regione a statuto speciale dell'Italia insulare, 25.711 km², 5.029.683 ab. (stima 2007), 195 ab./km², capoluogo di regione: Palermo. Comuni: 390. Province: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani. Confini: mar Tirreno (N), mar Ionio (E), canale di Sicilia (SW); complessivamente 1483,9 km di costa.

Generalità

La Sicilia è tra le regioni più popolose d'Italia, nonché l'isola di maggiori dimensioni del mar Mediterraneo, strategicamente situata in posizione centrale, all'incirca a metà strada, tra Gibilterra e il canale di Suez. La sua collocazione geografica ne ha fatto storicamente un laboratorio di culture, che si sono sovrapposte integrandosi via via tra loro: Greci, Cartaginesi, Romani, Vandali e Ostrogoti, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini e Borbone, per arrivare, infine, all'Italia unificata dai Savoia. Ha forma di triangolo, che le valse l'antico nome greco di Trinakria con riferimento alle sue tre cuspidi, rappresentate dagli odierni capo Boeo (o Lilibeo) a W, punta del Faro (o capo Peloro) a NE e capo Isola delle Correnti a SE. Il termine Sicilia, derivato dal popolo dei Siculi, che abitava la parte orientale dell'isola, risale all'antichità insieme con quello di Sicania (riferito alla parte occidentale, sede dei Sicani), sul quale prevalse già in epoca classica, estendendosi successivamente, in età medievale, a designare i domini prima normanni e poi svevi nell'Italia meridionale. L'isola fu per secoli divisa amministrativamente nelle tre “valli” (circoscrizioni) di Mazara (o di Mazzara) a W, di Demone a NE e di Noto a SE; nel 1817 entrò in vigore una nuova ripartizione amministrativa in sette valli o province, che rimase pressoché inalterata fino al 1927, anno dell'istituzione delle province di Enna e di Ragusa.

Diritto

La Sicilia è costituita in regione autonoma (legge costituzionale 26 febbraio 1948), fornita di personalità giuridica entro l'unità politica dello Stato italiano. Organo regionale è un'assemblea con novanta deputati, eletti a suffragio universale diretto. In carica per cinque anni (legge costituzionale 23 febbraio 1972), i deputati esercitano funzioni legislative sulle materie di competenza comuni con le regioni a statuto ordinario, alle quali si aggiungono anche le facoltà d'intervento in materia di acque pubbliche, d'istruzione elementare, d'industria e commercio. Il governo della Sicilia è affidato a una giunta di dodici membri nominati dal presidente della Regione (eletto, in base a una legge costituzionale del 2000, direttamente dai cittadini, contestualmente all'assemblea). Questi rappresenta l'Ente Regione, promulga le leggi, provvede al mantenimento dell'ordine pubblico, dirige la Polizia di Stato (anche se questa prerogativa non è mai stata esercitata), partecipa al Consiglio dei ministri con rango di ministro e con voto deliberativo su questioni pertinenti la sua regione. Consiglio di Stato e Corte dei Conti hanno a Palermo una loro sezione distaccata competente sugli affari della Regione.

Territorio: morfologia

L'isola è in prevalenza montuosa e collinare, con coste alte sul versante tirrenico, dove promontori rocciosi si alternano a tratti orlati da una stretta pianura litoranea; più basse, e a tratti paludose, sul canale di Sicilia; miste sul mar Ionio. I rilievi più elevati sorgono nel settore nordorientale: qui si trovano il massiccio apparato vulcanico dell'Etna (3323 m), il più alto d'Europa, posto tra la piana di Catania e le valli dell'Alcantara e del Simeto, e l'Appennino Siculo, che si estende dallo stretto di Messina alla valle del Torto e costituisce la continuazione, al di là della profonda depressione rappresentata dallo stretto, dell'Appennino Calabro. L'Appennino Siculo si presenta come un lungo allineamento di rilievi, disposti a ridosso della costa nordorientale dell'isola secondo un orientamento ENE-WSW e divisi nei tre gruppi dei Peloritani, dei Nebrodi e delle Madonie. I primi, che occupano la cuspide dell'isola rivolta al continente e che raggiungono i 1374 m (Montagna Grande), sono formati da gneiss e da filladi e sono, quindi, in stretto rapporto dal punto di vista litologico con gli antistanti rilievi della Calabria; i Nebrodi (o Caronie) e le Madonie sono costituiti da rocce cenozoiche facilmente erodibili e da estesi banchi calcarei, per cui presentano forme più morbide e arrotondate, ma anche cime più elevate come il monte Soro (Nebrodi, 1847 m) e il pizzo Carbonaia (Madonie, 1979 m). Ai piedi del versante meridionale del cono dell'Etna e delimitata a S dai monti Iblei, si apre sullo Ionio la piana di Catania, formata dall'apporto alluvionale del Simeto e dei suoi affluenti, quali il Dittaino e il Gornalunga. La vasta cuspide sudorientale dell'isola è occupata dai monti Iblei, ampio altopiano a struttura tabulare, costituito da antichi espandimenti basaltici, che culmina a 986 m nel monte Lauro. La parte centrale dell'isola è interessata da un succedersi irregolare di ondulazioni collinari separate da larghe vallate: si tratta dei monti Erei, che si stendono tra la piana di Catania, i monti Iblei e la valle dell'Imera Meridionale, e del cosiddetto “altopiano solfifero”, una distesa uniforme di modesti rilievi ondulati, costituiti da formazioni gessose e solfifere risalenti all'era cenozoica. Il paesaggio della Sicilia occidentale presenta caratteristiche analoghe: dossi arrotondati ed estesi altopiani ondulati, dove predominano le argille e le arenarie dell'Eocene e del Miocene, alternate in alcuni settori a formazioni calcaree mesozoiche; le antistanti Egadi ripetono queste strutture geologiche e morfologiche, mentre Ustica, le Eolie e Pantelleria sono prevalentemente vulcaniche. Oltre all'Etna, sono vulcani attivi anche Stromboli (924 m) e Vulcano (391 m) nelle Eolie. Elevata è la sismicità della regione, che è soggetta a frequenti terremoti; nel corso del Novecento si sono verificati due catastrofici episodi sismici a Messina, nel 1908, e nella valle del fiume Belice, nel 1968.I corsi d'acqua hanno regime torrentizio e portate ineguali, con piene improvvise nel periodo invernale e lunghi periodi di magra in estate. I principali sono il Simeto (che convoglia le acque del Salso, del Dittaino, del Gornalunga e del Caltagirone), l'Alcantara, l'Anapo e il Tellaro, sul versante rivolto allo Ionio; il Torto e il San Leonardo, tributari del Tirreno; il Belice, il Platani e l'Imera Meridionale, che si gettano nel mar Mediterraneo.Nella Sicilia interna si trova un solo lago naturale, quello di Pergusa, vicino a Enna, e molti bacini artificiali; lungo il litorale dell'estremità sudorientale dell'isola sono alcuni laghi e stagni costieri chiamati “pantani”. Il grande lago di Lentini (15 km²), presso Catania, che era stato prosciugato negli anni Quaranta e Cinquanta del sec. XX, è stato in parte riallagato negli anni Novanta.

Territorio: clima

Il clima è di tipo mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti e piovosi. La distanza dal mare e l'altitudine dei rilievi maggiori danno luogo a variazioni climatiche anche rilevanti: nelle fasce costiere la temperatura media annua si aggira sui 19 ºC, mentre all'interno scende notevolmente; inoltre, la porzione meridionale dell'isola, esposta ai venti caldi africani, raggiunge massime temperature estive più elevate (fino a 42 ºC) ed è soggetta a escursioni annue più modeste. Le precipitazioni sono concentrate perlopiù nei mesi invernali; solo le aree più elevate dell'Etna, dell'Appennino Siculo e dei monti Iblei ricevono oltre 1000 mm annui di acqua piovana; le piogge scarseggiano, invece, nelle piane di Catania e di Gela, e nelle estreme cuspidi occidentali e sudorientali dell'isola, dove scendono a valori inferiori ai 600 mm annui.

Territorio: demografia

La Sicilia è fra le più popolose regioni italiane (la quarta dopo Lombardia, Campania e Lazio). Dagli anni Ottanta del Novecento, la diminuzione del tasso di natalità ha contribuito a rallentare la crescita demografica. Il fenomeno migratorio fu molto intenso nell'isola, come ovunque nel Mezzogiorno, soprattutto tra il 1900 e il 1920, quando emigrò il 12,8% ca. (1.126.51 individui) della popolazione totale. Tra il 1890 e il 1913 il maggior numero di espatri avvenne verso gli Stati Uniti, dove si recarono nove su dieci siciliani emigrati. Negli anni 1950-60 si assistette a una differenziazione delle mete migratorie: dei 400.000 siciliani emigrati in quel periodo il 25% ca. continuò a preferire mete transoceaniche, che questa volta includevano Oceania, Africa e Asia, il 5% ca. si diresse verso i paesi non europei del bacino del Mediterraneo, più 1/4 si spostò verso le regioni industrializzate dell'Italia centrosettentrionale ed il resto verso i paesi dell'Europa del Nord. Il fenomeno migratorio, notevolmente ridotto agli inizi del sec. XXI, non si è ancora concluso (la Sicilia è ancora al primo posto tra le regioni italiane per numero di emigranti, superiore in media alle 10.000 unità per anno); in compenso è equilibrato dall'immigrazione straniera, che in Sicilia è cominciata molto prima che nelle altre regioni italiane con l'insediamento di una consistente colonia tunisina a Mazara del Vallo. Gli stranieri erano nel 2002 ca. l'1% della popolazione residente, meno della metà della media nazionale. All'interno dell'isola si verificano gli spostamenti tradizionali di popolazione dalle aree montane e collinari, economicamente più depresse, verso le coste e soprattutto verso le città. Le zone di maggiore addensamento demografico sono le fasce costiere delle cuspidi nordorientali e occidentali, il versante orientale dell'Etna e le aree di Palermo e Siracusa. Sono presenti (nei comuni di Piana degli Albanesi, Contessa Entellina e Santa Cristina Gela, in provincia di Palermo) minoranze di lingua albanese, qui insediatesi nel sec. XV.

