regione dell'Italia settentrionale, 22.117 km², 4.275.802 ab. (stima 2007), 189 ab./km², capoluogo di regione: Bologna. Comuni: 341. Province: "Vedi tabella vol. IX, pag. 27" . "Per la divisione amministrativa vedi tabelle al lemma dell'8° volume e dell’Aggiornamento 1995." Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio nell'Emilia, Rimini. Confini: Lombardia (NNW), Veneto (NE), mare Adriatico (E, 131 km di costa), Marche e Repubblica di San Marino (SE), Toscana (SSW), Piemonte e Liguria (W) "Vedi cartina geografica vol. IX, pag. 27" . "Per le cartine geografiche vedi il lemma dell'8° volume e dell’Aggiornamento 1995." .

Generalità

Pressoché delimitata nei confini attuali già dalla ripartizione romana di Augusto (27 a. C.), l'Emilia-Romagna ha una forma grosso modo triangolare, racchiusa da elementi naturali ben definiti: a N il Po, a E la costa adriatica, a SW la dorsale appenninica. Al suo interno, invece, sulle pendici sudorientali del monte Fumaiolo, sgorga la sorgente, detta “Le Vene” (1348 m), e scorre il primo tratto del fiume Tevere. La regione deve il suo nome alla via Aemilia, l'arteria romana che collegava le città di Placentia (Piacenza) e di Ariminum (Rimini). Il nome Emilia cadde in disuso nell'età medievale e fu ripreso solo nel sec. XIX, mentre il termine Romagna, da Romania o Romaniola e Romandiola, risale all'invasione longobarda (sec. VI) e stava a indicare tutto il territorio del dominio romano d'Oriente in Italia; fu aggiunto ufficialmente alla denominazione Emilia solo nel 1947 in ossequio alla sua individualità storica. Nella prima metà del Cinquecento la regione era coagulata in tre entità territoriali: il ducato estense (Ferrara, Modena e Reggio), quello dei Farnese (Parma e Piacenza) e le legazioni dello Stato Pontificio (Bologna, Ravenna, Forlì, Rimini), arrivate fino all'Unità d'Italia, con le sole variazioni della devoluzione di Ferrara alla Chiesa e della successione dei Borbone al Ducato di Parma (1815). Le persistenze della storia su cui si fonda lo sviluppo della regione sono la via Emilia, vitale arteria in grado di polarizzare le attività economiche, prima agricole e poi industriali e urbane, e il Po, in epoca romana navigabile fino a Torino, nel Medioevo fonte della fortuna di Ferrara e alla fine del Novecento, come area protetta, modello di una nuova concezione della qualità dell'ambiente e della vita. Negli anni Settanta e Ottanta del sec. XX si è assistito a un grande sviluppo industriale e urbano lungo l'asse viario della via Emilia, da Piacenza a Cesena, costellato da nodi urbani ingranditi e coordinati nella megalopoli padana e che hanno fatto parlare di un “modello emiliano” di sviluppo economico. L'articolato tessuto economico di base della regione esprime anche “punte” qualitative di rinomanza mondiale quali, per esempio, il parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma, la Ferrari e le ceramiche di Sassuolo. Al primo posto per produzione agricola, la regione è caratterizzata da un imponente sistema di cooperative, dalla presenza di una densa rete urbana collegata con quella ferroviaria nazionale e internazionale, dalla diffusione di piccole e medie imprese a gestione familiare, molto flessibili e capaci di autofinanziamento, oltre che da una crescita spettacolare dei servizi turistici, che hanno creato, tra Rimini e Cattolica, una grande megalopoli delle vacanze.

Territorio: morfologia

Il territorio dell'Emilia-Romagna è costituito per il 25,1% da zone montuose, per il 27,1% da aree collinari e per il 47,8% da pianura. Morfologicamente, quindi, il territorio è formato da due parti pressoché equivalenti, una montuosa e collinare e l'altra pianeggiante, divise dal tracciato rettilineo della via Emilia. A S di questa, con direzione NW-SE, si articola il rilievo costituito dal versante padano dell'Appennino Tosco-Emiliano e da un tratto dell'Appennino Ligure, le cui sommità si mantengono al di sotto dei 2000 m (monti Lesima, 1724 m; Penice, 1460 m; Maggiorasca, 1799 m, tutti al confine con la Liguria). Dal passo della Cisa a quello della Futa, nell'Appennino Bolognese, le cime superano i 2000 m (Alpe di Succiso, 2017 m; monte Cusna, 2121 m; monte Cimone, 2165 m, la più elevata dell'Appennino settentrionale) e la struttura montuosa si articola in una serie di brevi catene parallele divise da valli poco profonde. La sezione orientale, quella romagnola, è la più bassa, con cime che si attestano attorno ai 1500 m (monte Falco, 1657 m; monte Fumaiolo, 1407 m). Le montagne, caratterizzate da una fitta rete di valli trasversali a pettine, orientate a NE e divise da erti contrafforti, scendono gradualmente verso la pianura, interponendo una fascia collinare larga ca. 10 km. La presenza di argille scagliose causa i calanchi, vistosi fenomeni di erosione che caratterizzano la regione, mentre nei rilievi inferiori ai 300 m, dove i fiumi sboccano nella pianura, si hanno frequenti terrazzamenti o lievi pendii che si disperdono nella pianura sottostante. La Pianura Padana emiliano-romagnola, compresa tra il Po e la via Emilia, è di natura alluvionale e digrada in maniera quasi insensibile fino al mare. Delle grandi estensioni paludose, che anticamente caratterizzavano la bassa pianura, restano parte delle valli di Comacchioe i vari specchi lacustri dell'apparato deltizio del Po. Se si eccettua questo fiume, che delimita gran parte del confine settentrionale della regione, tutti i corsi d'acqua hanno regime torrentizio, con piene in genere autunnali e primaverili e livelli minimi nel periodo estivo. Si tratta degli affluenti di destra del Po (Tidone, Trebbia, Nure, Arda, Taro, Parma, Enza, Secchia e Panaro); del fiume Reno (con i suoi affluenti romagnoli Idice, Sillaro, Santerno e Senio), che in passato fu affluente di un antico braccio del Po (Po di Primaro), di cui ora occupa l'alveo; e degli altri fiumi romagnoli tributari diretti dell'Adriatico: Lamone, Montone e Ronco (che sfociano insieme, con il nome di Fiumi Uniti), Savio, Marecchia e Conca. Il litorale, lungo 120 km, è basso e lineare, orlato da ampie spiagge e, a N di Ravenna, fiancheggiato da specchi d'acqua e paludi.

Territorio: clima

Il clima dell'Emilia-Romagna è di tipo fresco continentale, con forti escursioni termiche annue, inverni lunghi, rigidi e spesso nebbiosi, ed estati calde e asciutte. Scarso è l'influsso mitigatore dell'Adriatico, che però fa sentire la sua presenza fino alla via Emilia e a Bologna. Le isoterme di luglio, assai importanti per il flusso turistico, oscillano tra 23 °C a Cesenatico e 24,5 °C a Cattolica. Le precipitazioni "Vedi cartina tematica vol. IX, pag. 28" , "Per le precipitazioni annue vedi cartina al lemma dell'8° volume." , abbastanza scarse nella Pianura Padana, nell'entroterra sono più copiose, concentrandosi soprattutto in autunno e in primavera; sulla costa si distribuiscono tra un massimo autunnale e uno secondario d'inverno. Passando progressivamente dalla pianura alle aree montuose le precipitazioni aumentano e raggiungono valori elevati, superiori anche ai 2000 mm annui. Quanto al regime dei venti, d'inverno prevalgono quelli occidentali, mentre d'estate prendono il sopravvento quelli di Levante. Da segnalare anche la presenza della bora, vento di Nordest, che parte dall'anticiclone dell'Europa centrale per dirigersi verso la depressione che caratterizza il Tirreno settentrionale.

