con il trattato di Osimo nel 1975, è stato rinegoziato nel 1996 vista la scomparsa della Iugoslavia federale a sei Repubbliche che a suo tempo l'aveva sottoscritto. Alla minoranza italiana in Croazia, residente principalmente in Istria, è stato riconosciuto un certo grado di autonomia, comprese la libertà di organizzazione e di uso della lingua. La densità media presenta vistose differenze tra le aree urbanizzate e costiere, fittamente popolate, e le regioni interne montuose e della Slavonia a rada densità abitativa. È urbanizzato il 57% (2008) della popolazione totale. Città principali, oltre alla capitale Zagabria (785.866 ab. nel 2007) che è un nodo essenziale del Paese, sono Rijeka (l'italiana Fiume), Zara, Sebenico, Spalato e Dubrovnik (l'antica Ragusa), sulla costa; Sisak, Varaždin, Osijek e Slavonski Brod nell'interno. Nel territorio sono riconoscibili quattro regioni funzionali gravitanti ciascuna sul proprio maggiore centro urbano: in Slavonia quella che fa capo a Osijek, nella Croazia propriamente detta quella di Zagabria, in Istria e nella Dalmazia settentrionale quella con baricentro a Rijeka, nel resto della Dalmazia quella con centro di gravità a Spalato a cui si aggiungono i poli di Zara a N e di Dubrovnik a S.

Territorio: ambiente

Il territorio della Croazia presenta tre tipologie di ambiente naturale nettamente distinte: mediterraneo in Istria, in Dalmazia e nelle isole adriatiche, montuoso sulle Alpi Dinariche e gli altopiani carsici, continentale nella pianura pannonica. Come per le altre Repubbliche della passata federazione iugoslava, anche la Croazia ha ereditato una tradizione di protezione dell'ambiente che risale al secondo dopoguerra mondiale. Dal 1949 al 1999 si sono istituiti, infatti, otto parchi nazionali a tutela di specifici ecosistemi e di rare specie floreali e faunistiche. Il più antico è quello dei laghi di Plitvice nella regione montuosa della Lika, dalle spiccate caratteristiche carsiche, che per l'eccezionalità della sua natura è stato dichiarato dall'UNESCO sito Patrimonio dell'Umanità. Inizialmente esteso su 191,72 km², è stato ingrandito fino a raggiungere i 330. Occupa un bacino idrografico formato da sedici laghi collegati fra loro da cascate e alimentati da fiumi compresi nel bacino danubiano. Parte della sua superficie coperta da faggi e abeti bianchi e rossi è a protezione integrale e pertanto chiusa al pubblico. L'area del parco, antica regione di frontiera tra i domini asburgici e quelli ottomani, in passato è stata toccata poco dall'antropizzazione e per questo ha potuto preservare il proprio ambiente naturale, la cui integrità è stata compromessa, tuttavia, dagli eventi bellici degli anni Novanta. Oltre a cinghiali e a caprioli, nel parco vivono alcune decine di orsi bruni. Altri parchi nazionali montani sono il Risnjak (1953), il Velebitsettentrionale (1999) e quello di Paklenica (1949), costituiti per buona parte da rocce carsiche e meta tradizionale di alpinisti e altri amanti della montagna. Nell'entroterra di Sebenico si trova il parco nazionale fluviale di Krka (Cherca) (1986), sull'omonimo fiume dalle caratteristiche carsiche. I parchi nazionali insulari sono tre: quello dell'arcipelago di Brioni (1983) di fronte alla costa istriana, quello di Kornati, formato da isolotti al largo di Zara, in Dalmazia, su cui domina la macchia mediterranea e vi nidificano i cormorani e i falchi pellegrini, oltre a quello di Mljet (Meleda) (1960), a NW di Dubrovnik. In Slavonia orientale, alla confluenza della Drava con il Danubio, nel 1967 è stata istituita la riserva naturale di Kopacki per preservare l'ambiente palustre, habitat per centinaia di specie di uccelli, tra cui l'aquila di mare che vi nidifica. In totale le aree protette comprendono il 6,4% del territorio nazionale (2007).