Territorio: struttura urbana e vie di comunicazione

A differenza del Mezzogiorno continentale, che nei secoli passati non contava su alcuna grande città a parte Napoli, in Sicilia erano presenti importanti centri urbani, che al primo censimento nazionale del 1861 (prima dell'annessione di Roma e del Veneto) si collocavano fra le dieci maggiori città del Paese: Palermo, centro coordinatore della parte occidentale dell'isola; Catania, di quella sudorientale; e Messina, porta di accesso per tutta la regione, dotata di un'area di influenza più limitata in Sicilia, che si estendeva, però, anche alla vicina Calabria.La struttura fondamentale della rete urbana è rimasta sostanzialmente la stessa, ma Messina e Catania tendono a completarsi funzionalmente, avviando l'isola verso una struttura urbana bipolare, con l'area metropolitana di Palermo e il sistema Catania-Messina che concentrano il territorio regionale in due grandi aree di influenza. Si deve notare che all'asse Catania-Messina va aggiunta Reggio di Calabria, che con la città siciliana sullo stretto sta formando una vera e propria conurbazione, sempre più integrata, con funzioni decisionali che si allargano a tutta la Calabria meridionale. Si è inoltre rafforzato il ruolo degli altri capoluoghi provinciali, in particolare quello di Siracusa.Gli aeroporti principali si trovano a Punta Raisi (aeroporto internazionale “Falcone-Borsellino”), nei pressi di Palermo, a Fontanarossa vicino a Catania (aeroporto nazionale con alcuni collegamenti internazionali) e, infine, a Birgi a pochi chilometri da Trapani. Aeroporti tipicamente turistici e destinati al traffico locale sono quelli di Pantelleria e Lampedusa.L'intero sistema stradale e ferroviario dell'isola è stato incrementato negli ultimi decenni del Novecento. Palermo è collegata a Catania con l'autostrada A19, che passa per il centro dell'isola (via Enna e Caltanissetta). Catania e Messina sono a loro volta collegate dalla A18, che corre sulla costa, alle falde orientali dell'Etna. Numerosi tratti di superstrada si trovano nelle zone di Siracusa e Ragusa. Palermo è collegata con Trapani e Mazara del Vallo dalla A29. Il sistema risulta, però, ancora deficitario, specialmente sulla costa settentrionale, dove l'autostrada Messina-Palermo (A20) non è stata completata, e per i collegamenti dei centri della costa meridionale (Gela-Agrigento-Sciacca) percorsa dalla SS 115. I trasporti terrestri vengono incanalati sulla direttrice Messina-Reggio di Calabria con traghetti e aliscafi attraverso lo stretto di Messina. Al reale bisogno dell'isola di migliorare il proprio sistema di comunicazioni, viene contrapposta l'elevata sismicità della zona dove dovrebbe sorgere il ponte e la sostenibilità economica dell'opera rispetto al traffico previsto. Le linee ferroviarie principali sono la Messina-Palermo, lungo il litorale tirrenico, la Messina-Catania-Siracusa, lungo la costa ionica, e la Palermo-Catania, che attraversa l'interno dell'isola. Palermo e Siracusa sono collegate da treni a lunga percorrenza con Roma e Milano.I porti commerciali più trafficati sono quelli di Palermo, con linee per Genova, Cagliari, Napoli, Tunisi e Ustica; Catania, con collegamenti con Malta; e Messina, porto attrezzato per i trasporti merci e punto di passaggio obbligato per il traffico terrestre diretto in Sicilia; Mazara del Vallo divide il primato di porto peschereccio con i porti adriatici di Chioggia e San Benedetto del Tronto, mentre ad Augusta e a Santa Panagia vengono sbarcate ingenti quantità di petrolio. Un intenso movimento passeggeri hanno i porti di Milazzo e Trapani (quest'ultimo collegato anche con Tunisi), dovuto al traffico locale e turistico con le Eolie e le Egadi. Da Porto Empedocle partono i traghetti per Linosa e Lampedusa.

Territorio: ambiente

Le meraviglie naturali dell'isola giustificano la definizione di “giardino del Mediterraneo” attribuitale, anche se alcuni aspetti – pur suggestivi – del paesaggio, quelli di asciutte fiumare, di aride steppe, di inferni vulcanici e spiagge nere, spesso contrastano con questa immagine. Ma è proprio la ricchezza di ambienti diversi e straordinari a fare della Sicilia una terra affascinante, che diversi fattori contribuiscono a minacciare.La progressiva antropizzazione del litorale marino rappresenta uno fra i principali rischi ambientali della Sicilia. Aree di costa non balneabili (il 4% del totale) si trovano in corrispondenza dei grandi centri urbani, dei porti e dei poli industriali, come nel caso della costa presso Palermo e Siracusa.L'emergenza idrica è molto grave nell'isola. Lo sviluppo economico, l'aumento del fabbisogno in relazione alla migliorata qualità della vita, nonché la crescente richiesta da parte del settore industriale, rendono sempre più pressante l'esigenza di cercare soluzioni alternative per una razionale gestione integrata della risorsa acqua, dall'adduzione alla depurazione. L'altra emergenza ambientale tipicamente siciliana – oltre al flagello dei terremoti, comune a tutto il Mezzogiorno – è rappresentata dalle eruzioni dell'Etna; l'ultimo fenomeno parossistico devastante risale al 1669, quando una parte di Catania fu ingoiata dalla lava. Oggi la pericolosità del fenomeno è molto contenuta in quanto il vulcano è costantemente monitorato. L'edificazione lungo le pendici vulcaniche, tuttavia, non accenna a diminuire.La superficie sottoposta a tutela arriva al 13%, se si tiene conto anche delle aree marine istituite attorno alle isole, che costituiscono il fiore all'occhiello del patrimonio ambientale siciliano. Nel 1986 nelle acque di Ustica è stata istituita la prima riserva marina italiana. Altre aree sono quella delle isole Ciclopi, intorno ai faraglioni basaltici di Aci Trezza, e quelle delle Egadi, delle Pelagie e di capo Gallo. Le isole Eolie sono state inserite dall'UNESCO fra i siti patrimonio dell'umanità.Sul territorio, oltre ai parchi regionali – dei quali fa parte anche quello fluviale dell'Alcantara – sono presenti numerosissime riserve naturali. Le aree protette più vaste sono quelle che tutelano l'ambiente montano, cioè i parchi regionali dell'Etna, delle Madonie e dei Nebrodi. Numerose riserve sono state istituite per preservare le foci dei fiumi (Simeto, Belice, Platani), per impedire l'urbanizzazione selvaggia (Riserva Naturale dello Zingaro, a W di Palermo, istituita nel 1981, e Oasi Faunistica di Vendicari, sulla costa meridionale) e tutelare le grotte cesellate dal carsismo (grotta Monello, grotta Palombara) e i biotopi, oramai rari, come quello delle saline (Saline di Trapani, Saline di Siracusa, Isole dello Stagnone di Marsala).Non sono presenti in Sicilia comunità montane, essendo state abolite nel 1986.

Economia: generalità

Malgrado lo sviluppo di alcuni settori, come quello turistico, la Sicilia non è ancora riuscita ad allestire una struttura economica sufficientemente autonoma ed efficiente. Nel secondo dopoguerra la regione è stata destinataria di trasferimenti di risorse (anche attraverso la Cassa per il Mezzogiorno), operati dallo Stato a vantaggio delle famiglie e del sistema produttivo, senza che ciò abbia però innescato processi autopropulsivi di crescita. Il tessuto imprenditoriale è carente, ostacolato anche dai continui interventi della criminalità organizzata, che frena la crescita e la diffusione di un tessuto di piccole e medie imprese. La disoccupazione è elevata (quasi un quarto della popolazione attiva).

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

L'8,3% della popolazione attiva si dedica all'agricoltura: una forza lavorativa superiore alla media nazionale e comunitaria, ma con bassa redditività. La diminuzione degli addetti stabili è stata parzialmente compensata dall'impiego di manodopera stagionale, in prevalenza di origine extracomunitaria. La Sicilia è la prima regione in Italia per produzione di cereali (frumento), ma la resa, rispetto alla superficie coltivata, è inferiore a quella di altre regioni (Puglia, Marche, Emilia-Romagna); le cause sono da ricercarsi nella scarsità d'acqua e di impianti di irrigazione adeguati. Le zone dell'entroterra sono prevalentemente cerealicole (un terzo delle aree coltivate), mentre nella fascia costiera e in alcune contigue pianure si pratica un'agricoltura specializzata, basata soprattutto su agrumi (la Sicilia fornisce oltre la metà del raccolto nazionale, con prodotti provenienti dalla Conca d'Oro, dalla costa messinese e dalle piane di Catania e di Gela), olive, ortaggi, frutta, fiori, mandorle e uva. L'attività di trasformazione dei prodotti agricoli ha conquistato nell'ultimo decennio del sec. XX un ruolo apprezzabile nel contesto nazionale (mandorle e semilavorati, conserve di ortaggi e confetture, prodotti ittici) e internazionale. Il settore enologico fornisce, oltre a vini da taglio, anche vini di pregio, quali marsala, passito e moscato di Pantelleria, corvo e malvasia. L'esportazione, in concorrenza con Spagna e Francia, riguarda sia i vini da taglio e i mosti sia i prodotti di pregio; ruolo trainante riveste la provincia di Trapani, che nel 1998 è risultata la quarta in Italia per volume di esportazioni. Interesse modesto ha l'allevamento, come in buona parte dell'Italia meridionale, rivolto più agli ovini che ai bovini (allevati questi ultimi nella piana di Catania). La pesca riveste notevole importanza: la Sicilia è, con la Puglia, l'Emilia-Romagna e le Marche, fra le prime regioni pescherecce italiane. Tipiche sono la pesca del tonno nel Trapanese e del pesce spada nel Messinese, per le quali si impiegano anche tecniche tradizionali.

Economia: industria

L'industria occupa solo il 20,7% della forza lavoro. La sua articolazione interna vede una specializzazione relativa nei settori energetico, estrattivo e delle costruzioni; nel comparto manifatturiero si registra un forte squilibrio fra la grande quantità di imprese di piccole dimensioni, operanti in produzioni tradizionali (alimentari, legno, materiali da costruzione) e i pochi grandi impianti di proprietà pubblica, con scarsità di aziende di dimensione intermedia. La scoperta dei giacimenti petroliferi (1953) ha dato origine a una solida industria petrolchimica; pur essendosi questi rivelati modesti, la presenza degli impianti, adibiti alla lavorazione del greggio di provenienza araba, ha fatto della regione uno dei poli mediterranei del settore (Augusta, Priolo Gargallo, Siracusa, Gela, Ragusa); a essa è legato, inoltre, lo sviluppo del comparto energetico, in grado di esportare parte della propria produzione. Con impianti rilevanti sono attivi i settori chimico (fertilizzanti, con localizzazione congiunta alla petrolchimica) e meccanico (di particolare rilevanza è la presenza della FIAT a Termini Imerese), concentrati attorno a Palermo e Catania. Nel Catanese opera anche un discreto comparto agroalimentare. Sono inoltre avviate diverse aziende operanti in settori avanzati, come l'elettronica e le telecomunicazioni. L'attività estrattiva ha riguardato in passato l'estrazione dello zolfo, per la quale l'isola ha raggiunto produzioni a livelli mondiali. Dagli anni Cinquanta del sec. XX, però, la concorrenza di altri produttori (Stati Uniti e Messico) dotati di tecniche estrattive più redditizie ha portato a un progressivo rallentamento del settore, definitivamente abbandonato dal 1986. Si estraggono ancora asfalto e petrolio (rispettivamente a Ragusa e Gela) e, in maniera ormai esigua, sali potassici (Sperlinga).