Territorio: demografia

Fin dall'Ottocento l'andamento della popolazione ha sempre segnato una crescita molto lenta, ma costante, con l'unica eccezione del calo, seppur minimo, nel decennio 1981-91. Il saldo naturale tra nascite e morti è entrato in una fase negativa, divenuta sempre più netta negli anni Settanta e Ottanta del Novecento; la ripresa successiva è però dovuta soprattutto al saldo migratorio positivo, che ha trasformato una regione di emigranti (fino al decennio 1951-61), in un'area di immigrazione, soprattutto dal Marocco e dall'Europa orientale. La popolazione straniera residente nel 2002 era pari al 3,4% della popolazione regionale, dato sopra la media nazionale. L'andamento demografico nei primi anni del sec. XXI è assai differenziato a seconda delle province: aumentano rispetto ai censimenti 1991-2001, nell'ordine, Reggio nell'Emilia, Rimini, Modena, Forlì-Cesena e, in misura minima, Parma e Bologna, mentre diminuiscono Ferrara, Piacenza e, in misura ridotta, Ravenna. La struttura della popolazione subisce un processo d'invecchiamento accentuato in quasi tutte le province, a eccezione di Rimini, Reggio nell'Emilia e Modena, il cui indice è inferiore a quello nazionale. La popolazione, dopo l'inurbamento nelle grandi città e lo spopolamento delle campagne negli anni Sessanta del Novecento, si è addensata nelle corone suburbane, con una parallela perdita di abitanti delle città maggiori. Si delineano così tre aree distinte di popolamento della regione: la montagna spopolata, con un sesto della popolazione regionale distribuita su quasi metà del territorio (ca. 40 ab./km²); la “bassa”, compresa tra il Po e la via Emilia, anch'essa relativamente poco popolata, ma con una densità quadrupla; la via Emilia, un rettangolo pari a un quinto della superficie regionale, sul quale si concentra metà della popolazione (densità media vicina a 450 ab./km²), addensata in centri urbani che formano una vera e propria conurbazione lineare. "Per la demografia e l'istruzione vedi cartine, tabella e grafici al lemma dell'8° volume e cartina a pag. 211 dell'Aggiornamento 1990" "Vedi tabella istruzione vol. IX, pag. 27 e cartina tematica e istogrammi pag. 28"

Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione

Fin dall'età romana le principali città della regione, con l'eccezione di Ravenna, si allineavano lungo la via Emilia, in modo da evitare la bassa pianura paludosa e inondabile e poter fungere da luogo di interscambio fra l'economia della montagna e quella del piano. La frammentazione politica del territorio e la presenza, in età moderna, di diversi stati emiliani, ha influenzato la struttura policentrica della rete urbana, che vede un ruolo preminente di Bologna, il capoluogo, e di Modena e Parma, le antiche capitali dei ducati; ma anche gli altri capoluoghi provinciali – nonché centri come Imola, Faenza, Cesena – svolgono un ruolo urbano rilevante, sicché si può dire che le aree di gravitazione urbana coincidano sostanzialmente con le province, con una frammentazione ancora più accentuata in Romagna.Accanto allo storico allineamento lungo la via Emilia (SS 9), un altro se ne è aggiunto nel corso del sec. XX: è la “conurbazione balneare” che si distende per oltre 50 km lungo la costa da Lido di Classe, a N di Cervia, fino a Cattolica, all'estremità della regione, e a Gabicce Mare, già nelle Marche. È la più grande “città turistica” d'Italia, che ha il suo polo principale in Rimini.Luogo di transito molto importante in ogni epoca fra l'Italia peninsulare e l'Europa – data l'asperità orografica della direttrice ligure – l'Emilia-Romagna è ancora il crocevia delle comunicazioni italiane. La ferrovia ha potenziato i collegamenti transpadani già nell'Ottocento, facendo di Bologna il nodo ferroviario più importante d'Italia, non solo per i collegamenti Nord-Sud, ma anche per le comunicazioni con le aree transalpine economicamente forti. L'Autostrada del Sole (A1, Milano-Bologna-Firenze-Roma), costruita lungo l'asse della via Emilia, ha sviluppato sia l'apertura con il resto del mondo (Svizzera, area renana, Italia centromeridionale) sia le comunicazioni intraregionali con i numerosi raccordi laterali, che mantengono il disegno a spina di pesce della tradizionale rete stradale, sviluppata lungo le principali valli degli affluenti del Po. Ogni città svolge una funzione specifica e complementare alle altre all'interno del sistema dei collegamenti: Piacenza permette un rapido accesso ai porti di Genova e Venezia con il raccordo (A21) con Torino e Brescia; il tratto Parma-La Spezia (A15) consente il collegamento anche con il Tirreno e il porto di Livorno; la Modena-Brennero (A22) rappresenta il collegamento con la direttrice Monaco-Amburgo; il tratto della via Emilia Bologna-Rimini e il raccordo Bologna-Ferrara-Padova (A13) facilitano sia il turismo sia i rapporti con il Nordest. Tuttavia, l'intensità del traffico di merci e di turisti è tale da rendere problematico il transito sulla tangenziale di Bologna e lungo i tratti Milano-Bologna (A1) e Bologna-Rimini (A14). Crescente è il ruolo del traffico aereo, soprattutto turistico, che fa dell'aeroporto di Bologna-Borgo Panigale uno dei primi dieci in Italia per movimento passeggeri, seguito a scala regionale da quelli di Rimini e Forlì. Il traffico fluviale ha soprattutto un carattere turistico, con le crociere sul Po; per quanto riguarda la navigazione marittima, solo Ravenna ha una posizione preminente di porto commerciale, mentre tutti gli altri porti svolgono solo funzioni turistiche o pescherecce.

Territorio: ambiente

L'ambiente dell'Emilia Romagna, caratterizzato nel corso dei secoli da un sostanziale equilibrio del sistema fisico-territoriale, a partire dalla seconda metà del Novecento presenta un maggior grado di fragilità dovuto alla forte antropizzazione della regione. La diffusione nel territorio di apparati produttivi, l'espansione degli insediamenti, l'ampliamento delle infrastrutture, la grande crescita della mobilità e l'intensità dei processi di trasformazione agricola, hanno profondamente inciso sulle dinamiche ecosistemiche dei vari ambienti regionali. L'area della “bassa”, caratterizzata dalla presenza degli affluenti del Po, del Reno e dei fiumi romagnoli, è la parte dove lo sviluppo socioeconomico ha maggiormente inciso sull'ecosistema e dove si presentano i maggiori squilibri. Un problema specifico del bacino padano è la subsidenza, un abbassamento naturale del suolo, mediamente di 1-2 mm all'anno, che il pompaggio delle acque sotterranee negli anni Settanta del Novecento, aveva esaltato portandolo a più di 1 cm all'anno. Le aree di pianura sono, poi, molto esposte al rischio di alluvione, per rottura e tracimazione di argini, ovvero per mancato o insufficiente funzionamento dei sistemi preposti allo scolo delle acque. Al contrario, nelle aree collinari e montane, lo stato dell'ambiente è generalmente buono. Il fattore di maggiore criticità è rappresentato dai dissesti di versante, con il relativo rischio di frane, connesso alla natura geologica dell'Appennino, ma anche ai fenomeni di marginalizzazione economica, spopolamento e ampliamento delle colture estensive. Lungo le coste adriatiche, sottoposte a erosione marina, a partire dal 1975, si sono manifestati fenomeni di eutrofizzazione (mancanza di ossigeno delle acque di fondo), caratterizzati da una iperproliferazione di microalghe e conseguente moria di organismi. Un secondo fenomeno, nettamente distinto dal primo, è la formazione di mucillagini, prodotte da microalghe. Tuttavia, a partire dal 1999 l'Autorità di Bacino del Po ha realizzato la depurazione delle acque e il controllo delle sorgenti inquinate. Per combattere l'inquinamento dell'aria le amministrazioni pubbliche e le aziende che prestano servizi pubblici, dal 1998, hanno cominciato a rinnovare il proprio parco automobilistico con quote crescenti di mezzi elettrici o alimentati a gas.La regione presenta ambienti caratterizzati da rilevante biodiversità: in pianura, depressioni, valli (con questo termine sono chiamati gli specchi d'acqua), zone umide e fontanili; in collina e montagna, floride coperture vegetali e boschive. La protezione dell'ambiente è affidata anche a due parchi nazionali (Appennino Tosco-Emiliano; Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna) condivisi con la confinante Toscana; da numerosi parchi regionali, distribuiti nelle varie province, fra i quali si distingue il Parco Regionale del Delta del Po (dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità), che preserva una delle zone umide più singolari del mondo; da altrettanto numerose riserve naturali orientate e da un elevato numero di aree di riequilibrio ecologico. L'area protetta risulta, quindi, pari all'8% della superficie regionale.L'urbanizzazione, estesasi a pettine nell'hinterland di ciascun capoluogo, ha coperto nella seconda metà del sec. XX una superficie dieci volte superiore a quella del 1950, favorendo uno sviluppo definito criticamente “la più grande villettopoli europea”. Tuttavia, i razionali piani urbanistici dell'Ente Regione hanno contrastato tale tendenza con una politica di ordinato e qualificato assetto del territorio, salvaguardia dei centri storici, qualità urbana e con una maggiore attenzione alla prevenzione dei rischi naturali.Per le aree appenniniche le comunità montane sono tenute a svolgere, infine, tra gli altri, anche un importante compito di tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale.