Economia

I conflitti etnici interni hanno rallentato lo sviluppo economico della Croazia e negli anni Novanta e nei primi anni 2000, anche se nel 2004-05 il PNL è cresciuto del 4% ca. nonostante la stagnazione che affligge il Paese come generalmente il resto d'Europa. L'inflazione è pari a poco più del 6% annuo, mentre il PIL pro capite, che nel 2008 ha raggiunto i 15.628 $, rimane tra i più elevati nella regione balcanica. Un grave problema non ancora risolto è la disoccupazione, che nel 2008 ha raggiunto l'8,4% della popolazione attiva. La Croazia fa fronte al proprio ingente debito estero grazie ai proventi che le derivano dal turismo, dalle esportazioni e dal risparmio interno. Il Paese attrae facilmente capitali stranieri, che affluiscono soprattutto dagli Stati di lingua tedesca, dall'Ungheria, dall'Italia e dagli USA. I settori verso cui affluiscono maggiormente gli investimenti esteri sono quelli delle telecomunicazioni, quello bancario-finanziario e dell'industria farmaceutica. Nel 2003, l'intenzione del governo di risanare i conti dello Stato riducendo stipendi e posti di lavoro nel settore pubblico e tagliando le pensioni, si è scontrata con l'ostilità delle forze politiche e dell'opinione pubblica, tanto da dovere rivedere tali progetti. Proseguono, invece, le privatizzazioni di banche e società, nonostante sia previsto che parte della loro proprietà resti allo Stato. Il Fondo Monetario Internazionale ha stanziato fondi per fare fronte alle esigenze del debito pubblico durante l'approntamento delle misure opportune per realizzare riforme strutturali, riguardanti anche la disciplina fiscale. La Banca Mondiale a sua volta assiste la Croazia nella riforma delle pensioni, del sistema giudiziario e del codice civile per stabilire normative certe in modo da incoraggiare gli investitori stranieri; i programmi di aiuti internazionali riguardano anche l'ammodernamento dell'agricoltura e della rete stradale. Le riforme sopra menzionate hanno lo scopo di adeguare il sistema economico e infrastrutturale della Croazia ai parametri dell'UE, in vista di una futura adesione. L'agricoltura è concentrata nelle pianure settentrionali, ricche di acqua; le colture principali sono il mais, il frumento, le patate, la barbabietola da zucchero; lungo le coste si coltivano la vite e l'olivo. Dalle foreste si ricavano discrete quantità di legname, in buona parte esportato . Sono presenti alcuni giacimenti di gas naturale (Gojilo, Kloštar, Ivaniæ) e di petrolio (Benicanci, Struzec, Zutica, Kloštar). Un oleodotto collega il porto di Omišalj (isola di Veglia) a Sisak, dove si dirama verso Bratislava e Budapest. Altre risorse sono il carbone e la bauxite (in Istria). Prima delle distruzioni della guerra la Croazia era, con la Slovenia, la repubblica iugoslava più industrializzata. Grazie anche all'afflusso di notevoli capitali esteri, molti settori sono tornati competitivi: la siderurgia (Sisak, Spalato, Topusko), la metallurgia (Sebenico), la chimica e la petrolchimica (Zagabria, Spalato, Kutina, Osijek, Rijeka, Sisak), la meccanica (Slavonski Brod, Zagabria), la cantieristica (Rijeka, Spalato, Pola), l'alimentare, il tessile (Varaždin, Zagabria, Duga Resa). La forma allungata dello Stato non favorisce le comunicazioni, date le ingenti distanze da coprire; inoltre, i collegamenti tra il NE e il S devono passare attraverso la Bosnia. Vi sono quasi 30.000 km di strade, tra cui l'autostrada Zagabria-Spalato di costruzione posteriore al 2000, mentre la rete ferroviaria consta di soli 2726 km di binari, elettrificata per meno di mille. In notevole ripresa è anche il turismo, che sta ritornando ai livelli del 1990 (quando vi furono ca. 4 milioni di ingressi). Il Paese esporta soprattutto prodotti chimici, macchinari, legname. Il primo partner commerciale è l'Italia.