Economia: servizi

Il terziario registra in Sicilia una presenza più forte che nel resto del Paese (71% degli occupati), dovuta in larga parte al peso della pubblica amministrazione e del commercio al minuto; i servizi di tipo avanzato si concentrano a Palermo e Catania e, in misura minore, a Messina e Siracusa. Tali attività riguardano particolarmente il credito e gli istituti bancari (alcuni di interesse sovraregionale). Il settore turistico ha un ruolo rilevante e in forte crescita, in modo particolare il turismo balneare, che interessa soprattutto le province di Messina (Taormina, isole Eolie), di Siracusa e di Catania. Alcune aree costiere, però, hanno subito danni ambientali determinati da uno sfruttamento eccessivo e incontrollato del territorio. Le risorse archeologiche, paesaggistiche e storico-artistiche esercitano un forte richiamo per il turismo nazionale e internazionale, che trova comunque un potente freno nell'insufficienza delle infrastrutture, dell'attrezzatura ricettiva e dei servizi.

Economia: distretti industriali

Di rilevante importanza, nella provincia di Catania, è la concentrazione di imprese attive nell'elettronica e nelle telecomunicazioni. Oltre a grandi aziende come ST Microelectronics, Nokia, Alcatel, Omnitel, sono presenti, in quella che per analogia con la Silicon Valley americana è stata definita “Etna Valley”, numerose aziende di piccola e media dimensione. Gli elementi che favoriscono l'insediamento delle aziende hi-tech nella zona sono, fra gli altri, gli incentivi regionali e la vicinanza di un importante polo di ricerca scientifica quale l'Università di Catania. Sono poi presenti in Sicilia alcune aree artigianali (e ora in parte industriali), eredi di antichissime tradizioni, come quelle della ceramica a Caltagirone e a Santo Stefano di Camastra. Legati al settore primario sono, invece, il distretto peschereccio di Mazara del Vallo, coincidente praticamente con la città stessa, e quello agricolo di Pachino, noto soprattutto per la produzione dei piccoli e prelibati pomodori ciliegini.

Preistoria

Manufatti tipologicamente simili a quelli dei complessi su ciottolo del Paleolitico inferiore sono stati rinvenuti negli anni Sessanta del Novecento in diverse località dell'isola: in provincia di Agrigento (Torre di Monterosso, Capo Rossello) e tra Menfi e Sciacca (Bertolino di Mare, Contrada Cavarretto). In seguito, complessi su scheggia, sempre riferiti al Paleolitico inferiore, sono stati rinvenuti in provincia di Catania, lungo il Dittaino e il Simeto e vicino a Ragusa. Per molti di questi rinvenimenti si tratta di complessi numericamente limitati e in situazioni cronostratigrafiche non chiaramente definibili. Se la presenza di facies su ciottolo e su scheggia del Paleolitico inferiore in Sicilia appare finora indiziata più dal ripetersi di ritrovamenti che non da un loro sicuro inquadramento geologico, non sembra potersi affermare altrettanto per quanto riguarda il Paleolitico medio, finora non documentato, mentre più numerosi sono i complessi riferiti al Paleolitico superiore e al Mesolitico. Alle fasi antiche del Paleolitico superiore (Aurignaziano) è attribuita l'industria di Fontana Nuova (Ragusa); all'Epigravettiano antico sono riferiti i siti di Canicattini Bagni (Siracusa) e di grotta Niscemi (Palermo); all'Epigravettiano evoluto il Riparo San Corrado (Siracusa) e la grotta Mangiapane (Trapani). Più rappresentato appare l'Epigravettiano finale, con numerosi siti: il Riparo San Basilio e la grotta di San Teodoro (Messina), dove sono state scavate quattro importanti sepolture con ocra; la grotta Corruggi e la grotta Giovanna (Siracusa), quest'ultima con numerose manifestazioni di arte mobiliare su blocchi e lastre di calcare con motivi incisi a carattere prevalentemente geometrico e più raramente naturalistico; la grotta dell'Acqua Fitusa (Agrigento); la grotta di Cala dei Genovesi, a Levanzo; e i livelli basali della grotta dell'Uzzo (Trapani). A questa fase sono attribuite le raffigurazioni di animali incise nella grotta di Cala dei Genovesi; la scena complessa, con personaggi umani e alcuni animali, scolpita su un masso di una delle grotte dell'Addaura (Palermo), di difficile datazione, è stata ritenuta attribuibile al Mesolitico o al Paleolitico inferiore. Altre raffigurazioni di animali (cervidi, equidi, bovidi), pressappoco coeve a quelle citate, sono note in diverse altre grotte (Niscemi, Za Minica, Puntali, Racchio). Infine, il Mesolitico è soprattutto attestato alla grotta dell'Uzzo, dove sono state rinvenute, tra l'altro, una decina di sepolture, doppie e singole, di neonati, bambini e adulti, datate con metodi radiometrici a un periodo compreso tra l'8000 e il 7300 a. C. ca. Copiosissimi sono i resti relativi al Neolitico, che dimostrano l'importante ruolo avuto in tale periodo dalla Sicilia per la sua posizione al centro del Mediterraneo; i principali appartengono alle culture neolitiche di Stentinello e di Diana. A partire dal terzo millennio a. C. si diversificarono gli aspetti culturali delle Eolie e della Sicilia nordorientale, sudorientale e occidentale. Un fenomeno particolarmente importante è costituito dal manifestarsi di influenze della facies del bicchiere campaniforme, soprattutto nella zona della Conca d'Oro. Con la facies eoliana di Capo Graziano iniziano a essere attestati contatti stabili con il mondo egeo, particolarmente ricchi anche nella facies isolana di Castelluccio. Molto importanti sono i villaggi con architettura evoluta del successivo periodo di Thapsos (1400 a. C.) e, nella tarda Età del Bronzo, l'imponente anaktoron di Pantalica (1250 a. C.), grande edificio residenziale di tipo megalitico, sovrastante una delle più spettacolari necropoli siciliane, costituita da ca. 5000 tombe del tipo a grotticella naturale (sec. XII-XI a. C.). Con l'Età del Ferro lo sviluppo autonomo verso forme complesse di organizzazione sociopolitica venne interrotto dalla fondazione di colonie fenicie, nella parte occidentale dell'isola, e greche, in quella orientale.

Storia: il periodo greco e romano

La Sicilia ebbe nel corso della sua storia diversi nomi, di cui il più antico, suggerito dalla conformazione dell'isola, secondo Tucidide fu Trinakria. Abitata da Siculi, Sicani ed Elimi, la Sicilia si aprì presto (IX sec. a. C.) alla colonizzazione fenicia e, dal 734 a. C. ca., a quella greca. La presenza fenicia ebbe agli inizi un carattere commerciale, basato su scali marittimi ed empori; solo a partire dal sec. IX divenne più stabile, grazie alla fondazione di città vere e proprie: Mozia, Solunto, Ziz, Lilibeo ecc. Nel sec. VI, le città fenicie entrarono nell'orbita politica di Cartagine (Ziz divenne Panormo). Stabili furono invece, fin dagli inizi, gli insediamenti greci nella parte orientale dell'isola, tra cui Naxos, Leontinoi, Katane e Megara Iblea, fondate dai Calcidesi, e Zancle, fondata da Calcidesi e Cumani; Syracusa, fondata dai Corinzi (734-733 a. C.); Gela, fondata da Rodiesi e Cretesi (689 a. C). Megara Iblea e Gela, a loro volta, diedero origine a Selinunte e Akragas (582 a. C). Le colonie greche non costituirono mai un'unità politica e anzi furono spesso in guerra tra loro; stabilirono intense relazioni commerciali con le città dell'Italia meridionale, con Cartagine e, dal sec. VI a. C., con Roma. Furono afflitte da lotte intestine, che sfociarono, dalla fine del sec. VI a. C., nell'avvento di regimi tirannici, tra cui quello di Ippocrate a Gela (498-491); il suo successore, Gelone, divenne tiranno di Siracusa, che fu la città più importante dell'Occidente greco. Nel sec. VI a. C. tra città fenicie e greche iniziò una lunga lotta per il controllo dei traffici mediterranei. Nel 480 a. C. Gelone bloccò a Himera un tentativo di espansione dei Cartaginesi. Nel 474 a. C. Gerone, suo fratello e successore, sconfisse gli Etruschi nelle acque di Cuma ed estese poi la sua influenza anche sul mondo greco dell'Italia meridionale. L'espansionismo siracusano fu però fermato da un moto insurrezionale dei Siculi (450 a. C.) e, più tardi (415-13 a. C.), dalla spedizione promossa da Atene, durante la guerra del Peloponneso, mirante a salvaguardare i commerci con gli Etruschi. L'impresa si risolse per Atene con un disastro, ma anche Siracusa ne uscì indebolita: ne approfittò Cartagine, che riprese i tentativi di penetrazione nell'isola aggredendo, tra il 408 e il 405 a. C., città fiorenti come Selinunte, Himera, Akragas e Gela. L'avvento alla tirannide di Siracusa di Dionisio I (405 a. C.) rafforzò la potenza della città. Dopo una lotta durata quasi due secoli, i Cartaginesi furono ridotti al possesso della sola area occidentale dell'isola. Nel 212 a. C., con la presa di Siracusa da parte del console Marcello, Roma entrò in possesso dell'intera isola, cui venne attribuito lo status di provincia. Le città siciliane, a esclusione della fedele Messina, furono sottoposte al pagamento di un tributo, ma mantennero una notevole autonomia. Cesare concesse il diritto latino alla provincia. Augusto, che la annoverò tra le province senatorie, vi rafforzò il dominio romano, colonizzando numerose città, e ne risollevò le condizioni economiche compromesse dalla guerra civile. In età imperiale la regione godette di un certo benessere, lontano, tuttavia, dallo splendore di un tempo. Con la Constitutio Antoniniana del 212, i siciliani ottennero la cittadinanza romana al pari di tutti gli abitanti dell'Impero. Nella suddivisione operata da Diocleziano, la Sicilia fu attribuita alla diocesi “italiciana” e costituì una provincia a sé.