Economia: generalità

L'Emilia-Romagna, un tempo essenzialmente agricola, nel corso della seconda metà del Novecento si è profondamente trasformata "Per l'economia vedi cartine e tabelle al lemma dell'8° volume e istogrammi al lemma degli Aggiornamenti 1990 e 1995." , diventando una delle regioni italiane con più alto tenore di vita. Le sue province si trovano ai vertici della classifica per il reddito pro capite disponibile (Bologna, Parma, Piacenza), per il reddito prodotto (Bologna, Modena, Parma, Reggio nell'Emilia) e per i consumi per il tempo libero. La distribuzione della popolazione tra i settori produttivi riflette la tipica situazione di un'economia avanzata: numero minimo di occupati in agricoltura, ma con elevato valore aggiunto per addetto, meno di un terzo della popolazione attiva occupato nell'industria, grazie all'automazione, e quasi due terzi di addetti al settore terziario, soprattutto turismo e servizi alle imprese, ma anche, vanto della regione, molti servizi sociali. L'Emilia-Romagna presenta un tessuto produttivo di oltre 300.000 imprese di piccola e media dimensione, distribuite su tutto il territorio e caratterizzate da una elevata specializzazione e integrazione in filiere produttive.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

Agli inizi del Duemila gli addetti all'agricoltura continuano a diminuire "Vedi tabella vol. IX, pag. 28" , soprattutto per l'invecchiamento dei conduttori familiari, che rappresentano la stragrande maggioranza dei lavoratori, mentre i lavoratori dipendenti extracomunitari sono presenti, soprattutto, nelle aziende con più di 100 ha di superficie. L'Emilia-Romagna detiene il primo posto in Italia per la quantità e il valore della produzione vendibile, grazie alla notevole meccanizzazione e alla produttività delle colture "Vedi tabella vol. IX, pag. 29" , cui si accompagna un razionale allevamento. Spiccano, per quantità prodotta, ortaggi, frutti erbacei (fragole, kiwi, frutti di bosco), pomodori da industria, mais, frutta fresca, frumento e vite. In tutta la regione l'agricoltura è basata su numerose cooperative che raggruppano piccole e medie aziende, il cui numero è in costante diminuzione a vantaggio della dimensione media della superficie coltivata, che aumenta. Al contrario, le aziende con una dimensione superiore a 30 ha sono aumentate da un terzo del totale (1990) a quasi la metà (2000). Molto sviluppato è il settore zootecnico: il notevole patrimonio bovino e suino è concentrato nelle province di Parma, Reggio nell'Emilia, Modena; quello ovino e i grandi allevamenti di animali da cortile sono prevalentemente dislocati nella provincia di Forlì-Cesena. L'Emilia-Romagna è al secondo posto in Italia per l'allevamento suino (più di 1/6 del numero di capi totale) e al quarto per quello bovino (1/10 del totale). Per quanto concerne la pesca ll regione si colloca al terzo posto in Italia, grazie anche alla ricca pesca nelle valli di Comacchio, praticata con l'ingegnoso sistema del lavoriero (una trappola che cattura soprattutto le anguille quando, dopo essere state accresciute nelle valli, cercano di raggiungere il mare).

Economia: industria

L'industria occupa il 34% della popolazione attiva. "Vedi cartina tematica e tabella vol. IX, pag. 29" Nonostante la profonda trasformazione del tessuto produttivo, l'Emilia-Romagna non presenta quei forti contrasti che hanno cambiato il volto a molte regioni italiane. Fatta eccezione per i grandi impianti chimici di Ferrara e di Ravenna, sorti anche grazie alla presenza di importanti giacimenti metaniferi, la struttura industriale della regione si basa sulla piccola e media impresa. Questa struttura industriale dinamica, diversificata e flessibile, fortemente orientata all'esportazione – l'Emilia-Romagna è la terza regione esportatrice italiana, dopo la Lombardia e il Veneto –, non solo ha consentito tassi elevatissimi di crescita, ma anche una maggiore capacità di adattamento nei periodi di crisi congiunturale. L'industria emiliana comprende praticamente tutta la gamma delle produzioni: oltre al tradizionale settore della trasformazione dei prodotti agricoli, sono presenti anche quelli alimentare (a Parma ha sede lo stabilimento della Barilla, una tra le più importanti aziende produttrici di pasta e prodotti da forno in Europa), metalmeccanico, tessile, dell'abbigliamento, chimico, vetrario, farmaceutico, del mobile e dei prodotti per l'edilizia. Particolare sviluppo hanno raggiunto i settori della meccanica ad alta tecnologia e dell'elettronica. Le più elevate concentrazioni industriali gravitano sulla via Emilia, asse dello sviluppo regionale grazie all'efficiente sistema di collegamenti autostradali e ferroviari, che permette rapidi interscambi sia interni sia con l'estero. Poiché però l'area industriale della via Emilia è ormai satura e presenta carenza di spazi per nuovi stabilimenti produttivi e congestione del traffico, la Regione sta cercando di incentivare la localizzazione in aree limitrofe, nelle valli appenniniche e verso il Po.

Economia: servizi

L'alto livello dei servizi alle famiglie e alle imprese è un vanto del “modello emiliano”, che ha saputo conciliare economia di mercato con tutela sociale. La Regione e le Camere di Commercio coadiuvano le imprese nella conversione verso le attività ad alta tecnologia e a elevato contenuto di ricerca e innovazione, o orientate alla cultura, all'intrattenimento e, in generale, ai servizi avanzati per l'impresa e la persona. La produzione scientifica, soprattutto quella che porta alla creazione di nuove imprese o che riguarda l'Information Technology, si sta rivelando un servizio importante, basato su un sistema scolastico e accademico di ottima qualità. Accanto a questo settore si colloca quello turistico-ricreativo. Il “distretto del divertimento”, di cui Rimini è il centro regionale, è esteso su un quadrilatero compreso tra Bologna, Verona, Venezia e Rimini, ma ha il suo epicentro nella riviera romagnola: l'Emilia-Romagna può vantare tra le regioni italiane, il maggior numero di presenze nazionali negli esercizi alberghieri, oltre al consistente afflusso di turisti stranieri "Vedi tabella vol. IX, pag. 29ee" . Meta principale è la costa adriatica, la zona italiana più attiva in termini assoluti; anche il patrimonio artistico di città come Parma, Modena, Ferrara e Bologna è fonte di notevole attrazione.