Storia

Abitata dagli Illiri e colonizzata dai Greci, la regione fece parte in epoca romana della Pannonia e nel 356, dopo essere stata provvisoriamente sottomessa dagli Ostrogoti, fu annessa da Giustiniano a Bisanzio. Conquistata dagli Avari (568), fu progressivamente abitata, a partire dal sec. VII, da popolazioni slave che, provenienti dal N dei Carpazi, occuparono la zona posta tra la Sava e la Drava (cosiddetta Croazia pannonica) e quella lungo la costa (Croazia dalmatica o marittima). Costretti a subire l'ostilità degli Avari, queste popolazioni identificate poi negli antenati della nazione croata, finirono per chiedere appoggio ai Franchi e a Bisanzio. Convertite al cristianesimo sotto l'influenza franca, furono legate più all'influenza germanica che a quella bizantina e l'elemento religioso finì per catalizzare le esigenze di indipendenza dal dominio bizantino, ristabilito tra l'877 e il 910 . Il principe croato Tomislao costituì uno Stato croato indipendente ed ebbe nel 925 il titolo di re. Nel sec. XI lo Stato croato si consolidò e si estese fino alla Dalmazia, ma lotte interne e rivalità delle potenze interessate alla Croazia portarono Pietro IV Kresimir (1058-74) ad appoggiarsi all'Ungheria, finché, estintasi la dinastia croata nel 1102, la corona di Croazia e Dalmazia passò a Colomanno, re d'Ungheria; nel 1260 Bela IV di Ungheria divise la Croazia, separando il Regno di Croazia e Dalmazia dal Regno di Slavonia. La regione rimase agli Ungheresi fino al 1526 quando, in seguito alla sconfitta delle truppe ungaro-croate da parte dei Turchi (Mohacs), passò sotto gli Absburgo. Impegnata in una continua resistenza ai Turchi e contemporaneamente a difendere la propria autonomia nei confronti dei Serbi e dell'accentramento asburgico, la popolazione croata fu sollecitata a mantener viva la propria coscienza “illirica” e dopo il dominio napoleonico (1809-13) si sviluppò in Croazia un movimento politico-culturale che faceva capo a L. Gaj: l'illirismo. La lotta per la propria autonomia continuò a caratterizzare la vita della Croazia fino alla fine della prima guerra mondiale, quando il dissolvimento dell'Impero austro-ungarico portò all'unione di Croazia, Slovenia e Serbia nel Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni (1918) con capitale Belgrado, ridenominato Regno di Iugoslavia nel 1929. Un forte antagonismo contro l'elemento serbo e contro la sua politica di accentramento rese difficile la vita del nuovo Stato nell'ambito del quale nel 1939 (25 agosto) la Croazia fu infine costituita in banato autonomo. Con l'occupazione tedesca di Zagabria (aprile 1941), gli ustascia (nazionalisti croati) proclamarono uno Stato indipendente di Croazia esteso anche all'odierna Bosnia ed Erzegovina, che in realtà era asservito ai nazifascisti, offrendone la corona al principe italiano Aimone d'Aosta. Lo Stato croato, che aveva perseguito l'obiettivo di assicurare la purezza etnica nel proprio territorio eliminandovi serbi, zingari ed ebrei in quanto non croati, ebbe termine con la conquista della regione da parte degli Alleati al N e con l'arrivo delle truppe di Tito (6 maggio 1945). Il 30 novembre 1946 la Croazia come Repubblica dal territorio corrispondente a quello dello Stato croato odierno entrò nel sistema federale della Repubblica Popolare Iugoslava. Negli anni Settanta gli ustascia ricostituirono un movimento separatista clandestino di ispirazione fascista, che compì numerose azioni terroristiche in Iugoslavia e all'estero. Alla fine degli anni Ottanta, in seguito al crollo dei regimi comunisti nell'Europa orientale, si sviluppava in Croazia una forza politica secessionista che, dopo un referendum popolare favorevole in larga maggioranza al distacco dalla Federazione delle Repubbliche iugoslave, induceva il Parlamento a proclamare, il 26 giugno 1991, l'indipendenza della Croazia. Questa tuttavia, così come la contemporanea dichiarazione di sovranità della Slovenia, non era riconosciuta dalle istituzioni federali di Belgrado, che mobilitavano l'esercito contro le repubbliche ribelli, responsabili di avere proclamato la secessione alterando unilateralmente le strutture federali dello Stato. La sanguinosa guerra civile che ne seguiva, resa ancor più cruenta dagli scontri etnici con l'agguerrita minoranza serba presente in Croazia, non si placava neanche dopo il riconoscimento dell'indipendenza croata da parte dei Paesi della CEE (gennaio 1992) e di gran parte della comunità internazionale, tanto da determinare l'invio di un forte contingente dell'ONU. La presenza di una forza di interposizione e, soprattutto, l'evoluzione delle vicende bosniache allentavano di fatto la tensione