Storia: dai Bizantini agli Arabi

Il declino dell'Impero Romano si rifletté sull'isola esponendola all'occupazione dei Vandali (468), cui si sostituirono nel 491 gli Ostrogoti di Teodorico. L'età ostrogotica (491-535) riportò nell'isola una relativa stabilità; militarmente presidiata, la Sicilia riassunse il suo antico ruolo di grande riserva di grano e di chiave del commercio mediterraneo. Dalla Sicilia ebbe inizio la riconquista imperiale dell'Italia promossa da Giustiniano. Occupata da Belisario agli inizi della guerra gotica (535-553), l'isola divenne un baluardo militare (che Totila cercò invano di espugnare verso il 550). Sottoposta direttamente all'imperatore attraverso un governatore militare, la Sicilia si vide assegnare un ruolo di difesa contro gli Arabi, che ne mortificò l'economia e ne sconvolse la distribuzione demografica. Il dominio bizantino si caratterizzò anche per il rigore fiscale e l'intolleranza religiosa. Lingua, cultura e costumi greci penetrarono largamente nella società siciliana: a questa seconda ellenizzazione della Sicilia si legò il progetto di Costante II di fare dell'isola il centro dell'Impero, con il breve trasferimento della capitale da Costantinopoli a Siracusa (663-68).Già apparsi in varie incursioni fin dalla metà del sec. VII, gli Arabi intrapresero l'invasione della Sicilia per iniziativa di Ziadet Allāh, emiro aghlabita di Kairuan (Tunisi), dando all'impresa carattere di guerra santa. Aspramente contrastati, completarono la conquista solo agli inizi del sec. X, impossessandosi via via di Mazara (827), Palermo (831), Messina (843), Enna (859), Siracusa (878) e Taormina (902). Sottoposta al governo di un emiro, già verso la metà del sec. X la Sicilia divenne un principato ereditario e di fatto indipendente e per circa un secolo, sotto i Kalbiti, risorse dalla sua lunga decadenza. La popolazione ottenne lo statuto imposto dagli Arabi ai non musulmani (dhimma), conservando diritti civili e privati, tra cui la libertà religiosa. La colonizzazione, più attiva nella zona occidentale dell'isola, agì con metodi e risultati diversi da luogo a luogo e gravò in misura diversa sugli isolani, che reagirono con sporadiche rivolte. Gli Arabi diedero uno straordinario impulso all'agricoltura (con il frazionamento di latifondi e l'introduzione di nuove colture), all'artigianato (tessuti di seta e di cotone) e al commercio (con base a Palermo); la Sicilia, come la Spagna, divenne un centro d'irradiazione della civiltà islamica.

Storia: dalla riconquista normanna agli Svevi

Delle croniche rivalità tra i signori locali seppero approfittare nel sec. XI prima i Bizantini (spedizione di Giorgio Maniace, 1038-40) e poi i Normanni, già affermatisi nell'Italia meridionale e sorretti nella loro offensiva antimusulmana dalla Chiesa romana. La riconquista cristiana dell'isola, a opera di Ruggero I d'Altavilla, iniziò con la presa di Messina (1061) e si concluse con quella di Noto (1091). L'opera di Ruggero I fu continuata dal figlio Ruggero II. Animato da forti ambizioni e dotato di insigni qualità politiche e militari, egli riuscì a realizzare l'unità dei domini normanni insulari e continentali e a fondare uno stato fortemente accentrato. Nel 1130 ottenne dall'antipapa Anacleto II il titolo di re di Sicilia; nel 1139 fu incoronato da papa Innocenzo II re del Regno di Sicilia e Puglia. Ruggero II introdusse in Sicilia il regime feudale, sottoponendolo all'autorità di una gerarchia di funzionari. Garantì la libertà religiosa e le consuetudini proprie dei gruppi latini, arabi, bizantini ed ebraici residenti nel regno, avvalendosi di collaboratori d'ogni nazione e religione. L'isola conobbe così una vigorosa ripresa e Palermo divenne il centro di un vasto dominio.

Storia: gli Svevi

Con la morte di Guglielmo II d'Altavilla (1189) si aprì una nuova fase di instabilità politica, che portò nel 1194-95 alla conquista dei domini normanni da parte di Enrico VI di Hohenstaufen, erede al trono di Sicilia ma non riconosciuto dalla nobiltà dell'isola, che gli preferiva Tancredi di Lecce, figlio naturale di Ruggero II. La morte di Enrico VI nel 1197 mise di nuovo in discussione i diritti degli Svevi, che furono definitivamente confermati con l'incoronazione a re di Federico II (1212) a opera di papa Innocenzo III.Diventato imperatore nel 1220, Federico II dedicò la massima cura al Regno di Sicilia, facendo di Palermo un'ancora più splendida capitale. Piegate le resistenze baronali e comunali, con le Costituzioni di Melfi (1231) portò a compimento l'ordinamento assolutistico del regno instaurato dai Normanni. La Sicilia si ritrovò, tuttavia, coinvolta nel conflitto di Federico II contro il papato e i Comuni e costretta a sopportare un pesante carico fiscale. Così, quando Manfredi nel 1266 venne sconfitto nella battaglia di Benevento da Carlo d'Angiò e la corona di Sicilia passò a questi, l'isola aveva ormai raggiunto uno stato di incombente riflusso economico.

Storia: Angioini e Aragonesi

Il dominio degli Angioini in Sicilia non ebbe vita lunga. Carlo tentò di riportare stabilità nell'isola e di rianimarne i commerci, ma la concessione di grossi feudi a baroni francesi, la sua politica fiscale (ancor più esasperata di quella sveva) e il trasferimento della capitale a Napoli ottennero ben altri risultati. Il 31 marzo 1282 a Palermo scoppiò, infatti, l'insurrezione dei Vespri, che divampò in breve in tutta l'isola, e poco dopo Pietro III d'Aragona, sbarcato a Trapani, portò a termine l'offensiva contro i francesi. Ma prima che il distacco della Sicilia dalla penisola fosse definitivamente compiuto, si combatté la ventennale guerra dei Vespri (1282-1302), che si concluse con la Pace di Caltabellotta (1302). Il conflitto sul possesso dell'isola si trascinò fino al 1372, quando Giovanna I d'Angiò, regina di Napoli, rinunciò a ogni rivendicazione. Nella storia della Sicilia la rivolta dei Vespri segnò una svolta di grande portata. Entrata a far parte della sfera d'influenza spagnola, la regione restò isolata dal resto d'Italia fino all'Ottocento. Sul piano interno, lo scollamento tra paese e corona cambiò la natura del regime creato dai Normanni e il baronaggio riuscì per la prima volta a crearsi lo spazio giurisdizionale e politico che gli avrebbe consentito di conservare per secoli un ruolo predominante. A metà del sec. XIV il baronaggio diventò il vero padrone dell'isola, che fu divisa in quattro vicarie assegnate alle famiglie più potenti: i Chiaramonte, i Ventimiglia, i Peralta e gli Alagona. L'unione delle corone d'Aragona e di Sicilia (1409-10) instaurò nell'isola il governo dei viceré (1415), con il quale iniziò un processo di parziale recupero di potere nei confronti della nobiltà isolana. I risultati di questa politica divennero evidenti solo verso la fine del secolo, quando si cominciarono a percepire i sintomi di un certo risveglio economico e demografico. Si trattò, comunque, di successi parziali, sminuiti anche dall'espulsione degli ebrei e dall'introduzione del tribunale dell'Inquisizione da parte di Ferdinando il Cattolico, ma soprattutto dallo spostamento degli equilibri commerciali verso l'Atlantico, in seguito alla scoperta dell'America (1492). La battaglia di Lepanto (1571) e la successiva presa di Cipro (1572), pur ridando sicurezza ai traffici occidentali, declinati dopo la conquista ottomana di Costantinopoli (1453), non indussero cambiamenti di rilievo nel quadro isolano.