Economia: distretti industriali

I principali nodi dell'organizzazione industriale della regione sono i distretti produttivi. In provincia di Parma il distretto agroalimentare, noto all'estero come “Food Valley Heart”, è relativo ai celebri prodotti caseari (parmigiano reggiano) e ai salumi (prosciutto). Nella provincia di Modena tre famosi distretti sono specializzati in prodotti tessili e abbigliamento (Carpi), piastrelle (Sassuolo, il maggiore polo europeo del settore), prodotti biomedici (Mirandola). Il comparto dei motori è concentrato nel distretto di Bologna e presenta una maggiore differenziazione produttiva: oltre ai motori, vi si producono macchine agricole, mezzi di trasporto, macchine utensili e prodotti oleodinamici. Proseguendo lungo la via Emilia si trova il distretto della ceramica di Faenza, di antichissima tradizione; del mobile di Forlì; delle calzature di San Mauro Pascoli. Sempre a pochi chilometri dalla via Emilia, in provincia di Ferrara ma vicino a Bologna, il distretto della macchine agricole di Cento, fino agli anni Sessanta del Novecento centro principale della produzione di canapa, annovera la fabbrica di trattori e poi di macchine sportive Lamborghini, mentre nella provincia di Ravenna il distretto di Fusignano-Bagnocavallo è specializzato in calzature di fascia economica.

Preistoria

Pur condividendo sviluppi e dinamiche storiche con il resto dell'Italia settentrionale, l'Emilia-Romagna divenne, durante fasi diverse della preistoria, una sorta di ponte, di area di collegamento con gli ambienti peninsulari. È in questa regione, infatti, che le popolazioni dell'Italia centrale vennero a diretto contatto con quelle più settentrionali, influenzandosi reciprocamente già a partire dall'età neolitica. Il territorio fu certamente abitato fin dai tempi preistorici più remoti. Tracce sicure del Paleolitico inferiore sono localizzate sui terrazzi costieri o in quelli di talune valli appenniniche, tra cui quella del rio Correcchio. Dalle pianure pedemontane provengono i numerosi reperti litici del Paleolitico medio, mentre del Paleolitico superiore le testimonianze più significative sono rappresentate da alcune statuette litiche muliebri, le cosiddette “Veneri” di Savignano sul Panaro e di Chiozza. La fase più antica del Neolitico è caratterizzata dalla facies culturale di Fiorano, in cui compare la tipica ceramica incisa che presenta evidenti punti di contatto con la coeva facies culturale del Sasso, nell'Italia centrale. Il Neolitico medio e gran parte del Neolitico superiore vedono la diffusione della facies culturale dei vasi a bocca quadrata; alla fine di questo periodo, negli ultimi secoli del IV millennio a. C., l'Emilia presenta aspetti tipici della cultura di Lagozza, mentre in Romagna compaiono ceramiche collegate alla facies peninsulare di Diana. Ancora poco chiara è la situazione di questa regione nel corso dell'Eneolitico; i recenti scavi effettuati a Spilamberto hanno, comunque, consentito di attribuire a questa fase la tipica “ceramica a squame”. Ben attestata è la presenza, tra la fine dell'Eneolitico e l'antica Età del Bronzo, in contesti abitativi e sepolcrali, di ceramiche decorate con lo stile del bicchiere campaniforme. La media Età del Bronzo è contraddistinta dalla diffusione di fiorenti villaggi terramaricoli; nel sec. XIII a. C. si ha di nuovo, nell'area romagnola, un evidente influsso delle facies subappenniniche dell'Italia centrale. Dopo l'abbandono generalizzato delle terremare, si afferma, tra il sec. XII e il sec. X a. C., una facies culturale protovillanoviana, comune a gran parte della penisola e caratterizzata dal rituale funebre dell'incinerazione. Appartengono alla prima Età del Ferro i sepolcreti di tipo villanoviano di Bologna e quelli, di facies differente, di Verrucchio, nell'entroterra di Rimini. La colonizzazione etrusca prese le mosse proprio da questi due centri, situati allo sbocco delle valli del Reno e della Marecchia, che collegano l'area padana alla Toscana. In questo periodo Bologna era costituita da diversi agglomerati; posta tra due fondamentali vie di comunicazione, quella pedemontana e quella che da Spina a Pisa collega il versante adriatico a quello tirrenico, divenne il centro dei traffici tra l'Etruria e il Nord della penisola. Le manifestazioni protostoriche hanno termine nel sec. VI a. C. con l'avvento della civiltà felsinea, fortemente etruschizzata.

Storia

L'Emilia-Romagna fu colonizzata dagli Etruschi tra i sec. IX e VI a. C., godendo di grande splendore. Vi sorsero numerosi centri (Cesena, Modena, Parma, Piacenza), gravitanti intorno a Bologna (Velzna) e al porto di Spina. La centralità economica assunta nel sec. V a. C. dall'Etruria padana nel sistema dei commerci del mondo antico, portò Etruschi e Umbri a diretto contatto con le popolazioni celtiche, la cui pressione, iniziata già nel sec. VI, si intensificò sfociando nell'invasione dei Galli Boi (sec. IV a. C.) e nella rottura del sistema etrusco-italico. Contro le incursioni dei Galli, i Romani, in espansione sull'Adriatico settentrionale, fondarono Rimini (Ariminum). Nel 218 a. C. nacquero le colonie di Cremona e Piacenza, a controllo dei guadi del Po. Conclusa la guerra contro Annibale nel 202 a. C. e sopraffatti i Galli nel 191 a. C., Roma fondò altre colonie (tra cui Bologna, Parma e Modena). La via Aemilia, costruita da Marco Emilio Lepido nel 187 a. C., costituì la spina dorsale della colonizzazione romana, basata sul sistema della centuriazione. Alla fine del sec. I a. C l'Aemilia diventò l'VIII regione del nuovo ordinamento di Augusto, che fece costruire a Ravenna il porto di Classe, facendone la sede della flotta destinata alla difesa del Mediterraneo orientale. Ravenna divenne così, con Bologna, il principale centro della regione, che nel sec. III, con la riorganizzazione dioclezianea, venne divisa in una parte occidentale, Aemilia, e in una orientale, inglobata nella regione Flaminia et Picenum. Nel sec. V, dal declino dell'impero si salvò Ravenna, diventata nel 402 residenza imperiale d'Occidente e successivamente capitale del regno di Teodorico e sede dell'esarcato bizantino. Con la discesa dei Longobardi in Italia (568), lo stato bizantino si deteriorò con notevole rapidità. La conquista longobarda si attuò tra il 569 e il 570 nella parte emiliana e tra il 728 e il 751 nella parte romagnola. Chiamato in soccorso dai papi, Pipino, re dei Franchi, dopo aver conquistato la Romagna (754-756) ne fece donazione allo Stato Pontificio; l'autorità papale, tuttavia, fu riconosciuta dagli imperatori medievali solo nel sec. XIII con le rinunce di Ottone IV (1201) e di Federico II (1213). Il sec. IX si caratterizzò per l'aumento del potere dei vescovi e per la tendenza alla creazione di piccoli centri comitali, in particolare nella zona emiliana. Nei sec. XI-XII, la lotta per le investiture indebolì le autorità religiose, favorendo l'avvento dei Comuni; emersero città come Parma e Piacenza, che in precedenza avevano avuto un ruolo secondario. Nel sec. XIII, con l'istituzione del podestà si compì il primo passo verso la trasformazione dell'istituzione comunale in regime signorile. In alcune città il processo fu più rapido che altrove: è il caso di Ferrara, con la Signoria degli Estensi, e dei Pallavicino a Piacenza. Nella zona emiliana l'influenza lombarda fu più evidente e Piacenza e Parma (e Reggio per un trentennio) furono sottoposte ai domini dei Visconti e degli Sforza. Anche in Romagna si sviluppò la struttura signorile (i da Polenta a Ravenna e Cervia, i Malatesta a Rimini, gli Ordelaffi a Forlì). Il sec. XV fu testimone delle lotte tra i papi e i signori e dei tentativi espansionistici di Firenze e Venezia (contro la quale nel 1509 fu stretta la Lega di Cambrai) in Romagna. Con la Pace di Cateau-Cambrésis (1559) la regione fu divisa tra i Farnese, gli Estensi e lo Stato Pontificio, che occupò saldamente la Romagna e pose sotto il suo controllo Bologna. Nel 1597 anche Ferrara passò allo Stato Pontificio. Questa situazione rimase pressoché immutata fino al 1731, quando il Ducato di Parma passò per eredità a Carlo di Borbone. A Modena, nel 1751 Francesco III d'Este diede in sposa a un figlio di Maria Teresa d'Austria la propria figlia ed erede. Nel periodo napoleonico Modena, Reggio, Bologna e Ferrara furono annesse alla Repubblica Cispadana e poi a quella Cisalpina, mentre Parma e Piacenza vennero unite alla Francia (1802). Dopo il Congresso di Vienna, la regione fu teatro di moti insurrezionali; basti ricordare quelli di Ciro Menotti (1831), di Pasquale Muratori (1843) e di Pietro Renzi (1845). Il 18 marzo 1860 l'Emilia e la Romagna entrarono a far parte del Regno d'Italia. La ristrutturazione dell'agricoltura, avviata con le grandi bonifiche, determinò l'accrescimento del proletariato agricolo e un generale accentuarsi dei conflitti di classe, in cui Andrea Costa ebbe un ruolo di primaria importanza. In questo clima si diffusero le cooperative, le associazioni di mutuo soccorso e le camere del lavoro, creando le basi del mito dell'Emilia-Romagna come fulcro italiano della rivoluzione. Dopo la prima guerra mondiale, la regione fu percorsa da forti agitazioni politiche e sociali, contrastate con violenza dall'azione congiunta degli agrari e del movimento fascista, di cui l'Emilia-Romagna fu la culla. Attraversata durante la seconda guerra mondiale dalla linea gotica, la regione subì molte devastazioni e vide la crescita di un forte movimento partigiano. Colpita dalla rappresaglia nazifascista (di cui la fucilazione dei sette fratelli Cervi e la strage di Marzabotto costituirono i più ignobili episodi), nel primo dopoguerra fu ancora afflitta da odi e tensioni, che causarono un doloroso strascico di violenze. Protagonista di primaria importanza del “miracolo economico” italiano, la regione vide affermarsi l'egemonia dei partiti della sinistra, tra le principali caratteristiche di quello che è stato definito il “modello emiliano”.