tra Croazia e Serbia, se si esclude la pur importante questione della Krajina dove, nel 1993, la popolazione serba si pronunciava per l'unificazione con i serbo-bosniaci. Contestualmente la Croazia era protagonista, proprio in Bosnia ed Erzegovina, di un'altalenante politica fatta di accordi ufficiali con i governanti musulmani, mentre le milizie croato-bosniache perseguivano quella pratica della pulizia etnica che ha costituito il leitmotiv della crisi balcanica. Il conflitto croato-musulmano in Bosnia ed Erzegovina, vera e propria guerra dentro la guerra, si concludeva, almeno ufficialmente, con l'accordo siglato nel marzo 1994 per la formazione di una federazione croato-musulmana contrapposta ai serbi di Bosnia. Il governo croato si impegnava quindi a ristabilire il proprio dominio su tutto il suo territorio della Croazia propriamente detta, in parte tramite accordi, in parte con operazioni militari: nel 1995 le sue truppe, con l'appoggio politico e materiale degli Stati Uniti, riconquistavano gran parte dei territori che sin dall'indipendenza erano stati occupati dai serbi e da essi costituiti nell'autoproclamata Repubblica della Krajina; nel 1998 il governo riprendeva il controllo della Slavoniaorientale (sottoposta dal gennaio 1996 all'amministrazione transitoria dell'ONU). I rapporti tra Croazia e Iugoslavia, segnati positivamente, dopo cinque anni di guerra, dall'accordo siglato ad Atene (agosto 1996) dal presidente croato Franjo Tudjman (in carica dal 1990) e dal leader iugoslavo Milošević per il riconoscimento reciproco, con relative relazioni diplomatiche, si deterioravano nel 1999, dopo l'intervento armato della NATO contro la Repubblica federale di Iugoslavia. La morte di Tudjman nel dicembre 1999, la successiva sconfitta del suo partito (HDZ) alle elezioni politiche del gennaio 2000, vinte dalla coalizione di centro-sinistra (socialdemocratici e liberali) di Ivica Racan e, soprattutto, la vittoria di Stjepan Mesić (56%), candidato del Partito Popolare, alle elezioni presidenziali del febbraio 2000, segnavano una svolta nella storia della Croazia, finalmente avviata a liberarsi del proprio nazionalismo e a darsi l'assetto di una democrazia parlamentare europea. Tuttavia le tensioni all'interno del governo e un'economia che stentava a decollare comportavano che alle elezioni legislative del novembre 2003 l'HDZ, guidata da Ivo Sanader, vinceva. Nel giugno 2004 il Paese avviava i negoziati per l'adesione alla UE, mentre le presidenziali del gennaio 2005 erano nuovamente vinte da Mesić. Tuttavia, la politica europeista dei governi croati del dopo-Tuđjman ha visto diminuire i consensi tra l'opinione pubblica, dal momento che le istituzioni europee richiedono quali condizioni imprescindibili per l'ingresso dello Stato nell'UE, la consegna dei criminali di guerra tra cui spicca la figura del generale Ante Gotovina – considerato invece un eroe dai croati – oltre al rientro dei profughi delle minoranze nazionali costretti a lasciare il Paese negli anni Novanta. Infatti, le trattative per l'adesione che avrebbero dovuto pervenire a una fase decisiva a partire dal 17 marzo 2005, sono state bloccate per il mancato arresto del generale Gotovina e per lo scarso zelo con cui il governo croato attua i programmi di rientro per i 180.000 fuoriusciti serbi, ancora profughi in Serbia e Montenegro e in Bosnia ed Erzegovina. In seguito a un atteggiamento di maggiore collaborazione da parte del governo croato, i negoziati si sono avviati nuovamente a partire dall'ottobre 2005. Nel novembre 2007 si svolgevano le elezioni legislative vinte di misura dall'HDZ con il 32% mentre i socialdemocratici si attestavano al 31%. Successivamente I. Sanader veniva riconfermato premier. Al vertice della NATO di Bucarest dell'aprile 2008 la Croazia veniva formalmente invitata ad aderire all'organizzazione. Nel giugno 2009 il premier si dimetteva e il mese dopo il parlamento votava la fiducia a Jadranka Kosor, prima donna a ottenere quest'incarico nel Paese. Nel gennaio 2010 il candidato democratico Ivo Josipovič vinceva il ballottaggio delle elezioni presidenziali con il 64,6 % dei consensi, battendo il sindaco di Zagabria Milan Bandič. Nel giugno del 2011 la Commissione europea annunciava la fine dei negoziati di adesione del Paese all'Unione Europea; in novembre si svolgevano le elezioni per il rinnovo del parlamento vinte dalla coalizione di centro-sinistra Kukuriku, facendo perdere il potere ai conservatori dell'HDZ, mentre nel gennaio del 2012 si svolgeva il referendum sull'adesione all'UE, con una netta vittoria dei favorevoli. Nel giugno del 2013 il Paese entrava a far parte dell'Unione Europea.