Storia: da vicereame all’unione allo Stato italiano

Dopo la vittoria di Carlo V nella battaglia di Pavia (1525), la nobiltà siciliana assunse un atteggiamento di collaborazione con la monarchia spagnola, riuscendo a conservare all'interno del vicereame un ruolo di importanza primaria. La nobiltà garantì alla corona il controllo sociale, specie nelle campagne, ottenendone in cambio privilegi economici, tra cui la liberalizzazione del commercio del grano, che portò a un forte aumento della rendita fondiaria. Nel contempo, per accedere al Parlamento (per cui bisognava possedere feudi abitati), promosse la colonizzazione dei latifondi, determinando un'imponente trasformazione della forma di popolamento. Tra i sec. XVI e XVII nacquero, infatti, nell'isola ca. 120 nuovi paesi feudali. Assai funzionale a questo processo si rivelò l'azienda rurale della “masseria”, che prevedeva la cessione di un latifondo a un grande affittuario dietro pagamento di un canone annuo. Agli inizi del Seicento, nell'affannosa ricerca di denaro, la corona spagnola procedette a un'ondata di vendite di titoli nobiliari e di diritti sulle terre demaniali, causando l'allargamento dei ranghi del baronaggio e il suo ulteriore rafforzamento sociale. Divenne così più agevole per la nobiltà, che già godeva insieme al clero di ampi privilegi, scaricare sul popolo minuto il peso finanziario del fisco spagnolo; le città divennero il punto di confluenza della crisi e del malessere dei ceti sociali più bassi. Rivolte esplosero per tutta l'isola, tra cui quella di Palermo (1647), capeggiata da Giuseppe d'Alessi, che riuscì a cacciare per qualche tempo il viceré, e quella di Messina (1674), che costrinse alla fuga la guarnigione spagnola e resistette (con l'aiuto della Francia) sino al 1678, quando Luigi XIV, accordatosi con Carlo II (Pace di Nimega), abbandonò i rivoltosi alla repressione spagnola.Con il Trattato di Utrecht (1713), che sancì la fine della guerra di successione spagnola, la Sicilia passò a Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, ma poco dopo (1718) fu assegnata all'Austria in cambio della Sardegna. Nel 1734, i regni di Sicilia e di Napoli vennero riunificati da Carlo di Borbone sotto un'unica dinastia nazionale. Iniziò allora un periodo di riforme che vide in D. Caracciolo, viceré dal 1780 al 1786, il suo più illuminato rappresentante: furono cacciati i gesuiti (1767) e redistribuite le loro terre, abolita l'Inquisizione e attuati provvedimenti miranti ad attenuare lo strapotere dei baroni. Ma il programma di riforme ebbe esiti contraddittori; infatti, a una perdita del potere giurisdizionale corrispose un rafforzamento economico del baronaggio, che sfruttò la favorevole congiuntura della seconda metà del Settecento. Peraltro, i baroni poterono contare sul sostegno della borghesia agraria (gabbellotti, massari, mediatori) delle aree interne, non interessata all'ulteriore sfaldamento di un sistema di rapporti economici in cui aveva potuto aumentare in prestigio e benessere. Soltanto alla fine del Settecento l'isola iniziò a liberarsi dal feudalesimo, restando indifferente alla circolazione di idee rivoluzionarie dell'epoca. La Sicilia rimase ai Borbone anche nei periodi in cui essi perdettero il controllo dell'Italia meridionale durante la breve esperienza della Repubblica Napoletana (1799) e l'occupazione francese (1806-15). Nel 1812, auspice lord W. Bentinck, l'isola ebbe una sua Costituzione liberale che aboliva i diritti feudali.Dopo la sconfitta dei francesi e il ritorno del sovrano a Napoli, Ferdinando IV, con i decreti del 1816, revocò la Costituzione e unificò i due stati nell'unico Regno delle Due Sicilie, per il quale assunse il nome di Ferdinando I. Nell'isola la decisione non venne accolta con favore e quando nel 1820 si ebbero a Napoli i primi moti carbonari, anche Palermo insorse, rivendicando l'autonomia e il ripristino della Costituzione. Nonostante i positivi miglioramenti economici, sociali e istituzionali degli anni successivi, lo scollamento tra monarchia e le forze politiche più significative non fu più superato; anzi, queste ultime, soprattutto dopo la sollevazione di Palermo del 1831 e l'insurrezione antiborbonica del 1848 (domata solo l'anno dopo), andarono saldando le loro aspirazioni con quelle unitarie diffuse negli altri stati italiani. Questo collegamento si rivelò decisivo quando, nel 1860, la dinastia borbonica non trovò, nell'isola, alcuna forza disposta a sbarrare il passo alle truppe garibaldine. Con il plebiscito del 21 ottobre 1860 fu proclamata l'unione al Regno d'Italia. Dopo la vendita dei feudi (1861) e dei beni ecclesiastici (1866), il latifondo si ricompose nelle mani degli stessi nobili, dei gabbellotti arricchiti e di grossi borghesi. Il compito di dare una risposta ai problemi che la nuova realtà unitaria poneva venne, quindi, assunto da una classe dirigente composta essenzialmente dalla vecchia aristocrazia terriera saldata con la nuova borghesia agraria. I cambiamenti, soprattutto infrastrutturali, realizzati dallo Stato italiano, furono imponenti, anche se inferiori a quelli conseguiti in altre regioni della penisola. Nel 1876 l'inchiesta di G. S. Sonnino e L. Franchetti pose all'attenzione dell'opinione pubblica e della classe dirigente nazionale il problema della Sicilia nell'ambito della più ampia “questione meridionale”: iniziò in quegli anni, protraendosi fino allo scoppio della prima guerra mondiale, l'emigrazione verso gli Stati Uniti d'America. Le difficili condizioni economiche e sociali causarono gravi agitazioni, come l'insurrezione di Palermo (1866), soffocata nel sangue. Nel 1893-94, in seguito a una annata di cattivi raccolti, scoppiarono i moti dei Fasci Siciliani, repressi con lo stato d'assedio e l'imposizione della legge marziale.Il ventennio fascista, pur creando una certa mobilità nello sviluppo delle classi urbane e pur conseguendo un discreto successo in materia di lotta alla mafia e di ordine pubblico, lasciò inalterati i rapporti di forza nelle campagne, dove la grande borghesia aveva ormai rimpiazzato la vecchia aristocrazia. Durante la seconda guerra mondiale l'isola fu il punto di partenza della liberazione dell'Italia a opera delle forze alleate (campagna di Sicilia). Con la ripresa della vita politica si sviluppò nella regione un forte movimento separatista, che si dotò di un Esercito Volontario per l'Indipendenza Siciliana; in esso confluirono molteplici interessi (da quelli degli agrari, a quelli della mafia, a quelli di un banditismo dagli incerti connotati politici), oltre che i sentimenti di disagio delle fasce di popolazione più misere. Il tentativo separatista naufragò in breve tempo, non senza avere insanguinato la regione, in cui si rafforzò il fenomeno mafioso. Ebbero invece esito le istanze autonomiste e nel 1948 la Sicilia divenne regione autonoma a statuto speciale. Nel 1950 fu attuata, dopo aspre lotte, la riforma agraria, che ripartì le terre dei latifondi (1150 ha) a oltre 18.000 contadini. La riforma non portò tuttavia alla scomparsa della mafia, la quale dimostrò inaspettate doti di resistenza e di adattamento alla nuova realtà che maturava nell'isola e fuori di essa, riuscendo a stabilire alleanze con il potere politico. Facendo leva sulle difficoltà economiche e sociali dell'isola, la mafia diventò una potentissima organizzazione criminale, con ramificazioni nel resto della penisola, in grado di sferrare devastanti offensive terroristiche. Nella seconda metà del Novecento, conservando caratteristiche specifiche che l'autonomia di governo ha contribuito ad accentuare, la Sicilia ha partecipato pienamente alla vita politica e culturale italiana.

Archeologia

Oltre alle evidenze relative agli insediamenti pre e protostorici, la Sicilia conserva imponenti resti del proprio passato di colonia greca e fenicia. I centri archeologici più importanti sono Siracusa, Agrigento e Selinunte, i cui numerosi templi (sec. VI-V a. C.) si differenziano per qualche aspetto, ma anzitutto per la maggiore grandiosità, da quelli della Grecia; alcuni, come il tempio di Giove Olimpico, ad Agrigento, dai caratteristici telamoni, hanno forme particolari. I templi più arcaici erano rivestiti di terrecotte policrome (Siracusa); alcuni templi di Selinunte erano ornati di metope a rilievo (conservate al Museo Archeologico Regionale di Palermo), che consentono di seguire nel suo evolversi la plastica locale (influenzata da diverse scuole artistiche greche) dagli inizi del sec. VI alla metà del sec. V a. C.Nel Parco archeologico della Neapoli si trovano i principali monumenti classici siracusani, mentre nell'isola di Ortigia sono stati scoperti i resti di un tempio arcaico ionico – l'unico che si conosca nella città dorica – allineato con il vicino tempio di Atena, incorporato nel duomo. Ad Agrigento è stata identificata la topografia urbana di tipo ippodameo ed è stato scavato un quartiere ellenistico-romano; a Selinunte è stato ricostruito il tempio E. Importanti contributi alla conoscenza della Sicilia greca vengono, inoltre, dalle ricerche compiute in altri centri come Megara Iblea, dove è stata messa in luce notevole parte della città antica; Naxos, dove sono state scavate le mura, tratti urbani e resti del tempio di Afrodite; Gela, con gli scavi dell'acropoli, le imponenti mura in blocchi di calcare e mattoni crudi, e il santuario di Demetra Thesmophoras, in località Bitalemi; Eraclea Minoa, con le mura, il teatro e l'interessante impianto urbano; Himera, con i santuari arcaici e il tempio dorico detto “della Vittoria”, in riferimento alla vittoria del 480 a. C. sui Cartaginesi; Leontinoi, con complesse fortificazioni ed edifici sacri e profani; Adrano, con mura del sec. IV e resti di un'antica città indigena; Eloro, piccola ma ben fortificata cittadina alle foci del fiume Tellaro; Camarina, di cui è stato riconosciuto lo schema ippodameo; Akrai, poco a W di Palazzolo Acreide, con un piccolo ma ben conservato teatro ellenistico e con il bouleuterion; Tyndaris (Tindari), con le sue fortificazioni e il teatro ellenistico; Morgantina, con monumenti soprattutto ellenistici e romani. Particolare interesse per l'incontro della civiltà greca con quella indigena hanno le scoperte di numerosi centri archeologici dell'interno (soprattutto del retroterra agrigentino e gelese), come monte Sabucina, monte Bubbonia, Butera, monte Saraceno, presso Ravanusa, Vassallaggi, monte Raffe e monte Desusino. Le necropoli più antiche hanno spesso restituito ceramica corinzia e attica importata dalla Grecia; nel sec. IV a. C. si svilupparono fabbriche locali di vasi imitanti quelli greci (ceramica siceliota); di tarda età ellenistica è la ceramica detta “di Centuripe”, a colori sovrapposti su fondo chiaro. Ricca è anche la produzione coroplastica, con immagini di divinità per offerte votive nei santuari e, in età ellenistica, con eleganti figurine per i corredi tombali. Bellissima, infine, è la monetazione greca delle principali città siceliote, con i tipi della testa di Dioniso e del Sileno accosciato a Naxos; della testa di Apollo a Catania; della testa di Eracle a Camarina; dell'aquila e del granchio ad Agrigento; del toro con volto umano a Gela; eccezionali, infine, i tetradrammi e decadrammi di Siracusa con la serie della quadriga. Nell'area occidentale dell'isola è ben documentata la civiltà punica. Delle tre città in cui, secondo Tucidide, si concentrarono i Fenici all'arrivo dei coloni greci, se la Palermo punica è ancora poco nota (e le necropoli mostrano notevoli influssi greci), Mozia è stata scavata più estesamente (mura, porto, tophet, santuario, in località Cappidazzu, e necropoli sia nell'isola sia a Birgi, sulla terraferma), mentre Solunto si presenta come una città ellenistico-romana, sebbene con diverse presenze puniche; dalla Solunto più antica, situata probabilmente in località Cannita, a ca. 10 km da Palermo, provengono sarcofagi antropoidi. Resti delle necropoli con belle stele dipinte si sono trovati a Lilibeo (Marsala), che fu l'ultimo baluardo cartaginese in Sicilia, mentre a Selinunte è punica la sistemazione urbanistica dell'acropoli; a Erice è stata osservata una fase punica delle mura, preceduta da una elima. A quest'ultima civiltà, ancora poco nota, sembra appartenere il grande tempio dorico di Segesta, di cui resta quasi intatto il recinto (peristasi), mentre manca completamente la copertura. Dopo la conquista romana alcuni centri interni furono abbandonati, ma le città più importanti si arricchirono di nuovi monumenti, soprattutto a Siracusa (anfiteatro), a Taormina (il teatro detto “greco” è di età ellenistica e fu ricostruito in età romana), a Tindari (grandioso propileo chiamato comunemente “basilica”); cospicui anche i resti di Termini Imerese, l'antica Thermae Himerenses. Di età tardoromana è la grandiosa villa del Casale di Piazza Armerina, i cui mosaici testimoniano i contatti della Sicilia con l'Africa, e quella scoperta presso il fiume Tellaro, non lontano da Eloro, con mosaici altrettanto interessanti. I reperti archeologici sono raccolti nei grandi musei archeologici di Siracusa (con reperti che risalgono alla preistoria e alla protostoria dell'isola), di Palermo, di Agrigento, di Gela, oltre che in numerosi musei locali, tra cui il Museo Archeologico Eoliano Regionale di Lipari.