Archeologia

Tra le più importanti testimonianze dell'arte preistorica della regione si annoverano le “Veneri” di Savignano sul Panaro e di Chiozza, simboli di fertilità, scolpite in pietra a tutto tondo. Numerose suppellettili di tombe villanoviane, caratteristiche stele figurate e altri monumenti etruschi sono conservati nei musei di Bologna e di altre città della regione. Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, noto per i reperti provenienti dall'antica città di Spina, conserva raccolte di bronzi etruschi e di ceramiche figurate importate nel sec. V a. C. dalla Grecia. Presso Marzabotto sono i resti di una città etrusca dall'impianto regolarissimo, forse l'antica Misa. La civiltà romana ha lasciato numerose testimonianze, soprattutto dal sec. I a. C. al II, in tutti i più importanti centri della regione. La città che conserva i monumenti romani più notevoli è Rimini (arco di Augusto, ponte di Tiberio, anfiteatro). Di epoca romana sono anche la zona archeologica di Velleia (Piacenza), con il foro porticato e altri edifici (nonché statue e iscrizioni conservate al Museo Archeologico Nazionale di Parma); la villa di età augustea di Russi (Ravenna); i resti del porto e della necropoli di Classe, presso Ravenna. Da diverse necropoli provengono grandi e belle stele lapidee con ritratti di defunti, mentre rivestono un notevole interesse i ricchi mausolei funerari della necropoli di Pian di Bezzo, a Sarsina.