Cultura: generalità

Tra i Paesi di area balcanica che nel Novecento hanno fatto parte del blocco socialista, la Croazia è quella più ricca di contrasti: la sua cultura è sia quella della costa dalmata, cattolica e vicina storicamente all'Italia e all'Europa occidentale, sia quella slava e ortodossa delle regioni interne confinanti con la Serbia. Le due “anime” della Croazia (vale a dire quella croato-pannonica e quella adriatica) hanno sempre saputo trovare un reciproco equilibrio, non privo tuttavia di contrasti e incomprensioni. Dal punto di vista della lingua, fino allo scoppio del conflitto iugoslavo il serbo-croato veniva percepito come un'unica entità, sia pure scritto in due alfabeti differenti, e solo la nascita del nazionalismo ha spinto i due Paesi a instaurare una separazione anche istituzionale tra le due lingue. Sedi universitarie, oltre a Zagabria e Spalato, sono Rijeka e Osijep. Nella capitale vi sono numerose rassegne teatrali internazionali, come Eurokaz e il World Theatre Festival Zagreb, fondato nel 2003; il festival più famoso di Zagabria è tuttavia dedicato al cinema d'animazione, che ha qui una scuola d'eccellenza. Nella citta di Požega, in Slavonia, si tiene ogni anno un festival di musica tradizionale molto seguito, lo Zlatne žice Slavonije. Ben sei siti croati sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO: oltre al parco che racchiude i laghi di Plitvice, sono da ricordare il grandioso palazzo di Diocleziano a Spalato; la città antica di Dubrovnick; la Basilica Euphrasiana di Parenzo (Poreč), capolavoro dell'arte bizantina del sec. VI; la cattedrale di Sebenico; il centro storico di Traù (Trogir), in Dalmazia, città fondata dai Greci e portata all'apogeo dai Veneziani. § Per Danza e balletto, Spettacolo e Cinema (prima dell'indipendenza vedi alla voce Iugoslavia (ex Stato europeo).

Cultura: tradizioni

Il ricco patrimonio di canti e danze tradizionali che costituiva l'anima del folclore croato viene eseguito da numerosi gruppi professionali e non è più strettamente legato, come del resto ovunque in Europa, all'espressione delle comunità locali. Inoltre, poiché la Croazia è aperta a un ragguardevole flusso turistico proveniente dall'Europa, ha assunto ancor prima degli altri Paesi della ex Iugoslavia balcanica una netta fisionomia culturale occidentale, in particolare in Dalmazia; i legami familiari e di clan, tuttavia, sono sempre molto sentiti, soprattutto nella parte più interna del Paese, che ha mantenuto più stretti rapporti con le radici culturali slave. § La cucina croata rispecchia la doppia anima del Paese, insieme balcanica e mediterranea: dappertutto si possono trovare burek (una torta salata che alterna strati di pasta a formaggio o carne trita) e le piroska, frittelle ripiene di formaggio; tra le specialità delle zone interne vi sono la manistra o bobica, a base di fagioli, mais e prosciutto affumicato e gli gnocchi di formaggio noti come struckle; sul mare della costa dalmata si cucina il pesce e si prepara il brodet, una zuppa a base di pesce e riso. Ovunque a fine pasto si beve sljivovica, acquavite di prugne, o travalica, a base di erbe.