Arte: dall’arte paleocristiana a quella normanna

Pochi e alterati sono gli edifici paleocristiani a noi pervenuti: la chiesa di San Pietro, a Siracusa, quella di San Focà, a Priolo Gargallo, e l'eremo di Santa Febronia, a Palagonia. Sembra che nelle più antiche costruzioni cristiane in Sicilia fosse diffuso il tipo della chiesa “discoperta”, divisa cioè in un santuario e in una struttura colonnare senza pareti laterali. Il più notevole esempio di questa tipologia, probabilmente derivata dai luoghi di culto dei martiri, era la chiesa palermitana di Santa Maria della Pinta, distrutta nel sec. XVII. Praticamente nulla rimane del periodo bizantino (sec. VI-IX). Scarsi sono anche i resti dell'età araba (sec. IX-XI), che pure fece dell'isola un centro culturale di altissimo livello: tratti di fortificazione, i bagni di Cefalà Diana, una moschea incorporata nella chiesa di San Giovanni degli Eremiti, a Palermo. Di ben maggiore importanza è il periodo normanno, iniziato alla metà del sec. XI. Le prime opere, probabilmente dovute a monaci cluniacensi, sono vicine a stilemi borgognoni: così il presbiterio della cattedrale di Catania e la chiesa del priorato di Sant'Andrea, presso Piazza Armerina. Tuttavia, ancora sul finire del sec. XI, la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi, a Palermo, mostra evidente l'influsso della cultura araba. Con Ruggero II (sec. XII) si sviluppò in Sicilia quella cultura normanna, che, fondendo elementi francesi, bizantini e arabi, realizzò alcune fra le massime manifestazioni artistiche dell'Europa medievale. A Palermo, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti (ca. 1136), ad aula unica con cupole, è di gusto decisamente arabeggiante, alla pari della chiesa di San Cataldo (1160) e di palazzi e costruzioni civili, come la Zisa, la Cuba e la Cubula; a schemi bizantini si rifanno, invece, la chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio o della Martorana, a croce greca con volte a botte, e la Cappella Palatina del Palazzo Reale, di tipo basilicale. Esempio di compenetrazione di stili diversi è la cattedrale di Cefalù (1131-66), voluta da Ruggero II. La struttura esterna, con due torri nella facciata, è di derivazione nordica, ma ricoperta di decorazioni arabeggianti, mentre l'interno si rifà evidentemente alla tradizione basilicale bizantina. Di impronta analoga, pur con maggiore monumentalità e fasto, è il duomo di Monreale (iniziato nel 1174), con facciata di tipo normanno, struttura di derivazione paleocristiana ed elementi decorativi moreschi e bizantini. Altri monumenti del sec. XII sono: la cattedrale di Palermo, le chiese di Santo Spirito, detta “del Vespro”, e della Magione, sempre a Palermo, quella dei Santi Pietro e Paolo, nei pressi di Castelvecchio Siculo, la cattedrale di Agrigento e la chiesa madre di Caltabellotta. Anche nel campo del mosaico l'età normanna giunse ad altissimi risultati. I più antichi (ca. 1143) sono quelli della Martorana, a Palermo, opera probabilmente di maestranze bizantine, il cui stile appare vicino a quello di Dafnì; di poco posteriori sono i bellissimi mosaici della Cappella Palatina, tra i maggiori della pittura bizantina insieme a quelli del duomo di Cefalù (1148). Durante il regno di Guglielmo I venne completata la decorazione della Cappella Palatina, a opera di artisti locali, che interpretarono con sensibilità occidentale i motivi bizantini. Poco, invece, è rimasto delle decorazioni della Zisa e del Palazzo Reale. La decorazione del duomo di Monreale, infine, ripresa dai modelli di Cefalù per la parte absidale, è dovuta probabilmente a mosaicisti veneziani nelle navate. Di minore importanza, rispetto alle altre arti, è la scultura del sec. XII. I telamoni dell'arca di re Ruggero, nella cattedrale di Palermo (1145), i capitelli dei chiostri di Cefalù e Monreale, e il candelabro pasquale della Cappella Palatina sono tutti chiaramente influenzati dalla scultura provenzale.

Arte: dal periodo svevo al sec. XVI

Alla prima metà del sec. XIII risalgono gli imponenti castelli federiciani di Augusta, Milazzo, Siracusa (castello Maniace), Catania (castello Ursino) e la severa chiesa di San Nicola, ad Agrigento, di stile ormai pienamente gotico. Il nuovo gusto si affermò appieno con la dominazione angioina e, successivamente, nel sec. XIV, con le chiese di San Francesco, a Messina e a Palermo, la cattedrale di Palermo, la badia di Santo Spirito, a Caltanissetta, il santuario dell'Annunziata, a Trapani, e la chiesa di San Giorgio degli Oblati, ad Agrigento. Di notevole livello è anche l'architettura civile, con il palazzo Chiaramonte, a Palermo, il palazzo dei duchi di Santo Stefano e la Badia Vecchia a Taormina. Più modeste, in questo periodo, le arti figurative, d'influsso pisano, senese o genovese e, successivamente, spagnolo. Notevole, però, la decorazione della sala grande di palazzo Chiaramonte (Simone da Corleone, Cecco di Naro e Dareno da Palermo). L'architettura del sec. XV vide il prevalere di forme gotiche catalane, interpretate con gusto sobrio (palazzi Corvaja, a Taormina, e Bellomo, a Siracusa). Notevoli le personalità di A. Gambara e M. Carnelivari, massimo architetto del secolo sull'isola (chiesa di Santa Maria della Catena e palazzo Ajutamicristo, a Palermo). Nel secolo successivo influssi rinascimentali vennero importati dai Gagini (chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, a Palermo, di A. Gagini) e da scultori-architetti toscani. Poco resta delle loro realizzazioni a Messina, mentre maggiori testimonianze si conservano a Palermo (chiesa di San Giorgio dei Genovesi, di Giorgio di Facco, 1576-81). La scultura rinascimentale in Sicilia ebbe inizio con l'opera di D. Gagini e F. Laurana, continuò poi con l'attività della bottega gaginesca, attiva a Palermo. Solo verso la metà del sec. XVI la presenza nell'isola di A. Montorsoli, A. Calamech e C. Camilliani importò più mature forme del manierismo toscano. Nel campo della pittura, la figura di Antonello da Messina è dominante e trascende l'ambito regionale. Tra gli altri artisti, possono essere ricordati in particolare A. Giuffrè (sec. XV), R. Quartararo (di cui si hanno notizie dal 1484 al 1501) e il misterioso autore, che è stato identificato, tra gli altri, con Pisanello, del Trionfo della Morte, grande affresco eseguito per palazzo Sclafani, a Palermo, e conservato nella Galleria Regionale della Sicilia della stessa città.