Arte

Con il trasferimento della capitale dell'Impero Romano d'Occidente da Milano a Ravenna (402), iniziò in questa città una fioritura artistica eccezionale. Alla prima metà del secolo risalgono il battistero degli Ortodossi e il mausoleo di Galla Placidia, entrambi rivestiti internamente di mosaici. Dopo un periodo di relativa stasi, corrispondente alla dominazione dei Goti (mausoleo di Teodorico, mosaici più antichi della basilica di Sant'Apollinare Nuovo), e con la conquista della città da parte di Bisanzio (540), sorsero le basiliche di San Vitale e Sant'Apollinare in Classe e si rinnovò la decorazione musiva di Sant'Apollinare Nuovo. L'arte bizantina di Ravenna (detta anche “esarcale”) continuò a influenzare l'architettura lungo le coste dell'Adriatico settentrionale, fino alle soglie del romanico (la celebre abbazia di Pomposa, a Codigoro; l'originario edificio di San Marco, a Venezia; la cattedrale dell'Assunta e la chiesa di Santa Fosca, a Torcello, il duomo di Santo Stefano, a Caorle). Nel periodo romanico l'architettura emiliana presentò caratteri ben differenziati rispetto alle altre scuole dell'area padana. Dal prototipo della cattedrale di Modena (dell'architetto Lanfranco, iniziata nel 1099) derivarono, fra l'altro, le cattedrali di Ferrara (iniziata nel 1135) e Cremona (sec. XII) e la chiesa abbaziale di Nonantola (sec. XII); nelle cattedrali di Parma e di Piacenza si fusero, invece, elementi emiliani e lombardi. Nel campo della scultura la scuola emiliana fu la più importante del periodo romanico in Italia. Nel cantiere di Modena operò Wiligelmo, oltre a un gruppo di artisti anonimi (Maestro delle Metope, Maestro della Verità e della Frode, Maestro di Re Artù), che risentirono direttamente dell'influenza borgognona. Nel secondo quarto del sec. XII Maestro Niccolò continuò la tradizione di Wiligelmo. Successivamente divennero evidenti gli influssi del classicismo provenzale con i Maestri Campionesi e soprattutto con B. Antelami. Questi si avvicinò molto allo stile gotico per influenza dell'arte francese dell'Île-de-France. Nella scultura il suo linguaggio dominò gran parte dell'Italia settentrionale e centrale fino al rinnovamento operato da N. Pisano (presente a Bologna nel 1265-67 con l'arca di San Domenico, eseguita dai suoi scolari). Nel Duecento-Trecento sorsero alcuni edifici tra i più interessanti del gotico italiano. Il centro più importante divenne in questo periodo Bologna, dove, dopo l'episodio francesizzante della chiesa di San Francesco (1236-63), si affermò un'architettura locale assai pittoresca (la chiesa di San Petronio, 1390, e il palazzo della Mercanzia, 1384, di A. di Vincenzo). Nella pittura l'influenza bizantina prevalse nel sec. XIII nei mosaici del battistero di Parma, mentre nel sec. XIV l'esempio di Giotto e dei senesi diede vita a floride scuole locali: la riminese, la bolognese e, infine, derivata da questa, la scuola di Modena, che preparò il gusto tardogotico. Meno originale la scultura emiliana, che si avvalse di apporti stranieri, soprattutto lombardi e veneti nel Trecento e toscani nel Quattrocento. In architettura, dopo una serie di esempi ibridi toscano-padani, si affermò il linguaggio rinascimentale che fiorì anche nella pittura, specie a Ferrara, sede della corte estense. Dai soggiorni ferraresi di Pisanello (1431-48), J. Bellini(1441) e soprattutto A. Mantegna, R. van der Weyden e Piero della Francesca (ca. 1449-51), trassero stimoli i grandi ferraresi del Quattrocento, C. Tura, Cossa ed E. de' Roberti, che avviarono la città a diventare uno dei maggiori centri pittorici d'Italia. Verso il 1470 la scuola ferrarese si trasferì a Bologna, dove tra Quattrocento e Cinquecento si formò una scuola legata all'idealismo umbro-veneto (F. Francia), con influenza sul resto dell'Emilia (Cotignola). Nella prima metà del sec. XVI, mentre a Ferrara D. Dossi risentiva direttamente dell'esempio giorgionesco, a Parma il Correggio innestò la tradizione illusionistica del Mantegna sugli esempi romani, anticipando il barocco, e il Parmigianino, di ritorno da Roma, dopo il sacco del 1527, realizzò, tra Parma e Bologna, alcune delle opere basilari del manierismo. Esauritasi rapidamente l'esperienza manieristica (T. Pellegrino, Primaticcio e N. Dell'Abate a Bologna; L. Orsi e altri a Reggio), nel 1585 i bolognesi Agostino, Annibale e Ludovico Carracci, con la fondazione dell'Accademia degli Incamminati, avviarono il superamento dell'eclettismo meramente imitativo e posero le basi della pittura barocca. Da quel momento la vicenda artistica emiliana si fuse con quella della Scuola bolognese, i cui esponenti (Domenichino, F. Albani, G. Reni, Guercino, A. Tiarini) furono tra i protagonisti del “classicismo secentesco”. Agli inizi del sec. XVII a Ferrara si segnalano I. Scarsellino, con opere caratterizzate da un cromatismo di ascendenza veneta, e C. Bononi, che fuse l'insegnamento dei Carracci con le conoscenze caravaggesche acquisite a Roma. A Parma operò invece G. Lanfranco, il quale, passato attraverso una serie di esperienze formali (L. Carracci, A. Carracci, i caravaggeschi), fu una personalità artistica in continuo divenire. Nella seconda metà del Seicento sono individuabili alcuni filoni artistici significativi, ricollegabili all'attività di importanti maestri, prevalentemente bolognesi: l'eredità reniana reinterpretata da L. Pasinelli e D. Creti; il classicismo di C. Cignani e di M. Franceschini, divulgatori della favola arcadica in pittura; il linguaggio pittorico di D. M. Canuti, al quale possono essere accostati G. A. Burrini e soprattutto G. M. Crespi. Questi, pittore autenticamente antiaccademico, trasse spunto dalla vita reale rappresentata nella sua concretezza. La “verità” crespiana, troppo lontana sia dal gusto classicista imperante sia dai virtuosismi decorativi dei pittori d'ornato, non fu però molto apprezzata in quell'epoca che privilegiò soprattutto l'arte ricercata di D. Creti, densa di storia, di mitologia e di simboli. Con la Scuola bolognese e con l'evolversi dell'indagine sul vero la veduta paesaggistica divenne un genere autonomo, non più una cornice per storie sacre o mitologiche, come si nota nelle tele di P. F. Cittadini. Ma è con il Settecento che il paesaggio diviene, proprio a Bologna, una specialità, inaugurando la consuetudine della collaborazione tra i pittori figuristi e i paesaggisti veri e propri, con una precisa divisione del lavoro. Fra Seicento e Settecento giunse al culmine l'attività dei quadraturisti, artisti specializzati nella rappresentazione prospettico-illusionistica di elementi architettonici, come A. Mitelli, il più grande interprete di questo genere. Nello stesso periodo si colloca l'attività dei Bibiena, artefici di tutta una serie di interventi architettonici (il Palazzo Ducale di Colorno, il palazzo Rangoni e la chiesa di Sant'Antonio Abate a Parma, opera di Ferdinando) e dell'ammodernamento di teatri e apparati scenografici e decorativi, in cui si distinse Francesco (teatri Malvezzi e Formagliari di Bologna, il Teatro Ducale di Modena, la Sala delle Commedie di Reggio nell'Emilia, il Teatro dei Gesuiti di Parma e altri teatrini purtroppo perduti). In questo settore i Bibiena furono dei veri innovatori; abbandonata la prospettiva centrale “all'infinito” del teatro di corte, puntarono piuttosto su una dinamica delle quinte in grado di soddisfare tutti gli spettatori. È già il sistema del teatro moderno, che con Antonio, figlio di Ferdinando, trovò un'emblematica realizzazione nel Teatro Comunale di Bologna (1756-63). Su tale modello, ripetuto dall'architetto in scala ridotta nel piccolo teatro di Lugo di Romagna, furono eretti i teatri di Forlì, Imola, Faenza, Fusignano, Ferrara, Comacchio, Mirandola, Guastalla e San Giovanni in Persiceto, che fanno dell'Emilia-Romagna la regione italiana più ricca di simili edifici. Importante per lo scambio fra cultura romana ed emiliana fu la presenza di G. Rainaldi, entrato al servizio dei Farnese di Parma nel 1622. Qui l'impresa più rappresentativa del periodo fu il Teatro Farnese, realizzato interamente in legno da G. B. Aleotti, artista di fiducia anche degli Estensi, e abbellito da ricche decorazioni, opera di L. Spada, S. Badalocchio e G. Curti. Un periodo di grande splendore attraversò la corte modenese nel Seicento, tanto da chiamare per le sue fabbriche prestigiosi architetti romani, quali il Rainaldi, il Bernini, il Borromini e il Guarini, tutti legati alle vicende architettoniche della costruzione del Palazzo Ducale di Modena, eseguito da B. L. Avanzini, al quale si attribuiscono anche il Palazzo Ducale di Sassuolo e il santuario a croce greca della Madonna di Fiorano. La scultura del Seicento riempì trionfalmente gli ambienti barocchi in stretta connessione con l'architettura e con la grande decorazione pittorica, tanto da annullarsi spesso come genere autonomo. Tra vari scalpellini e stuccatori locali emersero nell'ultimo ventennio del sec. XVI dalla bottega dei Carracci alcuni artisti di rilievo, tra cui G. Tedeschi, che lavorò accanto al Reni, al Guercino e all'Albani. Nel secondo decennio del sec. XVII operò A. Algardi, il quale, lontano dal gusto drammatico del Bernini, puntò piuttosto sulla ricerca di effetti più pacati all'interno di una costruzione dell'insieme composta ed equilibrata. Nella seconda metà del sec. XVII, entro un orizzonte culturale oscillante fra classicismo e neomanierismo, iniziò la brillante carriera di G. Mazza, il quale monopolizzò la scultura a Bologna con la decorazione in stucco della chiesa di Santa Maria dei Poveri, di quella dei Celestini e dell'interno della chiesa del Corpus Domini, considerato il suo capolavoro. Nel corso del Seicento, in pieno clima barocco, a Parma e a Piacenza, all'ombra del governo farnese, lavorarono perlopiù artisti provenienti da altre città, come F. Mochi, autore dei due grandiosi monumenti equestri di Ranuccio e Alessandro Farnese, e i membri della famiglia Reti (Luca, Leonardo e Domenico), stuccatori originari della Lombardia. Nel limitrofo Ducato di Modena e Reggio la rinascita culturale fu opera di Francesco I d'Este, immortalato nei ritratti del Velázquez e del Bernini; questi ideò per il cortile del Palazzo Ducale di Sassuolo il gruppo di Nettuno sul delfino e fornì gli schizzi per tutte le fontane della città. Nell'architettura della prima metà del Settecento si trovarono a convivere due tendenze artistiche: da un lato l'antico filone classicista, che raggiunse con C. F. Dotti risultati di solenne aulicità e severità, dall'altro la ricerca di eleganze lineari e raffinatezze plastiche, sulla scia del Borromini e del Guarini, rappresentata da A. Torreggiani. Nello stesso periodo e fino al 1770 svolse il ruolo di protagonista nella scultura A. Piò, che diffuse a Bologna e nella provincia la voga del rococò in contrasto con i fratelli Ottavio e Nicola Toselli, sostenitori di un gusto declamatorio desunto dalla scultura romana tardobarocca. Verso la metà del Settecento la regione subì l'influenza artistica francese, che si focalizzò a Parma, centro anticipatore del neoclassicismo, grazie al soggiorno dello scultore J. Boudard e dell'architetto E. Petitot; tra i vari artisti emerse F. Giani, il quale durante la felice stagione faentina elaborò il ciclo di decorazioni di palazzo Milzetti (1802-05). L'Ottocento fu il secolo dei rinnovamenti urbanistici e architettonici delle grandi e medie città a causa della crescita demografica e del graduale cambiamento dell'economia da agraria a industriale: accanto a opere che non modificarono le preesistenti strutture vennero effettuati anche interventi lesivi di antichi tracciati urbani e cinte murarie, come nel caso di Bologna. Negli ultimi decenni del secolo il gusto neogotico coinvolse anche l'architettura e il restauro degli edifici; A. Rubbiani, secondo i precetti di E. Viollet-le Duc, riportò numerosi monumenti bolognesi al loro primitivo aspetto romanico-gotico, distruggendo i vari elementi di cui questi si erano arricchiti nel corso dei secoli. Il Novecento fu segnato, a Ferrara, dal fortunato incontro di G. De Chirico, ideatore della pittura metafisica, con il fratello Andrea, C. Carrà, il giovanissimo ed estroso F. De Pisis, che a Parigi reinterpretò, alla luce dell'impressionismo, la sua poetica metafisica, e G. Morandi, più legato alla riscoperta della forma e fedele alla tradizione figurativa italiana classica. Il linguaggio architettonico regionale, al di là degli aspetti della politica urbana finalizzata al recupero e alla conservazione, fu saldamente legato alla tradizione moderna, a partire dagli esempi degli anni Trenta, come la Casa della Gioventù di L. Moretti a Piacenza (1933), fino ai più noti interventi degli anni successivi, come quelli di M. Bega (Palazzo dei Congressi di Bologna, 1975-77), di F. Albini e F. Helg (nuove Terme “Luigi Zoja” di Salsomaggiore, 1971), di C. Aymonino (restauro e ampliamento del Palazzo di Giustizia di Ferrara, 1977-84). Alla fine del Novecento le forme del moderno trovarono una mediazione con la tradizione attraverso il ricorso alla muratura in cotto, come testimoniano le architetture di P. Zermani (centro commerciale e residenze in località Pilastro a Bologna, 1990; Municipio di Noceto, 1998-99), o attraverso l'attenta politica di recupero dell'ex stabilimento Eridania a Parma, riconvertito in auditorium (1997-2001) da R. Piano, facendo ricorso alle più moderne tecnologie.