Cultura: letteratura

I primi testi letterari croati hanno carattere religioso o ecclesiastico e discendono quasi interamente dalla tradizione cirillo-metodiana (vedi Metodio e Cirillo (Costantino) detto il filosofo: si tratta in gran parte di testi liturgici, sacri e moralistici, narrazioni agiografiche e infine opere giuridiche di derivazione latina. Alla fine del sec. XV fiorì nelle città della costa dalmata una produzione ricca e varia in latino, italiano e croato. Centro principale dell'attività letteraria fu Ragusa (Dubrovnik), che riuscì a mantenere anche sotto la dominazione turca (1526-1806) un'autonomia relat. grande. Tra gli autori più importanti sono da ricordare i poeti Marko Marulić (1450-1524), autore del poema religioso Giuditta, Džore Držić (Giorgio Darsa, 1461-1501), il drammaturgo Marin Držić (Marino Darsa, 1508-1567), che portò al suo massimo sviluppo il dramma rinascimentale, e, più tardi, Ivan Gundulić (Giovanni Gondola, 1589-1638), autore del poemetto epico Osman e del dramma Dubravka, il poeta lirico Dinko Zlatarić (1558-1609) e il versatile Junije Palmotić (1606-1657), che eccelse essenzialmente nella produzione drammatica. Con questi scrittori si conclude il periodo più rigoglioso della letteratura croata, che dopo di loro andò impoverendosi nelle forme e nei contenuti. Trascurate nella prima metà del Settecento, le lettere croate vennero ridestate soprattutto per merito di Antun Matija Reljković (1732-1798), autore di un poemetto di sapore illuministico (Il satiro o uomo selvaggio). Un radicale rinnovamento si ebbe solo agli inizi dell'Ottocento quando, con il sorgere di un movimento politico e culturale che si proponeva di realizzare l'unificazione di tutti gli slavi meridionali (illirismo), vennero fondate nuove istituzioni culturali, musei, biblioteche, teatri e riviste e si sviluppò una nuova letteratura di carattere romantico. Promosso da Janko Drašković (1770-1856), il movimento illirico, che ebbe in Zagabria il suo centro culturale più importante, fu sviluppato da Ljudevit Gaj (1809-1872), suo massimo esponente. A lui si deve la riforma dell'alfabeto croato, che venne imposto come lingua letteraria comune a tutti i croati, al fine di liberarli dalla soggezione culturale di una borghesia tedeschizzante o magiarizzante. In mezzo alla mediocrità degli scrittori illiristici, spesso improvvisatori, emersero i poeti Ivan Mažuranić (1814-1890), Petar Preradović (1818-1872) e Stanko Vraz (1810-1851), oltre al drammaturgo Dimitrije Demeter (1811-1872). Negli anni Sessanta e Settanta del secolo vennero abbandonati i temi romantici e cominciò a fiorire la prosa, soprattutto nelle forme del racconto umoristico e del romanzo storico: tra gli autori di maggior rilievo si annoverano August Šenoa (1838-1881) e Zmaj Jovan Jovanović (1833-1904). Durante l'ultimo decennio dell'Ottocento, infine, si affacciarono sulla scena letteraria croata il naturalismo e il realismo: ne furono principali esponenti Eugen Kumičić (1850-1904), Ante Kovačić (1854-1889), Ksaver Šandor Ðalski (1854-1935), nostalgico descrittore di un mondo travolto dall'evoluzione civile e dal progresso sociale, e Josip Kozarac (1858-1906). Agli inizi del Novecento anche il mondo letterario croato, sotto gli influssi tedeschi, francesi e italiani, accolse il modernismo nelle voci di Vladimir Nazor (1876-1949), Ivo Vojnović (1857-1929), Vladimir Vidrić (1875-1909), Milan Begović (1876-1948), Antun Gustav Matoš (1873-1914). Dopo la prima guerra mondiale futurismo, espressionismo e surrealismo, sempre di importazione straniera, provocarono vivaci fermenti in tutta la Iugoslavia. La personalità più rilevante fu Miroslav Krleža (1893-1981), la cui vasta opera spazia dalla poesia (Tre sinfonie, Il libro delle liriche) ai drammi di Legenda e ai saggi critici. Tra i poeti dominò Tin Ujević (1891-1955), nella cui lirica si riflettono le ansie, le trepidazioni e le speranze di un'epoca. Tra gli scrittori si ricordano S. Kolar (1891-1963), V. Kaleb (1905-1996); tra i poeti D. Cesarić (1902-1980), I. Kusan (n. 1933) e soprattutto Dragutin Tadijanovic (n. 1905), forse il massimo poeta croato del Novecento; tra i drammaturghi M. Matković (1915-1985), M. Franičević (1911-1990), I. Raos (1921-1987). Nell'ultimo ventennio del Novecento la letteratura croata ha conosciuto un grande rinnovamento nella forma e nello stile: si ricordano, tra gli esponenti di questa rinascita, i romanzieri N. Fabrio (n. 1937), M. Peić (n. 1923). È nato a Sarajevo, ma vive a Zagabria fin dallo scoppio della guerra Miljenko Jergović (n. 1966), drammaturgo e narratore che utilizza con abilità molti registri espressivi (Mama Leone, 2002; La magione di noce, 2005); infine, è interessante la riflessione sulla crisi postbellica attraversata dai giovani croati narrata da Pavičić Jurica (n. 1965) in Montoni d’alabastro, 1996, da cui il regista Vinko Brešan ha tratto I testimoni (2004). Da segnalare infine i racconti-saggio che compongono Balkan Express di Slavenka Drakulić (n. 1949).