Arte: dal sec. XVII a oggi

Di elevato livello appare l'architettura siciliana dei sec. XVII-XVIII, sebbene non manchino goffe ripetizioni dei motivi del barocco spagnolo. Fra i maggiori esponenti ricordiamo Paolo e Antonio Amato, attivi il primo a Palermo (chiesa del Santissimo Salvatore), e il secondo a Catania (Collegiata e chiostri del monastero benedettino di San Nicolò l'Arena), entrambi vicini, in parte, al gusto manieristico. Notevole, dopo il terremoto del 1693, fu l'opera di ricostruzione nella Sicilia orientale, con la costituzione di organismi urbani spesso di notevole gusto e imponenza (Noto, Grammichele, Avola, Ragusa, Modica). Si distinse in questo ambito l'opera di G. B. Vaccarini, cui si deve la ricostruzione di Catania; suoi capolavori sono il collegio Cutelli, la cattedrale di Sant'Agata, borrominiana, e la chiesa di San Giuliano. Notevole, a Siracusa, l'opera di G. Vermexio e A. Palma. Importante esponente della scultura fu G. Serpotta, abilissimo stuccatore, autore di mirabili decorazioni in chiese e oratori, soprattutto di Palermo. Di minore importanza la pittura, influenzata dal passaggio di Caravaggio e di A. van Dyck; le maggiori figure sia del sec. XVII (P. Novelli) sia del sec. XVIII (F. Randazzo, O. Sozzi, V. D'Anna) non superarono in genere l'ambito locale. Il fiammingo M. Stomer, particolarmente influenzato da G. van Horthorst, noto in Italia con il nome di Gherardo delle Notti, ne divulgò in Sicilia i modi e la tipica tecnica luministica. Di rilievo nel sec. XIX e agli inizi del XX furono le realizzazioni neoclassiche degli architetti V. Marvuglia, a Palermo (ampliamento dell'abbazia benedettina di San Martino delle Scale, 1762-74; l'oratorio di San Filippo Neri, 1769; i padiglioni dell'Orto Botanico, 1789; sistemazione all'inglese del Giardino Reale della Favorita, 1799-1808; la palazzina Cinese, 1790, sede del museo Pitré, primo esempio di architettura eclettica; la villa del principe di Belmonte all'Acquasanta, 1801, con il tempietto neopalladiano nel parco), e G. Minutoli, a Messina (ricostruzione della Palazzata, 1803). Intorno alla metà dell'Ottocento i pittori e gli scultori siciliani entrarono in un circuito più vasto, nazionale, aprendosi a nuovi influssi; in pittura prevalsero il genere storico, che ebbe come punto di riferimento l'opera napoletana di D. Morelli, e il paesaggio, ma la vera protagonista delle arti figurative fu la scultura, in cui emersero artisti come M. Rutelli ed E. Ximenes. La Sicilia postunitaria vide l'elaborazione di vari piani regolatori di sviluppo e di risanamento dei centri principali, come Catania e Palermo, più volte colpiti da epidemie. Gli interventi, anche se realizzati in maniera frammentaria, condussero alla valorizzazione delle aree e degli spazi ottenuti spesso abbattendo edifici precedenti, sostituiti con costruzioni monumentali come i teatri. A Palermo, sorsero il Teatro Massimo (1864-97) di G. B. Basile e il Politeama (1874) di G. Damiani Almeyda; a Catania, il Teatro Bellini di A. Scala e C. Sada (1890); a Messina, il Teatro Vittorio Emanuele di P. Valenti. Alla fine dell'Ottocento creazioni di una certa originalità si dovettero a E. Basile (la cui creatività si espresse soprattutto nella villa Igiea, a Palermo), protagonista incontrastato del liberty siciliano. Successivamente l'arte regionale si assimilò alle varie correnti italiane e internazionali. Per ciò che riguarda la pittura bisogna ricordare R. Guttuso, la cui opera, pur trascendendo l'ambito regionale, rappresenta una significativa testimonianza della vicenda artistica e della storia siciliane. Momenti emblematici della sua attività di abile illustratore della vita dell'isola sono vari dipinti, come Occupazione delle terre incolte in Sicilia (1949-50), alla Gemäldegalerie di Dresda, La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1952), alla Galleria degli Uffizi a Firenze, e la grande tela La Vucciria, 1974, conservata all'Università degli Studi di Palermo. Soggetti siciliani e realismo, caratterizzati però da soluzioni artistiche differenti da quelle di Guttuso, hanno ispirato molte opere di G. Migneco. Altri pittori siciliani contemporanei di fama internazionale sono P. Consagra, E. Greco e S. Fiume, seguiti da U. Attardi, C. Accardi, A. Sanfilippo, B. Caruso e P. Guccione, la cui attività artistica, però, non ha più alcun rapporto con l'isola. Gli interventi di ricostruzione seguiti agli eventi drammatici del terremoto del 1968 nella valle del Belice hanno visto l'impegno di architetti e urbanisti di fama, soprattutto per Gibellina (L. Quaroni, G. Samonà, V. Gregotti, F. Venezia e altri). Una suggestiva immagine delle rovine del sisma ha proposto A. Burri, con il Grande Cretto di Gibellina, che ricopre ciò che resta del paese distrutto dal terremoto; è la più grande opera d'arte ambientale esistente in Italia e consiste in una distesa di cemento bianco levigato, solcata da crepe in corrispondenza delle strade del vecchio tracciato urbano. Per ricucire attraverso una ricerca architettonica di qualità la drammatica frattura tra urbanistica e architettura determinata dall'abusivismo edilizio si sono impegnate nel contesto siciliano figure di spicco come G. Samonà, protagonista a livello europeo dell'architettura contemporanea (la villa Scimemi a Mondello, 1950; la centrale termoelettrica di Termini Imerese, 1961-64; la sede Sges-Enel a Palermo, 1961-63; il teatro di Sciacca, 1974-86), I. Gardella (chiesa di San Giovanni Evangelista a Gela, 1967-69) e L. Ricci (villaggio Monte degli Ulivi a Riesi, 1963-66). A Catania, nel cinquecentesco monastero benedettino di San Nicolò l'Arena ha operato G. De Carlo con un'estesa opera di restauro e di integrazione di nuovi corpi di fabbrica per ospitare la Facoltà di Lettere e Filosofia (1984-99). Nella stessa città G. Leone ha affrontato il tema dell'archeologia industriale trasformando un'area dismessa prospiciente il mare (un tempo occupata da industrie per la lavorazione dello zolfo) in un grande centro fieristico, espositivo e congressuale (conosciuto come “Le Ciminiere”, 1990), in cui elementi di architettura contemporanea s'innestano su vecchie mura, ciminiere e capannoni. Nella riconversione dell'ex mercato coperto di Ortigia (2000), a Siracusa, E. Fidone è intervenuto realizzando una continuità visiva con i vicini ruderi del tempio di Apollo e dimostrando una particolare sensibilità nel far dialogare il nuovo con l'esistente.

Arte: le arti minori

Fra le arti minori, di grande importanza fu l'arte tessile che, affidata alla fabbrica reale palermitana, si valse dapprima di operai arabi, ai quali si devono probabilmente i paramenti per l'incoronazione di Ruggero II (1130), fra cui il famoso manto del Tesoro di Vienna, di seta purpurea ricamato in oro, perle e smalti, con il motivo orientale dei cammelli araldici azzannati dai leoni, conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Con l'arrivo dei prigionieri tebani e corinzi, i quali insegnarono ai siciliani l'arte della seta bizantina, le due tradizioni si fusero e nacque un'arte palermitana del tessuto, spesso impreziosito da ricami (broccato della tomba di Enrico VI, 1197, conservato al Victoria and Albert Museum di Londra). Fiorente fu anche l'arte della ceramica, che prosegue ancora soprattutto nei centri di Palermo, Sciacca, Trapani e Caltagirone e, nell'ambito dell'arte popolare, la produzione dei famosi pupi, degli ex voto e dei tipici carretti adorni di pitture.

Cultura: generalità

Ogni popolo che è approdato in Sicilia ha lasciato tracce del proprio passaggio, a partire dai commercianti micenei, dando origine a una cultura regionale straordinariamente ricca di usi, costumi e tradizioni che proprio da tale mosaico di elementi trae un fascino per molti versi unico. In Sicilia le vestigia di antiche civiltà (greca, romana, araba, normanna e sveva, aragonese e spagnola), rinvenibili in numerosi complessi archeologici (celebri sono quelli di Taormina, Siracusa, Segesta e Tindari) sono affiancate da realtà moderne. Erice è sede del Centro Internazionale di Cultura Scientifica intitolato al fisico E. Majorana; Catania e Palermo, sedi universitarie (insieme a Messina), ospitano anche spettacoli teatrali e concerti di musica classica, grazie anche ai quali sono diventati vivaci centri artistici e culturali di importanza nazionale. Siracusa è nota per la presenza dell'Istituto nazionale del Dramma Antico, che organizza rappresentazioni nella suggestiva cornice del teatro greco. Memorie della storia siciliana, quali l'area archeologica di Agrigento (dal 1997), la villa del Casale presso Piazza Armerina (dal 1997) e le città barocche del Val di Noto (2002) sono state dichiarate dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Un discorso a parte merita la tradizione letteraria, che ben esprime come la regione abbia saputo da sempre trarre profitto e fascino dalla convivenza di diverse culture. Già al tempo della colonizzazione greca Siracusa fu importante centro politico e culturale, accogliendo tragediografi, poeti e filosofi. Con i Normanni, ma ancora di più con gli Svevi, la corte di Palermo fu centro di cultura fra i massimi nell'Italia del tempo: basti ricordare che una delle primissime espressioni di poesia “italiana” è il celebre componimento di Cielo d'Alcamo e che geografi e viaggiatori arabi, fra cui il celebre Edrisi, furono ospiti a corte di Ruggero II e descrissero nelle loro opere l'opulenza della regione. E siciliani sono alcuni fra i massimi letterati dei sec. XIX-XX: L. Capuana e G. Verga (esponenti del verismo), L. Pirandello (vincitore del Premio Nobel nel 1934); L. Sciascia, le cui opere, spesso di forte impegno politico, hanno denunciato pesanti aspetti della società siciliana, con particolare attenzione al fenomeno della mafia; V. Consolo, i cui scritti riprendono in chiave moderna racconti e tradizioni antiche siciliane e, infine, A. Camilleri, che con il commissario Montalbano ha creato un personaggio divenuto famoso anche grazie alla trasposizione televisiva. Sebbene sia ricca, la tradizione musicale siciliana è meno documentata, ma a essa si ricollegano le sperimentazioni di F. Battiato, nelle cui composizioni sono spesso presenti strumenti e suoni del versante sud del Mediterraneo (Maghreb ma non solo).

Cultura: teatro popolare

Al sec. XV risale il più antico testo che ci sia pervenuto, una Resurrectio Christi del siracusano M. De Grandi, dove parlano in dialetto tutti i quarantadue personaggi, compreso Gesù. Allo stesso secolo risalgono anche farse che attestano l'esistenza di un teatro profano, tollerato dalle autorità ecclesiastiche solo a Carnevale. Nel Cinquecento i buffi delle farse siciliane s'inserirono anche nella commedia erudita in lingua, mentre nel secolo successivo comparvero copioni di modesto interesse (come La Dalila, 1630, di V. Galati) scritti interamente in vernacolo. Più significativa fu la vastasata (da vastasi, facchini), un genere teatrale nato verso la fine del Settecento e destinato alle piazze: fatti del giorno e temi della vita quotidiana furono i soggetti di questi canovacci affidati soprattutto all'improvvisazione degli attori. Protagonista era la maschera di Nofriu, resa illustre dall'attore G. Marotta. Alla vastasata seguì nell'Ottocento la pasquinata, imperniata sul personaggio di Pasquino (massimo interprete G. Colombo), che diede spazio sia alla satira politica, sia, per la prima volta, ai temi della passione e della gelosia. Ma il teatro siciliano moderno ebbe inizio nel 1863, anno in cui al teatro Sant'Anna di Palermo l'attore G. Rizzotto mise in scena il dramma I Mafiusi della Vicaria, scritto con il maestro elementare G. Mosca, che, nonostante un moralismo di superficie, mostrava spiccate simpatie per l'“onorata società” e ottenne consensi non solo sull'isola, ma sul continente e nelle Americhe. Poi nel 1880 il puparo A. Grasso, che dirigeva il teatro Machiavelli di Catania, tentò senza molta fortuna di recitare “in persona”. Ne seguì l'esempio il figlio Giovanni, che alternò dapprima le rappresentazioni dei pupi a farse (nelle quali interpretava ancora il personaggio di Nofriu) e a riduzioni sceniche di novelle popolari, e formò poi (1899) una propria compagnia, patrocinata dal commediografo N. Martoglio, che in breve tempo trionfò sui palcoscenici d'Italia, d'Europa e d'America, in un repertorio violentemente realistico – Otello e La morte civile di P. Giacometti, Malia di L. Capuana e Cavalleria rusticana di G. Verga, La zolfara di G. Giusti e G. Sinopoli e La figlia di Iorio di G. D'Annunzio, tradotta in siciliano da G. A. Borgese – nel quale G. Grasso ottenne i consensi anche degli spettatori più esigenti. Le sue primattrici furono M. Aguglia, M. Bragaglia e V. Balistrieri. Tra i suoi attori, con il figlio Giovanni junior che ne riprese poi i successi, fu anche il giovane A. Musco. Fu poi quest'ultimo a impersonare l'altro filone del teatro siciliano, quello caricaturale e buffonesco, con strade aperte verso il grottesco e verso un delirio al limite della tragicità. Scrissero tra gli altri per la sua compagnia, costituitasi nel 1914 e acclamata per oltre un ventennio, Capuana (Il paraninfo), Martoglio (San Giuvanni decullato, L’aria del continente) e Pirandello ai suoi primi approcci con il teatro (Lumie di Sicilia, Liolà, Pensaci Giacomino, Il berretto a sonagli, La giara). Morto Musco nel 1937, quando ormai da un quindicennio recitava soprattutto modesti copioni costruiti sulla sua misura, ne hanno ereditato il repertorio prima M. Abbruzzo, in coppia con R. Anselmi già primattrice di Musco, poi T. Ferro, eccellente attore anche in lingua.