Cultura: generalità

L'Emilia-Romagna presenta dal punto di vista culturale diverse sfaccettature, dovute sia alla posizione geografica sia alle due entità territoriali che la compongono: l'Emilia da un lato e la Romagna dall'altro. Di tale cultura sono ugualmente espressione, da una parte, l'antichissima tradizione universitaria (la fondazione dell'Ateneo di Bologna risale infatti alla fine del sec. XI), ma anche, dall'altra, il divertimento assurto a regola di vita della Riviera romagnola. Come avviene anche per la tradizione musicale, sempre fortissima, sia che si tratti di musica operistica, del Teatro Regio di Parma (il più importante fra i numerosissimi teatri d'arte di tutta la regione) o del liscio e delle balere; sia che ci si riferisca alle opere di G. Verdi, alle interpretazioni di un tenore di fama mondiale come L. Pavarotti (modenese di origine), o alle canzoni di Gianni Morandi o a quelle, ancora, di F. Guccini o di L. Dalla. Questa terra ha ispirato con i suoi paesaggi e le sue atmosfere l'opera di molti artisti che qui sono nati; tra i tanti, basti citare registi e sceneggiatori come F. Fellini, P. Avati, M. Bellocchio, B. Bertolucci, C. Zavattini, T. Guerra e lo scrittore G. Guareschi. Nativo dell'Emilia-Romagna è anche il pittore e incisore Giorgio Morandi. Nella regione, infine, si trovano tre i siti dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità: il centro storico di Ferrara (dal 1995); i monumenti paleocristiani di Ravenna (dal 1996); la cattedrale, la torre civica e piazza Grande a Modena (dal 1997). L'Emilia-Romagna è poi una delle regioni italiane che ha saputo valorizzare la propria realtà contadina, intesa sia come bene culturale (grazie a numerose iniziative museografiche, editoriali, culturali ecc.), sia come mondo rurale in senso stretto, rendendolo uno dei presupposti del proprio sviluppo economico (com'è avvenuto per esempio nel campo alimentare).

Cultura: teatro e letteratura popolare

In certe zone montane confinanti con la Toscana e con la Liguria sono ancora vivi i Maggi drammatici, di origine probabilmente reggiana; nati come balli notturni propiziatori attorno a grandi falò, si sono trasformati, con canti e recitazione, in evocazione di episodi epici (la rotta di Roncisvalle, le imprese dei paladini) o di misteri sacri (famosissima la Via Crucis celebrata ogni tre anni a Frassinoro, ma anche i Misteri viventi di Cavola di Toano). In Romagna, dove persiste la tradizione dell'urazion (orazione), di soggetto sacro, delle canzoni epico-liriche, dei canti a la stesa, a la rastladora e a la sfuiadora, a celebrazione del lavoro dei campi (rastrellatura, sfogliatura ecc.), si è sviluppato sullo scorcio del sec. XIX un teatro dialettale locale, con un repertorio autonomo presentato anche in teatri regolari da compagnie di filodrammatici. Vi hanno contribuito autori come il faentino G. Cantagalli, i ravennati P. Poletti ed E. Guberti, il forlivese I. Missiroli e, infine, Euclide di Bargamen (pseudonimo di U. Majoli), attivo dagli anni Trenta agli anni Cinquanta del Novecento. Un certo rilievo, infine, ha avuto la commedia bolognese.

Cultura: tradizioni

Il decollo industriale e commerciale dell'Emilia-Romagna all'indomani della seconda guerra mondiale è avvenuto senza che usi, tradizioni e costumi venissero spazzati via del tutto dal progresso. Persino il dialetto, rigorosamente da distinguere in emiliano e romagnolo, ma accomunato da un'inconfondibile cadenza, è straordinariamente vivo. Le ricorrenze sono spesso legate alla tradizione agricola, come i Maggi in Emilia, i canti e i falò notturni (fugarèn) in Romagna. Simbolo del vincolo agricolo comune a tutta la regione è il plaustro, grande carro a quattro ruote, raramente a due. Dipinto a fiori con colori vivacissimi e con immagini sacre (Sant'Antonio, la Madonna del Fuoco venerata a Forlì, San Giorgio che uccide il drago) in Romagna, è invece prevalentemente scolpito nell'Emilia, dove la Madonna di San Luca, venerata a Bologna, trionfa nella parte anteriore del carro. Esemplari di plaustri si trovano nel ricco Museo Etnografico di Forlì; ve ne sono di vario tipo, tutti estremamente vivaci, a due e a quattro ruote, con il fondo piatto oppure a fuso o a culla. Numerose sono le feste legate alla mostra e alla benedizione degli animali, specie nel giorno di Sant'Antonio Abate (17 gennaio), e le sagre di origine antica, tra cui va ricordata quella della Segavecchia, che si celebra a metà Quaresima a Cotignola e a Forlimpopoli, dove un fantoccio, al culmine della celebrazione, viene tagliato a metà per lasciar cadere a profusione dolciumi e frutta secca nascosti al suo interno. Tra i festeggiamenti collegati al Carnevale che più hanno mantenuto caratteri popolari ricordiamo quelli di San Giovanni in Persiceto e di Cento. Interessanti anche i riti carnevaleschi di Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena; mentre un tempo era il Carnevale di Bologna a porsi tra i più brillanti a livello nazionale, per la vasta partecipazione popolare, la gaiezza e la sapida vena delle sue maschere, dal cittadino dottor Balanzone, al villereccio Narciso, che con le sue narzisèt bollava il malcostume e dava l'imbeccata al Marsaro, cui spettava il compito di tirar fendenti ai politici. Famosa celebrazione religiosa che si svolge a Bologna, nei giorni dell'Ascensione, è la Festa della Madonna di San Luca, con l'esposizione della statua della Vergine nella cattedrale. Nello stesso periodo, viene celebrato a Cervia lo Sposalizio del Mare (antica festa ripetuta ogni anno, dal 1445). Altro tipico rito romagnolo è la Festa dell'Ospitalità, che in settembre, a Bertinoro, fa rivivere tradizioni medievali. La sfida fra i vari rioni o quartieri sta alla base dei numerosi pali, fra i quali si cita quello di Ferrara; di grande interesse è il Palio del Niballo, che anima Faenza in giugno con sfilate in costumi rinascimentali e tornei tra i rappresentanti dei cinque rioni. Sia nei centri storici, sia nella campagna è possibile ancora imbattersi in architetture tipiche: è il caso delle tantissime cascine della pianura a S del Po e dei caratteristici casoni nelle valli da pesca del delta lagunare.Molte delle produzioni industriali tipiche della regione traggono origine da oggetti tradizionali e da lavorazioni che non sono andate del tutto perdute: il ferro battuto è tutt'oggi il prodotto tipico di Brisighella, Ciano d'Enza e Grazzano Visconti; la ceramica di faïence, la maiolica, è stata inventata nel sec. XV-XVI a Faenza, dove però quest'arte ha radici antiche e la cui memoria storica è conservata al Museo Internazionale delle Ceramiche della città; ma l'argilla è plasmata anche a Noceto (vasi da farmacia) e Imola (boccali); la tradizione del merletto a tombolo è viva a Rimini; oggetti intrecciati con canne palustri sono ancora prodotti nel delta ferrarese del Po e nella zona di Bagnacavallo. Prodotto artigianale per definizione della regione sono le ocarine di Budrio, strumento a fiato in terracotta, qui inventato nella seconda metà del sec. XIX. Si ricorda poi quella particolare forma d'artigianato rappresentata dal mosaico, che trova in Ravenna una delle sue massime espressioni artistiche e la cui eredità è tenuta viva dall'Istituto Statale d'Arte per il Mosaico di Ravenna.Resiste la tradizione della tessitura al telaio a Gambettola e a Imola, mentre a Santarcangelo di Romagna e nella zona di Rimini vengono realizzati famosi tessuti stampati a ruggine.