Cultura: arte

Nelle regioni costiere dell'Istria e della Dalmazia, oggi appartenenti per la maggior parte alla Repubblica croata, si conservano ancora le tracce degli insediamenti greci (Nesazio) e soprattutto romani, fra i quali si segnalano in particolare Pola e Spalato. Questo territorio fece successivamente parte dell'Impero Romano d'Oriente e fu interessato da un'ingente attività architettonica soprattutto durante il regno di Giustiniano I (527-565). A questo periodo risale infatti la costruzione, nell'antica colonia romana di Julia Parentium (odierna Parenzo), della Basilica Eufrasiana, presso la quale ancora si conservano gli splendidi mosaici originali. Dalla fine del sec. VI, quando l'invasione delle popolazioni slave interruppe la tradizione romana, al sec. IX sono esclusivamente i reperti provenienti dai corredi tombali a fornire la testimonianza di un'attività artistica nella regione. § Tra i sec. IX e XI rifiorì in quest'area un'arte di carattere monumentale, testimoniata, soprattutto in Dalmazia, da chiese a pianta centrale, fra le quali degna di nota è la rotonda di San Donato a Zara, e da piccole chiese longitudinali con volte a cupola. A questa produzione preromanica si affiancò successivamente la penetrazione dell'architettura dei Benedettini cassinesi, che costruirono varie basiliche lungo la costa adriatica. Nel sec. XII Dalmazia e Istria conobbero la diffusione del romanico, i cui tratti caratteristici si fusero inizialmente con lo stile architettonico della tradizione bizantina, mentre solo nei secoli successivi le diverse correnti tesero a differenziarsi accentuando i tratti più specifici di ciascuna. In Croazia penetrò nel sec. XIII il gotico francese e tedesco, di cui restano significative testimonianze nella chiesa cistercense di Kostanjevica (sec. XIII) e nella cattedrale di Zagabria, costruita verso il 1275 e successivamente riedificata nel sec. XIX. Numerosi sono anche gli edifici di culto tardogotici, quali quello dedicato a San Marco a Zagabria e le rovine della chiesa di Topusko. In Croazia il gotico si esaurì solo nel sec. XVII con l'affermarsi dell'architettura tardobarocca dei maestri italiani, ai quali si deve la costruzione della chiesa parrocchiale di Belec (1729-1740) e di quelle di Lepoglava (1740 ca.) e della vicina città di Purga (1750). A Zagabria lavorò lo scultore sloveno di origine veneziana F. Robba, pure influenzato dagli artisti italiani. Una particolare vicenda artistica caratterizzò la Dalmazia che, diversamente dal resto del Paese, essendo indissolubilmente legata all'arte italiana, ne seguì a grandi linee gli sviluppi dal romanico al barocco. § Nel sec. XIX la pittura croata subì l'influenza delle tendenze artistiche che si andavano affermando negli altri Paesi europei e in particolare in Francia. All'inizio del Novecento i pittori impressionisti croati, come M. Kraljević, J. Račić e V. Bečić, si legarono al movimento di unità nazionale iugoslavo e dopo l'unificazione con la Serbia, la Slovenia e la Bosnia ed Erzegovina, avvenuta nel 1918, si manifestò in Croazia, come pure nelle altre regioni, una reazione all'impressionismo. Grandissima influenza ebbe inoltre, anche al di fuori della Croazia, lo scultore I. Mestrovič. Dopo la fine della seconda guerra mondiale l'arte si adeguò per un certo periodo ai canoni del realismo socialista ma dopo il 1950 ripresero vigore anche correnti artistiche ispirate ad analoghe esperienze europee, come nel caso del gruppo d'avanguardia Gorgona, creato a Zagabria negli anni Sessanta sulla scorta di Fluxus, o le geometrie astratte di Edita Schubert (n. 1947) e Djuro Seder (n. 1927). Un cenno particolare meritano i pittori naïf, tra i quali emergono i croati I. Generalić, intorno a cui è fiorita la scuola di Hlebine, e I. Rabuzin. Per citare infine i nomi più noti dell'arte croata contemporanea, Edo Murtić (1921-2005) fu pittore di paesaggi mediterranei dalle spesse campiture cromatiche, vicino all'informale; Dimitrije Popović (n. 1951) è invece un pittore surrealista, estremamente popolare in Croazia, e non a caso definito il “Dalì croato”. Va infine ricordato che, nel corso del conflitto sviluppatosi a partire dal 1992, nei territori croati confinanti con la Serbia e la Bosnia ed Erzegovina numerose città d'arte, come la dalmata Dubrovnick, sono state bombardate, subendo danni gravissimi e un numero incalcolabile di monumenti e opere d'arte è andato così irrimediabilmente distrutto.