Cultura: tradizioni

Affondano le loro radici nel mondo delle colonie greche (infinite sono le leggende e i personaggi di ascendenza mitologica) e delle varie civiltà che si sono succedute la cultura popolare e il folclore siciliani, sopravvissuti alla modernizzazione. A cavallo fra tradizione e cultura si pongono i pupi: sono gli eroi cavallereschi del ciclo carolingio che furono introdotti dai Normanni e che oggi tengono viva una specifica tradizione teatrale accanto a forme artigiane altamente specializzate (legno intagliato e scolpito, ferro battuto, tessitura e sartoria). La cultura popolare siciliana, di cui è parte integrante il dialetto ancora in uso, si esprime attraverso diverse manifestazioni. Svariate sono le feste religiose, tra le quali si evidenziano per la loro importanza quella di Santa Rosalia a Palermo, che culmina con la processione dell'urna della santa, e quella di Sant'Agata a Catania, con la Processione delle Cannalore (grandi ceri di legno dorato e dipinto, alti circa 6 m, portati dagli appartenenti alle antiche corporazioni), cui segue nei due giorni successivi la processione dello scrigno con le reliquie della santa; ma ogni paese celebra il suo santo patrono (san Sebastiano, san Calogero, san Cataldo, sant'Angelo, san Basilio ecc.) con grandi feste, fuochi artificiali, processioni e rituali di vario genere. Per le celebrazioni pasquali, particolari forme drammatiche assume a Caltanissetta la Processione dei Misteri, sedici gruppi artistici in legno (li variceddi), rappresentanti i vari momenti e personaggi della Passione; gruppi scultorei raffiguranti la Passione e portati in processione si ritrovano anche a Trapani, mentre a Marsala le scene sono riprodotte da quadri viventi; a Caltagirone, il giorno di Pasqua si assiste alla “giunta”, processione nel corso della quale avviene l'incontro delle statue della Madonna e di Gesù, mentre ad Adrano si svolge la Diavolata (rappresentazione di un dramma religioso scritto nel 1752 dal poeta Anselmo Laudani), che unisce in sé elementi cristiani e pagani. Fra i riti pasquali merita ricordare anche la singolare festa di origine medievale, detta dei Giudei, che si svolge a San Fratello, durante la quale la processione del Cristo morto viene disturbata dalla presenza di personaggi mascherati vestiti di rosso, figure negative di origine remota, chiamate appunto Giudei. Nella città di Noto viene organizzata, nel mese di maggio, l'Infiorata, manifestazione che suggella la Primavera, durante la quale numerosi artisti realizzano un colorato tappeto floreale rappresentante, ogni anno, un tema differente (mitologico, religioso ecc.). Ancora la presenza di giganteschi simulacri si ritrova a Mistretta e a Messina dove, il 13 e 14 agosto, si svolge la Cavalcata dei Giganti, caratterizzata dalla sfilata di due grandissime statue lignee, raffiguranti il guerriero moro Grifone e la principessa Mata (detti Cam e Rea), considerati i mitici fondatori della città; il giorno seguente, viene celebrata la Madonna della Lettera (festeggiata anche a Palmi in Calabria), portando in processione la vara, grande carro sormontato da una piramide di angeli, con in cima la Madonna. La ricorrente presenza di figure gigantesche, che spesso rappresentano i mitici fondatori della città, è di probabile influsso nordico, mentre di derivazione spagnola può ritenersi la spettacolarità delle manifestazioni. Le feste sono spesso accompagnate dalle danze, come le tarantelle in costume e l'antica siciliana, ormai entrata nell'ambito della musica colta. Da ricordare sono ancora la Festa del Crocifisso, che si svolge con solenni processioni a Calatafimi-Segesta ogni tre/cinque anni, nonché l'Epifania e la Pasqua degli albanesi, che si celebrano a Piana degli Albanesi secondo il rito greco-ortodosso e in occasione delle quali le donne indossano i loro pittoreschi costumi. Alla tradizione del lavoro appartengono la mattanza dei tonni nelle tonnare (riproposta ormai solo a scopo turistico) e la pesca del pesce spada; incendiano ancora le notti d'estate, invece, ’i vamparigghi (famosi quelli per l'Ascensione). La complessità e la ricchezza del folclore siciliano sono testimoniate dalla Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, la monumentale opera in 25 volumi di G. Pitré; dedicato allo studioso, il Museo Etnografico “Giuseppe Pitré” di Palermo documenta la vita, gli usi e i costumi del popolo siciliano, le attività agricole, i prodotti artigianali (dalle ceramiche al teatro dei pupi, agli ornamenti dei carretti), le superstizioni con i relativi oggetti magici (dai nodi per legare a sé la persona amata alle forbici per tagliare la strada ai malefici), gli ex voto. Strettamente collegato alla cultura tradizionale è l'artigianato, dove primeggia indiscussa la produzione dei pupi (i ricchissimi vestiti contraddistinguono i singoli personaggi) e dei tipici carretti famosi per le decorazioni dipinte con arte popolare, espressive per intensità di colori e per il valore sintetico dei gesti. La ceramica ha i suoi centri principali a Caltagirone, Santo Stefano di Camastra e Sciacca, la più semplice terracotta (orcioli, ma anche grandi vasi come lo ziro e la giara) viene plasmata soprattutto nel Trapanese. La lavorazione della pietra lavica in forme architettoniche o in semplici oggetti è tipica dell'area intorno all'Etna. Nel campo dei tessuti, il tradizionale sfilato siciliano viene ancora eseguito nella Sicilia orientale, mentre nell'estremo W, a Erice, ritroviamo la frezzata, tecnica di tessitura di tappeti col telaio a mano, che prevede la composizione di ritagli di stoffe di recupero e di filati di cotone. L'antica arte della lavorazione del corallo si è ormai ridotta a pochi artigiani nel Trapanese.

Cultura: enogastronomia

Nella cucina siciliana è facilmente riconoscibile l'influenza degli arabi poiché una serie sia di ingredienti (agrumi, riso, droghe) sia di piatti (cuscus, ma non solo) fu portata sull'isola proprio da quel popolo. Le specialità siciliane esprimono una cucina tipicamente mediterranea, dove la lunga tradizione agricola e di pesca ha fatto sì che i prodotti della terra ricoprano un ruolo di primissimo piano assieme al pesce. Tra i primi domina certamente la pasta preparata in vari modi. Celebre soprattutto sulla costa palermitana è la pasta con le sarde (spaghetti o bucatini cotti in acqua con ciuffi di finocchio selvatico e conditi anche con sarde a pezzetti, pinoli o uva sultanina, acciughe), mentre nel catanese è diffusa la pasta alla Norma. Piatto festivo è la pasta ’ncasciata (timballo a base di ragù, polpette, uova sode, salame, caciocavallo, melanzane fritte e piselli). Altre specialità isolane sono gli arancini di riso, la caponata e gli spaghetti al nero di seppia. Numerosi sono i piatti di mare, come le alose in camicia (pesci conditi con olio, sale e peperoncino, avvolti in una sfoglia di pasta e cotti al forno), le sarde a beccafico (sarde bagnate con aceto e poi coperte di formaggio grattugiato, prezzemolo, aglio, passate nell'uovo e fritte), il pesce spada alla stimpirata e il cuscusu (simile al cuscus arabo, ma a base di pesce). Tra i formaggi vi sono rare prelibatezze, come il canestrato (pecorino stagionato) e il piacentinu dell'Ennese (altro formaggio pecorino aromatizzato con pepe nero e zafferano). Di largo consumo sono anche pizze e focacce in numerose varianti (sfinciuni, scacciata, ’mpanata). La scarsa disponibilità di bestiame bovino ha ridotto a poche le specialità a base di carne, mentre si fa molto consumo di salsicce di maiale. La gastronomia siciliana si avvale in abbondanza di ortaggi ed erbe selvatiche, dai broccoli neri o verdi ai finocchietti, dagli asparagi alle bietole, dai carciofi alle melanzane, che hanno un posto preminente sia da sole (alla parmigiana, ripiene) sia come accompagnamento alla pasta o ad altre verdure. Varia è poi la produzione di dolci, dove riemerge ancora una volta l'influsso arabo nella predilezione per miele, pistacchi e mandorle (granite e dolci a base di pasta di mandorle) e dove si segnalano anche i cannoli, la cassata, la frutta candita e il marzapane che è alla base della specialità nota come frutta di Martorana. Fra i dolci poco conosciuti, si ricordano la cubbaita (incrocio tra un torrone e un croccante di origine araba, al miele, con semi di sesamo e mandorle), le conchiglie di Noto, fatte con pasta reale modellata a forma di conchiglia e poi farcita con marmellata di cedro, e la pignolata messinese, tipicamente natalizia. I vini sono caratterizzati da una forte gradazione e spaziano da bianchi come il corvo di Salaparuta a rossi corposi; fra le etichette DOC meritano una segnalazione il cerasuolo di Vittoria, l'eloro, l'etna, la malvasia delle Lipari e il santa margherita di Belice. Liquori siciliani per eccellenza sono il marsala e il passito di Pantelleria, al quale è stata riconosciuta la Denominazione d'Origine Controllata. A marchio DOP sono, tra gli altri, i formaggi pecorino siciliano e ragusano; gli oli d'oliva Monti Iblei, Val di Mazara e Valli Trapanesi. Il marchio IGP è stato riconosciuto a vari prodotti, tra cui le arance rosse, l'uva da tavola di Canicattì, il pomodoro di Pachino e il cappero di Pantelleria.

Bibliografia

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