Cultura: enogastronomia

Per quanto riguarda il mangiar bene e il buon bere, l'Emilia-Romagna è celebre, essendo per di più la patria del ben noto P. Artusi (nacque infatti a Forlimpopoli nel 1820): non vi è angolo della regione in cui non sia possibile imbattersi in una specialità locale saporita e invitante. Noti a livello mondiale sono i tortellini e la mortadella di Bologna, il prosciutto di Parma, il parmigiano reggiano, il cotechino e lo zampone modenesi; ma in ogni provincia, dall'antipasto al dolce è un trionfo di sapori stuzzicanti, che originano da ingredienti semplici se non poveri. Anche in questo settore si notano differenze fra le specialità emiliane, più legate a una cucina di terra, e quelle romagnole, dove il pesce ha un ruolo maggiore: dal brodetto alla zuppa di cozze, dalle anguille di Comacchio ai fritti di calamaretti, seppie e triglie. Protagonista assoluta per quanto riguarda i primi piatti è la pasta fresca (sfoglia), fatta molto di frequente in casa: a seconda delle zone presenta forme diverse (tagliatelle, ma anche quadrotti, maltagliati, tagliolini) e, a seconda del ripieno (sia di carne sia di magro), dà origine agli anolini (anulen) piacentini e parmensi, ai tortellini di Bologna, ai ravioli di Modena o ai cappelletti romagnoli. Fra i primi tipici della regione, si segnalano anche i “maccheroni all'antica” dell'Appennino reggiano (pasta arrotolata al pettine e condita con un ragù di carni bianche), mentre tra i secondi si ricordano la “rosa di Parma” (filetto di manzo con prosciutto e parmigiano), il coniglio arrotolato con frittata ed erbe fini e il filetto o coniglio all'aceto balsamico (dal Modenese). Prodotto tipico romagnolo è la piadina, schiacciata di pane azzimo cotta nel forno a legna che viene farcita con salumi o formaggio. Affine alla piadina è il cassone (detto anche guscione o crescione), ripieno di zucca e patate o erbe di campagna. Ricco è il settore enologico; il marchio DOCG spetta all'albana di Romagna, mentre fra i vini della regione che hanno il riconoscimento DOC meritano una menzione il Colli Piacentini, il lambrusco di Sorbara, il lambrusco grasparossa di Castelvetro, il lambrusco salamino di Santa Croce, il sangiovese e il trebbiano di Romagna. Numerosi sono i prodotti DOP: oltre ai formaggi parmigiano reggiano, grana padano e provolone valpadana, si citano, fra i salumi, la coppa, la pancetta e il salame piacentino, il culatello di Zibello, il prosciutto di Modena e quello di Parma. Fra i prodotti che hanno il riconoscimento IGP vi sono: la mortadella di Bologna, la pera dell'Emilia-Romagna, la pesca e la nettarina di Romagna, l'asparago verde di Altedo, il fungo di Borgo Val di Taro e il marrone di Castel del Rio.

Per la geografia

A. Sestini, Il Paesaggio, Milano, 1963; L. Pedrini, Nuovi aspetti del quadro geografico dell'Emilia-Romagna, in “La Geografia nelle scuole”, Novara, 1968; G. Adani, Vie del commercio in Emilia-Romagna, Milano, 1991.

Per la preistoria

G. Mansuelli, R. Scarani, Preistoria dell'Emilia e Romagna, Bologna, 1962; Autori Vari, Preistoria e protostoria del Reggiano, Reggio nell'Emilia, 1975; B. Bagolini (a cura di), Archeologia a Spilamberto. Ricerche sul territorio (Spilamberto-S. Cesario), Bologna, 1984; Autori Vari, Modena dalle origini all'anno Mille, I, pagg. 69-136, Modena, 1989.

Per la storia

P. D. Pasolini, I tiranni di Romagna e i papi del Medio Evo, Roma, 1888; N. Grimaldi, Matilde di Toscana e la sua stirpe feudale, Firenze, 1928; A. Solari, L'unità storica dell'Emilia e i primordi della Romagna, in “Atti e Memorie della R. Dep. di Storia Patria”, Bologna, 1931; A. Campana, Emilia romana, Firenze, 1941.

Per l'archeologia

G. A. Mansuelli, Ariminum (Italia Romana-Municipi e colonie), Roma, 1941; idem, Caesena, Forum Popilii, Forum Livii (Italia Romana-Municipi e colonie), Roma, 1948; S. Aurigemma, I monumenti della necropoli romana di Sarsina, Roma, 1963; A. Frova, E. Scarani, Parma. Museo Nazionale di Antichità, Parma, 1965; F. D'Andria, I bronzi romani di Velleia, Parma e del territorio parmense, Milano, 1970; G. A. Mansuelli, Guida alla città etrusca e al Museo di Marzabotto, Bologna, 1971; M. Bonino, Archeologia e tradizione navale tra la Romagna e il Po, Ravenna, 1978; E. Mangani, F. Rebecchi, M. J. Strazzulla, Emilia e Venezie, Bari, 1981; A. Antoniazzi, L. Fontana, A. Bruschi, Flumen acquaeductus, Bologna, 1988.

Per l'arte

A. Ghidiglia Quintavalle, I castelli del Parmense, Parma, 1950; G. A. Mansuelli, M. Calvesi, A. Quintavalle, Musei d'Emilia, Parma, 1959; P. Verzone, L'architettura dell'XI secolo nell'Esarcato, in “Palladio”, X, 1960; M. P. Marzocchi, G. Pesci, V. Vandelli, Liberty in Emilia, Modena, 1988.

Per il folclore

V. Fancinelli, Testimonianze di vita e di credenze, Reggio nell'Emilia, 1950; P. Toschi, Fiabe e leggende romagnole, Bologna, 1963; M. Borgatti, Folclore emiliano, Firenze, 1968; P. Carpi, Magia e segreti dell'Emilia-Romagna, Modena, 1988.

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