Cultura: musica

La musica colta trae le sue prime testimonianze dai codici di canto corale (diffuso soprattutto nei conventi dalmati), la cui notazione indica un legame con la tradizione occidentale ed evidenzia il punto di confine di divulgazione di quest'ultima rispetto alla cultura bizantina. La costa dalmata fu musicalmente influenzata dalla vicinanza con l'Italia, mentre al N il Paese era culturalmente chiuso, impegnato per lungo tempo nelle guerre contro l'invasione turca. L'influenza veneziana è evidente a partire dal sec. XVII, quando vengono realizzate le prime opere e si afferma il gusto barocco (si ricorda Atalanta di J. Palmotič, 1629). Il compositore più noto del periodo è il dalmata I. Lukačić (1597-1648), organista e direttore di coro a Spalato, che pubblicò le sue Cantiones Sacrae a Venezia nel 1629. Fra i compositori del sec. XVIII, molti dei quali di origine italiana, si ricordano J. Raffaelli e J. Bajamonti, autori soprattutto di musica sacra, mentre per la musica strumentale operarono L. e A. Sorkočević, S.N. Spadina e il violinista I. Mane Jarnović (ca. 1740-1804). Nel sec. XIX con il movimento illirico e sulla scia della rivalutazione nazionalistica romantica, vengono riprese e trasferite nella musica colta le melodie popolari e i canti tradizionali; il maggior esponente di questa cultura è V. Lisinski (1819-1854), autore della prima opera croata. Nel 1827 fu fondata la Hrvatski glazbeni zavod (Fondazione musicale croata), prima scuola di musica dei Balcani. I musicisti della prima metà del Novecento sono rappresentati soprattutto da 5 compositori: B. Bersa, F. Dugan, J. Hatze, V. Rosenberg-Ružić, D. Pejačević, che miravano all'affermazione di una musica essenzialmente croata, mentre a partire dal secondo dopoguerra si andò diffondendo uno stile che, abbandonati i principi nazionalistici, si avvicina ai modelli europei, alle correnti impressioniste e dell'avanguardia (R. Matz, M. Cipra, B. Sakač, I. Malec). § La lirica popolare è legata soprattutto ai riti e alle feste dell'anno e si distingue a seconda della varietà dei dialetti alla quale fa riferimento. Gli stili sono perciò di tre diverse specie: kajkavo, štokavo e čakavo. Il ballo più antico è il kolo, che varia a seconda delle località, mentre il canto arcaico (ojkanje) ha effetti dissonanti; in genere la musica popolare si riallaccia alla tradizione balcanica salvo che sulle coste, dove prevale l'influenza della musica mediterranea. Fra gli strumenti tipici più antichi si ricordano il liuto detto lirica o lirijeca, il sopelo (specie di flauto), la zampogna. In assoluto tuttavia lo strumento più popolare nella musica tradizionale è il tamburica, uno strumento a corde affine alla balalaika russa o al mandolino italiano. § In Croazia è molto ascoltato un tipo di pop leggero che ha tra i suoi esponenti di spicco la cantante Tereza Kesovija (n. 1938); alla fine degli anni Novanta tra le generazioni più giovani anche in Croazia si è diffuso il turbo-folk di origine serba, spesso violento e nazionalista nei testi.

Cultura: cinema

Come in altri Paesi balcanici usciti da anni di guerre, anche in Croazia il cinema ha assunto il ruolo di coscienza critica destinata a ripercorrere con occhio imparziale gli anni della guerra e dell'immediato dopoguerra. Ne è un esempio il regista Vinko Brešan (n. 1964), autore del pluripremiato I testimoni (2004), che spinge a riflettere sulle colpe dei croati nel corso della guerra, e che è stato per questo osteggiato dalle frange più nazionaliste della società croata. Zagabria è da sempre considerata la capitale europea del cinema d'animazione, un ruolo che l'indipendenza non ha intaccato. Gli esponenti più noti della scuola di Zagabria sono Dušan Vukotić (1927-1998), premio Oscar nel 1961 per il film Surogat; e Joško Marušić (n. 1952); tra gli autori di film d'animazione di fine Novecento ricordiamo almeno i nomi di Daniel Suljic, con Il dolce (1997) e di Dusko Gacic, autore di Un presentimento complesso (2003).

Bibliografia

Per la geografia fisica, umana ed economica

A. Blanc, La Croatie Occidentale, Parigi, 1957; D. Krndija, Industrializacije Iugoslavije, Sarajevo, 1961; F. H. Eterovich, Croatia, Land, People, Culture, Toronto, 1964; P. Auty, Jugoslavia, Londra, 1965.

Per la storia

L. Hory-M. Broszat, Der Kroatische Ustascha-Staat, 1941-45, Stoccarda, 1965; G. Lucio, Storia del regno di Dalmazia e Croazia, Trieste, 1983.

Per la letteratura croata

M. Kombol, Poviest hrvatske književnosti, Zagabria, 1945; F. Trograncic, Storia della letteratura croata. Dall'umanesimo alla rinascita nazionale, Roma, 1953; H. Vaupotić, Hrvatska suvremena književnost, Zagabria, 1966.

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